Utente:P.Dragon/Sandbox

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

Espansione della voce: Lo cunto de li cunti[modifica | modifica wikitesto]

Roba da aggiungere aggiustare(ordine casuale):

Pseudonimo, titolo, rapporto con Boccaccio, commistione di generi, questione della conversazione di corte, "modo barocco", specularità e piani narrativi appiattiti, società letteraria, questione dell'intrattenimento etc. Non è proprioamente corretto parlare di una raccolta di fiabe.

Inizio della voce vera e propria[modifica | modifica wikitesto]

Lo cunto de li cunti overo lo trattenemiento de peccerille
Un'illustrazione della raccolta ad opera di Franz von Bayros
AutoreGiambattista Basile
1ª ed. originale1634
Genereraccolta di racconti
Sottogenerefiabe
Lingua originalenapoletano
AmbientazioneNapoli
ProtagonistiZoza (Lucrezia)
Coprotagonistile dieci novellatrici, il principe Tadeo
Antagonistila schiava

Lo cunto de li cunti overo lo trattenemiento de peccerille è una raccolta di 50 fiabe in lingua napoletana scritte da Giambattista Basile, pubblicate postume fra il 1634 e il 1636 a Napoli sotto il nom de plume anagrammatico di Gian Alesio Abbattutis (pseudonimo usato dallo scrittore per le opere in dialetto napoletano). L'opera, nota anche col titolo di Pentamerone (cinque giornate), è costituita da 50 fiabe, raccontate da 10 novellatrici in 5 giorni. Le 50 fiabe sono collocate in una cornice che segue il modello del Decameron di Boccaccio, anche se diversi sono il linguaggio e i temi trattati; l'autore dedicò Lo cunto de li cunti ai membri dell'Accademia napoletana degli Oziosi. L'opera ha le caratteristiche della novella medievale, che subisce però una trasformazione orientandosi verso toni fiabeschi e attingendo a motivi popolari. Malgrado la materia fiabesca e il sottotitolo, la raccolta è destinata a un pubblico di adulti poiché tratta temi complessi.

Il titolo[modifica | modifica wikitesto]

Struttura dell'opera[modifica | modifica wikitesto]

La cornice[modifica | modifica wikitesto]

L'opera è composta da cinquanta racconti. La cornice narrativa costituisce il primo di essi, da cui scaturiscono gli altri quarantanove, narrati da dieci personaggi per cinque giornate; alla fine, con l'ultima fiaba, si ritorna alla vicenda principale, che ritrova la sua conclusione. Il racconto della cornice, infatti, narra la vicenda della principessa Lucrezia, detta Zoza, una principessa triste che si trova nella condizione di non riuscire più a ridere. Invano il padre si sforza di strapparle un sorriso, facendo venire a corte una gran quantità di saltimbanchi, buffoni e uomini di spettacolo: Zoza non riesce ad uscire dal suo perenne stato di malinconia. Un giorno, però, mentre si trova affacciata alla finestra della sua stanza, scoppia a ridere allorquando vede una vecchia cadere, e poi compiere un gesto osceno di rivalsa e di protesta. La vecchia però si vendica della risata della giovane principessa con una maledizione: Zoza potrà sposarsi solo con Tadeo, un principe che a causa di un incantesimo giace addormentato in un sepolcro in uno stato di morte apparente, e che riuscirà a svegliarsi solo se una fanciulla riuscirà a riempire in tre giorni un'anfora con le sue lacrime. Zoza inizia l'impresa; l'anfora è quasi colma quando ella, stremata dalla fatica, si addormenta. È allora che una schiava moresca si sostituisce a lei, versando le ultime lacrime in modo da svegliare il principe, e si fa sposare. Zoza però riesce a infondere nella schiava il desiderio di ascoltare fiabe, e dà l'incarico a dieci orribili vecchie di narrare una novella ciascuna al giorno, per cinque giorni. Alla fine, però, Zoza si sostituisce all'ultima novellatrice, raccontando la propria storia come ultima novella. Così il principe viene a conoscenza dell'inganno che le è stato teso, condanna a morte la schiava moresca e sposa Zoza. Alla fine di ognuna delle prime quattro giornate compare un dialogo in versi, o egloga, a carattere satirico e morale, in cui si colpiscono, rappresentandoli in stile iperbolico e grottesco, i vari vizi umani, dall'ipocrisia alla cupidigia.

Le fiabe[modifica | modifica wikitesto]

Tra le fiabe più famose vi è la sesta della prima giornata: La gatta Cenerentola è la prima e la più antica versione di Cenerentola, racconto popolare tramandato sin dall'antichità in centinaia di versioni provenienti da diversi continenti.[1] Lo stesso racconto popolare sarà ripreso con diverse varianti dopo alcuni decenni da Charles Perrault (Cendrillon) e nel XIX secolo dai Fratelli Grimm (Aschenbrödel); il lungometraggio animato Cinderella del 1950 e le altre produzioni Disney si basano in gran parte sulla versione di Perrault. Dalla novella di Basile è tratta l'opera omonima di Roberto De Simone. La Napoli di Basile è plebea, miserabile, chiassosa, turpe: taverne, bordelli, bische, malefemmine. E i personaggi dei cinquanta racconti si raccolgono con lo scopo di far ridere il lettore.

Basile era un moralista, che vedeva dappertutto i segni del mondo alla rovescia: "buffoni regalati, furfanti stimati, poltroni onorati, assassini spalleggiati, zanettoni patrocinati e uomini dabbene poco apprezzati e stimati". Basile comprese anche il segreto della favola, il quale non consiste nell'evocazione del meraviglioso e dell'impossibile, ma nella costruzione di un universo perfettamente geometrico, dove le azioni e le reazioni vengono ripetute con una astratta precisione.[2]

Geografia dell'opera[modifica | modifica wikitesto]

Le novelle di Giambattista Basile sono ambientate in Basilicata e in Campania, luoghi dove l'autore trascorse buona parte della sua vita presso i nobili locali. Tra i luoghi legati alle novelle troviamo la città di Acerenza e il Castello di Lagopesole, quest'ultimo luogo dove si ambienta la fiaba di Raperonzolo.

Rapporti col Decameron di Boccaccio[modifica | modifica wikitesto]

Traduzione di Croce e contributi successivi[modifica | modifica wikitesto]

Il filosofo Benedetto Croce, che tradusse la raccolta in italiano, nella premessa all'edizione da lui curata definiva questo testo come "il più antico, il più ricco e il più artistico fra tutti i libri di fiabe popolari".

Il contributo della traduzione crociana che, nella mediazione di studiosi come Norman Mosley Penzer, ha iniziato il cammino novecentesco del Cunto, presenta uno dei suoi limiti più forti nel processo di voluta epurazione linguistico-testuale dei racconti basiliani, dai quali vengono quasi sempre omessi o non analizzati i molteplici rimandi a una tradizione storico-letteraria aulica su cui Basile poggia, invece, l'ossatura del Cunto. Il processo di ricontestualizzazione storica dell'opera ha avuto il suo risultato più importante negli studi di Michele Rak su Basile. Già nel 1974, con la pubblicazione de La maschera della fortuna. Lettura del Basile “toscano” (Napoli, Liguori), Rak ha ritrattato la dicotomia "Basile-Abbattutis" che aveva costituito il punto centrale nell'analisi di studiosi come Vittorio Imbriani e lo stesso Croce. Nella storia della critica contemporanea sul Cunto, gli studi di Michele Rak su Basile e sul Seicento napoletano hanno inaugurato un nuovo filone che, per molti aspetti, si colloca come risposta alla scuola di pensiero crociano. Allo stile ideologicamente sintetico dell'edizione italiana del Cunto pubblicata da Croce, la traduzione italiana di Michele Rak, uscita per Garzanti nel 1986,[3] ha restituito il Cunto al suo contesto: l'ambiente intellettuale del barocco napoletano. Definito come il testo capostipite del genere europeo del racconto fiabesco moderno, il Cunto viene collocato da Rak nel vivo di un dibattito intellettuale che ebbe il suo centro nelle accademie di cui Basile fu parte, insieme a un gruppo di scrittori che promossero l'uso letterario del napoletano, lingua in cui fu scritto anche il Cunto.[4] Nell'ambito di un'analisi che ha guardato al contesto delle pratiche letterarie a Napoli nel primo Seicento, Rak ha storicamente posizionato il Cunto come opera-spettacolo destinata all'intrattenimento cortigiano. È, infatti, in questo contesto che Rak ha colto la natura ‘aperta' dei racconti basiliani e il rapporto tra narratore, testo e performance. Una traduzione è offerta inoltre dallo scrittore conterraneo Gaetano Corrado. Una versione completa per ragazzi è stata curata da Domenico Basile discendente del famoso letterato, e Grazia Zanotti Cavazzoni, e pubblicata dall'editore L'isola dei Ragazzi in cinque volumi, uno per ogni giornata.

Adattamenti cinematografici[modifica | modifica wikitesto]

La prima realizzazione cinematografica ispirata a Lo cunto de lo cunti è C’era una volta del regista Francesco Rosi, realizzato nel 1967, che ha per protagonisti Dolores del Río, Sophia Loren, Omar Sharif, Georges Wilson, Leslie French.

Trasposizione esplicita del Pentamerone è, nel 2015, Il racconto dei racconti (Tale of Tales), film in lingua inglese a episodi diretto da Matteo Garrone; il film si basa su tre delle fiabe scritte da Basile: La cerva fatata, La pulce, La vecchia scorticata.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Stith Thompson, La fiaba nella tradizione popolare, Milano, Il Saggiatore, 1967, pp. 185-188 dall'edizione del 1994 (ed. originale: The Folktale, 1946, tradotta da Quirino Maffi).
  2. ^ "Le favole di Basile" ne La luce della notte di Pietro Citati, Adelphi, 2011, pag. 370 e sgg.
  3. ^ Giambattista Basile, Lo cunto de li cunti. A cura di Michele Rak, Milano, Garzanti, 1986.
  4. ^ Michele Rak, Napoli Gentile. La letteratura in "lingua napoletana" nella cultura barocca (1596-1632), Bologna, il Mulino, 1994.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Angela Albanese, Metamorfosi del Cunto di Basile. Traduzioni, riscritture, adattamenti, Ravenna, Longo, 2012.

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

  • Lo cunto de li cunti overo Lo tratteemiento de peccerille de Gian Alesio Abbattutis, 5 voll., in Napoli, per Camillo Cavallo, 1645: vol. 1, vol. 2, vol. 3, vol. 4, vol. 5.
  • Il pentamerone del Cavalier Giovan Battista Basile overo Lo cunto de li cunte, trattenemiento de li peccerille di Gian Alesio Abbattutis, 2 voll., Napoli, presso Giuseppe-Maria Porcelli, 1788: vol. 1, vol. 2.
  • The pentamerone, or The story of the stories, fun for the little ones, John Edward Taylor (a cura di), 2ª edizione, Londra, David Bogue, 1850.
  • Lo cunto de li cunti (il pentamerone), testo conforme alla prima stampa del MDCXXXIV-VI, con introduzione e note di Benedetto Croce, Napoli, 1891: vol. 1 (predisposti più volumi, ma pubblicato solo il primo).
  • Il Pentamerone, ossia la fiaba delle fiabe, tradotta dall'antico dialetto napoletano e corredata di note storiche da Benedetto Croce, 2 voll., Bari, Gius. Laterza & figli, 1925: vol. 1, vol. 2.

Cunto de li cunti, Lo Cunto de li cunti, Lo