Gesta Regum Anglorum

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Gesta Regum Anglorum
AutoreGuglielmo di Malmesbury
Periodo1116-1135
GenereStoriografia
Lingua originalelatino

I Gesta Regum Anglorum[1] sono un’opera di carattere storiografico composta da Guglielmo di Malmesbury, divisa in 5 libri e dedicata alla regina Matilde di Scozia[2]. Il testo presenta quattro versioni, ciascuna di esse a modo suo autoriale[3]. La prima fu conclusa probabilmente nel 1126 e la definitiva nel 1135. Possediamo diversi stadi di composizione intermedi[4]. L’ultima forma del lavoro si caratterizza per l’aggiunta della lettera di dedica all'amico Roberto di Gloucester[5] e di una serie di spiegazioni storiche ricavate dai documenti dell'Abbazia di Glastonbury. Nonostante il focus della narrazione sia la storia della sua madrepatria, Guglielmo descrive minuziosamente anche gli avvenimenti principali dell'Impero Carolingio, della Francia e specie della Normandia. Analizza le relazioni tra i papi e gli imperatori dell’entroterra e racconta in modo esteso la Prima Crociata. Il gusto per le digressioni di Guglielmo si spiega in vario modo: prima di tutto esse forniscono lo sfondo necessario per comprendere gli eventi che si svolgono in Gran Bretagna, altre volte hanno un valore intrinseco per spiegare la storia europea che egli sta narrando e altre volte ancora sono inserite semplicemente per intrattenimento[6].

Lo scopo dell'opera[modifica | modifica wikitesto]

Lo scopo principale di Guglielmo era quello di narrare le vicende accadute in Inghilterra dal punto in cui si interrompeva la Historia ecclesiastica gentis Anglorum di Beda il Venerabile fino all’anno d’inizio della Historia novorum in Anglia di Eadmero di Canterbury. Il testo copre il periodo 721-1066, che nessuno aveva mai descritto, come l’autore afferma nel prologo del primo libro[7]. In esso vengono anche esposti i temi di ciascun volume: nel primo Guglielmo si occuperà dei regni che formano l’Inghilterra; nel secondo della conquista normanna; nei tre successivi dei re normanni, dedicando un libro a ciascuno. La conquista normanna segna il punto di cesura dell’opera, permettendoci di dividere il testo in due parti di egual ampiezza, formate rispettivamente dai libri I-II e III-IV-V.

I temi[modifica | modifica wikitesto]

Nonostante il focus della narrazione sia la storia della sua madrepatria, Guglielmo descrive minuziosamente anche gli avvenimenti principali dell'Impero Carolingio, della Francia e specie della Normandia. Analizza le relazioni tra i papi e gli imperatori dell’entroterra, fornisce informazioni sulla vita di personaggi illustri per il suo paese e racconta in modo esteso la Prima Crociata.

Sinossi[modifica | modifica wikitesto]

Prologus

Res Anglorum gestas, Beda, vir maxime doctus et minime superbus, ab adventu eorum in Britanniam usque ad suos dies piano et suavi sermone absolvit post eum non facile, ut arbitror, reperies qui historiis illius gentis Latina oratione texendis animus dedit[8].

Prologo

Beda, uomo coltissimo e per nulla superbo, ha narrato le gesta degli Angli dal loro arrivo in Britannia fino ai suoi giorni con uno stile chiaro e scorrevole, dopo di lui non è facile, ritengo, trovare chi abbia dedicato attenzione alla creazione di storie scritte in lingua latina di quelle genti.

Nei libri primo e secondo l’impianto storiografico, con un’importante componente culturale, è costruito con grande rigore. L’autore mostra un’organizzazione efficace per quanto riguarda l'ordine in cui sceglie di narrare gli eventi e mantiene sempre una grande coerenza interna. I libri dal terzo al quinto mostrano un’impronta più biografica, caratterizzata dall’influenza delle Vite dei Cesari[9] di Svetonio e dei Gesta Willelmi ducis Normannorum et regis Anglorum di Guglielmo di Poitiers. Guglielmo inserisce nel testo storie meravigliose - i mirabilia - e sente l’esigenza di dimostrare la veridicità dei racconti citando auctoritates che prima di lui li avevano inseriti all’interno delle loro opere[10]. Diversi autori classici (Sallustio, Lucano, Ovidio, Virgilio), anche rari, trovano spazio nel lavoro. Virgilio in particolare viene da lui utilizzato più volte e molto spesso inserito in un contesto che possa essere paragonato a quello di partenza. Le citazioni da testi antichi sono anche il modo in cui l’autore evidenzia i parallelismi tra la società in cui vive e quella romana[11], dalla quale a parere di Guglielmo deriva direttamente il mondo del suo tempo[12]. Il gusto per le digressioni di Guglielmo si spiega in vario modo: prima di tutto esse forniscono lo sfondo necessario per comprendere gli eventi che si svolgono in Gran Bretagna, altre volte hanno un valore intrinseco per spiegare la storia europea che egli sta narrando e altre volte ancora sono inserite semplicemente per intrattenimento.

Libro I[modifica | modifica wikitesto]

Nel primo libro è narrata la storia dell’Inghilterra romana e della conquista inglese. In apertura è posta la storia dei quattro principali regni d’Inghilterra: il Kent, il Wessex, la Northumbria e la Mercia. Si prosegue narrando gli avvenimenti degli ultimi due territori creati, che sono anche i più potenti: l’Anglia Orientale e il Saxons Orientale. Conclude il volume con la sopravvivenza dei regni e dei vescovadi fino a quello di Egberto del Wessex.

[13]Le digressioni all’interno di questo libro riguardano le origini dell’abbazia di Malmesbury, la storia arcaica di quella di Glastonbury, la personalità e la morte di Beda il Venerabile e il successo di Alcuino, per il quale l’autore nutre una grande ammirazione e di cui si occupa anche in altre opere.

La fonte principale del libro è Beda il Venerabile. Guglielmo ricava inoltre informazione storiche dalle lettere di Alcunio e da quelle di Bonifacio. Molto spesso Guglielmo si rifà alla Cronaca Anglosassone, che è alla base di tutti i volumi dell’opera[14].

Libro II[modifica | modifica wikitesto]

Nel secondo libro Guglielmo espone la storia d’Inghilterra fino alla conquista normanna: in particolare analizza la gestione del regno e i risultati raggiunti da Alfredo il Grande e da Atelstano d’Inghilterra. Narra nel dettaglio i privilegi dell’abbazia di Glastonbury, i regni di Edgardo, di Earl Aethelred di Mercia, di Canuto il Grande e di Edoardo il Confessore.

Le digressioni analizzano il tardo impero carolingio, le origini e la storia arcaica della Normandia e in capitoli successivi anche quella più recente, i santi reali inglesi, le leggende Gerbertiane[15], la storia di Francia, la storia dell’imperatore Enrico II e la storia di Gregorio VI. Guglielmo espone il contenuto della Visio Karoli per poi passare alle storie di miracoli italiani, di miracoli provenienti dalla Germania e altre storie di miracoli, di cui due ambientate a Roma[16].

La fonte che possiamo identificare con massima chiarezza è la Cronaca Anglosassone. Alcune parti del testo ci testimoniano l’utilizzo di un prosimetro per noi perduto che doveva narrare le vicende del regno di Atelstano d’Inghilterra. Probabilmente anche per quanto riguarda la vita di Edoardo il Confessore il testo da lui utilizzato era più ampio e completo di quello che noi possediamo oggi. Nella parte del lavoro che tratta la storia della Normandia la fonte principale divengono i Gesta Normannorum Ducum di Guglielmo di Jumièges. Non possiamo escludere che, da questo punto del testo in poi, parte dal materiale di Guglielmo provenisse da fonti orali (modalità di ottenere informazioni che non predilige, ma che riteneva necessaria nel caso in cui si trovo senza bibliografia scritta a disposizione)[17].

Libro III[modifica | modifica wikitesto]

Nel terzo libro espone la storia del regno di Guglielmo I, partendo con un'introduzione sul contesto storico normanno, sulla conquista dell’Inghilterra e sugli affari esteri del paese: in particolare l’esposizione si apre con la narrazione della situazione politica del continente, per poi spostarsi in Inghilterra, dove tratta nel dettaglio gli avvenimenti della conquista[18]. Espone la vita privata del re e il suo carattere. Si concentra sui problemi della Chiesa Anglo-Normanna. Infine racconta dei figli del sovrano e della sua morte.

Le digressioni riguardano la storia del paese di Angiò, la casa reale danese, la Norvegia, Roberto il Guiscardo e la Normandia del sud, la disputa tra Canterbury e York, i miracoli avvenuti in Gran Bretagna, le leggende e storie legate a Gregorio VII, la storia di Maurilio di Rouen, Berengario di Tours, la lotta per le investiture, i miracoli relativi alla Eucarestia, la tomba di re Artù, un miracolo in cui vediamo come i topi massacrino i peccatori e si accaniscono su di loro, Mariano Scoto e un miracolo avvenuto in Germania[19].

In questo libro non troviamo più la Cronaca Anglosassone come fonte primaria. Tra gli autori indicativi come fonte ricordiamo Eadmero di Canterbury, Guglielmo di Poitiers e Guglielmo di Jumièges. Un ruolo importante è rivestito anche da materiale agiografico e documenti ecclesiastici. Per la parte di testo in cui si narra la storia di Angiò Guglielmo deve avere utilizzato fonti ora perdute e essersi avvalso di un patrimonio orale[20]. È interessante sottolineare quanto l’occhio di Guglielmo si mostri attento all’attualità anche nella narrazione di eventi passati.

Libro IV[modifica | modifica wikitesto]

Nel quarto libro espone la storia del regno di Guglielmo II e alcuni eventi naturali accaduti al tempo di questo sovrano. Narra cataclismi avvenuti in Inghilterra e sul continente, concentrandosi poi anche sul pellegrinaggio dei cristiani a Gerusalemme. Il libro oltre a esporre la vita e la morte del re si chiude con il ritorno a casa del duca Roberto II di Normandia.

La storia della prima crociata è l’evento a cui viene dedicato più spazio - occupa 46 capitoli su 84[21] - e non si può escludere che l’autore avesse l’intenzione di realizzare una monografia, alla fine mai portata a compimento, in un momento successivo della sua vita[22]. A prova di ciò in questa parte del testo viene inserita una invocazione a Dio, assente nell’introduzione generale all’opera[23].

Le digressioni riguardano i trasferimenti di sedi episcopali in Inghilterra, il funzionamento dell’Ordine Cistercense, Gozzelino di San Bertino, le crociate e i re che le hanno guidate e combattute. Larga parte è dedicata alla descrizioni delle città di Roma, Costantinopoli, Antiochia e Gerusalemme[24].

La fonte per la prima crociata è la Historia Hierosolymitana[25] di Fulcherio di Chartres, ma il testo dei Gesta Regum assume un’autonomia narrativa dopo la conquista di Gerusalemme. Guglielmo è l’unico autore tra i primi cronisti delle crociate a riportare la notizia che i territori conquistati dai cristiani fossero inferiori a quanto si ritenesse e che l’Islam possedesse ancora grandi roccaforti in Terra Santa[26]. Lo stile di Fulcherio non è apprezzato da Guglielmo, avvezzo alla lettura degli autori classici, e sovente modifica la fonte. I due testi non corrispondono perfettamente, ma il più attendibile deve essere quello dello stesso Fulcherio, perché in alcuni frangenti Guglielmo sembra semplicemente applicare degli episodi classici alla storia che narra[27]. L’impronta della narrazione risente, in queste citazioni, dell’influenza di filosofi romani stoici[28]. Inoltre la maggior parte della storia di Guglielmo si concentra sulle attività dei condottieri della Crociata, non sulla massa dei partecipanti. Non stupisce il fatto che si metta in risalto l’aspetto cavalleresco dell’operazione, essendo il pubblico di riferimento quello cortese[29].

Libro V[modifica | modifica wikitesto]

Nel quinto libro espone eventi scelti del regno di Enrico I fino al 1125 ca.

Le digressioni riguardano la crociata del re Sigfrido, Enrico V e le investiture, Guglielmo IX di Aquitania e Pietro vescovo di Poitiers, i riformatori monastici della Normandia, quelli inglesi e l’incorruttibilità dei santi della Gran Bretagna[30].

Guglielmo deve avere incontrato difficoltà e imbarazzo nella stesura di questo ultimo volume: tratta della storia a lui contemporanea e di personalità ancora vive e influenti al suo tempo. Inoltre la vicinanza cronologica impediva di poter spaziare tra diversi autori-fonte che avessero narrato gli eventi. Le basi di quest’ultimo libro sono per lo più documenti (lettere papali, lettere dei re, scambi personali tra i personaggi coinvolti)[31].

Lo stile[modifica | modifica wikitesto]

Lo stile della narrazione è elevato, come dimostra fin dal prologo una citazione da Virgilio (Eglolga 6, 10-11). Guglielmo riserva particolare attenzione all’accuratezza storica e alla ricchezza di aneddoti. Il dettato latino risulta comunque scorrevole[32]. Si dimostra un conoscitore della lingua e della cultura antica e questi due fattori emergono con chiarezza. Grazie alla sua limpidezza espositiva e all’andamento lineare della sintassi si prestava alla diffusione per scopi didattici. Molto spesso l’autore acc

ompagna le sentenze morali con citazioni desunte dalla patristica[32].

La ricezione[modifica | modifica wikitesto]

La popolarità del testo deve essere stata ampia e immediata, come dimostra l’abbondante numero di codici sopravvissuti: i Gesta Regum ci sono giunti in 37 copie manoscritte, che rendono Guglielmo il terzo autore storico più diffuso del medioevo latino nel suo paese di origine, dopo Beda il Venerabile e Geoffrey di Monmouth[33].

Edizioni dell’opera[modifica | modifica wikitesto]

L’edizione critica più recente, divisa in due volumi, risale al 2007 ed è a cura di M. Winterbottom e R. M. Thomson. Nel primo viene analizzata la tradizione manoscritta, proposto uno stemma codicum, riportato il testo latino con traduzione in lingua inglese. Il secondo volume è un ampio commento in cui sono riportati riferimenti, fonti e analisi testuali precise[34].

Una traduzione italiana - che non presenta testo latino e con un breve commento introduttivo - è offerta in Gulielmus Malmesburiensis, Gesta regum : le gesta del re degli Angli, Edizioni Studio Tesi, Pordenone 1992.

Riferimenti[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ William of Malmesbury: Gesta Regum Anglorum, The History of the English Kings: Volume I, ed. R. A. B. Mynors, R. M. Thomson, M. Winterbottom, Oxford 1998, p. 290.
  2. ^ Il titolo dell’opera non viene mai riportato nella tradizione manoscritta, ma è estrapolato dalla lettera di presentazione che egli indirizza all’amico dedicatario Robert di Gloucester (1119 - 1147 ca.). Esso inoltre presenta un’ambiguità: il latino Gesta Regum Anglorum può significare sia ‘le gesta dei re inglesi’ sia ‘le gesta dei re degli inglesi’. Guglielmo era un autore molto legato alla propria terra e al concetto di origine anglosassone: per questo possiamo immaginare che lui stesso volesse sottolineare la dualità tra i primi re, di origine celtica, e i successivi, giunti dal continente. William of Malmesbury: Gesta Regum Anglorum, cit., ed. R. A. B. Mynors, R. M. Thomson, M. Winterbottom, Oxford 1998, p. XII.
  3. ^ Esiste uno scambio epistolare con la famiglia regia in cui viene chiesto a Guglielmo, che deve avere accettato in maniera entusiasta, di dedicare l’opera a Matilde, moglie di Enrico I. La donna però morì nel 1118 e il testo venne allora dedicata all’omonima figlia. L'interesse di Matilde per la genealogia dei re della Sassonia serviva per collegare la sua famiglia con quella di Sant’Adelmo di Malmesbury. Alla fine le presunte associazioni si sarebbero rivelate sfuggenti. William of Malmesbury: Gesta Regum Anglorum, cit., ed. R. A. B. Mynors, R. M. Thomson, M. Winterbottom, Oxford 1998, p. XII.
  4. ^ M. Winterbottom, Beginning a History: Studies in William of Malmesbury, Gesta Regum Anglorum, Book One, p. 101.
  5. ^ L’opera presenta in realtà tre lettere, con tre diversi dedicatari. Non si trovano tutte ugualmente presenti nei manoscritti della tradizione, per cui si pensa che le lettere siano state allegate dall’autore stesso per fare da accompagnamento alla copia di testo che doveva essere consegnata al dedicatario.
  6. ^ R. M. Thomson, William of Malmesbury, Woodbridge, Boydell Press 2003, p. 179.
  7. ^ Nel prologo Guglielmo sottolinea l’unicità del suo lavoro ma anche la voglia di inserirsi all’interno di un programma storiografico già esistente in Inghilterra.
  8. ^ William of Malmesbury: Gesta Regum Anglorum, The History of the English Kings: Volume I, ed. R. A. B. Mynors, R. M. Thomson, M. Winterbottom, Oxford 1998, p. 290.
  9. ^ Sappiamo che, sempre di Svetonio, Guglielmo doveva aver fatto copiare nella biblioteca della sua abbazia, almeno in parte, il De viris illustribus: su questo manoscritto sono premesse al testo delle notizie biografiche riguardo ai personaggi citati. L’abitudine verrà assunta da Guglielmo anche all’interno delle sue opere, e nei Gesta Regum.
  10. ^ R. M. Thomson, William of Malmesbury, cit., p. 299.
  11. ^ L’amore di Guglielmo per la romanità e per Roma emerge in diversi lavori. In un testo oggi perduto raccontava nel dettaglio l’organizzazione della città e il modo in cui i cittadini ci abitavano. Nonostante questo e nonostante fosse noto per i suoi viaggi Guglielmo non ha mai visitato né Roma né la penisola italica. Quando utilizza termini specifici per descrivere Roma dobbiamo immaginare che la conoscenza derivi dalle sue fonti antiche.
  12. ^ W. Kynan-Wilson, Roman Identity in William of Malmesbury's Historical Writings, in R. Thomson, E. Dolmans e E. Winkler, Discovering William of Malmesbury, Boydell & Brewer, Bristol 2017, pp. 81-92. All’interno del lavoro sono analizzate in particolare due scene: le rielaborazioni di Guglielmo del martirio di Chenelmo (Gesta pontificum Anglorum 156, 3-6 e Gesta regum Anglorum 211) e una discussione tra i cardinali di Roma e i giovani nobili normanni (Gesta regum Anglorum 406). Nel primo caso per mettere in evidenza come Guglielmo assuma nel raccontare la vicenda un'identità ciceroniana; nel secondo viene messo in secondo piano il risvolto politico della situazione che sta avvenendo e si dà invece ampio spazio al modo in cui Guglielmo sottolinea l'appropriazione e l'emulazione dell'identità romana da parte dei Normanni attraverso la loro eloquenza e retorica, in netto contrasto con il declino di una parte di loro, nel caso specifico rappresentati dai cardinali.
  13. ^ William of Malmesbury: Gesta Regum Anglorum, The History of the English Kings: Volume I, ed. R. A. B. Mynors, R. M. Thomson, M. Winterbottom, Oxford 1998, p. XXXI.
  14. ^ Ivi, p. 12.
  15. ^ Racconti diffusi riguardo alla vita e alle opere di Papa Silvestro II, nato con il nome di Gerberto di Aurillac.
  16. ^ Ivi, p. XXXII.
  17. ^ Ivi, pp. 74-75.
  18. ^ Ivi, p. 219.
  19. ^ Ivi, p. VIII.
  20. ^ Ivi, p. 218.
  21. ^ Per l’autore il racconto della crociata doveva essere fondamentale: oltre che dal gran numero di capitoli ad essa dedicati lo possiamo evincere dalla gran cura che riserva alla forma del latino in questa parte.
  22. ^ Ivi, pp. 265-267.
  23. ^ R. M. Thomson, William of Malmesbury, cit., p. 179.
  24. ^ William of Malmesbury, Gesta Regum Anglorum, cit., p. 265.
  25. ^ Il nome per altro è attribuito a diverse cronache dedicate alle crociate.
  26. ^ Forse nella spiegazione di questa distribuzione territoriale l’autore si limita a volere riproporre una costruzione retorica utilizzata da Alcuino nel momento in cui tratta della conquista della Spagna nell’epoca di Carlo Magno, come spiegato da R. M. Thomson, William of Malmesbury, cit., p. 185.
  27. ^ Ad esempio, il suo resoconto dei crociati che attraversarono il "guado del diavolo" (nella moderna Macedonia), sebbene per lo più dipendente da Fulcherio, ma differisce in una serie di dettagli. Si potrebbe concludere che Guglielmo avesse informazioni aggiuntive, ma la sua formulazione è anche simile in modo sospetto alla descrizione di Cesare che attraversa il Rubicone fatta da Lucano, come ben spiegato in R. M. Thomson, William of Malmesbury, cit., p. 181.
  28. ^ Ivi, p. 183.
  29. ^ Ivi, p. 186.
  30. ^ Ibidem.
  31. ^ Ivi, pp. 354-355.
  32. ^ a b William of Malmesbury: Gesta Regum Anglorum, The History of the English Kings: Volume I, ed. R. A. B. Mynors, R. M. Thomson, M. Winterbottom, Oxford 1998, p. XIII.
  33. ^ William of Malmesbury: Gesta Regum Anglorum, The History of the English Kings: Volume I, ed. R. A. B. Mynors, R. M. Thomson, M. Winterbottom, Oxford 1998, p. XV.
  34. ^ Per una approfondita analisi della tradizione manoscritta si veda William of Malmesbury: Gesta Regum Anglorum, The History of the English Kings: Volume I, ed. R. A. B. Mynors, R. M. Thomson, M. Winerbottom, Oxford 1998, p. IV e ss.