Utente:Inimer/Sinosfera

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
La Cina e la sua sfera di influenza culturale (con oltre 1,6 miliardi di abitanti).

La sinosfera, conosciuta anche come sfera culturale cinese o sfera culturale dell'Asia orientale, indica un insieme di paesi e regioni abitati da popoli cinesi o che sono stati storicamente influenzati dalla cultura cinese.[1][2] Essa comprende solitamente la Grande Cina,[N 1] la Corea,[N 2] il Giappone e il Vietnam,[3] sebbene talvolta possano essere inclusi anche la Mongolia,[4][5][6] Singapore[7][8] e la Malesia[9][10] principalmente a causa di limitate influenze storiche cinesi o della recente diaspora cinese.[11]

Origine del termine[modifica | modifica wikitesto]

Sinosfera è la traduzione del neologismo inglese Sinosphere, utilizzato per la prima volta nel 1990 dal linguista statunitense James Matisoff.[12] Il termine è composto da due parti: "sino-", che deriva dal latino Sinae, e "-sfera" nel senso di sfera d'influenza, seguendo la stessa struttura utilizzata per termini come "sinologia" e "lingue sinotibetane".

Utilizzo accademico del termine[modifica | modifica wikitesto]

Arnold J. Toynbee[modifica | modifica wikitesto]

Lo storico britannico Arnold J. Toynbee, nel suo libro A Study of History, elencò la civiltà dell'Estremo Oriente come una delle principali civiltà. Egli incluse il Giappone e la Corea in questo gruppo, sostenendo che queste si siano evolute dalla civiltà cinese, la quale ha avuto origine nella valle del fiume Giallo. Toynbee paragonò inoltre la relazione tra la civiltà cinese e il resto dell'Estremo Oriente a quella tra l'ellenismo e le civiltà occidentali.[13]

Nishijima Sadao[modifica | modifica wikitesto]

Lo storico giapponese Nishijima Sadao (1919–1998) concepiva la sinosfera come in gran parte isolata da altre culture. Secondo Sadao, questa sfera culturale condivideva la filosofia del confucianesimo, la religione del buddhismo e strutture politiche e sociali simili. La sua idea di sinosfera includeva la Cina, il Giappone, la Corea, il Vietnam e le aree comprese tra la Mongolia e l'Himalaya.[14][15]

Lista dei principali stati[modifica | modifica wikitesto]

Zone di sovranità cinese[modifica | modifica wikitesto]

Questo insieme include le zone amministrate da popolazioni appartenenti prevalentemente a una delle etnie cinesi:

Zone culturali cinesi[modifica | modifica wikitesto]

Questo insieme include le zone con una significativa popolazione di madrelingua cinese:

Zone ad alta influenza[modifica | modifica wikitesto]

Questo insieme include le zone che hanno subito una forte influenza cinese a livello storico, religioso, culturale e migratorio:

Tratti comuni[modifica | modifica wikitesto]

Taoismo[modifica | modifica wikitesto]

[[DA CONTROLLARE]] Laozi scrisse il Daodejing intorno al 600 a.C., il cui fondamento è il Tao (道). Le divinità sono chiamate immortali (仙人, xiānrén). Egli introduce in particolare il concetto della dualità del yin e del yang (阴阳 / 陰陽, yīnyáng), del vuoto (无 / 無, wú) e del non-agire (无为 / 無爲, wúwéi). Questi principi, con alcune somiglianze con le filosofie indiane, sono fondamentali nella medicina cinese e nella cucina cinese, considerate dal taoismo elementi essenziali per raggiungere l'immortalità. Questi concetti rimangono impregnati nel confucianesimo, nel buddhismo e nei paesi che hanno adottato la cultura cinese, e li ritroviamo negli elementi di tutti i giorni, come ad esempio nella bandiera della Corea del Sud e nei nomi delle due principali linee ferroviarie del Giappone (san-in (山陰?) e San-yō (山陽?)). I colori, blu per il freddo (yin) e rosso per il caldo (yang) (come sulla bandiera coreana), si trovano anche sui dispositivi di controllo della temperatura. [[DA CONTROLLARE]]

Confucianesimo e neoconfucianesimo[modifica | modifica wikitesto]

A differenza del buddhismo e in maniera simile al taoismo, il confucianesimo è una filosofia umanista creata da Confucio che emerse in Cina nel III secolo a.C.[16] Inizialmente respinta, divenne la filosofia ufficiale sotto l'imperatore Han Wudi come dottrina di stato. Essa sostiene, tra le altre cose, che gli esseri umani possono imparare e migliorarsi attraverso sforzi personali e comunitari. Il confucianesimo si concentra sulla coltivazione della virtù e il mantenimento dell'etica, tramite i concetti fondamentali di ren (仁), yi (義) e li (禮).[17]

La Cina, il Giappone, la Corea e il Vietnam condividono una visione filosofica confuciana del mondo.[1] In Vietnam, il modello di esami imperiali per diventare funzionari di corte rimase simile a quello cinese fino all'epoca coloniale francese. Fu anche utilizzato in Corea durante le ere Goryeo e Joseon.[18]

La filosofia giapponese iniziò a svilupparsi attraverso un sincretismo tra le credenze locali shintoiste e quelle del buddhismo, del confucianesimo, del taoismo e di altre scuole di filosofia cinese.[19] In Corea, furono invece integrati elementi dello sciamanesimo nel neoconfucianesimo importato dalla Cina.[20][21] In Vietnam, il neoconfucianesimo fu influenzato dalla religione tradizionale vietnamita e fa parte dei tre grandi insegnamenti, noti come Tam giáo, insieme al taoismo (anch'esso originario della Cina) e al buddhismo.[22]

Buddhismo[modifica | modifica wikitesto]

La Cina, il Giappone, la Corea e il Vietnam condividono una storia legata al buddhismo Mahāyāna. Originario del subcontinente indiano nel V secolo a.C., il buddhismo si sarebbe diffuso dal nord-est dell'India lungo la via della seta attraverso l'Impero Kushan (I secolo a.C. - III secolo), uno dei primi, se non il primo, paese buddhista, situato tra gli attuali India, Pakistan, Afghanistan e Xinjiang, per poi raggiungere la Cina fino alla costa orientale.[23]

Una volta assimilato in Cina, venne a formarsi la branca cinese del buddhismo Mahāyāna, chiamata Chán.[24] Questa branca assorbì parzialmente il taoismo,[25] e le divinità buddhiste (bodhisattva) subirono cambiamenti nella loro rappresentazione e talvolta anche nel genere (come Avalokiteśvara, maschile, diventato Guanyin, femminile nel Chán).[26] Guanyin diventò la divinità più venerata in questa branca, superando persino Buddha stesso.[27][28][29]

Durante la dinastia Tang, periodo in cui la cultura cinese raggiunse il suo apice, il Chán si diffuse in molte regioni, in particolare in Vietnam (chiamato Thiền), in Corea (chiamato Seon) e in Giappone (chiamato Zen).[24] Nel VII secolo, secondo i resoconti nepalesi, cinesi e tibetani, la dinastia Licchavi (nell'attuale Nepal) e la Cina portarono il buddhismo in Tibet attraverso le principesse offerte in matrimonio a Songtsen Gampo (609?–650), fondatore dell'impero tibetano.[30] In seguito, suo figlio, Thrisong Detsen, scelse di adottare il buddhismo Vajrayāna (detto esoterico o tantrico) come religione di stato.[31] Nel VIII secolo, Amoghavajra, probabilmente nato da un padre indiano e una madre di origine sogdiana, fondò un tempio Vajrayāna sul Monte Wutai.[32] Uno dei suoi studenti, Huiguo, trasmise le sue conoscenze al monaco giapponese Kūkai, che a sua volta creò il buddhismo Shingon.[33][34]

L'Asia orientale ospita attualmente la più grande popolazione buddhista al mondo, pari a circa 200 milioni di abitanti.[35]

Cultura letteraria[modifica | modifica wikitesto]

La cultura letteraria dell'Asia orientale era basata sull'uso della lingua classica cinese, che veniva utilizzata dagli studiosi e dai governi in tutta la regione. Sebbene ciascuno di questi paesi possedesse sistemi di scrittura vernacolare e li utilizzasse per la letteratura popolare, continuavano a usare il cinese per tutte le scritture formali, fino a quando non fu eliminato dall'ascesa del nazionalismo alla fine del XIX secolo.

  1. ^ a b (EN) Edwin O. Reischauer, The Sinic World in Perspective, in Foreign Affairs, 1º gennaio 1974. URL consultato il 13 settembre 2023.
  2. ^ (EN) Eckhardt Fuchs e Benedikt Stuchtey, Across Cultural Borders: Historiography in Global Perspective, Rowman & Littlefield, 2002, ISBN 978-0-7425-1768-4. URL consultato il 13 settembre 2023.
  3. ^ (EN) Charles Holcombe, A History of East Asia: From the Origins of Civilization to the Twenty-First Century, Cambridge University Press, 2011, ISBN 978-0-521-51595-5. URL consultato il 13 settembre 2023.
  4. ^ (EN) Franck Billé e Sören Urbansky, Yellow Perils: China Narratives in the Contemporary World, University of Hawaii Press, 31 luglio 2018, ISBN 978-0-8248-7601-2. URL consultato il 13 settembre 2023.
  5. ^ (EN) David Christian, A History of Russia, Central Asia and Mongolia, Volume II: Inner Eurasia from the Mongol Empire to Today, 1260 - 2000, John Wiley & Sons, 12 marzo 2018, ISBN 978-0-631-21038-2. URL consultato il 13 settembre 2023.
  6. ^ (EN) Mark Grimshaw-Aagaard, Mads Walther-Hansen e Martin Knakkergaard, The Oxford Handbook of Sound and Imagination, Oxford University Press, 2019, ISBN 978-0-19-046016-7. URL consultato il 13 settembre 2023.
  7. ^ (EN) Hellmuth Lange e Lars Meier, The New Middle Classes: Globalizing Lifestyles, Consumerism and Environmental Concern, Springer Science & Business Media, 10 giugno 2009, ISBN 978-1-4020-9938-0. URL consultato il 13 settembre 2023.
  8. ^ (EN) James C. Bennett, The Anglosphere Challenge: Why the English-speaking Nations Will Lead the Way in the Twenty-first Century, Rowman & Littlefield, 2007, ISBN 978-0-7425-3333-2. URL consultato il 13 settembre 2023.
  9. ^ (EN) Lukas Pokorny e Franz Winter, Handbook of East Asian New Religious Movements, BRILL, 24 aprile 2018, ISBN 978-90-04-36297-0. URL consultato il 13 settembre 2023.
  10. ^ (EN) Yongnian Zheng e Liang Fook Lye, Singapore-china Relations: 50 Years, World Scientific, 6 novembre 2015, ISBN 978-981-4713-57-3. URL consultato il 13 settembre 2023.
  11. ^ (EN) Thomas B. Gold, Go with Your Feelings: Hong Kong and Taiwan Popular Culture in Greater China, in The China Quarterly, n. 136, 1993, pp. 907–925. URL consultato il 13 settembre 2023.
  12. ^ (EN) Victor Mair, Language Log » Sinophone and Sinosphere, su languagelog.ldc.upenn.edu, 8 novembre 2012. URL consultato il 13 settembre 2023.
  13. ^ (EN) Lung-Kee Sun, The Chinese National Character: From Nationhood to Individuality, M.E. Sharpe, 20 novembre 2001, ISBN 978-0-7656-3936-3. URL consultato il 13 settembre 2023.
  14. ^ (EN) Eckhardt Fuchs e Benedikt Stuchtey, Across Cultural Borders: Historiography in Global Perspective, Rowman & Littlefield, 2002, ISBN 978-0-7425-1768-4. URL consultato il 13 settembre 2023.
  15. ^ (EN) Charles Holcombe, A History of East Asia: From the Origins of Civilization to the Twenty-First Century, Cambridge University Press, 2011, ISBN 978-0-521-51595-5. URL consultato il 13 settembre 2023.
  16. ^ (EN) George M. Thomas, Religions in Global Civil Society, in Sociology of Religion, vol. 62, n. 4, 2001, pp. 515–533, DOI:10.2307/3712439. URL consultato il 13 settembre 2023.
  17. ^ (EN) Edward Craig, Philosophy: a Very Short Introduction, Oxford University Press, 24 settembre 2020, ISBN 978-0-19-886177-5. URL consultato il 13 settembre 2023.
  18. ^ (ZH) 刘海峰, 中国对日、韩、越三国科举的影响, 20 dicembre 2006. URL consultato il 13 settembre 2023.
  19. ^ (JA) 和辻哲郎, 日本倫理思想史, 岩波書店, 1952. URL consultato il 13 settembre 2023.
  20. ^ (EN) Min-hong Chʻoe, A Modern History of Korean Philosophy, Seong Moon Sa, 1980. URL consultato il 13 settembre 2023.
  21. ^ (EN) Wm Theodore De Bary, William Theodore De Bary e JaHyun Kim Haboush, The Rise of Neo-Confucianism in Korea, Columbia University Press, 1985, ISBN 978-0-231-06052-3. URL consultato il 13 settembre 2023.
  22. ^ (EN) Quan-Hoang Vuong, Quang-Khiem Bui e Viet-Phuong La, Cultural additivity: behavioural insights from the interaction of Confucianism, Buddhism and Taoism in folktales, in Palgrave Communications, vol. 4, n. 1, 4 dicembre 2018, pp. 1–15, DOI:10.1057/s41599-018-0189-2. URL consultato il 13 settembre 2023.
  23. ^ (EN) Haicheng Ling e 凌海成, Buddhism in China, 五洲传播出版社, 2004, ISBN 978-7-5085-0535-0. URL consultato il 15 settembre 2023.
  24. ^ a b (EN) Peter Hershock, Chan Buddhism, Fall 2023, Metaphysics Research Lab, Stanford University, 2023. URL consultato il 15 settembre 2023.
  25. ^ (EN) Tamim Ansary, The Invention of Yesterday: A 50,000-Year History of Human Culture, Conflict, and Connection, PublicAffairs, 1º ottobre 2019, ISBN 978-1-61039-797-1. URL consultato il 15 settembre 2023.
  26. ^ (EN) Bodhisattva Avalokitesvara: Guanyin (article), su Khan Academy. URL consultato il 15 settembre 2023.
  27. ^ (EN) Patricia Ann Berger, Helen Foresman Spencer Museum of Art e Asian Art Museum of San Francisco, Latter Days of the Law: Images of Chinese Buddhism, 850 - 1850 ; [exhibition, August 27 - October 9 1994 ...], University of Hawaii Press, 1º gennaio 1994, ISBN 978-0-8248-1662-9. URL consultato il 15 settembre 2023.
  28. ^ (EN) James L. Ford, The Divine Quest, East and West: A Comparative Study of Ultimate Realities, SUNY Press, 28 gennaio 2016, ISBN 978-1-4384-6053-6. URL consultato il 15 settembre 2023.
  29. ^ (EN) Steve Cioccolanti, From Buddha to Jesus: An Insider's View of Buddhism and Christianity, Monarch Books, 2010, ISBN 978-1-85424-956-2. URL consultato il 15 settembre 2023.
  30. ^ (EN) John C. Huntington e Dina Bangdel, The Circle of Bliss: Buddhist Meditational Art, Serindia Publications, Inc., 2003, ISBN 978-1-932476-01-9. URL consultato il 15 settembre 2023.
  31. ^ (EN) Prof (Dr ) Jai Paul Dudeja, Profound Meditation Practices in Tibetan Buddhism, Blue Rose Publishers, 14 marzo 2023. URL consultato il 15 settembre 2023.
  32. ^ (EN) Mary Anne Cartelli, The Poetry of Mount Wutai: Chinese Buddhist Verse from Dunhuang, Columbia University, 1999. URL consultato il 15 settembre 2023.
  33. ^ Ronald S. Green e Chanju Mun, Kūkai’s Epitaph for Master Huiguo: An Introduction and Translation, in The Eastern Buddhist, vol. 46, n. 1, 2015, pp. 139–164. URL consultato il 15 settembre 2023.
  34. ^ (EN) Charles Orzech, Henrik Sørensen e Richard Payne, Esoteric Buddhism and the Tantras in East Asia, BRILL, 2011, ISBN 978-90-04-18491-6. URL consultato il 15 settembre 2023.
  35. ^ (EN) Peter Harvey, An Introduction to Buddhism: Teachings, History and Practices, Cambridge University Press, 2013, ISBN 978-0-521-85942-4. URL consultato il 15 settembre 2023.