Via Mezzocannone

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Via Mezzocannone
Via Mezzocannone
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
CittàNapoli
CircoscrizioneMunicipalità II
QuartierePorto
Codice postale80134
Informazioni generali
Tipostrada
Collegamenti
Luoghi d'interesse
Mappa
Map
Coordinate: 40°50′47.72″N 14°15′21.91″E / 40.846588°N 14.256086°E40.846588; 14.256086

Via Mezzocannone è una strada di Napoli che, nel quartiere Porto, collega Piazzetta Nilo e Piazza San Domenico Maggiore a Corso Umberto I. È lunga circa 450 m.

Etimologia[modifica | modifica wikitesto]

Il nome risale ad una fontana situata a circa la metà della sua lunghezza (nei pressi di via Sedile di Porto), fatta costruire nel secolo XV dal Re di Napoli e duca di Calabria Alfonso II.

Questa fontana in piperno, addossata al muro per l'abbeveramento dei cavalli, era dotata di un tubo (in napoletano cannola o cannone) estremamente corto (da qui mezzo) e rappresentava un personaggio regale in atteggiamento impacciato (al punto che "'o Rre 'e Miezocannone" divenne un appellativo per denotare un portamento ridicolo o particolare goffaggine[1]), probabilmente proprio Alfonso II. La fontana fu smembrata per l'ampliamento della strada e i suoi resti, conservati in un deposito comunale, andarono successivamente dispersi.

Una parte di essi è stato ritrovato negli anni settanta da Giancarlo Alisio, in una bottega di antiquariato[2][3]: una tarsia quadrata in marmo con l'iscrizione ad Alfonso II e una testa di medusa da cui doveva fuoriuscire il mezzocannone, analogamente ad un'altra fontana, la perduta fontana dei Serpi, presso la scomparsa via del Pendino.

Un'altra etimologia fa risalire il nome ad un'unità di misura della portata d'acqua della fontana. All'epoca erano in uso come unità di misura della portata d'acqua la canna e il cannone, e la fontana aveva appunto la portata di mezzo cannone.[senza fonte]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

L'"uomo villoso" di via Mezzocannone

Prima del Risanamento, la strada, all'epoca molto più stretta, era popolata di tintori, che, lavorando nelle loro botteghe, lasciavano colare verso il fondo della via le loro miscele, rendendola impraticabile[4]. Salvatore Di Giacomo definì il "budello di Mezzocannone" "un lurido intestino napoletano".

Presso quello che prima delle opere del Risanamento si chiamava Vicolo Mezzocannone[5] (quasi a testimoniare l'angustia e il degrado tipici della strada) si trovava la famosa fontana omonima.

Già in epoca angioina, inoltre, intorno alla strada erano sorti innumerevoli palazzi nobiliari, circondati da giardini e fontane. In particolare, sul lato destro della strada, all'inizio della Rampe della Chiesa di San Giovanni Maggiore (tuttora esistente) sorgeva il Palazzo di Fabrizio Colonna, risalente al XV secolo.

In seguito al Risanamento la strada fu ampliata per collegare il decumano inferiore (e dunque tutta la zona alta della città) con le aree di bonifica.

Nella parte centrale della via, tutti gli edifici furono distrutti per la costruzione, sul lato destro, degli edifici universitari, e, su quello sinistro, per l'ampliamento della strada e la costruzione di civili abitazioni. All'interno di questi nuovi edifici umbertini sopravvivono tuttavia alcune testimonianze delle precedenti edificazioni: il Bassorilievo di Orione, simbolo dell'antico Sedile di Porto, popolarmente noto come Niccolò Pesce[6][7], in uno degli edifici sulla sinistra; il portale del Palazzo Colonna, inglobato nell'edificio universitario sede della Facoltà di Scienze Naturali, a destra della strada.

Alla fine di via Mezzocannone, nei pressi di Piazzetta Nilo, sopravvissero al Risanamento i conventi del Gesù Vecchio e Donnaromita, abbattuti successivamente per ampliare l'ultimo tratto della via, nell'ambito di una più generale ristrutturazione degli edifici universitari; come pure fu tagliata una campata del settecentesco palazzo di Sangro di Casacalenda cancellando ciò che restava della chiesa di Santa Maria della Rotonda su cui il palazzo fu costruito. Sempre sul fianco destro della strada si trova una grossa struttura muraria corrispondente alla Chiesa di San Girolamo delle Monache, distrutta dai bombardamenti durante il II conflitto mondiale.

Le Università
Palazzo Saluzzo di Corigliano (Sede dell'università L'Orientale)
Palazzo dell'Università Federico II di Biotecnologia
Palazzo Giusso (altra sede dell'Università L'Orientale)
Palazzo dell'Università Federico II di Giurisprudenza
Palazzo dell'Università Federico II di Lettere e Filosofia
Palazzo del Museo di Mineralogia (sede distaccata di Biotecnologia)


Via Mezzocannone oggi[modifica | modifica wikitesto]

Con la costruzione dei nuovi grandi edifici universitari, via Mezzocannone è diventata il centro della vita universitaria e, più generalmente, studentesca del capoluogo Campano. Ha sede in via Mezzocannone, infatti, la prima università di Napoli, all'interno della quale sono situati antichi musei di scienze biologiche e naturali e soprattutto la Biblioteca Universitaria Statale, che consta di oltre 1.200.000 volumi e di circa 18.000 periodici.

Attorno all'università ruotano oggi anche tutte le attività della via, che appare percorsa da librerie, tipografie e case editrici storiche come "De Frede" fondata alla fine dell'Ottocento, copisterie, cartolerie, bar e locali caratteristici (nella traversa "Rampe San Giovanni Maggiore", ad esempio, ancora oggi v'è il locale "La chitarra" aperto nel 1991 dal cantante e chitarrista napoletano Egisto Sarnelli).

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Giancarlo Alisio, Il Risanamento. Recupero di una struttura urbana, Edizioni Scientifiche Italiane
  2. ^ Italo Ferraro, Napoli: Quartieri bassi e il "Risanamento", CLEAN, 2003
  3. ^ Ora la Finanza ha ritrovato l'antica fontana, da La Repubblica, 1992
  4. ^ Varie strade conducono dall'alto al quartiere di Porto: sono ripidissime, strette, malselciate. La via di Mezzocannone è popolata tutta di tintori: in fondo a ogni bottega bruna, arde un fuoco vivo sotto una grossa caldaia nera, dove gli uomini seminudi agitano una miscela fumante; sulla porta si asciugano dei cenci rossi e violetti; sulle selci disgiunte, cola sempre una feccia di tintura multicolore. Matilde Serao, Il Ventre di Napoli
  5. ^ Forse che è stato toccato, neppure in una sua pietra, quel budello nero, storto, ripido, sdrucciolevole, che è il vico di Mezzocannone? Ah, esso non è stato toccato, e tutta la gente d'immaginazione, ma senza cuore, tutti quelli che amano il colore a scapito della civiltà e della decenza, tutti quelli che amano il carattere e non hanno compassione di chi muore, si consoli, perché il vico di Mezzocannone è stato rispettato e, probabilmente, non sarà mai toccato! Eccolo, oscuro, fetido, pericoloso alle gambe, pericoloso alle gonne pulite, ai calzoni puliti, eccolo con le sue case senz'aria e senza sole, con le sue botteghe che sembrano dei sotterranei, ove sono dei tintori, dei venditori di vino e persino, lavorando nella via, delle ricamatrici di oggetti di chiesa, ricamatrici in seta e in oro: eccolo, col suo goffo re di Mezzocannone, sovra una vecchia fontana, con quell'altro precipizio, di traverso, che sono le gradelle di san Giovanni Maggiore: eccolo, il vero nostro vicolo di Mezzocannone, ce lo hanno lasciato e noi possiamo ancora, turandoci il naso, attraversarlo in fretta: il Risanamento non ha osato arrivarvi: non vi arriverà mai!Sul fronte del Rettifilo si sta costruendo la facciata della nuova Università, né appare molto bella, mentre l'antica Università, via, aveva la sua grandezza e il suo fascino: si sta costruendo e gli studenti e i professori e la scienza finiranno per esser allogati magnificamente quando tutto ciò sarà finito.(ibidem)
  6. ^ Si fermava a piazzetta di Porto, faceva un mezzo giro e riesciva all'antico Sedile, dava uno sguardo al simulacro del dio Orione attaccato alla muraglia che il popolo chiama Pesce Niccolò, poi saliva per Mezzocannone, bagnandosi i piedi nelle acque azzurre, rosse, violette dei tintori che lavoravano in certi antri lugubri, intorno a caldaie nere, agitandovi un miscuglio misterioso. Matilde Serao, Piccole Anime
  7. ^ Quel bassorilievo rappresentava un uomo velloso, con un lungo pugnale nella mano destra: cioè (spiegava il narratore) il coltello di cui Niccolò Pesce si valeva per tagliare il ventre dei pesci dentro i quali viaggiava. E lo si ritrova ancor oggi nell'antico luogo, sebbene questo sia stato tutto trasformato dal risanamento edilizio della città; ma il bassorilievo, tolto dalla casa abbattuta, è stato ricollocato sul muro di una casa di nuova costruzione, nel vano di un balcone a primo piano, riaggiustandovi sotto la vecchia iscrizione del Settecento. La quale attesta che esso fu ritrovato nel cavare le fondazioni del sedile di Porto; il che affermano altresì tutti i topografi napoletani, soggiungendo che il ritrovamento accadde al tempo del primo Carlo D'Angiò. Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane, Biblioteca Adelphi.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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