Bos grunniens

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Yak
Bos grunniens
Stato di conservazione
Specie non valutata
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Sottoregno Eumetazoa
Superphylum Deuterostomia
Phylum Chordata
Subphylum Vertebrata
Infraphylum Gnathostomata
Superclasse Tetrapoda
(clade) Amniota
Classe Mammalia
Sottoclasse Theria
Infraclasse Eutheria
Superordine Laurasiatheria
(clade) Ungulata
Ordine Artiodactyla
Sottordine Ruminantia
Infraordine Pecora
Famiglia Bovidae
Sottofamiglia Bovinae
Tribù Bovini
Genere Bos
Specie B. grunniens
Nomenclatura binomiale
Bos grunniens
Linnaeus, 1766
Areale

Lo yak (Bos grunniens Linnaeus, 1766) detto anche bovino tibetano, è un mammifero artiodattilo appartenente alla famiglia Bovidae.[1]

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Allo stato brado, gli esemplari maschi adulti raggiungono dimensioni imponenti, possono superare i 200 cm di altezza al garrese con una lunghezza di oltre 325 cm e pesano mediamente 1.000 kg, le femmine sono invece più minute e meno massicce, pesando mediamente 300 kg. La sottospecie domestica ha dimensioni decisamente inferiori: i maschi pesano dai 350 ai 580 kg e le femmine hanno un peso compreso tra i 225 e i 255 kg.

L'aspetto fisico è caratterizzato da una folta pelliccia con lunghi peli con gradazioni di colore tra il marrone scuro e il nero, le corna sono grandi e allungate con una curvatura verso l'alto; un lungo ciuffo di peli ricopre parte della fronte e la coda è ricoperta di lunghi peli. Le popolazioni addomesticate hanno gambe più corte, zoccoli più ampi, la colorazione della pelliccia è più diversificata, dal nero al bianco e spesso chiazzata; le corna sono più deboli e possono essere assenti.

Gli yak possiedono grandi polmoni, un numero elevato di globuli rossi ed una concentrazione di emoglobina più elevata della maggior parte degli altri bovidi, caratteristiche che permettono di vivere ad elevate altezze, cosa che gli altri bovidi non sono in grado di fare.

Biologia[modifica | modifica wikitesto]

Comportamento[modifica | modifica wikitesto]

Diorama con yak nel suo habitat naturale, al Museo Civico di Storia Naturale di Milano

Per gran parte dell'anno, i maschi e le femmine vivono in gruppi separati. Mentre le femmine e i vitelli (inclusi occasionalmente i giovani maschi) formano grandi branchi, i maschi adulti trascorrono il loro tempo da soli o in piccoli gruppi. Durante la stagione degli accoppiamenti che inizia a settembre, i maschi raggiungono i branchi delle femmine. I maschi si contendono harem di femmine combattendo fra di loro spesso anche violentemente. Le femmine generalmente partoriscono in giugno.

Gli yak selvatici passano la maggior parte del loro tempo a pascolare; sono attivi principalmente durante il giorno. Vivono in branchi che possono variare in dimensioni da 20 a 200 individui, ma generalmente i maschi formano gruppi composti da 2 a 5 individui e da 6 a 20 capi per quanto riguarda le femmine. Durante le tormente di neve per proteggersi dal freddo si sdraiano uno accanto all'altro quasi a formare un cerchio, con la testa rivolta verso l'interno aspettando che le condizioni meteorologiche migliorino.[senza fonte] Un altro aspetto interessante del comportamento degli yak selvatici è che, per ragioni sconosciute, essi talvolta attaccano e uccidono i loro omologhi addomesticati.[senza fonte] La prospettiva massima di vita per uno yak è di 25 anni.

Riproduzione[modifica | modifica wikitesto]

Allo stato brado, la femmina partorisce un vitello all'anno, la gestazione dura circa 9 mesi, lo svezzamento dura un anno, la maturità sessuale viene raggiunta ad un'età di 6-8 anni. Gli esemplari addomesticati di yak hanno invece un ciclo riproduttivo più vario, slegato da stagioni riproduttive e la mucca talvolta può partorire più di un vitello all'anno.

È la femmina ad accudire la prole, questo è dovuto al fatto che le femmine e i maschi selvatici trascorrono la maggior parte dell'anno in gruppi separati. I vitelli appena nati sono in grado di reggersi in piedi e di camminare dopo poche ore.

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

L'areale degli esemplari selvatici è limitato all'altopiano tibetano, mentre gli esemplari addomesticati si trovano in una zona molto più ampia dell'Asia centrale. Le specie selvatiche si sono estinte in Mongolia già nel XVIII secolo e sono in pericolo anche in Tibet, a causa della caccia e dell'espansione della pastorizia.

L'habitat dello yak può variare, ma è composto soprattutto da tre aree con vegetazione diversa: pascoli alpini, steppa alpina e steppa desertica. Ognuno di questi ecosistemi garantisce agli yak grandi aree ricche di prati, ma differiscono per il tipo di graminacee e di piccole arbusti che vi crescono, per la quantità di vegetazione disponibile, per la temperatura media e per le precipitazioni annue.

Il loro habitat può variare anche in funzione delle stagioni; nei periodi freddi in cui scarseggia il cibo, alcuni branchi compiono anche grandi migrazioni alla ricerca di erba, di muschi e di licheni. Tuttavia, gli yak non prediligono il clima caldo, preferendo invece le temperature più fredde degli altopiani, zone nelle quali fanno ritorno non appena le temperature salgono. Gli esemplari allo stato brado negli ultimi decenni si sono sempre più diffusi nelle steppe desertiche, le uniche zone dove non vengono disturbati dalle attività umane, che in queste regioni sono limitate invece dalla necessità di disporre di terreni sufficientemente fertili e di precipitazioni.

Tassonomia[modifica | modifica wikitesto]

Illustrazione di una carovana di yak addomesticati

Lo yak selvatico, Bos grunniens mutus (il maschio viene detto drong, mentre per le femmine si utilizza il termine dri o nak) vive sull'altopiano del Tibet, nel Pamir e alle pendici dell'Himalaya, fino a 6000 metri di altitudine. La varietà domestica (Bos grunniens grunniens), di dimensioni leggermente inferiori, è utilizzata come animale da soma e fornisce cuoio, carne, latte e lana. I suoi escrementi, seccati al sole in forma di mattonella, costituiscono un importante combustibile in alcune zone aride e quasi prive di vegetazione arborea. Molto comune l'incrocio con tori comuni (Bos taurus), ottenendo l'ibrido conosciuto come dzo, o dzopkio, più docile e gestibile.

Utilizzo da parte dell'uomo[modifica | modifica wikitesto]

Yak utilizzati per trainare un aratro

Gli yak sono stati addomesticati da millenni. In Tibet sono un'importante risorsa che si presta a vari usi: bestie da soma, animali da trasporto, forza da trazione in agricoltura; forniscono latte, carne, lana e pelliccia. La struttura fisica è adattata ad un ambiente montuoso, impervio e freddo; con ampi zoccoli, sono in grado di trasportare sul dorso grandi pesi a quote elevate e gli abitanti del Tibet li utilizzano per trasportare merci. La pelliccia degli esemplari più giovani è utilizzata per l'abbigliamento, mentre il pelo lungo dell'adulto è utilizzato per tessere coperte e tende. In alcune zone dove scarseggia la legna da ardere, il letame essiccato è utilizzato come combustibile. Il latte è utilizzato per produrre burro e formaggio.

Gli esemplari selvatici sono cacciati per pelliccia, lana e carne. Nonostante in Cina sia formalmente protetto, la caccia continua specialmente in inverno, quando gli yak costituiscono l'unica fonte di carne per gli agricoltori locali.

Lo yak in Italia[modifica | modifica wikitesto]

Da alcuni anni l'alpinista Reinhold Messner ha importato prima a Solda e ora a Valle di Cadore alcuni yak, che attirano molti curiosi.[2][3] Nel mese di novembre del 2009 il ministro alle Politiche agricole Luca Zaia ha fatto sì che una mandria di 25 capi venisse importata dall'oriente e liberata in località Chies d'Alpago, in Veneto e, ai piedi della foresta del Cansiglio: ciò al fine di contrastare l'avanzata dei boschi, vista la capacità degli yak di mangiare i giovani alberi che pecore e mucche non gradiscono, e di pulire nel contempo il sottobosco prevenendo la formazione di incendi. L'intento è di far fungere gli yak anche da attrazione turistica.[4][5][6]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) D.E. Wilson e D.M. Reeder, Bos grunniens, in Mammal Species of the World. A Taxonomic and Geographic Reference, 3ª ed., Johns Hopkins University Press, 2005, ISBN 0-8018-8221-4.
  2. ^ Gli yak presso il monte Rite Archiviato il 22 agosto 2012 in Internet Archive.
  3. ^ Messner e gli yak
  4. ^ Dal Tibet alle Dolomiti, liberati 25 yak - Corriere del Veneto, su corrieredelveneto.corriere.it. URL consultato il 30 giugno 2023.
  5. ^ Gli yak in Cansiglio sistemano i pascoli: «Ne servono di più», su www.ilgazzettino.it, 21 aprile 2014. URL consultato il 30 giugno 2023.
  6. ^ L’Alpago come il Tibet: gli yak muovono l’economia, su Corriere delle Alpi, 9 marzo 2022. URL consultato il 30 giugno 2023.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]