Costante di Carter

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La costante di Carter è una costante del moto relativa al moto attorno ai buchi neri nella formulazione della gravità secondo la teoria della relatività generale. Derivata nel 1968 dal fisico teorico australiano Brandon Carter per un buco nero rotante e dotato di carica, la costante di Carter fornisce, assieme all'energia, al momento angolare e alla massa a riposo di una particella, le quattro quantità necessarie a determinare univocamente tutte le orbite in uno spaziotempo di Kerr-Newman, comprese quelle di particelle cariche.

L'importanza della costante di Carter è dovuta al fatto che conseguenza della sua esistenza è il fatto che l'equazione geodetica nello spaziotempo di Kerr risulta completamente integrabile, ossia risolvibile in termini di quadrature, vale a dire attraverso il calcolo di un numero finito di integrali e inversioni di funzioni. In termini pratici, lo studio della costante di Carter risulta quindi essere un utile strumento nell'analisi del moto di piccoli buchi neri attorno a buchi neri più massicci, ossia di quei sistemi binari di buchi neri in cui il rapporto tra le masse dei corpi coinvolti è molto alto e che generano onde gravitazionali.[1]

Formulazione[modifica | modifica wikitesto]

In uno studio del 1968, Carter osservò che l'hamiltoniana del moto nello spaziotempo di Kerr in coordinate di Boyer-Lindquist è separabile e che quindi si possono facilmente identificare le costanti di tale moto utilizzando la teoria di Hamilton-Jacobi.[2][3] La costante di Carter può essere scritta come:

,

dove è la componente latitudinale del momento della particella, la sua energia, il suo momento angolare, la sua massa a riposo e è il momento angolare per unità di massa del buco nero, detto anche momento angolare specifico.[4][5]

Poiché le funzioni delle quantità conservate sono esse stesse costanti, ogni funzione di e delle altre tre costanti di moto può essere utilizzata come quarta costante in luogo di . Ciò porta ad un po' di confusione circa la forma della costante di Carter. Ad esempio, in alcuni casi è più comodo usare la seguente forma:

in luogo di , in quanto la quantità è sempre non negativa. In generale, con "costante di Carter" ci si può riferire ad ogni quarta costante di moto nella famiglia degli spaziotempi di Kerr.

Generazione da un tensore di Killing[modifica | modifica wikitesto]

Il teorema di Noether stabilisce che tutte le quantità conservate sono collegate alle simmetrie spaziotemporali. La costante di Carter è correlata a una simmetria di ordine superiore della metrica di Kerr generata da un campo tensoriale di Killing del secondo ordine, (che non è lo stesso precedentemente utilizzato).[1] La costante risulta quindi:

,

dove è la quadrivelocità del moto della particella. Le componenti del tensore di Killing in coordinate di Boyer-Lindquist sono:

,

dove sono le componenti del tensore metrico e e sono le componenti dei vettori nulli principali:

con

.

Limite di Schwarzschild[modifica | modifica wikitesto]

La simmetria sferica della metrica di Schwarzschild per buchi neri non rotanti permette di ridurre il problema del calcolo della traiettoria delle particelle a sole tre dimensioni. In questa si ha quindi solo bisogno di , ed per determinare il moto di una particella, mentre la costante di Carter si può scrivere come:

.

Attraverso una rotazione di coordinate, ogni orbita può essere posta nel piano , così che . In questo caso, , ossia al quadrato del momento angolare orbitale.[4]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Clifford M. Will, Carter-like Constants of the Motion in Newtonian Gravity and Electrodynamics (PDF), in Physical Review Letters, vol. 102, n. 6, The American Physical Society, 2009, pp. 061101-1, DOI:10.1103/PhysRevLett.102.061101. URL consultato il 10 aprile 2018 (archiviato dall'url originale l'11 aprile 2018).
  2. ^ Brandon Carter, Global structure of the Kerr family of gravitational fields, in Physical Review, vol. 174, n. 5, 1968, pp. 1559–1571, Bibcode:1968PhRv..174.1559C, DOI:10.1103/PhysRev.174.1559.
  3. ^ Stefano Speziali, Buchi neri (PDF)[collegamento interrotto], Università degli Studi di Perugia, 2012. URL consultato il 24 maggio 2019.
  4. ^ a b Francesco Battistel, Entropia e termodinamica dei buchi neri (PDF), Università degli Studi di Trieste, 2015. URL consultato il 9 aprile 2018 (archiviato dall'url originale l'11 aprile 2018).
  5. ^ Charles W. Misner, Kip S. Thorne e John Archibald Wheeler, Gravitation, W. H. Freeman and Co., 1973, p. 899, ISBN 0-7167-0334-3.