Khaled al-Harbi

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Khāled ibn ʿAwda b. Muḥammad al-Ḥarbī (in arabo خالد بن عودة بن محمد الحربي?; Arabia Saudita, 1963 c.) è un terrorista saudita.

Associato al gruppo gihadista di Osama bin Laden negli anni ottanta del XX secolo, si crede abbia raggiunto l'organizzazione al-Qāʿida a metà degli anni novanta. Noto anche col nome di battaglia di Abū Sulaymān al-Makkī (in arabo ابو سليمان المكي?), porta in genere una folta barba e si muove grazie a una carrozzella per invalidi.

La BBC riferisce che al-Ḥarbī è stato genero di Ayman al-Zawahiri.[1]

Combattente in Afghanistan[modifica | modifica wikitesto]

Al-Ḥarbī si recò volontario per combattere contro gli invasori sovietici in Afghanistan lungo tutti gli anni ottanta.

Secondo il website Global Terror Alert, al-Ḥarbī combatté da volontario in Bosnia nel 1992.[2] Al-Ḥarbī perse l'uso delle gambe durante un'azione a fuoco in Bosnia.

Residenza in Bosnia[modifica | modifica wikitesto]

A seguito della vittoriosa guerra di liberazione, nel 1995, la nuova repubblica di Bosnia ed Herzegovina offrì la cittadinanza a qualunque combattente straniero volontario avesse combattuto per la sua causa.

Al-Ḥarbī s'insediò in Bosnia fin quando nel 1997 non furono emessi ordini di cattura contro di lui e altri 18 uomini.[2] Le accuse erano che al-Ḥarbī avesse offerto la sua casa per dare ospitalità a terroristi.

Al-Ḥarbī scomparve in quell'occasione e tornò a farsi vedere solo in un video registrato alla fine del 2001, mentre aveva un colloquio con Osama bin Laden.

Collaborazione con Osama bin Laden[modifica | modifica wikitesto]

Il Pentagono ha messo in circolazione il 13 dicembre 2001 una registrazione video in cui si vedeva Osama bin Laden che aveva una lunga conversazione con una persona a proposito dell'attentato dell'11 settembre 2001.[3] Inizialmente non fu possibile identificare l'amico di bin Laden. Il 16 dicembre 2001 al-Ḥarbī fu identificato come l'uomo che parlava con bin Lāden.[4]

Time magazine riferì che non meglio precisati "funzionari" statunitensi descrivevano al-Ḥarbī come "una persona confidant e spiritual sounding board for bin Laden" senza però che egli fosse un membro di al-Qāʿida."[5] Time pubblicò la notizia secondo cui Nawāf ʿObayd, identificato come un analista esperto di controspionaggio saudita, aveva affermato che al-Ḥarbī cooperava con l'organizzazione jihadista. ʿObayd definiva al-Ḥarbī come un "reclutatore assai efficiente".

Amnistia e resa[modifica | modifica wikitesto]

In seguito, al-Ḥarbī visse in clandestinità ai confini iranico-afghani.[5]

Al-Ḥarbī si arrese consegnandosi nell'ambasciata saudita in Iran il 13 luglio 2004.[1][6] La sua resa rientrava in un'amnistia, valida per un mese, decretata dal governo saudita il 23 giugno 2004.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Militant Saudi sheikh surrenders, BBC, July 13, 2004
  2. ^ a b Evan Kohlmann, Dossier: Abu Sulaiman al-Makki (Khaled al-Harbi) (.pdf) (PDF), su globalterroralert.com. URL consultato il 23 gennaio 2007 (archiviato dall'url originale il 21 ottobre 2006).
  3. ^ translation of the video of Osama bin Laden (PDF), su defenselink.mil, Department of Defense. URL consultato il 23 gennaio 2007.
  4. ^ SPECIAL REPORT: AMERICA STRIKES BACK, CNN, 16 dicembre 2001. URL consultato il 23 novembre 2007.
  5. ^ a b Scott Macleod, Elaine Shannon, Reeling In An Imam, Time magazine, 26 luglio 2004. URL consultato il 27 novembre 2007 (archiviato dall'url originale il 16 novembre 2005).
  6. ^ Saudis: Bin Laden associate surrenders: Video showed al-Harbi talking to al Qaeda leader about 9/11, CNN, July 13, 2004

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Reuters
  • US Military translation of tape [1]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]