Utente:Cunhal94/Settimana Santa di Ruvo di Puglia

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I riti della Settimana Santa di Ruvo di Puglia costituiscono l'evento principale che si svolge nella cittadina pugliese. Il folklore e le tradizioni sacre e non, tipiche della tradizione Rubastina, rappresentano un grande richiamo per i turisti provenienti da tutta l'Europa. La Settimana Santa Rubastina si inserisce tra le più importanti che si svolgono nel Sud Italia e in Puglia. I riti si aprono con il Venerdì di Passione, precedente alla Domenica delle Palme con la processione della Desolata. Il Giovedì Santo è segnato dalla suggestiva processione notturna degli Otto Santi, mentre il Venerdì Santo è il turno dei Misteri. La processione della Pietà del Sabato Santo chiude i riti penitenziali, mentre la Domenica di Pasqua la processione di Gesù Risorto chiude la Settimana Santa.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Le Confraternite a Ruvo[modifica | modifica wikitesto]

Madonna con Bambino tra i confratelli oranti e i santi Cleto, Biagio, Rocco ed altri, polittico, Z.T. 1537, Ruvo di Puglia, Chiesa del Purgatorio

La prova dell'esistenza delle prime confraternite Ruvesi, può essere ricavata dal Polittico, ad opera del Bizantino Z.T., raffigurante la Madonna con Bambino e Confratelli, in cui compare la scritta "Hoc opus fieri fec(e)runt, confratres san(c)ti Cleti, anno salut(i)s 1537". La nascita delle confraternite Rubastine si colloca nel periodo della Controriforma e attualmente sono soltanto quattro i sodalizi ancora attivi. Come riportato dal polittico, la prima confraternita di cui si ha notizia è la Confraternita di San Cleto, i cui confratelli oranti sono rappresentati proprio nel dipinto vestiti con sacco bianco e incappucciati. Nello stesso periodo, Ruvo vede la nascita della Confraternita del Santissimo Nome di Gesù nella ex chiesa del Rosario, ora di San Domenico, a cura dei padri domenicani. Tra le altre confraternite antiche e non più in attività ricordiamo la Confraternita della Concezione e la Confraternita dedicata al Monte della Pietà, le quali svolgevano attività caritativo-assistenziali. Datata 1543 è la Confraternita del Santissimo Sacramento fondata nella Concattedrale di Ruvo di Puglia, i cui confratelli vestivano un saio paonazzo e si dedicavano all'assistenza degli infermi e alla costituizione della dote per due povere ragazze. Tra queste prime confraternite bisogna ricordare soprattutto il sodalizio dedicato a San Carlo Borromeo, ora inesistente, che svolse un ruolo di primissimo piano nella società Ruvese. Seguono, in ordine cronologico, le quattro confraternite attive che si occupano della Settimana Santa: Confraternita di San Rocco (1576), Arciconfraternita del Carmine (1604), Confraternita del Purgatorio (1678) e Confraternita Purificazione-Addolorata (1777).

Le quattro Confraternite[modifica | modifica wikitesto]

Nello schema riassuntivo sono sintetizzati i caratteri principali delle quattro Confraternite ancora attive, elencate in ordine di età. Gli stemmi delle quattro confraternite sono sovrapposti su un campo rappresentante il carattere distintivo dell'abito della confraternita (mozzetta per la Confraternita di San Rocco e del Carmine, tracolla per la Confraternita della Purificazione e del Purgatorio).

Stemma
Confraternita
Abito Confratelli
Abito Consorelle
Processione penitenziale
Anno di fondazione
Confraternita Opera Pia San Rocco Camice bianco, mozzetta e cingolo rosso porpora, medaglione raffigurante San Rocco, buffa bianca e guanti neri Veste nera, abitino azzurro su cui sono ricamate le iniziali MBC (dal latino Mater Boni Consilii, Madre del Buon Consiglio), velo nero e guanti neri Processione della Deposizione di Cristo dalla Croce, detta degli "Otto Santi", Giovedì Santo ore 2.30, Chiesa di San Rocco
Arciconfraternita del Carmine Camice bianco, mozzetta e cingolo rosso, medaglione raffigurante la Madonna del Carmine, buffa bianca e guanti neri Veste nera, scapolare rosso con medaglione di Gesù Calvario davanti e le iniziali GC (Gesù Calvario) sul retro, velo nero Processione del Cristo Morto, Venerdì Santo ore 15.30, il simulacro entra in Cattedrale; alle 16.30 il Cristo Morto si unisce agli altri sette Misteri, già usciti alle 16.00 dalla Chiesa del Carmine, al passaggio davanti alla Cattedrale.
Confraternita del Purgatorio "Maria Santissima del Suffragio" Camice bianco, tracolla e cingolo nero, medaglione raffigurante un teschio con due tibie incrociate sovrastato da una croce, buffa bianca e guanti neri Veste nera, abitino nero con immagine raffigurante la Madonna del Suffragio sul davanti e le iniziali MSS (Maria Santissima del Suffragio) sul retro, velo nero e guanti neri Processione della Pietà, Sabato Santo ore 17.00, Chiesa del Purgatorio
Confraternita Purificazione Addolorata Camice bianco, tracolla nera e cingolo celeste, medaglione raffigurante l'Addolorata, buffa e guanti neri Veste nera, abitino nero su cui sono ricamate davanti e dietro le iniziali MD (Mater Dolorosa, Madre Addolorata), velo e guanti neri Processione della Desolata, Venerdì di Passione ore 17.00, Chiesa di San Domenico. Domenica di Pasqua ore 10.30, Processione di Gesù Risorto.

Confraternita Opera Pia San Rocco[modifica | modifica wikitesto]

Inscrizione muraria all'interno della chiesa di san Rocco che attesta la concessione delle indulgenze e la nascita di fatto della Confraternita di San Rocco

Con lo scoglimento della Confraternita di San Carlo Borromeo verso la fine del '500, la Confraternita Opera Pia San Rocco può essere considerata a tutti gli effetti il più antico sodalizio ancora in attività a Ruvo. Le origini del culto di San Rocco sono sicuramente frutto dell'influenza Veneziana, padrone dell'Adriatico nel 1500 ma anche della devozione popolare: nel 1502 la città di Ruvo viene afflitta da una terribile pestilenza, causata probabilmente dai continui scontri tra i padroni Francesi e gli Spagnoli che sfoceranno nella Disfida di Barletta. Il santo di Montpellier, sarebbe apparso sotto le sembianze di un viandante sia al primo magistrato che al vescovo dell'allora diocesi di Ruvo invitandoli a pregare.[1] Poco tempo dopo la pestilenza terminò e in segno di devozione, nel 1503, la cittadinanza eresse una piccola chiesa in suo onore. Secondo la leggenda, nella stessa chiesa di San Rocco, i tredici francesi capitanati da Guy la Motte, di stanza a Ruvo, avrebbero pernottato e partecipato alla Santa Messa. La Confraternita nacque il 28 ottobre 1576 come testimoniano le due inscrizioni murarie presenti una sull'architrave dell'ingresso e una all'interno della chiesa: fu Papa Gregorio XIII a concedere le indulgenze ai "confrati di santo Roccho de Ruvo". Nelle relationes ad limina dei vescovi Saluzio, Memmoli, Caro, Alitto e Morgione si può confutare l'ipotesi di un primo scioglimento della Confraternita tra il '600 e il '700; le origini della confraternita di San Rocco sono senza dubbio umili, i 40 confratelli che firmarono l'atto costitutivo della confraternita, lo fecero usando una croce, questi erano infatti analfabeti e contadini. Il sodalizio fu infatti definito povero nella relazione del 1593 del vescovo Gaspare Pasquali, in quanto i confratelli di bassissima estrazione sociale vivevano di elemosina anche per far fronte alle spese di restauro e di addobbo della chiesa.

Il trasporto di Cristo al sepolcro di Antonio Ciseri, dipinto a cui si ispirò il maestro Caretta per plasmare il simulacro degli "Otto Santi"

Solo l'8 agosto 1781 il re Ferdinando IV firmò la richiesta per il Regio Assenso allo statuto confraternale. Il nuovo statuto prevedeva l'assistenza tra i confratelli stessi e l'istituzione del Monte di San Rocco. L'assenso regale ricevuto soltanto nella seconda metà del '700 porta molti studiosi ed esperti ad individuare la Confraternita di San Rocco, paradossalmente, come la più giovane: questa considerazione è dovuta ad un periodo di mancanza di informazioni riguardo al sodalizio la cui causa è identificabile con una mancanza di fondi che ha portato al silenzioso e progressivo scioglimento della confraternita per poi essere istituita nuovamente solo nel 1781, anno del Regio Assenso. La piccola chiesetta di San Rocco cominciò ad arricchirsi di opere d'arte commissionate dagli stessi confratelli come la statua lignea di San Rocco, risalente al XVII secolo, e ospitata nella nicchia principale che sovrasta l'altare; il dipinto ad olio, di scuola napoletana, rappresentante la Madonna del Buon Consiglio e conservata in una teca esposta nella chiesa; la pregevole statua argentea di San Rocco di Giuseppe Sanmartino del 1793 conservata nella Cattedrale. Il 16 marzo 1919 la confraternita di San Rocco decide di dotarsi di un simulacro da far sfilare durante la Settimana Santa: il compito viene assegnato al maestro cartapestaio leccese Raffaele Caretta che si ispira al dipinto "Il trasporto di Cristo al sepolcro" di Antonio Ciseri del 1883. Il simulacro rappresenta pienamente e drammaticamente gli stessi personaggi dell'opera di Ciseri, a guidare il gruppo e a sostenere il sudario in cui è avvolto il corpo esanime di Gesù troviamo Giuseppe d'Arimatea e Nicodemo davanti e San Giovanni a sostenere il lenzuolo alle spalle del Cristo, chiudono il gruppo Maria di Cleofa che sorregge una quasi svenuta Maria, Maria Salomè e una penitente Maria di Magdala. Il gruppo statuario esordisce il 17 aprile 1920 e varca la soglia della chiesa di San Rocco nel tardo pomeriggio per la prima volta, scena che si ripete ancora oggi con la marcia funebre "Eterno dolore" di Pancaldi che apre la processione, spostata l'anno seguente al consueto orario notturno delle 2,30.

Arciconfraternita del Carmine[modifica | modifica wikitesto]

L'Arciconfraternita del Carmine si contrappone alla modestia della Confraternita di San Rocco. Fondata il 15 maggio 1604 per conto di ecclesiastici e cittadini, dopo che il vescovo Gaspare Pasquali ebbe approvato lo statuto della confraternita. L'Arciconfraternita si ritrovò subito ad essere la più ricca e influente nel panorama Ruvese: basta soltanto pensare che un terzo dei 141 confratelli originari era composto da ecclesiastici. La neonata confraternita trovò sede nella chiesa di San Vito, affidata a patto che il sodalizio si impegnasse nel suo restauro: la stessa chiesa, una volta completata la ristrutturazione, fu intitolata alla Madonna del Carmelo titolare dell'omonima Arciconfraternita. L'originario statuto prevedeva che il rettore delegasse a due confratelli il compito di visitare i carcerati, di assistere gli infermi e di raccogliere l'elemosina ogni giovedì. Durante i periodi di raccolta, una coppia di confratelli si aggirava per l'agro ruvese alla ricerca di vettovaglie da conservare in inverno e che sarebbero confluite nel Monte di Pietà. Nel 1690 il notaio Carlo Barese indicò l'Arciconfraternita del Carmine come erede universale delle sue ricchezze, alla morte dei suoi due figli preti Alessandro e Nicolò, rimpinguando le casse del sodalizio. È nel '600 che i confratelli decidono di dotarsi di simulacri lignei rappresentanti i sacri Misteri e da far sfilare il Venerdì Santo. La nuova chiesa restaurata prenderà il nome di chiesa del Carmine per vari motivi: nella chiesa è presente un affresco, rappresentante la Madonna del Carmelo, sulla volta della chiesa, inoltre fu sepolto il vescovo carmelitano Sebastiano D'Alessandro. Nonostante ciò sono ancora visibili i segni del culto di San Vito Martire come testimoniato dal dipinto rappresentante San Vito tra i santi Modesto e Crescenzia. Nella chiesa vi era riservato un sepolcreto per i confratelli ed erano presenti anche sepolcri di nobili ruvesi come Luca Cuvilli e Antonio Miraglia. Le testimonianze della processione dei Misteri risalgono al XVII secolo, ma la storia della processione ormai tradizionale del Venerdì Santo ha subito un momento di crisi nella metà del '900: dal numero originario di 12 statue, la processione ha visto diminuire il numero di simulacri prima a 10 e poi ad 8 con l'eliminazione delle statue di San Pietro e della Veronica e ancora bruscamente da 12 a 4 a causa della mancanza di portatori. Solo dagli anni '80 l'Arciconfraternita del Carmine si è impegnata nel reintegrare altre 4 statue nel corteo processionale portando ad 8 il numero complessivo (Gesù nell'orto, Gesù alla colonna, Ecce Homo, Gesù Calvario, Gesù crocifisso, Gesù morto, Maria Addolorata e il Legno Santo).[2]

Confraternita del Purgatorio "Maria Santissima del Suffragio"[modifica | modifica wikitesto]

La Confraternita del Purgatorio può considerarsi a tutti gli effetti l'erede principale della prima confraternita ruvese di cui si ha notizia, la Confraternita di San Cleto. San Cleto, secondo la leggenda popolare, sarebbe stato nominato primo vescovo di Ruvo dallo stesso San Pietro fermatosi nella "stazione" Ruvese sulla via Appia; in seguito nell'80 d.C., Cleto o Anacleto fu eletto terzo Papa. San Cleto, dopo la sua morte, venne subito venerato dal popolo Ruvese che lo elevò a patrono cittadino. Il suo antico culto è testimoniato anche dalla statua calcarea raffigurante San Cleto nella cisterna di epoca romana presente nei sotterranei della stessa chiesa del Purgatorio. Col passare dei secoli e con l'evoluzione della città, viene costruita la chiesa della Madonna del Suffragio al di sopra della "grotta di San Cleto", che costituiva un vero e proprio centro di culto. L'edificio risalente al 1500 vede sorgere la Confraternita di San Cleto dal sacco bianco, come testimonia il già citato polittico datato 1537. Nei primi del '600 la nobildonna ruvese Elisabetta Zazzarino espresse il desiderio di costruire una chiesetta dedicata alle Anime del Purgatorio. In questo modo alla Chiesa del Suffragio fu aggiunta una seconda navata centrata sul culto delle anime purganti. La nuova chiesa, completa di due navate, fu intitolata prima a San Michele Arcangelo e solo qualche anno dopo fu rinominata, così come è chiamata oggi, Chiesa del Purgatorio. Il 27 agosto 1678, il vescovo di Ruvo, Domenico Galesio, fondò la Confraternita di Maria Santissima del Suffragio del Purgatorio. La nuova confraternita fu subito mira di attenzione anche da parte delle famiglie nobili e magnifiche di Ruvo, che con i loro lasciti contribuirono alla costituzione di ben tre Monti di beneficenza: il Monte Purgatorio, il Monte Leone e il Monte San Cleto. Il Monte dei Morti fu subito istituito grazie alle elemosine che i fedeli versavano per ricevere tante messe di suffragio quante le somme di denaro versate. La confraternita provvide all'assistenza dei poveri, degli infermi e delle vedove e alla costituzione di doti per le fanciulle povere. Il sodalizio ricevette il Regio Assenso di Ferdinando IV nel 1766. In questo periodo la Chiesa si munì di opere d'arte, come la tela raffigurante "la Madonna del Suffragio tra le Anime purganti" di Carlo Plantamura, e di paramenti oltre che di argenteria e oreficeria sacra. Nel 1898 grazie alle elemosine raccolte, i confratelli e le consorelle acquistano il simulacro della Pietà realizzato dal maestro cartapestaio leccese Giuseppe Manzo; ed è da quell'anno che alle 17 in punto del Sabato Santo, la statua della Pietà, portata a spalla da 40 confratelli, vaga per Ruvo chiudendo i riti della Settimana Santa Rubastina.

Confraternita Purificazione-Addolorata[modifica | modifica wikitesto]

Il gesuita Domenico Bruno fondatore della Confraternita della Purificazione-Addolorata

L'Ordine dei Domenicani si stanzia a Ruvo nella seconda metà del '500 sotto la protezione di alcune famiglie nobili della cittadina medievale. I Padri Domenicani hanno lasciato la loro traccia a Ruvo grazie all'edificazione del Convento. intorno agli anni 20 del '600, alle spalle della chiesa della Madonna del Rosario. Con l'arrivo dei Gesuiti a Ruvo, soprattutto grazie all'operosità di Domenico Bruno, gesuita del collegio di Bari, nasce nel 1719 la Confraternita della Purificazione-Sant'Ignazio nella chiesa di San Carlo. L'intento del Bruno era di formare religiosamente i contadini e la popolazione povera di Ruvo. Pochi anni dopo la Confraternita trasferì la sua sede nella chiesa della Madonna di San Luca, ora santuario dei Santi Medici, dove si svolsero le riunioni e l'esercizio della Pietà. Probabilmente è in questo periodo che fu commissionato il dipinto, conservato adesso nella chiesa di San Domenico, rappresentante la Presentazione al tempio di Gesù e Purificazione di Maria, tema tanto caro a Domenico Bruno. La tela infatti è venerata sia dalla Confraternita, in quanto simboleggia la Purificazione di Maria a cui è dedicato il sodalizio, e sia dalla popolazione in ricorrenza della Candelora. Lo stesso padre gesuita innestò nella confraternita il culto della Madonna Addolorata da osservare sia a settembre nella ricorrenza liturgica, che nel Venerdì di Passione con la processione della Desolata. Bruno riteneva fondamentale l'uso di figure sacre per istruire la popolazione soprattutto quella più ignorante e analfabeta: un inventario del 1805 redatto dai confratelli, rivela la presenza di ben due statue dell'Addolorata, di una statua di San Vincenzo Ferrer, predicatore domenicano, una statua lignea di San Domenico e di altre due importanti tele riguardanti una la Madonna delle Grazie di Fabrizio Santafede, e l'altra la Madonna del Rosario di Alonso de Corduba.[3] Nel 1777 ottiene il Regio Assenso con il nome di Confraternita della Purificazione. É agli inizi dell'800 che la congrega si trasferisce nella nuova chiesa di San Domenico, sorta sulla chiesa della Madonna del Rosario, e retta dai padri Scolopi. Nel 1794 la confraternita commissiona ad un artista napoletano la realizzazione di una statua raffigurante l'Addolorata. Giunge così a Ruvo il nuovo simulacro, detto anche "Desolata" e nel 1893, il Venerdì di Passione varca per la prima volta la soglia della chiesa di San Domenico. Grazie alla particolare attenzione rivolta al culto della Beata Vergine Addolorata, con una approvazione papale, il nome del sodalizio muta in Confraternita Purificazione-Addolorata.[4]

La banda[modifica | modifica wikitesto]

La banda con le sue marce funebri è la protagonista indiscussa della Settimana Santa Rubastina. Il compito della banda, oltre che ad accompagnare la processione creando suggestione nello spettatore, è quello di ritmare il tipico passo lento e dondolante dei numerosi portatori. A differenza di alcune bande dei comuni contigui, la quasi totalità delle marce funebri è composta da autori locali come i fratelli Antonio e Alessandro Amenduni e i maestri Basilio Giandonato, Gennaro Sibilano, Rocco Di Rella e Vincenzo Jurilli. La banda è composta dagli strumenti classici come tromboni, clarinetti, sax, piatti, oboe, flauti, trombe e grancasse, ma anche da due particolari elementi come "u tammùrre" (tamburo in dialetto Rubastino) e la "truozzue" (la tipica troccola): questi due strumenti hanno precisa funzione; il tamburo, un'ora prima dell'uscita dei simulacri, compie un giro per la città battendo dei colpi per chiamare la cittadinanza in vista dell'uscita della processione; tamburo e troccola invece aprono il corteo processionale e con il loro battere incessante vogliono ricordare il martello che inchiodò Gesù alla croce.[5] La banda di Ruvo vede la sua nascita nei primi del '900, dopo le varie bande "da giro" formatesi nella seconda metà dell'800. Il periodo migliore della banda viene vissuto sotto la direzione prima di Antonio Amenduni e poi del fratello Alessandro, i quali portarono a livelli prestigiosi il complesso bandistico cittadino che vide il suo esordio con la "banda dei ragazzi" il 7 giugno 1925. Altro maestro, di non minor importanza, fu Basilio Giandonato, autore delle due marce funebri "Desolata" e "Deposizione". Le marce funebri che fanno da sottofondo alla Settimana Santa Rubastina, presentano anche brani non locali, come la celebre "Una lagrima sulla tomba di mia madre" di Amedeo Vella e la famosissima "Marcia funebre Op. 35" di Fryderyk Chopin, "Povero Ettore" di Francesco Porto, "Milite ignoto" di Roberto Bartolucci, "Perduta" di Raffaele Caravaglios e "Eterno Dolore" di Evaristo Pancaldi. Questo l'elenco delle marce funebri che accompagnano la Settimana Santa a Ruvo:

Antonio Amenduni, celebre maestro della banda di Ruvo e compositore di varie marce funebri
  • "Il pianto dell' orfano" di Antonio Amenduni
  • "Quante lacrime" di Antonio Amenduni
  • "Eterno riposo" di Antonio Amenduni
  • "Tristezza" di Antonio Amenduni
  • "Rassegnazione" di Alessandro Amenduni
  • "Giorno di Dolore" di Alessandro Amenduni
  • "Vivo cordoglio" di Alessandro Amenduni
  • "Triste ricordo" di Alessandro Amenduni
  • "Addolorata" di Alessandro Amenduni
  • "Povero Ettore" di Francesco Porto
  • "Elegia" di Gennaro Sibilano
  • "Marcia funebre Op. 35" di Fryederyk Chopin
  • "Milite ignoto" di Roberto Bartolucci
  • "Perduta" di Raffaele Caravaglios
  • "Desolata" di Basilio Giandonato
  • "Deposizione" di Basilio Giandonato
  • "Eterno dolore" di Evaristo Pancaldi
  • "Una lagrima sulla tomba di mia madre" di Amedeo Vella
  • "Ecce Homo" di Rocco Di Rella
  • "Maria Vergine del Suffragio" di Rocco Di Rella
  • "Il Calvario" di Vincenzo Jurilli

Le statue[modifica | modifica wikitesto]

Le statue, sono naturalmente, le protagoniste principi della Settimana Santa Rubastina, capaci di creare suggestione ed emozione nel pubblico anche a causa degli scenari di cui la stessa città di Ruvo è dotata.

Confraternita Purificazione-Addolorata[modifica | modifica wikitesto]

Maria SS. Desolata[modifica | modifica wikitesto]

La "Desolata"

È del 19 febbraio 1893 la decisione della Confraternita Purificazione-Addolorata di inserirsi nei riti della Settimana Santa con una processione penitenziaria il Venerdì di Passione, giorno in cui si commemorano i Sette Dolori di Maria il cui culto fu portato avanti, a Ruvo, dal gesuita Domenico Bruno. Il primo simulacro dell'Addolorata, definito "Desolata" (tipico nome affibiato alle statue raffiguranti Addolorate in gramaglie nei pressi della croce nuda), che giunse tra le mani della confraternita era di stampo napoletano come ricorda un'incisione presente sul trespolo. La statua varcò per la prima volta la soglia della chiesa di San Domenico il Venerdì di Passione dell'8 aprile 1893. Nel 1907, però, una riunione della confraternita ci attesta che lo stato in cui versava la statua, a distanza di soli 13 anni dalla sua creazione, era disastroso con graffi e tagli sul volto e screpolature sulle mani. La decisione che verrà fuori da questa riunione sarà il commissionamento di un nuovo simulacro. L'antica statua era composta di una croce in legno con bordature in ottone, mentre la figura dell'Addolorata era composta da un manichino a mezzo busto con le braccia snodabili sia ai gomiti che all'attaccatura alle spalle. All'artista molfettese Corrado Binetti fu commissionato il rifacimento del simulacro come attesta la scritta "Corrado Binetti – 1907 fece – Molfetta" presente sulla spalla destra della Madonna. Binetti rifece il mezzo busto ma utilizzò lo stesso sostegno a gabbia, di fattura napoletana, su cui era fissata la statua. Anche la croce fu rifatta per adattarla al nuovo simulacro: la croce di legno e ottone fu sostituita da uno scheletro in ferro rivestito da sughero. La statua è portata per le vie della città da ben 40 portatori a spalla: lo stesso simulacro, in occasione della processione, viene posto su una cassa in legno recante i simboli della passione e di fattura risalente alla metà del '900.[6]

Gesù Risorto[modifica | modifica wikitesto]

Dal 1922 la Confraternita Purificazione-Addolorata, oltre ad aprire i riti della Settimana Santa Ruvese, li chiude con la processione di Gesù Risorto la Domenica di Pasqua. Poco si sa dell'originario simulacro che sfilò per le vie di Ruvo a partire dal 1922. Al 1952, risale, invece, l'attuale statua in cartapesta raffigurante il Cristo Risorto, opera del barese Salvatore Bruno.

Confraternita Opera Pia San Rocco[modifica | modifica wikitesto]

Deposizione di Cristo dalla Croce, detta "Otto Santi"[modifica | modifica wikitesto]

Gli Otto Santi

Nonostante la Confraternita di San Rocco sia la più antica ancora in attività, è stata l'ultima a dotarsi di un simulacro da inserire nel giro delle processioni penitenziarie della Settimana Santa. Non si conoscono le somme versate per l'acquisto del gruppo statuario, ma invece si conosce bene la volontà della confraternita di possedere un gruppo capace di impressionare pienamente il popolo Ruvese una volta portato in processione. Nel 1919 il sodalizio commissionò la creazione di un simulacro da portare in processione durante la Settimana Santa raffigurante il trasporto di Cristo al Sepolcro e, come già detto, capace di impressionare. Altra finalità che conseguiva la realizzazione dell'opera, riguardava soprattutto il tornaconto finanziario a favore della confraternita: un'opera infatti di tale portata avrebbe sicuramente portato offerte da parte dei devoti.[7] Fu il leccese Raffaele Caretta ad occuparsi della richiesta: il famoso maestro cartapestaio si ispriò al dipinto di Antonio Ciseri raffigurante il "Trasporto di Cristo al Sepolcro", traendone un gruppo statuario in cartapesta che rende bene l'idea della drammaticità e del dolore del momento. Nel 1920, come testimonia la scritta presente ai piedi della Maddalena, Cav. Caretta Raff. Lecce 1920, il simulacro giunse a Ruvo non ancora del tutto ultimato: non si esclude infatti l'ipotesi che la confraternita abbia utilizzato manichini in cartapesta vestiti con abiti e parrucche per completare e spettacolarizzare maggiormente il gruppo statuario.[8] Ben presto però si arrivò al simulacro attuale: il gruppo statuario ha uno sviluppo orizzontale da sinistra a destra e per evidenziare la discesa del gruppo dal Monte Golgota, Caretta ha modellato il basamento in modo da essere più alto nella parte finale del gruppo. La sera del Giovedì Santo del 17 aprile 1920, l'imponente simulacro, comparì al di fuori della piccola chiesetta e porta di San Rocco, regalando alla cittadinanza Ruvese quel sussulto che ogni anno accompagna chiunque asssista all'uscita degli Otto Santi. L'impatto con la popolazione fu immediato e straordinario: una Ruvo completamente buia, vedeva le sue strette stradine illuminarsi momentaneamente al passaggio della processione la cui stazza si mescolava bene alle tortuose stradine del centro storico rendendo la processione spettacolare. Dall'anno seguente però per non interferire con le celebrazioni liturgiche del Giovedì Santo, si scelse di iniziare la processione nella notte, alle 2,30, orario rimasto invariato fino ad oggi: l'ambiente notturno si prestava ancora meglio di quello serale, la piazza Regina Margherita, ora Matteotti, illuminata da alcune fievoli fiammelle e gremita di gente aspettava, ieri come oggi, impaziente l'uscita del simulacro dalla piccola chiesa. L'atmosfera carica di pathos e suggestione che accompagna la processione degli Otto Santi, l'ha fatto divenire il simulacro simbolo della Settimana Santa Rubastina. Il complesso di cartapesta ha trovato inizialmente sede nella Chiesa del SS. Redentore, chiesa risalente ai primi del '900 che si affaccia su piazza Matteotti, a causa della ristretta capienza della Chiesa di San Rocco che già possedeva altre statue come quella del Santo di Monpellier posta al di sopra dell'altare, della Vergine Addolorata, del Cuore di Gesù comprendendo anche il ritratto della Madonna del Buon Consiglio. Solo nel 1932, ultimati i lavori di costruzione della grande nicchia nella Chiesa di San Rocco, gli Otto Santi hanno trovato dimora nella caratteristica chiesa che confina con palazzo Avitaja, sede del Municipio, dove tutt'ora risiede. Il gruppo statuario è definito degli Otto Santi, poiché otto sono le figure che lo compongono: Nicodemo e Giuseppe d'Arimatea che trasportano Gesù, avvolto nel sudario, trattenendolo per i piedi, un giovanissimo San Giovanni che sostiene il lenzuolo alle spalle del Cristo esanime, Maria con gli occhi rivolti al cielo e la corona di spine in mano, pallida e stravolta dal dolore, è sostenuta da Maria di Cleofa affiancata da una penitente Maria di Magdala e da una piangente Maria Salomè. Nel mese di ottobre 2011, sulla facciata della chiesa di San Rocco è stata sostituita la vecchia vetrata a semicerchio con una vetrata policroma raffigurante il gruppo statuario degli Otto Santi[9].

Arciconfraternita del Carmine[modifica | modifica wikitesto]

I Misteri[modifica | modifica wikitesto]

Primo piano di Gesù Calvario, simbolo della processione dei Misteri

La processione dei Misteri del Venerdì Santo è la più antica nell'ambito delle processioni penitenziarie della Settimana Santa. I simulacri, tutti lignei, considerando solo gli otto che sfilano adesso, sono conservati in diverse nicchie della Chiesa del Carmine. I sei Cristi, ovvero Gesù nell'orto, Gesù alla colonna, Ecce homo, Gesù Calvario, Gesù crocifisso e Gesù Morto, sono opera dello scultore altamurano Filippo Altieri morto a soli 39 anni. La statua più venerata delle cinque è senza dubbio quella del Gesù Calvario, rappresentante proprio la salita del Cristo portacroce al Calvario: la statua, realizzata con un tronco di ciliegio nel 1674, è oggetto di culto: tantissime i voti e le offerte, non solo in denaro, ma anche in monili e oggetti d'oro e d'argento. La statua infatti rappresenta un Cristo flagellato e sanguinolento che sofferente sostiene il peso della croce. Per la sua carica espressiva e per la devozione del popolo, nell'agosto del 1980, ma anche in alcuni momenti precedenti, il simulacro fu portato a spalla verso la campagna in un periodo di grande siccità chiedendone l'intercessione[10]. Ancora oggi è possibile vedere, durante la processione, la grande quantità di fedeli che sfila dietro il simulacro in segno di devozione: alcuni fedeli marciano per la città anche scalzi e non mancano gli struggenti pianti delle signore più anziane al passaggio del Cristo. Nel corso degli anni il simulacro ha riportato vari restauri, più frequenti quelli del XX° secolo: l'effigie ha subito un primo restauro nel 1884, anno in cui fu sostituita la vecchia base; un secondo restauro risale agli '70 che oltre alla revisione del simulacro ligneo, alterò il colore della veste del Cristo che da rosso passo ad un color aragosta; nel 1993, invece, il restauro portò la tunica ad un colore bordeaux mentre il volto passò dall'ocra al pallido, quasi bianco, con rivoli di sangue improbabili. Nel 2011 la statua è stata restaurata per la quarta volta da Leonardo Marrone di San Ferdinando di Puglia, riportando la tunica e il volto al colore originale.[11] Altra statua particolarmente venerata è il Cristo Morto, in legno policromato, adagiato nel sudario. Gli altri simulacri che rientrano nel gruppo rappresentano l'Addolorata, rappresentante la Madonna in gramaglie con lo sguardo rivolto verso il cielo e seguita da un esiguo numero di fedeli, e il Legno Santo un tempietto ligneo di tipo orientale, in cui su di un piedistallo è collocata una croce argentea contenente un frammento della Vera Croce. Il tempietto odierno risale al 1991, il vecchio infatti fu oggetto di un incendio.[12] La processione dei Misteri, sebbene sia la più antica, ha vissuto momenti di crisi: fino agli anni '50 infatti, il corteo processionale era composto da ben 11 simulacri, agli otto che sfilano attualmente si aggiungevano le statue di San Pietro, della Veronica e di un giovanissimo San Giovanni che precedevano il Legno Santo con il compito di chiudere la processione. Dopo qualche anno però la composizione della processione dei Misteri, passò da 11 a 4: Gesù Calvario, Gesù Morto, Addolorata e il Legno Santo. Il drastico passaggio fu dovuto alla mancanza di portatori, così furono scelte le quattro statue più rappresentative. Tale formazione è rimasta intatta fino all'arrivo del nuovo millennio, dove per volere dell'Arciconfraternita si è giunti all'attuale numero di otto simulacri.[13] Tuttavia il problema dei portatori non è stato del tutto risolto, infatti alcuni portatori di altre confraternite Ruvesi si prestano come portatori dell'Arciconfraternita del Carmine. Recentemente negli archivi della Confraternita Purificazione-Addolorata è stato ritrovato un significativo documento che rappresentava un patto, tra i quattro sodalizi rubastini, riguardo la processione dei Misteri: le quattro confraternite avrebbero dovuto partecipare attivamente alla processione del Venerdì Santo, sullo stesso modello della processione che si svolge in altre città pugliesi come Molfetta, Giovinazzo o Terlizzi. Ogni congrega, infatti, avrebbe avuto l'obbligo di portare a spalla due simulacri, escluso il Cristo Morto, l' Addolorata e il Legno Santo, inoltre le quattro confraternite avrebbero dovuto spartirsi le spese e fornire portatori e officianti. Nonostante la firma dell'allora Vescovo di Ruvo, Monsignor Andrea Taccone, nel 1930, non si hanno prove sufficienti per verificare se l'accordo stipulato sia stato messo in pratica o meno, come accade tutt'ora. Probabilmente con l'avvento della seconda guerra mondiale e la partenza per il fronte di uomini e giovani, il patto naufragò, lasciando la cura della processione del Venerdì Santo esclusivamente affidata all'Arciconfraternita del Carmine.[14]

Confraternita del Purgatorio "Maria Santissima del Suffragio"[modifica | modifica wikitesto]

La Pietà[modifica | modifica wikitesto]

L'immagine della Pietà, processione simbolo della Confraternita del Purgatorio risale ai primi del '900. Il simulacro, opera del maestro cartapestaio leccese Giuseppe Manzo, è ispirato chiaramente alla ben più famosa Pietà vaticana opera di Michelangelo Buonarroti. La scelta di affidare a Manzo il compito di plasmare il simulacro non è casuale: Manzo è famoso anche per aver creato tre dei Misteri di Taranto, ovvero Gesù alla colonna,Ecce Homo e la Cascata; inoltre il Manzo aveva già collaborato con la Confraternita del Purgatorio eseguendo le statue raffiguranti Sant'Espedito, la Madonna dei Martiri, Santa Rita e Sant'Antonio. La statua, esposta nella prima nicchia della chiesa del Purgatorio, raffigura la Madonna in gramaglie seduta su un masso ai piedi della croce, su cui pende un lenzuolo bianco raffigurante la sindone, e con il figlio adagiato sulle ginocchia e lo sguardo rivolto verso il cielo. Emerge soprattutto la bellezza della statua di Maria, bianca in volto ma bellissima nel suo dolore. La processione e il simulacro della Pietà è particolarmente caro alle donne ruvesi e alle stesse consorelle: il simulacro è stata una figura fondamentale negli anni della guerra, le donne identificandosi nel dolore di Maria per la perdita del proprio figlio ne assimilavano il dolore e si affezionavano a quel simulacro che sembrava capace di capire il loro dolore di mamma.

I riti della Settimana Santa[modifica | modifica wikitesto]

La Quaresima[modifica | modifica wikitesto]

Il Martedì Grasso Ruvese lascia i suoi strascichi nel silenzio più assoluto della notte, una volta terminata la popolare festa del funerale di Mbà Rocchetidde (maschera popolare ruvese, che impersonifica il carnevale). Nel silenzio più assoluto della notte che avvicina il Mercoledì delle Ceneri, in vari punti della città vengono issate delle Quarantane: la Quarantana è un fantoccio di donna rappresentante la moglie del defunto Carnevale e quindi vestita a lutto. Il fantoccio porta tra le mani un fuso e un'arancia su cui sono infilzate sette penne di gallina a simboleggiare le settimane della Quaresima, e una alla volta viene sottratta Domenica dopo Domenica. Con il Mercoledì delle Ceneri si apre la Quaresima, tempo di riflessione e preparazione spirituale verso la Settimana Santa. Durante i quaranta giorni che precedono la Pasqua, le quattro Confraternite si riuniscono per degli intensi atti di aggregazione spirituale. A turno si tiene, in ogni chiesa madre delle Confraternita, l'atto dell'Adorazione della Croce che consiste nel bacio di un crocifisso sostenuto da un confratello appartenente ai vari sodalizi che in chiesa si dispongono in ordine di età. I riti della Quaresima si interrompono circa una settimana precedente alla Domenica di Pasqua quando la Confraternita Purificazione-Addolorata avvia la novena a Maria Santissima Desolata.

Venerdì di Passione[modifica | modifica wikitesto]

Processione della Desolata[modifica | modifica wikitesto]

Un momento dell'uscita della Desolata

Nei giorni precedenti al Venerdì di Passione, nella Chiesa di San Domenico sede della Confraternita Purificazione-Addolorata, si è iniziato a far sentire l'eco delle marce funebri con i vari concerti. Nel pieno del pomeriggio, u tammurr batte i primi colpi e chiama la popolazione a ritrovarsi in piazza Bovio. Nel frattempo nella piazza dell'Orologio la banda esegue la prima marcia funebre a piè fermo. È tradizione per i confratelli iniziare la giornata con il pellegrinaggio al Santuario del SS. Salvatore di Andria. Alle 17.00, da più di un secolo su Ruvo si leva un vento gelido e implacabile: questo casuale evento che si ripete ogni Venerdì di Passione, ha portato la popolazione ruvese a chiamare la Desolata, la Maduònne du vìnde (la Madonna del vento). Si apre la porta della Chiesa di San Domenico e il simulacro della Desolata compare portato a spalla dai portatori scortati dai confratelli dalla buffa nera. Subito attacca la banda con la marcia funebre "Preghiera a Maria SS. Desolata", cantata anche dal padre spirituale della confraternita. Il simulacro dopo il continuo dondolio sul sagrato in attesa della fine della prima marcia funebre viene appoggiato sui forcelli per qualche minuto e contemporaneamente consorelle e confratelli si dispongono nelle due ali di fila. La processione riparte a ritmo lento e dondolante sostenuti dal ritmo delle marce funebri. Al rumore della grancassa che apre il corteo processionale, spuntano dai balconi i numerosissimi teli bianchi che simboleggiano la sindone. La processione attraversa tutte le vie principali del centro storico. Il calare del buio rende ancora più suggestiva la processione illuminata dalle varie lampade. Il corteo dopo aver sostato davanti all'ospedale si avvia al ritiro previsto per le 22 in piazza Bovio sede della Chiesa di San Domenico. Il corso Carafa, che precede la piazza, viene completamente spento creando suggestione al passaggio del simulacro che giunge in piazza tra due ali di folla illuminata soltanto dai ceri dei confratelli e delle consorelle. Dopo la preghiera finale del padre spirituale, la banda scandisce la lenta entrata della statua in chiesa con l'ultima marcia funebre: la Settimana Santa Rubastina è aperta.

Domenica delle Palme[modifica | modifica wikitesto]

La Domenica delle Palme si presenta come l'ultimo giorno di festa prima della Grande Settimana. La mattina in tutte le chiese della città, in primis nella Cattedrale avvengono le varie bendizioni delle palme sostituite da grandi e frondosi rami di ulivi. Se la mattinata è segnata dalle funzioni religiose e dai pranzi abbondanti, nel tardo pomeriggio è la Confraternita di San Rocco a riunirsi nella piccola chiesetta omonima, dove sono già esposti gli Otto Santi, per dare inizio al triduo di preparazione per la processione di gala del Giovedì Santo. Nella serata il vescovo, giunto a Ruvo da Molfetta, guiderà la Via Crucis diocesana che toccherà i punti principali della città.

Mercoledì Santo[modifica | modifica wikitesto]

Da qualche anno si è ripresa la tradizione della Sacra Rappresentazione presente fino ai primi anni del 2000. La sacra rappresentazione, curata dall'Arciconfraternita del Carmine rappresenta il preludio al triduo pasquale, giorno di pathos e suggestione per l'intera cittadinanza ruvese. Intanto in piazza Matteotti, calata la sera, nella piccola chiesetta di San Rocco inizia l'allestimento floreale della statua e vengono disposte le ultime indicazioni sul percorso e sull'organizzazione della processione. L'intera città si sta preparando alla notte più lunga dell'anno.

Giovedì Santo[modifica | modifica wikitesto]

Processione degli Otto Santi[modifica | modifica wikitesto]

L'uscita degli Otto Santi

Nelle prime ore del Giovedì Santo, u tammurre inizia il suo giro di chiamata per le vie buie di Ruvo. A poco a poco i Ruvesi lasciano le loro case e si dirigono in piazza Menotti-Garibaldi per assistere alla marcia funebre, eseguita a piè fermo, Deposizione di Basilio Giandonato. Nel frattempo la piazza Matteotti pullula di gente, non solo Ruvesi ma anche stranieri venuti dall'estero e dalle città limitrofe e di tutta la Puglia. Nella grande quantità di gente presente in piazza, si muovono i capi resi bianchi dalle buffe infilate. Verso le 2,30 la banda raggiunge la piazza, le consorelle si dispongono ad aprire il corteo, mentre i confratelli restano vicino la chiesa. I colpi dei piatti e dei tromboni svegliano l'intera città di Ruvo con la marcia funebre Eterno dolore del maestro Evaristo Pancaldi, quando i quaranta portatori stanno già facendo uscire il maestoso simulacro dalla piccola porta della chiesa di San Rocco tenendolo con mani basse per le stanghe. La popolazione in piazza mantiene il silenzio affascinata dal mistero che crea il mescolarsi tra la maestria dei portatori che con fatica e attenzione estraggono il gruppo scultoreo e la marcia funebre che ne cadenza il ritmo. Dopo pochi minuti la statua è già sulla spalla dei portatori che con il classico dondolio la portano sul sagrato della chiesa scatenando i flash delle varie fotocamere e l'ammirazione del pubblico. Una volta disposto il corteo processionale, la statua compie il giro della piazza inerpicandosi nelle fitte e strette stradine del centro storico ruvese rendendo ancora più suggestiva la processione notturna degli Otto Santi, con i vari vicoli illuminati solo dalle flebili fiammelle delle candele portate da confratelli e consorelle sferzate dal vento primaverile. Dopo un'oretta dall'uscita della processione, il corteo raggiunge l'imponente Concattedrale e si dirige verso la chiesa del Purgatorio, ad un centinaio di metri avanti, lasciata appositamente aperta con la statua della Pietà in primo piano. Il simulacro giunto davanti all'ingresso della chiesa viene fatto girare per simulare l'incontro tra le due Marie sofferenti per lo stesso dolore. La processione dunque riprende il suo cammino dirigendosi verso l'ospedale. Il gelido vento primaverile soffia sulla città di Ruvo quando le prime luci dell'alba illuminano i tetti della città. I confratelli e i portatori visibilmente stanchi, dopo aver quasi toccato gli estremi della città, puntano a percorrere i corsi principali di Ruvo, gli ultimi e lunghi tratti in vista del ritiro. Il viaggio infatti, iniziato di notte, sta a simboleggiare proprio il trasporto del corpo di Cristo al Sepolcro iniziato con le tenebre ormai già calate e che quindi si conclude in pieno giorno. A scandire il passaggio dalla notte al giorno sono le marce funebri Elegia di Sibilano assieme a Tristezza e Il pianto dell'orfano entrambe di Antonio Amenduni. Giunta la mattina i curiosi, e gli spettatori si accalcano per le strade quando la processione degli Otto Santi è cadenzata dal ritmo di Una lagrima sulla tomba di mia madre di Amedeo Vella. Vicine le 9 del mattino, il simulacro si appresta a compiere l'ultima salita, quella di corso Gramsci che porta direttamente alla piazza Matteotti sede della Chiesa di San Rocco. L'intera città è radunata nella piazza, chi nel grande ovale centrale e chi sui muraglioni dell'ormai inesistente castello. La processione si avvicina alla chiesetta con la marcia Deposizione del maestro Giandonato, vera e propria colonna sonora dell'intero cammino. Le lamentevoli e patetiche note ben si prestano al rientro della statua in chiesa, che dopo una preghiera del padre spirituale, viene riportata dentro tenendo la faccia del gruppo statuario rivolta verso la piazza. Sorgono spontanei gli applausi del pubblico ancora una volta rivolti alla maestri dei portatori capaci di far uscire e rientrare il simulacro da una porta apparentemente stretta e piccola.

Messa in Coena Domini[modifica | modifica wikitesto]

In tutte le parrocchie di Ruvo, e specialmente nella Concattedrale, si tiene la cosiddetta messa in Coena Domini. Il sacerdote coadiuvato da un assistente rievoca l'episodio della lavanda dei piedi compiuto da Gesù, il quale cintosi con un asciugatoio la vita lavò i piedi ai dodici apostoli. Al termine della solenne cerimonia l'ostia consacrata viene chiusa nel repositorio, chiamato erroneamente dalla tradizione sepolcro.

I Sepolcri[modifica | modifica wikitesto]

Il sepolcro, detto in dialetto sebbùolch, indica sì il luogo (repositorio) in cui venica collocata l'ostia consacrata, ma anche la sfolgorante scenografia allestita attorno al tabernacolo, ormai molto distanti da quelle di un tempo, così come l'organizzazione e il cerimoniale delle visite ai sepolcri come ci ricorda lo stesso Domenico Cantatore, nativo di Ruvo di Puglia nel suo racconto "Aria di Aprile":

Al vespro di quel giorno, mia madre mi vestì con l'abito di velluto col colletto inamidato, mi mise una cocca nera in segno di lutto, e mi condusse con lei in visita ai sepolcri. [...] Entrando nella prima chiesa, mia madre si calò il velo sul volto e si mise le mani in croce sul petto. L'interno della chiesa era immerso nel buio e le poche candele accese parevano molto lontane. Il sepolcro, innalzato sull'altare principale fino all'arco della navata con grande croce e lunghi cipressi, aveva un aspetto lugubre e solenne. In basso, illuminata da una pallida luce, vi era la roccia della tomba circondata da un prato di teneri germogli di legumi che appariva fosforescente. Attraverso un vetro si vedeva Gesù disteso, sbiancato dalla morte, col sangue delle ferite raggrumato: sembrava un uomo vero. I visitatori gli si inginocchiavano davanti e si battevano il pugno sul petto a testa bassa. Donne strisciavano sul lucido pavimento a piccoli passi pregando sommessamente, assenti l'una all'altra come opache ombre. [...]

Da una chiesa all'altra incontravamo le Marie portate a braccia da uomini in tunica bianca, col volto coperto da un cappuccio. Le Madonne, illuminate da una piramide di ceri alla base, andavano in cerca del figlio fermandosi volta per volta qualche minuto sulla porta spalancata di ogni chiesa. Le sette statue delle sette parrocchie, seguite dai devoti scalzi, continuarono a girare anche la notte e fino all'alba del giorno successivo.

Il mattino noi andammo ancora sulla loro traccia. Il sole non si era affacciato, ma il chiarore del cielo aveva sbiancato le case. Dalle porte sbucavano donne e si avviavano frettolosamente alla ricerca delle Marie. Riunite nel livido squallore della piazza grande, le Madonne in veste nera, uguali come sorelle, vagavano senza meta. Alla loro base le fiammelle delle candele, consumate in grossi grumi, tremolavano labili alla brezza del limpido mattino d'aprile, odoroso d'incenso e di cera. Da vicino i volti quasi trasparenti delle Madonne mettevano soggezione, tanto erano verosimili coi lucidi occhi rivolti al cielo. Sulle loro mani, tese in avanti alla ricerca, era appoggiato in bella piega il candido fazzoletto del pianto, e nel petto era conficcato il pugnale d'argento. Talora, l'aria muoveva i lievi pizzi della loro veste e le Madonne parevano vive. I trasportatori, stanchi e senza sonno, si erano seduti per terra ai piedi delle statue ormai ferme in mezzo alla piazza. Non appena spuntò il sole sui tetti le Marie furono allontanate per strade diverse dirette frettolosamente alle loro chiesa coi lunghi veli alzati dal vento.

Il racconto del Cantatore rende bene l'idea degli antichi riti riguardanti le visite ai sepolcri e comunque anche il valore che rappresenta per la popolazione di Ruvo, anche oggi. Attualmente il sepolcro nelle chiese viene allestito in maniera più sobria: si contraddistingue, però, l'Arciconfraternita del Carmine che nell'omonima chiesa, sfrutta i sepolcri per inserire ed esporre le stesse statue che un giorno dopo saranno portate in processione. Il celebre pittore, inoltre, ricorda come per le tortuose e caratteristiche vie di Ruvo, era uso, così come nelle altre città, portare a spalla le statue raffiguranti l'Addolorata di ogni Chiesa per fare tappa nei vari sepolcri sparsi per la città. Tuttavia nel 1936 fu il vescovo di Ruvo e Bitonto, Andrea Taccone, ad abolire il rito.[15]

Venerdì Santo[modifica | modifica wikitesto]

Le tre ore dell'agonia[modifica | modifica wikitesto]

Da poco l'Arciconfraternita del Carmine ha ripreso un vecchio rito, in collaborazione con la Concattedrale: la statua lignea del Cristo morto, portata a spalla dai confratelli viene condotta nella vicina Cattedrale dove è già situata nei pressi dell'altare la statua dell'Addolorata. L'evento molto suggestivo simula l'incontro tra la piangente Maria e il corpo del figlio ormai morto. Il Cristo morto portato in Cattedrale alle 15.30, a rito già iniziato, rimane in chiesa fino alle 17.30.

La processione dei Misteri[modifica | modifica wikitesto]

Gesù Calvario, il simulacro più caro alla popolazione

Alle 17.00 si snoda, dalla chiesa del Carmine, la processione dei Misteri. Ad aprire il corteo è come sempre la croce penitenziale seguita dal gonfalone dei Misteri recante i simboli della passione di Cristo. Dopo la sfilata delle consorelle e dei confratelli il primo simulacro ad uscire dalla chiesa è quello di Gesù nell'orto, la statua è circondata da fiori e da un ramo di ulivo a simboleggiare proprio l'orto degli ulivi; segue la statua lignea del Cristo alla colonna, l'Ecce Homo vestito di un mantello rosso di porpora e il Gesù Calvario. La processione del Gesù Calvario è "scortata" avanti dai crestudd, ovvero bambini vestiti allo stesso modo del Cristo rappresentato dal simulacro e portano una piccola e non pesante croce; alle spalle la statua invece è coperta da un grande muro di fedeli che seguono la statua anche scalzi per richiedere o omaggiare qualche grazia. Al Gesù Calvario segue il Gesù Crocifisso, l'Addolorata e il tempietto del Legno Santo la cui reliquia viene posta dal padre spirituale al momento dell'uscita del baldacchino. La processione si dirama per i vicoli del paese in maniera lentissima scandita dalle note delle marce funebri, fino a giungere verso le 17.30, alla Cattedrale. Nello stesso momento si crea uno spazio tra l'Addolorata e il Gesù Crocifisso: dalla Cattedrale esce, guidato dalla troccola, il Cristo Morto questa volta portato a spalla dai confratelli e si unisce al corteo penitenziale che subito dopo fa tappa, così come gli Otto Santi, alla chiesa del Purgatorio dove il Gesù Calvario viene girato verso la statua della Pietà. La processione riprende il suo cammino lentissimo, il numero complessivo dei portatori sfiora i 300 o 400 uomini. Il momento più suggestivo della processione è segnato dal passaggio in corso Giovanni Jatta: il corso completamente buio è illuminato soltanto dalle lampade che ornano le statue, il venticello primaverile accarezza i simulacri che sembrano quasi veri, i vari Cristi insanguinati danno bene l'idea delle sofferenze e dei dolori subiti in ordine cronologico. I Misteri seguono le vie principali a passo lentissimo, in serata toccano l'ospedale e verso le 20 toccano anche corso Carafa, anche'esso al buio. Verso le 22.30 la processione dei Misteri volge al ritiro: con maestria le statue sono portate una alla volta all'interno della Chiesa.

Sabato Santo[modifica | modifica wikitesto]

Processione della Pietà[modifica | modifica wikitesto]

La processione della Pietà

Le compere frettolose e i negozi già aperti dalle prime ore del pomeriggio subiscono una brusca interruzione già dalle 16.30 quando in piazza dell'Orologio la banda suona, a piè fermo, Eterno Riposo di Antonio Amenduni. Alle 17, largo San Cleto completamente gremito, assiste all'uscita della Pietà con la banda che attacca con l'Inno alla Pietà intonato anche dalle Consorelle. Il simulacro viene subito salito sulle spalle dei portatori e dondolato sul sagrato rendendo la scena di sofferenza provata da Maria quasi vera, con il Cristo disteso sulle ginocchia che sembra dover scivolare da un momento all'altro. A precedere la processione si inserisce il crocifero, vestito di nero e incappucciato. Il sole del primo pomeriggio irradia la statua che attraversa parte del centro storico per poi dirigersi come sempre verso l'ospedale. La vera colonna sonora della processione è la struggente marcia Rassegnazione di Alessandro Amenduni. La statua della Pietà assieme al Gesù Calvario è il simulacro più venerato dell'intera Settimana Santa Rubastina: fino a pochi decenni fa la statua era ricoperta dai donativi della popolazione che ricorreva alla Madonna per chiedere una grazia o per fermare la sempre più frequente siccità. La Pietà inoltre è fortemente oggetto di devozione da parte delle donne ruvesi e delle consorelle stesse le quali chiedendo di restare più vicine alla statua durante la processione hanno risolto con la formula di due ali, a sinistra e a destra, di tipo misto, ovvero un confratello ed una consorella. Maria si fa ancora più bella col calare della sera, il simulacro illuminato da lampade a forma di rosa rendono splendenti i due soggetti. Il rientro, seguitissimo dai fedeli e dai curiosi, avviene verso le 22,30 tra due ali di folla ordinata e partecipe, al chiarore della luce di largo San Cleto, la statua viene a mano a mano portata dentro la chiesa del Purgatorio illuminata a giorno. Il tutto è accompagnato dall'ultima marcia funebre dell'anno e della Settimana Santa: la processione della Pietà chiude le tende sulle processioni penitenziali della Settimana Santa.

Domenica di Pasqua[modifica | modifica wikitesto]

La processione di Gesù Risorto e lo scoppio delle Quarantane[modifica | modifica wikitesto]

La Confraternita Purificazione-Addolorata dopo aver aperto la Settimana Santa Rubastina con la processione della Desolata, la chiude con la processione di Gesù Risorto. Il clima è festante, completamente diverso ed alle 10 in punto il simulacro di cartapesta varca la soglia della chiesa di San Domenico per un breve giro della città. Al suo passaggio, invece dei teli bianchi simboleggianti la sindone, dalle finestre spuntano teli variopinti e multicolore, inoltre dai terrazzi e dalle finestre le donne lanciano petali di fiori al passaggio della statua. La processione raggiunge lungo la città i punti in cui sono appese le varie Quarantane: all'arrivo del simulacro vengono gonfiati e lanciati palloni aerostatici e vengono fatte scoppiare le Quarantane precedute da una lunga serie di scherzi pirotecnici. Ad ogni scoppio segue un lungo applauso della festante folla che assieme alle allegre, e non più tristi, marce festeggia la vittoria della vita sulla morte. Il simulacro torna alla chiesa di San Domenico verso le 12, dove dopo la messa viene fatta scoppiare l'ultima Quarantana.

Lunedì dell'Angelo[modifica | modifica wikitesto]

Processione dell'Annunciazione[modifica | modifica wikitesto]

A Calentano, frazione di Ruvo a 8 chilometri, i riti pasquali si chiudono con la processione dell'Annunciazione. Il simulacro rappresentante l'angelo Gabriele che annuncia a Maria di essere incinta di Gesù, la cui festa liturgica cade il 25 marzo, viene utilizzato anche per rappresentare l'angelo che annuncia la resurrezione di Cristo alle tre Marie giunte al sepolcro. La processione viene portata per i campi agresti e non tocca minimamente la città.

Le tradizioni culinarie[modifica | modifica wikitesto]

Con l'arrivo della Quaresima, dalla tavola sparivano cibi come la carne, i salumi e i cibi grassi compresi i latticini. Per ovviare a questa mancanza la tradizione culinaria rubastina ha sempre fatto riferimento a verdure, pesce (su tutti baccalà e alici). Il cibo tipico dei Venerdì di Quaresima è senza dubbio il calzone, una pizza rustica ripiena di cipolle, baccalà, acciughe, olive nere e spaghetti. Tipiche del Giovedì Santo sono gli alici salati da servire in mezzo ad un panino oppure da condire con porri e verdure varie. Altro cibo tipico è il baccalà usato sia d'inverno nelle feste natalizie, in questo caso fritto, che in Quaresima, qui però cotto sui carboni.[16]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ "Passione e Morte", Francesco di Palo, Editore Schena, 1994, pag.30
  2. ^ http://lamiasettimanasanta4a6.blogspot.com/2010/04/composizione-della-processione-dei.html
  3. ^ http://rilievo.stereofot.it/studenti/aa00/bucci/documento5.html
  4. ^ http://rilievo.stereofot.it/studenti/aa00/bucci/laconfraternita.html
  5. ^ "Passione e Morte", Francesco di Palo, Editore Schena, 1994, pag.66
  6. ^ http://www.confraternitapurificazioneaddolorata.com/confra/index.php?option=com_content&view=article&id=50:centenario-della-statua-di-maria-ss-desolata&catid=1:articoli-storici&Itemid=62
  7. ^ "Otto Santi - storia e restauro", Autori Vari, Centro Stampa Litografica, 2002, pagine 13
  8. ^ "Otto Santi - storia e restauro", Autori Vari, Centro Stampa Litografica, 2002, pagine 14-15-16
  9. ^ http://ilsedente.altervista.org/gli-otto-santi-in-una-vetrata-per-la-chiesa-di-s-rocco-il-2710-la-benedizione/
  10. ^ "Passione e Morte", Francesco di Palo, Editore Schena, 1994, pag.138
  11. ^ http://ilsedente.altervista.org/il-restauro-del-gesu-al-calvario-resoconto-della-presentazione-del-12-dicembre/
  12. ^ Un tempietto particolarmente simile a quello andato distrutto nei primi anni novanta, si trova a Bitonto ed è portato in processione il Venerdì Santo, http://www.settimanasantainpuglia.it/content/wbresize.aspx?f=../public/processioni/bitonto_sacro_legno.jpg&c=100&o=1&w=350
  13. ^ http://lamiasettimanasanta4a6.blogspot.com/2010/04/composizione-della-processione-dei.html
  14. ^ http://www.confraternitapurificazioneaddolorata.com/confra/index.php?option=com_content&view=article&id=53:processione-dei-misteri-singolare-curiosita&catid=1:articoli-storici&Itemid=62
  15. ^ http://rubensis.altervista.org/blog/una-tradizione-scomparsa-le-marie-ai-sepolcri-del-giovedi-santo/
  16. ^ "Passione e Morte", Francesco di Palo, Editore Schena, 1994, pagine 57-58-59-60

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Francesco Di Palo - Passione e Morte - Editore Schena - Fasano, 1994
  • Francesco Di Palo - I Giorni del Sacro - Editore Genius Loci - Ruvo di Puglia, 2000
  • AA.VV. - Otto Santi - storia e restauro - Centro Stampa Litografica - Terlizzi, 2002

Discografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Passione e Morte - Le Musiche Della Settimana Santa A Ruvo Di Puglia, 1994
  • I Giorni del Sacro, 2000
  • La Banda - Musica sacra della Settimana Santa, 2011

Videografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Passione e Morte - I riti, i suoni, le immagini della Settimana Santa a Ruvo di Puglia, 1994 (VHS)

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]