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Gambara
D'oro al gambero di rosso posto in palo
FondatoreAncilao
Data di fondazioneX secolo

I Gàmbara furono un'antica famiglia di nobili origini di provenienza bavarese.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Il palazzo dei Gambara a Pralboino. L'edificio attuale venne edificato nel Settecento da Alemanno Gambara, che fece distruggere il castello-reggia medievale in cui era nata Veronica

I Gambara, secondo la leggenda che li ammanta, discesero in Italia (nel bresciano) durante le invasioni barbariche[1]; allo stato attuale della ricerca sembra più probabile che questo mito fu frutto piuttosto di una costruzione successiva, il cui obiettivo era la nobilitazione delle origini di quella che era diventata una potente famiglia all'interno del panorama politico bresciano, e la vera origine sia piuttosto da ricercarsi all'interno della clientela capitaneale locale del monastero di Leno[2]. Al tempo delle depredazioni magiare difesero strenuamente gli abati, cui erano vassalli. A conferma di ciò, tra i primi documenti ufficiali che li menzionano vi è un testimoniale del 1194-95 riguardante una contesa con il vescovo di Brescia Giovanni da Fiumicello per i diritti riguardanti le due chiese locali, e che li vide deporre in favore del monastero, per conto del quale la famiglia deteneva il dominio sul luogo[3].

Il primo membro della famiglia di cui si abbiano notizie storiche, Acilao (o Ancilao) (X secolo), difese l'abbazia lenese dagli Ungari, ricompensato dall'abate Donnino con il feudo di Gambara, da cui la famiglia prese il nome (investitura riconfermata poi negli anni successivi in concomitanza con avvenimenti salienti per la storia di Gambara, quali ad esempio la disputa già citata riguardo alle chiese, o anche la recognitio dei feudi tenuti dai vari vassalli del monastero nel 1192[4]). Il gambero rosso dello stemma rimanda chiaramente al crostaceo, la cui assonanza con il cognome dei nuovi feudatari è evidente. Tuttavia, Gambara deriverebbe dal nome di una leggendaria valchiria omonima, calata in Italia assieme ai figli guerrieri per sostenere la spedizione del re Alboino nel VI secolo.[5]

Col passare del tempo il loro prestigio aumentò anche in sincronia con il rapido declino del monastero di Leno; fu così che i Gambara ottennero numerose terre riuscendo a creare una piccola seppur vera e propria organizzazione statale nella zona centro-orientale della Bassa Bresciana, sviluppando contemporaneamente dei forti legami all'interno della città stessa di Brescia, dove avevano varie dimore - risale al 1219/20 la costruzione della casatorre in contrada S.Agata[6] , poi conosciuta come torre Teofila - ed inserendosi anche all'interno dei giochi di fazione interni al centro urbano (tanto che agli inizi del '400 uno degli appartenenti alla casata, Pietro Gambara, tentò anche di insignorirsi della città[7]). Si può sostanzialmente delineare una sorta di doppio radicamento: da un lato cittadino, continuando sempre ad avere continuità all'interno della vita politica bresciana, dall'altro rurale, perseguendo sempre più l'affermazione di uno status nobiliare e cavalleresco. Questo permise loro di fare leva, a seconda delle necessità, su due tipi di forza e influenza differenti, riuscendo così a superare piuttosto agevolmente le difficoltà a cui andò incontro il contado e la signoria rurale più in generale nel momento della maggior affermazione del comune.

Importantissimo in questo contesto è, da parte di Maffeo Gambara nel 1354, l'acquisto e successiva investitura da parte di Carlo IV di Boemia dei territori di Gambara, Remedello inferiore, Pralboino, Pavone, Leno, Ostiano, Volongo e Verola Alghise alla famiglia, che acquisì così ufficialmente vari diritti giurisdizionali che di fatto esercitavano già da tempo nella zona[8], concessione confermata poi da Giovanni Maria Visconti nel 1422 (i Gambara tennero infatti dei legami piuttosto stretti con i signori di Milano, tanto che Pietro Gambara arrivò a sposare Beatrice Visconti[9]). A raccogliere l'importante eredità che costituisce questa investitura fu Federico Gambara, il figlio di Maffeo, che proiettò definitivamente l'agnazione verso i fasti e gli splendori che la contraddistinsero nei secoli successivi: oltre ad espandere grandemente le proprietà in Gambara e dintorni, intrattenne rapporti con le maggiori corti dell'epoca (oltre ai Visconti, con il tramite di Filippino Emili - conosciuto all'interno del panorama politico bresciano[8] vi furono contatti importanti anche con Bonifacio IX, a cui il Gambara si rivolse per risolvere alcune questioni con la mensa vescovile). Da questo momento in avanti i Gambara riuscirono a perpetuare i diritti sui propri feudi, anche durante tutta la successiva dominazione veneziana: è noto infatti come Marsilio Gambara, nonostante il suo ruolo di capofila nel partito filovisconteo, già nel 1427 venisse legittimato nel possesso dei feudi di Verola Alghise, Milzano e Pralboino (dove avrebbe avuto anche facoltà di sentenziare per le cause penali), prerogative che vennero ampliate anche all’abitato di Gambara pochi anni più tardi. Addirittura, nel 1437, venne a lui riconosciuta la totale esenzione da ogni imposta presente e futura, un diritto trasmissibile agli eredi (anche se il motivo di tale concessione fu principalmente legato alla cessione alla città delle proprie case nel centro della piazza, uno spazio necessario all’ampliamento del mercato)[10].

Nel corso del tempo vennero poi a scontrarsi con i Martinengo, che possedevano la zona occidentale della pianura bresciana. A partire dal Quattrocento ebbero come centro principale Pralboino. Gianfrancesco, il padre della celebre poetessa Veronica, fu a servizio dei veneziani, combattendo per loro nella battaglia della Ghiaradadda (1509). Si schierò in seguito con i francesi, ciambellano e gentiluomo da camera di Luigi XII. Dopo aver accresciuto il prestigio familiare, ottenendo possedimenti a Verolanuova e Cremona, ottenne così i feudi di Manerbio e Quinzano.[11]

La famiglia abbandonò solo a partire dalla seconda metà dell'Ottocento l'ultimo comune.

Stemma di famiglia[modifica | modifica wikitesto]

Pralboino, stemma su Palazzo Gambara

Lo stemma della famiglia Gambara consiste in un gambero di rosso visto di dorso posto in palo su oro.[12]

Questo stemma venne adottato probabilmente tra '300 e '400, in quanto negli affreschi del broletto di Brescia (che riportano varie famiglie nobili cacciate dalla città, in quelle che vengono definite come "pitture infamanti" e risalenti alla seconda metà del '200[13]) riportano invece uno stemma composto da una fascia dorata in campo nero[14].

Personaggi illustri[modifica | modifica wikitesto]


Albero genealogico[modifica | modifica wikitesto]

 

 
 
 Ancilao
 
 
 Corrado
fl. 980
 
 
 Maffeo
fl. 1088
 
 
 Alghisio
fl. 1153-fl. 1198
 
 
 Alberto
1090-1177
 
 
 Maffeo
1150-1228
 
 
 Alberto
1170-1190
 
 
 Federico
1190-1210
 
 
 Gherardo
1210-1270
 
 
 Maffeo
1270-1354
⚭ Maddalena da Correggio
 
    
 Federico
1290-1370
 Pietro
1290-1370
 Brunoro
 Gherardo
fl. 1371-fl. 1407
  
   
 Marsilio
1360-1448
Maffeo
1350-1441
 Lodovico
-1450
  
  
 Brunoro
1380-1468
⚭ Ginevra Nogarola
 Gherardo
-1499
  
       
 Gian Pietro
1440-1505
1 ⚭ Taddea Caterina Martinengo
2 ⚭ ***
 Marsilio
1443-1468
 Maffeo
1439-1468
 Caterina
1440-1460
⚭ Girolamo Leone
 Giovanni Francesco
1441-1511
⚭ Alda Pio
 Nicolò
1442-1527
⚭ Lucrezia Gonzaga
 Angelo
-1516
     
               
1
Eufrosina
Dorotea
Maddalena
Federico (1465-1511)
1 Ippolita
1475-1551
⚭ Cesare II il Magnifico Martinengo Cesaresco
1 Laura
1490-1549
⚭ Marco Antonio Secco d'Aragona
2
Uberto
Veronica
Brunoro(1490-1550)
1 Paola
1473-1515
⚭ Ludovico Antonio Costa
2 Maddalena
-1575
⚭ Gerolamo Cavazzi della Somaglia
⚭ Marco Coriolano Brembati
Gianfranco
Gian Galeazzo
1465-1543
 Veronica
1485-1550
⚭ Giberto da Correggio
Brunoro
1490-1559
⚭ Virginia Pallavicini

Uberto
1487-1549
Emilia (1475-1548)
Lucrezia (1475-1516)
Lucrezio
1507-1539
Auriga
1480-1551
⚭ Pietro Campofregoso
 Giovanni Francesco
-1560
    
         
 Guerriero
1543-1573
⚭ Giulia Sanfelice
Scipione
---
Giovanni Battista
⚭ Zenobia Gonzaga
 Ranuzio
1520-1615

Giovanni Francesco
1533-1587
 Nicolò
1538-1592
⚭ Barbara Maggi
Lucrezio
1539-1570
⚭ Giulia Maggi
 Leandro
fl. 1599
       
            
 Scipione
1573-1620
⚭ Giulia Poncarali
Giovanni Guerriero
1550-1635
Alemanno
1550-1635
Federico
1556
⚭ Ersilia Albrici
Brunoro
-1588
Gian Galeazzo
1540-1588
 Annibale
1570-1619
⚭ Domicilla Martinengo delle Palle
Scipione
1570-1604
Francesco
1570-1614
Giovanni Battista
1570-1590
Vincenzo
Antonio
fl. 1618
     
       
 Guerriero
1620-1657
⚭ Aurelia Avogadro
 Giovanni Battista
1587-1629
⚭ Lucia Musitelli
 Giovanni Francesco
Deidamia
1590-1641
Taddea
1590-1641
⚭ Dal Verme
Carlo Antonio
1614-1641
 Leandro
fl. 1664
    
     
 Scipione
1657-1731
⚭ Eleonora Uggeri
 Renato
1628-1660
Federico
1628-1680
⚭ Rizzarda Chizzola
 Lucrezio
1637-1686
 Pier Antonio
fl. 1722
    
       
 Giovanni Antonio
1704-1740
⚭ Ottavia Martinengo Villagana e Villachiara
Polissena
Aurea
Alessandro (1700)
Ranunzio (1710)
 Giovanni Battista
1662-1761
⚭ Ottavia Carenzoni
 Carloantonio
1681-1720
⚭ Elisabetta Grimani
Annibale
 Leandro
fl. 1722
    
         
 Eleonora
1740-1760
⚭ Faustino Griffoni
 Alberto
Francesco
-1848
Federico
1697-1765
⚭ Lucia Garzoni
 Annibale
Vincenzo
1722-1774
⚭ Isabella Grimani
Lucrezio
1708-1708
Brunoro
Camillo
fl. 1776
⚭ Giulia Grossi
   
   
 Giovanni Battista
1761-1805
⚭ Clara Trinali
 Carloantonio
1774-1836
⚭ Elena Michiel
 Pietro
1778
⚭ Maria Tedeschi
   
     
 Teresa
1788-1808
⚭ Antonio Calini
Ottavia
1780-1814
⚭ Giovanni Evangelista Carrara Spinelli
 Vincenzo
1798-1820
⚭ Elisa Moricelli
Niccolò
 Vincenzo
  
    
 Maria
1820-1840
⚭ Nicolò Paniera di Zoppola
Elena
⚭ Anchise Perusini
 Maria
⚭ Sorelli
Pietro
1870-1911
⚭ Virginia Arcioni
 
       
 Ermanno
1900
Antonio
1908
Luigina
1903
Elena
1898
Silvia
1890
⚭ Enrico Sorelli
Vincenzo
1894
⚭ Luigia Piovani
Giulia
1905
 
 
 Pier Alghisio
1926

Rami[modifica | modifica wikitesto]

Dimore[modifica | modifica wikitesto]

Le dimore nella città di Brescia[modifica | modifica wikitesto]

Insediamenti nella Bassa Bresciana[modifica | modifica wikitesto]

Toponimi[modifica | modifica wikitesto]

  • Gambara, paese della bassa bresciana da dove è originaria la famiglia.
  • Fiume Gambara, canale idrico creato dalla famiglia per migliorare l'irrigazione dei propri terreni.
  • Roggia Gambaresca

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Malvezzi G., Le cronache medievali di Giacomo Malvezzi, a cura di Archetti G., Brescia, 2016, p. 236.
  2. ^ Constable G., Monaci, vescovi e laici nelle campagne lombarde del XII secolo, in L'abbazia di San Benedetto di Leno: Mille anni nel cuore della pianura Padana, Brescia, 2002, p. 184.
  3. ^ Zaccaria F.A., Dell'antichissima Badia di Leno libri tre, composti dal padre Francesco Antonio Zaccaria della Compagnia di Gesù, Todi, 1982, pp. 143-144.
  4. ^ Baronio A., Monasterium et populus - Per la storia del contado lombardo: Leno, Brescia, 1984, p. 259.
  5. ^ D. Pizzagalli, La signora della poesia. Vita e passioni di Veronica Gambara, artista del Rinascimento, Milano, Rizzoli, 2004, p. 14
  6. ^ Paoletti D., Fasti e splendori dei Gambara – L’apice della potente famiglia bresciana in età rinascimentale e barocca, S.Zeno sul naviglio, 2010, p. 133.
  7. ^ Archetti G., voce "Gambara Pietro", collana Dizionario biografico degli italiani, vol LII, Roma, 1999, pp. 59-60.
  8. ^ a b Pagnoni F., Brescia viscontea (1337-1403), Milano, 2013, pp. 194-199.
  9. ^ Guerrini P., Parentele viscontee a Brescia, in Archivio storico lombardo, LVI, 1929, pp. 112-113.
  10. ^ Zamperetti S., I piccoli principi: signorie locali, feudi e comunità soggette nello Stato regionale veneto dall’espansione territoriale ai primi decenni del ‘600, Venezia, 1991, pp. 157, 168-169.
  11. ^ F. Balestrini, Veronica Gambara, in AA. VV., Profili di donne nella storia di Brescia, Brescia, Giornale di Brescia, 1986, pp. 146-149
  12. ^ Leone marinato - un sito su araldica, su www.leonemarinato.it. URL consultato il 22 settembre 2015.
  13. ^ Milani G., Before the Buongoverno: the medieval painting of Brescia's broletto as visual register, in Dartmann C., Scharff T., Weber C.F. (a cura di), Zwischen Pragmatik und Performanz: Dimensionen mittelalterlicher Schriftkultur, 2011, pp. 319-350.
  14. ^ Ferrari M., I cavalieri incatenati del broletto di Brescia. Un esempio duecentesco di araldica familiare, in Schweizer Archiv für Heraldik - Archivum heraldicum, 2008, pp. 181-212.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Pompeo Litta, Famiglie celebri d'Italia. Gambara di Brescia, Torino, 1835, ISBN non esistente.
  • Fasti e splendori dei Gambara, Brescia, 2010, ISBN 978-88-7385-823-2.
  • Muzzi G.B., L'aquila e il gambero. Poteri e società a Gambara tra antichità e medioevo, Brescia, 1997.
  • Succurro M.C., L'abbazia di San Benedetto di Leno (secoli VIII-XV). Istituzione, relazioni, aspetti patrimoniali, Firenze, 2012.
  • Viscardi B., Pralboino, Milzano e Verolanuova feudi dei Gambara, Brescia, 1994.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Categoria:Gambara (famiglia) Categoria:Bassa Bresciana