Abies cilicica

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Abete della Cilicia
Abies cilicica
Stato di conservazione
Prossimo alla minaccia (nt)[1]
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Plantae
Divisione Pinophyta
Classe Pinopsida
Ordine Pinales
Famiglia Pinaceae
Genere Abies
Specie A. cilicica
Nomenclatura binomiale
Abies cilicica
(Antoine & Kotschy) Carrière
Sinonimi

Abies cilicica subsp. isaurica Coode & Cullen
Abies cilicica var. isaurica (Coode & Cullen) Silba
Abies cilicica var. pyramidalis Boydak & Erdórul
Abies kotschyana Fenzl ex Tchich.
Abies rinzii Gordon
Abies selinusia Carrière
Abies tchugatskoi Lawson ex Gordon
Picea cilicica (Antoine & Kotschy) Rauch. ex Gordon
Pinus cilicica Antoine & Kotschy
Pinus tchugatskoi Fisch. ex Henkel & Hochst.

Nomi comuni

(EN) Cilician fir
(DE) Gewöhnliche Cilicische Tanne
(FI) Kilikianpihta
(FR) sapin de Cilicie
(HU) Kilikiai jegenyefenyo
(TR) Toros köknan
(IT) Abete della Cilicia

Areale

L'abete della Cilicia (Antoine & Kotschy) Carrière è un albero della famiglia delle Pinaceae endemico della Turchia, della Siria e del Libano.[1]

Etimologia[modifica | modifica wikitesto]

Il nome generico Abies, utilizzato già dai latini, potrebbe, secondo un'interpretazione etimologica, derivare dalla parola greca ἄβιος = longevo.[2] Il nome specifico cilicica fa riferimento alla Cilicia, antica provincia romana e regione geografica storica corrispondente all'area attuale delle montagne del Tauro in Turchia.[3]

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Albero alto fino a 35 m, con tronco che può raggiungere i 2 m di diametro, a portamento conico. La corteccia, grigio-cenere e liscia da giovane, diviene con l'età fessurata in scaglie. I rami principali hanno portamento ascendente; i rami secondari sono di colore dal rosso giallastro al marrone olivastro, glabri. Le gemme sono di forma ovoidale, non resinose, di colore castano; le perule che le rivestono sono carenate e libere in punta.[4]

Le foglie sono aghiformi, di colore verde scuro superiormente, verde biancastro inferiormente, lunghe fino a 4 cm, con apice intero o lievemente bifido.[4]

Gli strobili femminili, di color verde inizialmente, marroni a maturazione, sono cilindrici, lunghi fino a 20 cm e larghi fino a 6 cm, talvolta disposti in coppia, con corto peduncolo; le scaglie sono a forma di ventaglio, lunghe 3 cm, larghe 3,5 cm, lisce. Gli strobili maschili sono lunghi 1,5 cm, giallastri con microsporofilli rossi. I semi, di colore marrone chiaro, sono lunghi fino a 12 mm, a forma di uovo rovesciato, con ali marrone chiaro di 17 mm, cuneate.[3]

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

Specie endemica di Turchia (Tauro), dove può formare boschi puri e dove risiede la stragrande maggioranza della popolazione, Siria (entroterra di Laodicea[non chiaro]), e Libano (parte settentrionale del Monte Libano) con subpopolazioni ristrette e frammentate.[1] Predilige quote montane comprese tra i 1.000 e i 2.000 m, con piovosità annua compresa tra 1.000 e 1.500 mm, con estati calde e secche e inverni umidi e non troppo freddi. Vegeta su suoli calcarei, asciutti, ben drenati, talvolta rocciosi. Si ritrova spesso in associazione con Cedrus libani, Taxus baccata, e specie del genere Quercus; meno frequenti le associazioni con Pinus nigra e Juniperus excelsa.[3]

Usi[modifica | modifica wikitesto]

Il suo legno viene utilizzato per la fabbricazione di compensati. L'utilizzo in giardini e orti botanici è invece limitato, a causa della sua fragilità nei confronti delle gelate primaverili.[3]

Conservazione[modifica | modifica wikitesto]

Il suo areale è vasto (stima di 3.397 km²) con una buona densità vegetativa nel Tauro. Tuttavia questa specie viene considerata sensibile ai cambiamenti climatici che potrebbero aumentare il rischio di incendi boschivi e di vulnerabilità agli agenti patogeni; pertanto è inserita nella Lista rossa IUCN tra le specie prossime a essere minacciate. Le due subpopolazioni siriane e libanesi sono invece a rischio critico di estinzione a causa dell'esiguità e del degrado degli areali.[1]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d (EN) Gardner, M. & Knees, S. 2013., Abies cilicica, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  2. ^ Pier Luigi Nimis, Nevio Agostini, Marco Verdecchia e Elias Ceccarelli, Guida agli alberi del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi (PDF), su Dryades project Dipartimento di Scienze della Vita Università di Trieste, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi. URL consultato il 21 marzo 2019.
  3. ^ a b c d (EN) Aljos Farjon, A Handbook of the World's Conifers (2 vols.), Brill, 2010, pp. 71-72. URL consultato il 2 dicembre 2016.
  4. ^ a b (EN) Abies cilicica, su The Gymnosperm Database. URL consultato il 2 dicembre 2016.

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