Utente:Eugenio Nicola Scarcella/Sandbox

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Emirato di Sicilia
Emirato di Sicilia – Bandiera
Emirato di Sicilia - Localizzazione
Emirato di Sicilia - Localizzazione
Dati amministrativi
Nome ufficialeإمارة صقلية Imārat Ṣiqilliyya
Lingue ufficialiarabo
Lingue parlatearabo siciliano, greco, volgare siciliano
CapitalePalermo
Politica
Forma di StatoMonarchia islamica
Forma di governoEmirato
Capo di StatoEmiri di Sicilia
Dinastia governanteKalbiti
Nascita948 con Hasan I
CausaAvvento della Dinastia dei Kalbiti
Fine1091 con Hasan II
CausaConquista normanna
Territorio e popolazione
Bacino geograficoSicilia
Economia
Valutadinar, kharruba
Produzionizucchero, cotone, olio, grano, tessuti
Commerci conpaesi del Mediterraneo
Esportazionizucchero (di canna), olio, vino, grano, canapa, fichi, mandorle, agrumi, datteri
Religione e società
Religioni preminentiIslam e Cristianesimo
Religione di StatoIslam
Religioni minoritarieEbraismo
Classi socialiGuerrieri, imam, contadini, nobili
Evoluzione storica
Preceduto da Impero Bizantino
Succeduto da Contea di Sicilia
Ora parte diBandiera dell'Italia Italia

L'Emirato di Sicilia fu uno Stato dell'Europa mediterranea che esistette tra il 948 e il 1091, anno i cui Ruggero I di Sicilia conquistata l'ultima roccaforte islamica di Noto proclamò la nascita della Contea di Sicilia

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Nel 948 l’emirato fatimida venne spostato in Egitto e la conduzione dell'isola fu affidata, con la più ampia autonomia, ai kalbiti, fedeli emissari dei fatimidi. Inizialmente, Hasan I era un governatore della Sicilia per conto dei fatimidi con una semplice delega di fatto e, non esisteva alcuna concessione ereditaria dell'Emirato; fu solo grazie alla sua abilità e lungimiranza politica che nel giro di circa venti anni, Hasan I traformò ciò che pressapoco era un governatorato in un Emirato indipendente, che rimase fedele al governo del Cairo solo per ciò che riguardava l'aspetto religioso. Il dominio della Dinastia Kalbita durato oltre cento anni corrisponde anche all’epoca d’oro della Sicilia islamica, un periodo ricco di arte e cultura.[1]

Nel 953, dopo una fortunata spedizione che costrinse i Bizantini a pagare il tributo per la Calabria e dopo aver fondato nella città di Reggio una comunità di islamici dotata di moschea, Hasan I si recò nella nuova capitale Mahdiyya per rendere omaggio al quarto sceicco fatimida. Ottenuta l'autorizzazione ad investire come suo erede il figlio Aḥmad I, pressò affinché potesse completare la conquista delle ultime città della Sicilia ricadute sotto il controllo bizantino durante il periodo di anarchia protrattosi tra il 914 e il 920. L'investitura di Ahamad non era ancora ereditarietà per diritto, ma di fatto il processo era avviato.

Nel 956, i Bizantini ruppero la tregua, distrussero la moschea di Reggio e invasero Termini, due anni dopo, la controffensiva arabo-sicula riportò i confini sullo Stretto di Messina, intanto Al-Muìzz acconsentì alla rottura del precedente accordo con i bizantini e fornì le truppe necessarie per proseguire nella conquista. Nel 962 fu espugnata Taormina, dopo un lungo assedio finalmente cadde anche Rometta nel maggio del 965.

Nel 970 deposto il precedente Emiro giunse a Palermo Ali Ibn al-Hasan (970-982) che riuscì a sedare le tensioni tra berberi e arabi. Ma l’Emiro era minacciato da un tentativo bizantino di conquista di Messina nel 976, tentativo fermato che anzi consentì ad Ali di saccheggiare diverse città bizantine del Sud Italia. Con Ali Ibn al-Hasan ogni residua influenza dal Nordafrica, ancora presente con i due Emiri precedenti, cessa del tutto e l'Emirato siciliano si trova in uno stato di totale indipendenza giuridica e politica. Nel 982, imperatore tedesco Ottone II scese fino in Calabria con le sue armate, gli arabo-siculi e i bizantini si coalizzarono per bloccare le mire espansionistiche dell'imperatore, ottenendo un grande successo, tuttavia lo stesso Emiro Ali Ibn al-Hasan rimase ucciso, ma le armate tedesche con gli alleati italici furono costrette ad una frettolosa fuga verso nord e l’imperatore Ottone II si salvò per puro caso fuggendo su un'imbarcazione mercantile bizantina.[2]

Venne investito nuovo emiro di Sicilia Jābir al-Kalbī, figlio di Ali Ibn al-Hasan; l'anno successivo Jābir venne deposto e seguirono i brevi regni di Jaʿfar I al-Kalbī (983-985) e ʿAbd Allāh al-Kalbī (985-989) che furono abbastanza pacifici dal punto di vista della politica interna, ma che videro in politica estera la ripresa delle ostilità navali contro contro l'Impero Bizantino, la Repubblica di Venezia e la Repubblica di Pisa.

Nel 989 inizia il regno di Yūsuf ibn al-Kalbī e l'Emirato siciliano tocca la sua massima potenza politica e militare, la flotta siciliana diventa una delle più potenti del mediterraneo e Yūsuf si dota di un Visir e di un Ciambellano di corte. Da questo momento e per tutti i tre decenni successivi, con l'Emiro Ysuf e poi col di lui figlio Giafar II, l'Emirato di Sicilia raggiunse l'apice della sua potenza politica e militare. Detta situazione si tradusse anche nel campo socio-economico, artistico e letterario ove si raggiunsero altissimi livelli di progresso e raffinatezza.

Nella politica interna, Jafar II rispolverò, dopo più di un millennio, il titolo di Re (in arabo Malik) di Sicilia, reputandolo più appropriato per l'Isola, memore del fatto che la Sicilia era stato un regno nell'antichità. Da questo momento in poi, il legame dell'Emirato di Sicilia con Il Cairo, sia formalmente sia sostanzialmente, è esclusivamente di tipo religioso.[3] Amante della pace, egli preferì la vita agiata ai disagi delle spedizioni militari, trascorrendo il suo tempo nell'ozio e nel benessere del suo Parco della Favara (fawwāra = "sorgente") in cui dispose l’edificazione di Maredolce a Palermo, noto ancora ai tempi di Ruggero II come Qaṣr Jaʿfar (il palazzo di Jaʿfar), circondato da poeti e artisti di ogni sorta. Lui stesso fu un fine poeta, scrittore e filologo esperto.

Il periodo di regno di Jaʿfar II rappresenta il momento di massima espansione e influenza per l'Emirato di Sicilia. Palermo, Balarm in siculo-arabo, raggiunse sotto Jaʿfar al-Kalbī II grandi splendori e si colmò di parchi reali coltivati a palma da dattero[4]. L'autorità dell'emiro Jafar II fu contestata nel 1015 da suo fratello ʿAlī, che raccolse un esercito di schiavi berberi e africani di colore, cercando di rovesciarlo. Il tentativo fallì e ʿAlī fu catturato e giustiziato e per punizione tutti i berberi presenti in Sicilia furono cacciati.
Il suo visir Hasan Ibn Muhammad inasprì enormemente la pressione fiscale, soprattutto a danno del ceto aristocratico e questo rese molto impopolare Jaʿfar II.

Nel 1019, Palermo si rivoltò contro i Kalbiti; venne assaltato il loro palazzo e vennero uccisi il visir e il Gran Ciambellano; Jaʿfar II e il padre, il vecchio emiro Yūsuf, che aveva rinunciato nel 998 al potere in seguito a una patologia che lo aveva reso infermo, vennero risparmiati ma furono costretti a riparare in Egitto. Il governo dell'Emirato di Sicilia venne affidato ad Aḥmad II, fratello di Jaʿfar.[5]

Gli emiri che si succedettero ebbero spesso un regno breve, alcuni regnarono male, altri non riuscirono più a estendere i territori come nel passato, ma anzi i vari tentativi vennero sempre più respinti da una convergenza di interessi da parte dei regni italiani di scacciare i musulmani. Si avviava così una fase di decadenza dell’emirato, anche perché le nuove generazioni di regnanti non avevano la stessa tempra dei genitori.

Contesto economico, culturale e sociale[modifica | modifica wikitesto]

La Chiesa di San Giovanni degli Eremiti a Palermo

I musulmani imposero ai cristiani che non intendevano convertirsi all'Islam la consueta fiscalità prevista dalla dhimma (più pesante rispetto a quella riservata ai sudditi musulmani - assoggettati al solo pagamento della zakāt - e costituita dalla jizya ed eventualmente dal kharāj), così la parte occidentale dell'isola si convertì quasi al 50%, mentre la parte orientale mantenne prevalentemente la fede cristiana. Nell'usuale statuto giuridico della dhimma ai cristiani fu vietato di fare proselitismo e di edificare nuovi luoghi di culto, consentendo tuttavia il culto in forma privata nella pratica nicodemica e nelle chiese già esistenti e furono soppressi i vescovadi[6]

Altri non-arabi siciliani, furono ridotti in schiavitù e deportati nella città tunisina di Qayrawan, che all'epoca era la capitale del grande Imamato fatimide dell'Africa nord-occidentale. Tra questi i genitori cristiano-bizantini di quello che diventerà uno dei più grandi generali islamici: Giafar al-Siqilli.

Muqarnas all'interno della Cappella Palatina di Palermo

Sotto il dominio musulmano le comunità ebraiche siciliane -in particolar modo quella di Palermo- aumentarono di numero, per l'arrivo di ebrei schiavi e riscattati dai loro correligionari. Gli ebrei durante il periodo musulmano furono perlopiù artigiani e commercianti che condussero un lucroso commercio tra la Sicilia, il Maghreb e l'Egitto. Grazie al livello di ricchezza e prosperità che raggiunsero poterono donare denaro allo yeshivah di Palestina. Gli ebrei, esattamente come i cristiani, pagavano la jizya e l'imposta sugli immobili (kharāj), dalla seconda metà dell'XII secolo iniziarono a pagare anche una tassa speciale sulle merci importate (ushr). Una lettera scritta alla vigilia della conquista normanna, intorno al 1060, spiega che l'ultimo sovrano musulmano di Palermo, Muḥammad ibn al-Bābā al-Andalusī, nominò Zakkāar ben ʿAmmār nagid della comunità ebraica palermitana.[7]

L'eventuale conversione del "non arabo" (siciliano o bizantino) comportò la restituzione dello status di uomo libero (Mawlā) e, per un artifizio giuridico non esente da implicazioni sociali di una certa importanza, essi venivano affiliati giuridicamente alla tribù araba d'appartenenza di quanti avevano combattuto nell'area e l'avessero conquistata.[6]

Palermo (Balarm) fu designata capitale in quanto residenza dell'Emiro, ebbe un notevole sviluppo urbanistico divenendo potente e popolosa. Ibn Hawqal, mercante e geografo nel X secolo nel suo Viaggio in Sicilia parla di Palermo come città dalle "trecento moschee".[8] Nonostante questo la maggioranza della popolazione non si convertì all'Islam.

L'economia[modifica | modifica wikitesto]

Musicanti arabi a Palermo

Secondo la maggioranza degli storici, Amari in testa, la Sicilia, con la conquista, rifiorì sia economicamente che culturalmente e godette di un periodo lungo di prosperità. Vennero introdotte tecniche innovative nell'agricoltura, in particolare nel Val di Mazara, e abolita la monocoltura del grano che risaliva al tardo impero, si passò alla varietà delle coltivazioni. Fu anche frantumato il latifondo. Nel commercio l'isola fu inserita in un'estesa rete marittima, divenendo il punto nevralgico degli scambi mediterranei.

Nel 1050 Palermo raggiunse i 350.000 abitanti, divenendo una delle più grandi città d'Europa, dietro solo alla capitale dell'Emirato di Spagna, Cordova, e alla capitale dell'Impero Bizantino, Costantinopoli. In seguito dell'invasone normanna la popolazione scese a 150 000, per poi declinare ulteriormente a 51 000 nel 1330.[9]

In agricoltura si diffuse la coltivazione dei cereali, vite e olivo che era una coltivazione asciutta e non richiedeva irrigazione. Le nuove piante introdotte come l'arancio, il limone, la canna da zucchero, il papiro e gli ortaggi necessitavano di irrigazione. Ciò fa intuire un apporto soprattutto locale piuttosto che arabo in quanto pur essendo prodotti provenienti dai paesi limitrofi, gli arabi e i berberi non possedevano le stesse capacità dei romani, quanto al trasporto dell'acqua. A meno di non considerare un contributo specifico di tecnici persiani, che possedevano un'ottima tradizione rispetto ai popoli del Nord Africa.

L’amministrazione[modifica | modifica wikitesto]

L'emiro era a capo dell'esercito, dell'amministrazione, della giustizia e batteva moneta. È anche assai probabile che a Palermo fosse attivo un ṭirāz, laboratorio in cui le autorità sovrane facevano creare tessuti di grande pregio (spesso concessi in segno di apprezzamento ai propri sudditi per premiarli della loro opera o come dono di Stato nel caso dell'invio o del ricevimento di ambascerie straniere). L'Emiro - che risiedeva nell'odierno Palazzo Reale - nominava i governatori delle città maggiori, i giudici (qāḍī) più importanti e gli arbitri in grado di dirimere le controversie minori fra privati (hakam). Esisteva anche un’assemblea di notabili detta giamà’a che affiancava e in alcuni casi sostituiva l’emiro nelle decisioni.[10]

Bisogna anche specificare che la dominazione musulmana nell’isola non fu uguale, la divisione nelle tre valli serviva anche a distinguere i differenti approcci di governo. La Sicilia occidentale infatti era maggiormente islamizzata e la presenza numerica degli arabi era molto maggiore rispetto alle altre parti. Nel Val Demone poi le difficoltà nella conquista e le resistenze della popolazione determinarono una dominazione perlopiù concentrata nel mantenimento delle tasse e dell’ordine pubblico.[10]

I combattenti o giund nel conquistare le terre ottenevano i 4/5 come bottino (fai’) e 1/5 era riservato allo Stato o al governatore locale (khums), ciò seguendo le regole del diritto islamico. Tuttavia questa regola non venne sempre rispettata e in molte aree come in quella di Agrigento i nuovi proprietari non ne avrebbero avuto il diritto. Ma c’è da dire che questa distribuzione delle terre determinò la fine del latifondo e la possibilità di uno sfruttamento migliore delle terre. Vennero così introdotte nuove coltivazioni laddove da secoli si coltivava solo il grano. Comparve la canna da zucchero, gli ortaggi, gli agrumi, i datteri e i gelsi e si avviò anche uno sfruttamento minerario.[11]

La monetazione[modifica | modifica wikitesto]

La moneta introdotta dagli arabi era il dinar, in oro e dal peso di 4,25 grammi. Il dirhem era d’argento e pesava 2,97 grammi. Gli aghlabiti introdussero il solidus in oro e il follis in rame. Mentre a seguito della conquista di Palermo nel 886 venne coniata la kharruba che valeva 1/6 di dirhem.[12]

La decadenza[modifica | modifica wikitesto]

Nello scenario di discordie e di instabilità creatosi, con l'emiro ziride ʿAbd Allāh che nel 1036 aveva preso possesso l'isola contro i Kalbiti, i Bizantini tentarono nel 1038 una riconquista con Stefano, fratello dell'imperatore Michele IV il Paflagone, alcune truppe normanne ed esuli lombardi, guidate dal generale Giorgio Maniace. La spedizione fu un insuccesso da un punto di vista strategico ma i risultati tattici conseguiti furono di grande importanza, perché egli riuscì a sbaragliare un esercito in numero maggiore. Ma soprattutto veniva meno il mito dell'invincibilità degli arabi che dettero finalmente dei segni di cedimento interno su su tutto il territorio siciliano.[13] Maniace poi fu richiamato in patria nel 1043 a causa delle invidie che le sue imprese avevano suscitato e non poté più riprendere in Sicilia le sue azioni militari. Nel suo corpo di spedizione aveva però militato il normanno Guglielmo Braccio di Ferro che, tornato tra i suoi parenti, riferì delle meraviglie dell'isola e della possibilità di farsene un dominio a scapito dei musulmani. L'isola da allora fu divisa in tre diversi emirati praticamente indipendenti e rivali tra loro: la parte occidentale (gran parte del cosiddetto Val di Mazara) fu sotto il dominio di Abd Allah ibn Mankut; Ali-ibn-Ni’ma, detto ibn al-Hawwas (l’agitatore) ebbe i territori da Messina fino a Castrogiovanni (oggi Enna) fino ad estendersi ad Agrigento; l’ultimo, ibn al-Maklati divenne il reggente di Catania e del Val di Noto. In questa frammentazione si evidenzia l'avvio della decadenza musulmana in Sicilia.[13]

  1. ^ Massimo Costa. Storia istituzionale e politica della Sicilia. Un compendio. Amazon. Palermo. 2019. Pagg. da 74 a 90 - ISBN 9781091175242
  2. ^ Costantino 2005, p. 53.
  3. ^ Massimo Costa. Storia istituzionale e politica della Sicilia. Un compendio. Amazon. Palermo. 2019. Pagg. da 82 a 83 - ISBN 9781091175242
  4. ^ http://www.palermoweb.com/cittadelsole/monumenti/castello_maredolce.htm
  5. ^ Massimo Costa. Storia istituzionale e politica della Sicilia. Un compendio. Amazon. Palermo. 2019. Pagg. da 82 a 83 - ISBN 9781091175242
  6. ^ a b Fara Misuraca, La Sicilia Araba, su ilportaledelsud.org, Brigantino - il Portale del Sud. URL consultato il 7 agosto 2010.
  7. ^ Palermo
  8. ^ È evidente che nel computo erano comprese tanto le grandi moschee quanto i più semplici e piccoli oratori.
  9. ^ (EN) J. Bradford De Long e Andrei Shleifer, Princes and Merchants: European City Growth before the Industrial Revolution, in The Journal of Law and Economics, vol. 36, n. 2, 1993-10, pp. 671–702, DOI:10.1086/467294. URL consultato l'11 novembre 2019.
  10. ^ a b Costantino 2005, p. 63.
  11. ^ Costantino 2005, p. 64.
  12. ^ Costantino 2005, p. 89.
  13. ^ a b Pasquale Hamel, L'invenzione del regno: dalla conquista normanna alla fondazione del Regnum Siciliae (1061-1154), Nuova Ipsa, 2009, pp. 13-14, ISBN 978-88-7676-413-4. URL consultato il 14 dicembre 2017.