Appio Claudio Caudice

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
(Reindirizzamento da Appio Claudio Caudex)
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Appio Claudio Caudice
Console della Repubblica romana
Nome originaleAppius Claudius Caudex
GensClaudia
Consolato264 a.C.

Appio Claudio Caudice[1] (latino: Appius Claudius Caudex) (... – ...; fl. III secolo a.C.) è stato un politico romano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Membro della nobile gens Claudia, in particolare figlio del dittatore Gaio Claudio Crasso e fratello di Appio Claudio Cieco, il suo nome Caudex derivò dal fatto che prestava molto interesse agli affari navali.

Su ordine del Senato, mentre il collega (secondo console) fu inviato a combattere i Volsini, in qualità di primo console guidò le due legioni della spedizione romana in Sicilia per liberare Messina dai Cartaginesi che avevano ecceduto nell'aiutare gli occupanti, i Mamertini.

I Cartaginesi controllavano il porto e la rocca della città. Vennero espulsi e attestarono la flotta nei pressi di Capo Peloro. Nel frattempo Gerone di Siracusa si alleò con i Cartaginesi in funzione anti Mamertini e si diresse, con il suo esercito, alla volta di Messina.

Appio Claudio, in un primo momento, cercò di evitare il combattimento e di mediare fra i Mamertini e gli assedianti. Ma inutilmente. Dovette quindi disporre le legioni sul campo contro i Siracusani.

A quanto racconta Polibio, la battaglia fu lunga ma i Siracusani furono sconfitti. Con questa azione bellica, comunemente definita Battaglia di Messina, si conviene di far iniziare la Prima guerra punica.

Gli sconfitti rientrarono a Siracusa durante la notte successiva. Il giorno seguente, avvisato della fuga dei Siracusani, Appio Claudio attaccò vittoriosamente i Cartaginesi che cercarono scampo nelle città vicine. Appio, allora guidò la sua legioni a Siracusa e vi pose l'assedio. La successiva definitiva sconfitta di Gerone per opera dei successivi consoli Lucio Postumio Megello e Quinto Mamilio Vitulo, pose la basi della permanenza romana in Sicilia, sempre poi sostenuta fedelmente dal generale siracusano.

«la maggior parte delle città , ribellandosi ai Cartaginesi e ai Siracusani, si unì ai Romani. Gerone [...] concluse che le prospettive dei Romani fossero più brillanti di quelle dei Cartaginesi. Perciò, orientato in questo senso dalle sue riflessioni mandava inviati ai consoli parlando di pace e di amicizia. I Romani accettarono soprattutto per gli approvvigionamenti...»

Successivamente tentò un attacco verso Egesta, ma venne respinto; dopo alcuni altri insuccessi, terminato l'anno consolore, ritornò in Patria, lasciando una guarnigione a difesa di Messina.

Note[modifica | modifica wikitesto]

Predecessore Fasti consulares Successore
Lucio Mamilio Vitulo
e
Quinto Fabio Massimo Gurgite
(264 a.C.)
con
Marco Fulvio Flacco
Manio Otacilio Crasso
e
Manio Valerio Massimo Messalla