Chiesa di San Martino (Gandellino)

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Chiesa di San Martino vescovo
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneLombardia
LocalitàGandellino
IndirizzoVia Costa Magra, 2
Coordinate45°59′20.2″N 9°56′48.91″E / 45.988945°N 9.94692°E45.988945; 9.94692
Religionecattolica di rito romano
TitolareMartino di Tours
Diocesi Bergamo
ArchitettoCamillo Galizzi
Stile architettoniconeoromanico
Inizio costruzione1920
Completamento1954

La chiesa di San Martino è il principale luogo di culto cattolico di Gandellino, comune in provincia di Bergamo, nell'alta Val Seriana. L'edificio risalente al XX secolo è costruito su di una chiesa precedente risalente al XV secolo, elevata a parrocchia nel 1611.[1]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La chiesa dedicata a san Martino vescovo, risulta presente sul territorio già dal 1445, quando vengono registrati i fedeli che per ricevere i sacramenti dovettero recarsi a Gromo nell'antica chiesa di San Giacomo e San Vincenzo, e da quella data in quella di Gromo San Marino dedicata a Santa Maria Nascente, dove erano presenti i preti che avevano il diritto di stola bianca o stola nera.[2] Dai documenti conservati nell'archivio parrocchiale si evince che le comunità dei due paesi si riunivano in consiglio nella chiesa mariana.

Il 14 dicembre 1611, ottenne dal vescovo Giovanni Emo previa il pagamento di 12 monete d'oro aventi il valore di 7 lire venete, l'elevazione a parrocchiale con il distacco dalla chiesa di Santa Maria Nascente di Gromo San Marino.[3] La devozione al santo era molto antica sul territorio gandellinese.[4]
La chiesa subì nel tempo molte modifiche, dopo la visita pastorale del 1575 di san Carlo Borromeo furono modificati gli altari. Nel 1889 la costruzione di una cantoria che fu poi spostata per collocare l'organo. La navata fu ampliata nel 1894, fu rifatta anche la pavimentazione nel 1894. L'antica chiesa secondo quanto registrato da don Domenico Grassi era lunga 23,30 m e la larghezza di 10 m, mentre il presbiterio di 7 m con una elevazione di 70 cm.[5]

Il nuovo edificio fu iniziato nel 1920 su progetto di Camillo Galizzi e sostituì l'antica chiesa parrocchiale che era ormai, malgrado i numerosi interventi di restauro, gravemente ammalorata e decadente. Fu don Giovan Battista Nicoli a seguire il progetto e la prima parte di costruzione. La sua relazione indica che ormai l'edificio antico era vicino al de profundis. La posa della prima pietra avvenne il 6 maggio con la benedizione del vescovo Luigi Maria Marelli. I lavori proseguirono molto lentamente a causa della crisi economica del 1929 e poi del secondo conflitto mondiale; la grande dimensione della nuova chiesa chiedeva un contributo alto alle famiglie in un periodo di grave situazione economica del territorio. Nel 1944 furono costruiti gli interni con le due campate e l'abside.[6] La facciata fu iniziata nel 1951 su disegno dell'ingegnere Adolfo Ferrari. Solo nel 1954 l'edificio fu terminato con la consacrazione il 16 luglio dal vescovo di Crema Placido Maria Cambiaghi.

Aula della chiesa di San Martino dal matroneo
Chiesa superiore di San Martino

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

L'antica chiesa era stata edificata all'inizio della strada che collegava il territorio con la frazione Tezzi dove erano presenti le miniere estrattive di ferro. Gli atti delle visite pastorali del 1520 e del 1535 la descrivono avente un'unica navata con l'altare maggiore al centro e due laterali dedicati alla Madonna quello dell'epistola e a sant'Antonio abate quello posto sul lato sinistro del Vangelo. Due ulteriori altari erano presenti lungo la navata dedicati a santa Maria Maddalena gestito dalla confraternita dei disciplini e a sant'Antonio da Padova. La visita pastorale del delegato di san Carlo Borromeo monsignor Pioni, fa la descrizione di un ambiente tenuto in condizioni antiqua e mal ridotta. Gli atti indicano anche la presenza di un cemeterium e di un altare esterno dedicato alle esequie funerarie. Fu quindi imposto alla fabbriceria di eliminare l'altare esterno e di recintare la zona cimiteriale perché non venisse offesa dagli animali, nonché di meglio mantenere l'edificio.[7] Furono quindi esaudite le richieste del cardinale con la nuova intitolazione degli altari e la posa della pala di Domenico Carpinoni.

Esterno[modifica | modifica wikitesto]

L'edificio completamente ricoperto in blocchi di pietra quarzifero lavorati a mano, si presenta maestoso grazie alla gradinata che lo procede. L'ambulacro accompagna su tre lati, con tre aperture ad archi a tutto sesto. La facciata, è preceduta dall'ampio pronao avente due grandi aperture centinate e l'arcata che accompagna al portone ligneo d'ingresso riportante la data 1940-1954, e sulla parte superiore una grande finestra centinata che da luce all'interno dell'aula. La facciata prosegue con un rosone ed è culminante con la grande croce ferrea posta il 30 agosto 1952, al culmine del tetto a due spioventi.
Lateralmente il loggiato, pare dare della chiesa una conformazione a tre navate, presenta cinque aperture per lato, precedute da una gradinata per lato.

Interno[modifica | modifica wikitesto]

L'interno a navata unica, è di medie dimensioni a pianta rettangolare; al presbiterio si accede da una gradinata terminante con una balaustra. L'aula, ultimata dal capomastro Giacomo Fiorina, ha un'alta zoccolatura correlata da lesene che sembrano sorreggano la trabeazione, ed è terminante nella parte alta con il matroneo avente sei ordini di trifore per lato. L'interno è illuminato da sei finestre semicircolari poste su ogni lato. L'abside presenta un deambulatorio con loggiato sovrastante composto da colonne e archi, e con il catino absidale avente un arco a tutto sesto. Il tabernacolo è posto nel tempietto donato dall'ex seminario di Clusone opera dell'architetto Eugenio Bonomi.

Cripta[modifica | modifica wikitesto]

La cripta, detta anche chiesa d'inverno, perché usata nel periodo invernale, è di misure inferiori rispetto all'aula principale e conserva sull'unico altare la statua lignea della Madonna del Carmine opera della bottega fantoniana del Seicento. Veniva usata per le celebrazioni liturgiche prima che fosse terminata la grande aula superiore negli anni sessanta del Novecento. La sua creazione non era inserita nel progetto iniziale, ma a causa del terreno soggetto ad alluvioni, si previde la sua realizzazione in corso d'opera, diventando la chiesa ordinaria durante la costruzione della parte superiore.
L'aula è a pianta rettangolare con volta a botte, in stile catacombale, ed è completamente affrescata dal pittore milanese Angelo Borgonovo con dipinti raffiguranti l'Inferno, il purgatorio e il Paradiso nonché la rappresentazione del Giudizio Universale.[8]

Domenico Carpinoni-Chiesa di San Martino Gandellino

Sagrestia[modifica | modifica wikitesto]

La sagrestia è stata ricavata dalla parte rimasta dell'antico edificio di culto, in particolare la parte presbiteriale. Conserva il dipinto opera di Domenico Carpinoni intitolato: San Cristoforo, san Rocco e san Sebastiano datata fine Cinquecento.[9]

Campanile[modifica | modifica wikitesto]

L'antico campanile era posto sulla parte nord dell'edificio e aveva un'unica campana che secondo la tradizione era stata fusa proprio nelle fucine del paese, facendola ritenere la più antica dell'alta valle, sicuramente risale al XIV secolo e riporta la scritta Laudate Deum in sono tubae. Furono poi aggiunte altre due campane, quella detta di san Martino nel 1642, e nell'Ottocento altre due. La nuova torre campanaria fu progettata sul lato meridionale e fu completata solo nel 1984, ma con una modifica al disegno originale, che prevedeva una cuspide ottagonale con tetto il rame. Il nuovo progetto presentava la firma dell'architetto Lucio Fiorina, e i lavori furono eseguiti dalla ditta artigiana locale Edilcasa di Fiorina A.[10] Il nuovo campanile e il concerto di campane fu benedetto nell'agosto del 1984 dal vescovo Giulio Oggioni.[11]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ BeWeB.
  2. ^ Merlini, p. 81.
  3. ^ Merlini, p. 80.
  4. ^ Il territorio nel 774 era stato donato da Carlo Magno al monastero francese dedicato al santo di Tours, e il re carolingio, che era molto devoto al santo, ne impose la devozione anche ai territori da lui conquistati. Savio Fedele, II, in Gli antichi vescovi d'Italia, I, Bergamo, Rinaldi, 1929, pp. 18-22.
  5. ^ Merlini, p. 90.
  6. ^ Merlini, p. 92.
  7. ^ Merlini, p. 88.
  8. ^ Merlini, p. 95.
  9. ^ Chiesa di San Martino, su italia-italy.org, Italia-Italy. URL consultato il 5 gennaio 2020.
  10. ^ Il progetto di ultimare la chiesa con il campanile fu di don Virgilio Fenaroli e fu terminato da don Elio Artifoni con la posa del concerto di otto campane. Merlini, p. 92.
  11. ^ Merlini, p. 94.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Mario Merlini, don Giuseppe Merlini, La parrocchia e la chiesa di s. Martino di Gandellino, Tipolito Palmigraf, 2010.
  • Paolo Oscar e Oreste Belotti, Atlante storico del territorio di Bergamo, in Monumente Bergamensia LXX.

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]