Eco Fighters

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Eco Fighters
videogioco
Titolo originaleUltimate Ecology
PiattaformaArcade
Data di pubblicazioneGiappone dicembre 1993
dicembre 1993
GenereSparatutto a scorrimento
TemaFantascienza
OrigineGiappone
SviluppoCapcom
PubblicazioneCapcom
Modalità di giocoGiocatore singolo, multigiocatore
Distribuzione digitaleGameTap
Specifiche arcade
CPUCPS-2
SchermoVerticale
Risoluzione384 x 224 pixel, 4096 colori
Periferica di inputJoystick 8 direzioni, 3 pulsanti

Eco Fighters, conosciuto in Giappone come Ultimate Ecology (アルティメット エコロジー?, Arutimetto Ekorojī), è un videogioco arcade pubblicato da Capcom sul sistema CPS-2 nel dicembre 1993. Il gioco è uno sparatutto a scorrimento orizzontale, dove il giocatore controlla una nave con una torretta che ruota attorno ad essa[1]. Come suggerito da entrambi i suoi titoli, il gioco ha come tema l'ecologia. Inoltre è stato sviluppato dallo stesso team dei due giochi arcade di Mega Man ovvero Mega Man The Power Battle e Mega Man The Power Fighters. Capcom ha ripubblicato Eco Fighters per PlayStation 2 e Xbox nel 2006 come parte di Capcom Classics Collection Vol. 2[2] e Capcom Classics Collection Reloaded per PSP[3]. Il gioco fu anche reso disponibile sul servizio online GameTap.

Trama[modifica | modifica wikitesto]

In un lontano futuro, la colonizzazione spaziale è molto progredita, alcune aziende non esitano a sfruttare interi pianeti fino a distruggerli. Un famoso scienziato, il dottor Moly, sta sviluppando un veicolo spaziale per fermare le azioni criminali della più grande multinazionale dell'universo, la Goyolk, che è colpevole di aver inquinato il suo pianeta.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) Jeremy Dunham, Capcom Classics Collection Reloaded Reviews, su IGN, 18 ottobre 2006, p. 2. URL consultato il 7 febbraio 2019.
  2. ^ Stefania Sperandio, Recensione Capcom Classics Collection Vol.2, su Everyeye.it, 3 maggio 2007. URL consultato il 7 febbraio 2019.
  3. ^ Piero Molino, Recensione Capcom Classics Collection Reloaded, su Everyeye.it, 7 gennaio 2007. URL consultato il 7 febbraio 2019.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]