Giulio Pinchetti

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Giulio Pinchetti (Como, 11 febbraio 1844Milano, 14 giugno 1870) è stato un poeta e giornalista italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Il padre, Giovanni, era primario di Chirurgia nell'ospedale di Como e Giulio compie gli studi in un collegio comasco, conservandone un pessimo ricordo. Trasferitosi a Pavia nel 1862, si laureerà in Legge quattro anni dopo.

Come altri giovani della sua generazione, è inquieto e pessimista, ribelle alle istituzioni, allo Stato e alla Chiesa. Pinchetti si rivolta anche contro gli oppositori del sistema e finisce per rifiutare tutta la politica, compresa quella rivoluzionaria di repubblicani e radicali: si ribella all'ipocrisia delle convenzioni sociali, presidiate dai conservatori, ma anche all'opportunismo e alla demagogia dei rivoluzionari, pronti, una volta al potere, a diventare imitatori di Cesare.

«Tu sei come il pagliaccio da veglione / Metà rosso vestito e metà bianco;
Che alterna i due colori all'occasione / Mutando il fianco....»

Nel 1864 muore suo padre. Nel 1865 a Pavia conosce e si innamora di Luisa Cassani, che morirà un anno dopo, lasciandolo in uno stato di profonda prostrazione. Vorrebbe partecipare come volontario alla terza guerra d'indipendenza (1866), come Emilio Praga, Arrigo Boito e Roberto Sacchetti, coi quali condivide l'esperienza culturale della Scapigliatura, ma dopo avere frequentato l'addestramento ad Asti finisce per rinunciare ad arruolarsi. Nell'ottobre dello stesso anno torna a Como, dove intraprende la pratica notarile e di collaborazione giornalistica. Nel 1868 esce la raccolta Versi, e viene colpito da un altro lutto: muore la sorella di appena vent'anni. Nello stesso anno si trasferisce a Milano, collaborando alla «Gazzetta di Milano» (organo del partito liberale in Lombardia) diretta da Raffaele Sonzogno.

Condannato a vivere in un'Italia socialmente insopportabile, di cui traccia il ritratto ne La città del sole, Pinchetti volge la sua ricerca fuori della storia e della vita stessa, descritta nella poesia Libertas!, per tentare di sfuggire a quell'angoscia che tuttavia lo porterà alla morte, suicida, a ventisei anni.

«L'uno era un bardo: Giulio era il nome:
Venticinqu'anni splendean nel guardo:
Folte, di corvo nere le chiome,
Bello e superbo: l'estro gagliardo :
Passò guardando: pianse... poi rise:
Tutto è menzogna! — disse... e s'uccise.»

L'8 giugno 1870 esplode contro se stesso un colpo d'arma da fuoco al petto. Morirà il 14 giugno.

Opere[modifica | modifica wikitesto]

  • Versi, Como, C.P. Ostinelli, 1868.
  • A Giuseppe Ferrari, Milano, Tip. Gazzetta di Milano, 1869.
  • Morta! , versi musicati da F.P. Frontini, Tomaselli, Catania 1881.
  • Opere, a cura di F. Vittori, Milano, Marzorati, 1974.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • La poesia scapigliata, a cura di R. Carnero, Milano, Rizzoli, 2007

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