Utente:Alan D. Cadeyrn/Dietrich von Bern

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Fontana di Re Laurino a Bolzano : Dietrich von Bern sottomette Re Laurino

Dietrich von Bern, in italiano Teodorico da Verona (Bern è infatti il nome della città di Verona in medio-alto tedesco) è uno dei personaggi leggendari più famosi dell'alto e del tardo medioevo tedesco. È una figura di rilievo in parecchie opere letterali (se ne contano da 9 alle 16), nella forma di canti eorici, come l'Hildebrandslied, epiche, quali la Dietrichepik o prose come l'Heldenbücher, che derivano sicuramente da una tradizione orale ben più antica. Dietrich svolge un ruolo chiave anche nel Nibelungenlied . Oltre alle undici epiche poetiche su Dietrich in tedesco medio-alto, che narrano esclusivamente singoli episodi dell'eroica vita del protagonista, la scandinava Thidrekssaga - tramandata nelle varianti in norvegese, svedese e islandese - rappresenta un caso particolare della tradizione, perché racconta l'intera vita dell'eroe, basandosi su sconosciute fonti prosastiche basso-tedesche. Già nella cronaca medievale, la figura di Dietrich è stata tradizionalmente collegata a quella di Teodorico il Grande.

La vita di Dietrich von Bern nella saga[modifica | modifica wikitesto]

Nucleo della Thidrekssaga[modifica | modifica wikitesto]

Dietrich nasce figlio del re di Bern, che la tradizione identifica come la Verona italiana, sebbene alcune ricerche testuali propongano l'identificazione con un probabile secondo nome della città di Bonn, detta "Verona Renana", dicitura apparentemente in uso nei tempi imperiali ottoniani. Dietrich ha al proprio seguito un maestro d'armi di nome Hildebrand, che rimarrà al suo fianco fino alla vecchiaia e raduna a sé una cerchia di combattenti (undici o dodici, in base alle versioni) e diventa re di Bern in seguito alla morte del padre. Grandi sono le sue imprese cavalleresche. Al pari di Wolfdietrich, Beowulf, Sigfrido (il norreno Sigurd) e suo padre Sigmund, è uno dei pochi eroi leggendari germanici ad aver affrontato e sconfitto un drago. Tuttavia, non è invincibile e non sempre è in grado di sconfiggere i suoi avversari da solo. Wittich (chiamato Vidga in norvegese antico), ad esempio, suo compagno nelle avventure più tarde, gli è superiore nel combattimento, grazie alla sua migliore spada. Anche Ecke, un gigante, si dimostra suo pari nell'arte del combattimento, e viene sconfitto da Dietrich solo dopo un duro duello, che lo porta dapprima allo sfinimento e successivamente lo pugnala nelle aree non protette della sua armatura. Ciononostante Ecke sopravvive, e implora Dietrich di essere decapitato. Odoacre (o Sigurd in alcune tradizioni) viene sconfitto solo grazie alla spada Mimung, forgiata dal leggendario maestro Weland il fabbro. Un giorno, Dietrich viene spodestato da suo zio Ermenrik ed è costretto ad andare in esilio presso la corte del re degli unni, Attila (chiamato Etzel nelle tradizioni medio-alto tedesche). Un prematuro tentativo di riconquista del proprio dominio si riduce a un fallimento. Mentre è in esilio, Dietrich, combatte molte battaglie al fianco del redegli unni, e nella lotta contro i Nibelunghi, sebbene tenti in primo luogo di far da mediatore, finisce per schierarsi dalla parte di Attila.

Raggiunta la vecchiaia, ritorna insieme al suo mastro d'armi nel suo regno senza esercito e riconquista il trono, sconfiggendo Ermenrik in battaglia presso Ravenna.

Otto Höfler ha suggerito lo spazio narrativo originale dell'impero di "Attila" collegato a Dietrich per mezzo di canti eroici eddiani nella Germania settentrionale. Si riferisce alla forma di Sigurð o Sigfrido l'uccisore di draghi. La sua origine e sfera di attività è data sia dalla saga di Nibelungenlied che dalla saga di Thidrek in tedesco basso, ma la sua apposizione etnica "Hunne", tradotta dallo Sigurðarkviða nello skamma e dall'Atlamál, non è correlata all'area sud-orientale dell'Europa degli storici Großkhans dalle conclusioni di Höfler compatibile Tisza. Con il vecchio tipo di stelo norreno * Hūnðz, cfr. altrimenti Húnar, Húnir, Hýnir, Höfler assume quindi piuttosto un riferimento etnografico a quella che oggi è una regione della Westfalia. [1] La canzone di Hildebrand più vecchia offre anche un termine relativamente fuorviante per il consigliere e l'armatore di Dietrich, che secondo le parole del suo piccolo alter hun ummet aherpaher di suo figlio Hadubrand è piuttosto letto come un "vecchio hun". [2] D'altra parte, l'origine di Ildebrando dal Dietrichepik tedesco medio-alto è localizzata a Venezia per il suo ambiente leggendario apparentemente romanico, e l'area dell'odierna Ungheria è quindi anche esclusa per uno spazio narrativo postulato della Franconia orientale-basso tedesco o sassone antico. Reinhard Wenskus segue l'interpretazione di Otto Höfler del vecchio ambiente nordico per la leggendaria figura "Attila" o Atli e mostra anche un contesto narrativo che è più plausibile in termini di contesto narrativo per l'azione tedesca o olandese bassa per la saga di Hervarar . [3]

Tradizione della Thidrekssaga[modifica | modifica wikitesto]

La Thidrekssaga è l'unica fonte medievale che narra per intero la vita di Dietrich (Thidrek) von Bern.[4]

Thidrek cresce alla corte di suo padre, re Thetmar di Bern, e sviluppa presto una profonda amicizia con il suo mastro d'armi, Hildebrand, che durerà per tutta la loro vita. Fin da giovane, Dietrich vive avventure e compie imprese che ne accrescono la fama di straordinario combattente, la più importante delle quali è senza dubbio la lotta con il gigante Grim, a cui, grazie all'aiuto del nano Alfrik (nome corrispondente a quello del più famoso Alberich del Nibelungenslied) vince l'elmo Hildegrim e la spada Nagelring, che porterà con sé per molto tempo.

Grazie alla sua fama crescente, altri giovani giungono a Bern, chi per unirsi a Thidrek come cavaliere, chi per sfidarlo a duello e competere con lui. Uno di questi giovani è Heime, figlio del famoso allevatore di cavalli Studas, che si unisce a Thidrek in seguito alla sua vittoria in un duello e gli dà in dono uno stallone, allevato da suo padre, di nome Falke, che il re di Bern cavalcherà in tutte le sue successive avventure. Un'accoglienza meno calorosa viene offerta a Vidga (Wittich nell'Heldenepik), figlio del celebre Velent il fabbro, che gli aveva fatto dono della spada Mimung, il quale viaggiava in incognito per il regno. Thidrek, vittorioso in ogni combattimento e pieno di giovanile arroganza, minaccia Vidga di farlo impiccare sulle mura di Bern, tuttavia non aveva previsto la straordinaria spada di Vidga, né le sue abilità di combattimento. Solo l'intervento di Ildebrando, di cui Vidga è amico, preserva il principe dalla completa sconfitta. Ildebrando è anche in grado di riconciliare i combattenti e di fare in modo che i due riconoscano l'altrui abilità e si considerino fratelli d'armi.

Per riscattare la vergogna della sconfitta, Thidrek decide di sfidare il famoso guerriero Ecke, che combatte impugnando Eckesach, una famosa spada forgiata dal nano Alfrik. Questa si rivela una lotta tutt'altro che facile per Thidrek, che vince per un colpo di fortuna, grazie al proprio cavallo Falke che, vedendo il cavaliere in pericolo di vita, colpisce Ecke con gli zoccoli, uccidendolo. Il giorno seguente avviene uno scontro con il fratello di Ecke, Fasolt. Thidrek esce vittorioso anche da questo duello, e i due giurano amicizia e, quindi, a differenza di quanto narrato nel poema in medio-alto tedesco Eckenlied, diventano fratelli d'armi. Da questo momento, Eckesach diventa la spada di Thidrek, mentre Nagelring viene data in dono a Heime.

Dopo la morte di suo padre, Thidrek diventa re di Bern. Ad un banchetto al quale partecipano i suoi amici Gunnar (chiamato Gunther nel Nibelungenlied), re dei Niflungar, e i suoi fratelli Hǫgni (Hagen), Gernoz (Gernot in lingua alto-tedesca) e Gisl(h)er, il giovane re ed i suoi undici compagni di tavola, tra cui Hildebrand, Vidga e Heime, si vantano di essere guerrieri insuperabili, senza eguali. Ma Brand, uno dei cavalieri di Bern, solleva un'obiezione: il re Isung di Bertangenland ed i suoi dieci figli sono quantomeno altrettanto capaci, ed il suo alfiere Sigurd ("Siegfried") è persino all'altezza di Thidrek. Il re, consumato dalla rabbia, ed i suoi compagni giurano di partire il giorno successivo per combattere con Isung e Sigurd. Arrivato a Bertangenland, le cose non vanno come egli aveva previsto. Solo Vidga riesce ad ottenere una vittoria nei duelli competitivi, aiutato in particolar modo dalla sua spada Mimung, ma tutti gli altri, compresi Gunnar e Hǫgni, vengono inesorabilmente battuti. L'ultima speranza dei veronesi è Thidrek, che avrebbe dovuto competere nella dodicesima e ultima battaglia contro Sigurd. Ma quest'ultimo, che ha visto Mimung in azione, si rifiuta di combattere contro una spada tanto superiore e fa in modo che Thidrek giuri che non la userà nella lotta. Thidrek dà la sua parola, ma Sigurd dimostra di essere l'avversario più forte che egli abbia mai affrontato. Dopo due giorni di incessanti combattimenti, nessuno dei due è riuscito ad infliggere all'avversario una singola ferita. Thidrek, frustrato ed arrabbiato per non riuscire ad ottenere la vittoria, alla fine convince Vidga a prestargli la sua Mimung, grazie alla quale riesce ad ottenere la vittoria il terzo giorno, anche se per mezzo di un tranello. Nonostante Sigurd abbia intuito l'inganno, riconosce la propria sconfitta e giura fedeltà a Thidrek che, dispiaciuto per l'intera faccenda, organizza un matrimonio solenne per Sigurd con la sorella di Gunnar, Grim(h)illd (chiamata Kriemhild nel Nibelungenlied), non sapendo che in realtà Sigurd era già promesso a Brünhild.

Quando lo zio di Thidrek Erminrik, che regnava su Roma, o "Roma Belgica"[5], marcia su Bern per conquistarla con un grande esercito, Thidrek fugge con i suoi fedeli e si rifugia presso Attila, figlio di un re frisone e sovrano di Hunaland. Vive alla sua corte per molti anni e lo aiuta in numerose battaglie contro re nemici. In segno di gratitudine, Attila gli concede un esercito in modo che possa riconquistare il suo impero di Bern. Thidrek vince la battaglia di Gränsport, che può essere equiparata alla storica battaglia di Ravenna, ma si ritira perché suo fratello e i figli di Attila sono stati uccisi da Vidga, che si era alleato con Erminrik prima della cattura di Bern e dell'esilio di Thidrek. Attila perdona Thidrek per non aver impedito la morte dei suoi figli e questi continua a vivere alla sua corte.

Nel frattempo, Sigurd viene assassinato da Hǫgni nel regno dei Niflungar. La vedova di Sigurd, Grimhild, diventa quindi la moglie di Attila. Quando il re Gunnar si reca in visita da sua sorella presso re Attila con un grande seguito, c'è una lotta tra il Niflungar e gli Unni. Inizialmente Thidrek non è in grado di prendere parte nello scontro, ma alla fine decide di combattere dalla parte degli Unni. Alla fine del massacro, tutti i Niflungar, diversi Unni e tutti i seguaci di Thidrek sono morti. Dopo questo incidente, Thidrek decide di tornare a Bern solo con sua moglie Herat e Hildebrand, poiché ha sentito che il figlio di Hildebrand ora governa lì. Quando Thidrek arriva a Bern, i veronesi decidono di riconoscerlo come re e seguirlo nella lotta contro Sifka (Sibich), il successore di Erminrik. Thidrek vince la guerra e sale al trono reale di Roma, che ora appartiene al suo impero. Dopo la morte di Re Attila, Thidrek prende possesso anche del suo impero, poiché Attila non lasciò alcun erede al trono. Quando Thidrek è un uomo anziano, si mette alla ricerca di Vidga per vendicarsi. Lo sfida a combattere e lo uccide, ma sulla strada di casa soccombe alle sue ferite gravi. La lotta di Thidrek con Vidga può essere trovata solo nella versione svedese.

Realtà storica e leggenda[modifica | modifica wikitesto]

Somiglianze e differenze tra Teodorico il Grande e Dietrich von Bern[modifica | modifica wikitesto]

La leggendaria figura di Dietrich von Bern era già stata collegata, dagli storici medievali (ad esempio negli annali di Quedlinburg), a quella del re ostrogoto Teodorico il Grande, anche se poche sono le somiglianze tra lo storico Teodorico e il leggendario Dietrich:

  • Bern (più precisamente Welschbern) è il nome tedesco di Verona, che faceva parte del regno di Teodorico il Grande. Sebbene la capitale, e sede del governo, fosse Ravenna, una delle battaglie decisive tra Teodorico ed il suo avversario Odoacre si svolse nel 490 nei pressi di Verona.
  • Il padre di Dietrich è chiamato Dietmar, nome simile a quello del padre dello storico Teodorico, Teodemiro.
  • Gli Amelunghi presenti nella saga sono spesso identificati con la dinastia gotica degli Amali.
  • Nelle versioni più antiche della saga, Odoacre compare come l'avversario di Dietrich, rispecchiando lo storico antagonismo tra il re degli Eruli e Teodorico il Grande.

Tuttavia, numerose e rilevanti sono le differenze tra storia e leggenda:

  • Teodorico il Grande non nacque a Verona, come narrato nella saga, ed allo stesso modo non trascorse lì la sua giovinezza, ma al contrario visse per anni a Costantinopoli, alla corte dell'imperatore romano d'oriente Leone I.
  • Lo storico teodorico non entrò in Italia in qualità di esule, ma la conquistò con il benestare dei romani d'oriente, ed uccise Odoacre dopo averlo sconfitto durante la battaglia di Ravenna .
  • Teodorico il Grande, nato solo intorno al 455 d.C., non fu contemporaneo di Attila (Etzel), re degli Unni, morto nel 453 d.C..
  • Il re gotico Ermanarich perse una battaglia contro gli Unni nel 375 .
  • La Ravenna della battaglia è identificata con la città romagnola, ma nella saga, dopo averla conquistata, fu costretto a tornare nella terra degli Unni.

Queste discrepanze tra la saga di Dietrich e, ad esempio, la cronaca gotica di Giordane erano già state notate da Frutolf von Michelsberg. Egli sottolineò queste contraddizioni nella sua cronaca del mondo intorno all'anno 1100, e in seguito gli storici hanno cercato di spiegare la contraddizione reinventandola: ad esempio, attribuendo a Dietrich un nonno con lo stesso nome, che fu esiliato da Merano e fu contemporaneo di Attila.

Differenze tra Teodorico e il Dietrich della Thidrekssaga[modifica | modifica wikitesto]

  • Al di là dei nomi dei loro padri, non ci sono altre corrispondenze genealogiche.
  • Teodorico proviene dalla stirpe nobile degli Amali, mentre l'origine di Dietrich è "ispanica" e, secondo i manoscritti, non è in alcun luogo subordinata alla particolare regione di provenienza dei cosiddetti "Amelunghi", presenti nella saga.
  • Il padre di Teodorico, Teodemiro, aveva combattuto con i suoi fratelli Valamir e Vidimir dalla parte di Attila durante la sua campagna in Gallia (circa 450). Anche supponendo che la linea di Dietrich fosse rappresentata dai sovrani franchi, la Thidrekssaga non fornisce un resoconto motivico o basato sull'azione di questo evento storico.
  • A differenza di Dietrich, Teodorico non fu mai descritto in compagnia di dodici fedeli compagni o guerrieri. Tuttavia, gli annali di Quedlinburg riportano la presenza, in Sassonia nell'anno 531, del re franco Teorodico I in compagnia di dodici suoi nobili.
  • Non è mai stato tramandato che Teodorico abbia mai preso parte ad alcun duello competitivo paragonabile alle ardue battaglie tra Dietrich e Sigurd.
  • Dietrich condusse una campagna di vendetta contro re Ermanarico che lo aveva costretto all'esilio, tuttavia nessun motivo di fuga o ritorsione è stato tramandato su Teodorico, che, secondo Giordane, fu invece inviato a Bisanzio come ostaggio per dieci anni all'età di otto anni e inizialmente, al suo ritorno, ricoprì ruoli dirigenziali.
  • Contrariamente al ritorno di Teodorico, politicamente concordato da suo padre, il ritorno di Dietrich a Bern è teatro di una drammatica lotta tra il suo mastro d'armi Hildebrand ed il proprio figlio Alebrand.
  • Teodorico non appoggiò alcun sovrano Unno nelle sue lotte contro i vari popoli del nord o del nordest.
  • A differenza di Dietrich, Teodorico non fu testimone oculare della caduta del popolo dei Burgundi, Nibelunghi o Niflunghi.
  • Teodorico uccise personalmente il suo rivale Odoacre nel Palazzo Imperiale a Loreto, mentre l'usurpatore e nemico di Dietrich morì di ingordigia. Il suo successore fu sconfitto invece nei pressi di Roma, dove Dietrich fu nuovamente incoronato.

Origine della leggenda secondo la dottrina prevalente[modifica | modifica wikitesto]

Al contrario dell'autore degli annali di Quedlinburg, gli odierni studiosi tedeschi non considerano più i poemi epici e le cronache che trattano di Dietrich von Bern come parte della storiografia. Il focus è diretto principalmente verso la funzione che la menzione di grandi nomi ed eventi della storia ha per l'ascoltatore medievale di una canzone eroica o epica (come per la battaglia di Ravenna): creazione e conservazione dell'identità nelle comunità che sono state esposte a eventi particolari durante il periodo di migrazione. I fatti storici (la frequente perdita della patria, ma anche ripetute conquiste di nuovi territori a seguito di ardui combattimenti, come vissute dagli Ostrogoti) sono stati apparentemente riformulati con l'aiuto di modelli letterari tradizionali (esilio e ritorno in patria, tradimento dei parenti) per far fronte a tali eventi. Il risultato di uno sviluppo della leggenda basato su noti motivi narrativi e personaggi principali è quindi un mondo più semplice, il mondo leggendario. Scrive il germanista Joachim Heinzle : “La sincronizzazione di eventi e persone che appartengono a tempi diversi mira alla costruzione di un mondo eroico chiuso in cui tutto è legato a tutto e tutti hanno a che fare con tutti.“[6] Questo metodo per sincronizzare eventi storici e persone di epoche differenti nella creazione di un unico mondo eroico fu scoperto dal teologo e storico luterano Cyriacus Spangenberg nel1572 nelle cronache di Mansfeld. Scrive che ciò che in passato era separato è stato unito: in modo che gli antichi tedeschi potessero aver compiuto grandi gesta / come se fossero appartenuti ad una sola epoca / come se potessero cantare in una solo canto / insieme / [...].[7]

Questa sincronizzazione, come scrive Heinzle, può essere ben mostrata nella figura letteraria di Ermanarico: nella prima tradizione scritta, l'Hildebrandslied del IX Secolo, questi non compare. In questo poema, il suo ruolo è ricoperto invece da Odoacre, dal cui odio Dietrich dovette fuggire. Negli annali di Quedlinburg (redatti intorno all'anno 1000) Ermanarich / Ermenrich è nominato "sovrano di tutti i Goti", colui che scacciò Teodorico da Verona su consiglio di Odoacre. Dopo la morte di Ermenrich, Teodorico espulse nuovamente Odoacre da Ravenna. Il ruolo di Odoacer corrisponde in questa versione a quello di Sifka nella Thidrekssaga, chiamato Sibiche nel poema Dietrichs Flucht. In opere successive - come ad esempio la Thidrekssaga - il nome di Odoacre scompare completamente e viene sostituito da quello di Sifka. Forse questo è perché il nome di Odoacre (o la sua reale reminiscenza storica) non si adatta alla leggenda - presumibilmente già esistente prima della stesura della Thidrekssaga - come viene tramandata nello Skáldskaparmál, la terza parte della Snorra Edda (1220-25). In quest'opera, Ermanarich/Jörmunrekkr assassinò suo figlio Randwer e sua moglie Swanhild attraverso l'azione dell'insidioso consigliere Bikki. Va notato in questo luogo che la moglie di Odoacre si chiamava Sunigilda, che presenta una chiara assonanza con il nome Swanhild.

Al contrario, tale sincronizzazione può anche essere ritirata: in una versione stampata dell'Eckenlied (datata 1491) si dice che Dietrich vinse la spada di Ecke durante il regno dell'imperatore Zenone, quando la Lombardia fu liberata dall'usurpatore Odoacre. Ciò di nuovo fa effettivamente riferimento a fatti storici. Di conseguenza, apparentemente la saga si è adattata alla storiografia conosciuta, almeno in singoli casi. L'Eckenlied descrive infatti un singolo episodio di avventura ed è quindi meno dipendente dalla rappresentazione di un continuum storico rispetto all'epopea della Dietrichs Flucht.

L'intreccio delle leggende su Attila con Dietrich von Bern non può essere rintracciato esattamente come nel caso di Ermanarico, poiché è già presente nel più antico Carme di Ildebrando. Gli Ostrogoti pannonici furono probabilmente espulsi dai Romani nel 427 e fuggirono presso gli Unni, con i tre principi Amali ancora minorenni, tra cui il padre di Teodorico, protetti dal fedele Gensimondo. Il gruppo degli Ostrogoti pannonici trovò accoglienza presso gli Unni, guidati da Rua (Ruga), zio di Attila. Il padre di Teodorico ed i suoi fratelli combatterono quindi come vassalli al fianco di Attila, anche nella battaglia dei Campi Catalaunici nel 451. L'anno successivo, Attila invase l'Italia, ma dovette ritirarsi nuovamente. Nel 454 gli Unni furono sconfitti e il figlio di Attila, Ellac, fu ucciso nella battaglia del Nedao. Fu solo dopo che gli Unni si furono ritirati dall'Europa occidentale che gli Ostrogoti divennero vassalli dell'Imperatore Romano d'Oriente. Questi reinsediò gli Ostrogoti in Pannonia (dopo circa 30 anni) e, per garantire la pace, Teodorico, che all'epoca aveva otto anni, fu inviato come ostaggio presso Costantinopoli nel 459. Quando ebbe superato i 17 anni, tornò da suo padre Teodemiro in Pannonia. Dopo la morte di quest'ultimo, Teodorico condusse diverse campagne per conto dell'Impero d'Oriente, e per una di queste fu onorato con un corteo trionfale ed una statua equestre a Costantinopoli.[8] Quando si spostò in Italia contro Odoacre nel 489, aveva trascorso circa 30 anni al servizio dell'Impero d'Oriente. Tale periodo di vassallaggio presso l'Impero d'Oriente, seguito dall'ingresso in Italia, potrebbe essere il fondamento storico che, divenuto leggenda, divenne il trentennale esilio del Dietrich letterario presso la corte del Re degli Unni, cui seguì il ritorno in Italia.

L'Impero Romano d'Oriente, di cui era stato al servizio Teodorico, iniziò a combattere l'ex alleato già quando egli divenne Re d'Italia, e in seguito fu avversario anche del successivo impero longobardo. Da un punto di vista letterario, dunque, Costantinopoli era inadatta come luogo di esilio nella saga in via di sviluppo, mentre è possibile che Attila, il re degli Unni, fosse lui stesso glorificato come sovrano i popoli quando si formò l'episodio della fuga di Teodorico. La "corte di Attila" come luogo di rifugio nella leggenda della fuga sembra dunque adattarsi alla comprensione della storia dell'epoca. I contemporanei potrebbero non essere stati consapevoli della non simultaneità delle vite di Attila e Teodorico, fatto oggi ben conosciuto.

Il nucleo del racconto della fuga, l'esilio di Dietrich, non trova alcun parallelo nella vita di Teodorico, e a tal proposito si veda anche la sezione sulle Interpretazioni storico-letterarie della fuga di Dietrich, tuttavia su questo punto non c'è consenso. In quest'ottica, il Poema sulla fuga di Dietrich, Dietrichs Flucht, potrebbe essere basato su un mito che si è sviluppato durante la sua stessa vita per giustificare l'assassinio di Odoacre, ma anche l'influenza di una leggenda più antica o di diversa natura potrebbe essere una spiegazione plausibile. Giordane, intorno al 550, cioè dopo la morte di Teodorico, riferisce che un antenato di Teodorico fu esiliato dal figlio di Ermanarico, Unimondo, e che la parte del popolo ostrogoto con lui espulsa si stabilì inizialmente in Pannonia. Secondo l'opinione di alcuni rappresentanti della ricerca letteraria, l'emergente Impero Ostrogoto dovrebbe essere rappresentato come l'impero in cui i Goti avevano trovato una nuova casa dopo i tempi turbolenti che avevano vissuto dalla distruzione del regno dei Goti di Ermanarico nel 375. La favola della fuga e del ritorno, secondo altre visioni filologiche, potrebbe essere nata molto prima della Saga di Dietrich da circostanze dinastiche sfavorevoli, e ha avuto una grande attrazione durante i tempi turbolenti della Grande Migrazione, con i suoi rapporti di proprietà e di potere in costante mutamento.

Dopo lunghi anni di guerra, la dominazione di Teodorico significò un periodo di pace per l'Italia, che vide l'ultima fioritura della tarda antichità nella penisola. I lunghi anni di guerra che seguirono la sua morte e che portarono alla fine dell'Impero Ostrogoto, possono aver glorificato ancora di più il ricordo di questo tempo di pace. Inoltre, Teodorico aveva anche offerto protezione al resto degli Alemanni sconfitti da Clodoveo nella Germania meridionale. Per il protagonista di una favola in cui un re viene espulso dal suo regno e lo riconquista, lo storico Teodorico può dunque incarnare il modello che venne ulteriormente interpretato in termini letterari. Le storie aventi come protagonista Teodorico, trasfigurato in Dietrich, sarebbero potute quindi essere ascoltate con benevolenza.

La fine di Dietrich e di Teodorico[modifica | modifica wikitesto]

Poiché Teodorico aderiva all'arianesimo, egli era considerato un eretico dalla Chiesa di Roma. L'esecuzione dei filosofi cristiani Boezio (524) e Simmaco (526) e la morte di Papa Giovanni I, che fu da lui imprigionato, ebbe luogo durante il suo tardo regno. Questo rese Teodorico un personaggio negativo agli occhi degli storici cattolici. Quando Teodorico, così come lo stesso Ario, morì di dissenteria, questa morte fu descritta come una punizione divina. Da questo si svilupparono due tradizioni sulla sua dannazione: quella della caduta in un vulcano e quella della cavalcata infernale.

Papa Gregorio Magno riferì per la prima volta della caduta nel vulcano nei suoi Dialoghi del 593/594: un eremita sostenne di aver veduto Papa Giovanni I e Simmaco gettare l'anima di Teodorico nel vulcano di Lipari il giorno della sua morte, come punizione per il loro assassinio.

Il rilievo del cavaliere e della caccia al cervo sul portale della Basilica di San Zeno a Verona

A testimonianza della tradizione della cavalcata infernale, sul portale della Basilica di San Zeno a Verona sono presenti due lastre in rilievo del 1140 circa, che raffigurano un re a cavallo (regem stultum), munito di corno da caccia, falco e cani, che segue un cervo che lo sta conducendo ai cancelli dell'Inferno. Teodorico non è menzionato per nome in relazione a questa presentazione; resta da vedere se i suoi meriti storici con l' apposizione di “re stolto” al momento della creazione dei due rilievi potessero essere visti e intitolati in questo modo. La cronaca mondiale di Otto von Freising (1143–1146) riporta la cavalcata infernale di Teodorico sottostante.

In alcune tradizioni, Dietrich appare come un cacciatore o come il re della caccia selvaggia. La Chronaca regia Coloniensis riporta circa l'anno 1197: In quest'anno un fantasma di dimensioni gigantesche con la forma di un uomo in groppa ad un nero cavallo apparve ad alcuni viandanti sulla Mosella. Essi furono terrorizzati, ma l'apparizione si avvicinò a loro con audacia e li ammonì a non avere paura: il suo nome era Dietrich von Bern e annunciò che vari tipi di disgrazie e miserie sarebbero venute sull'Impero Romano...

La letteratura popolare su Dietrich non accettava la condanna del suo eroe protagonista. Essa comprende le vicende della caduta nel vulcano o della cavalcata infernale, ma conferisce loro un'accezione positiva per Dietrich:

  • Nel libro di Zabulon, una continuazione della Saga di Re Laurino, si dice che la caduta nel vulcano di Dietrich sia stata solo un inganno al fine di raggiungere Sinnels, fratello di Laurino, che secondo quest'ultimo avrebbe potuto garantirgli una vita di mille anni. Dietrich inoltre convertì i nani al cristianesimo.
  • La Thidrekssaga, la più significativa tradizione di prosa, racconta che Dietrich saltò in groppa ad un cavallo nero, che in realtà era il diavolo. Ma a re Thidrek giunsero in aiuto Dio e la Madonna, per il fatto che egli invocò i loro nomi quando stava per morire.
  • Il Wunderer riferisce che Dietrich, benedetto dalla giovane donna che aveva liberato dal potere del mostro, venne effettivamente rapito dal destriero del diavolo (ros vnrein), ma è ancora vivo oggi e tornerà per combattere i draghi fino al Giorno del Giudizio, poiché tale è la penitenza impostagli da Dio.

La prosa eroica ricreata negli Heldenbücher tedeschi del tardo Medioevo si conclude con il fatto che di tutti gli eroi leggendari, solo Dietrich von Bern sopravvive dopo una grande battaglia. Egli venne visitato da un nano, che gli disse che "il suo regno non è di questo mondo" e da allora non fu più visto. L'uso delle parole che ricordano la parola di Cristo in Gv. 18,36 (il mio regno non è di questo mondo) inverte l'originale caduta nell'inferno al proprio opposto, dando piuttosto l'idea che il nano volesse piuttosto condurre il veronese in paradiso con queste parole che non all'Inferno.

Tesi diverse sulle origini storiche e letterarie[modifica | modifica wikitesto]

Interpretazioni storico-letterarie della fuga di Dietrich[modifica | modifica wikitesto]

Tradizioni

Vedi anche[modifica | modifica wikitesto]

  • The Elder Hildebrandslied (circa 930)
  • Deor's Law nel Libro di Exeter (2. Mezza 10. C. )
  • La canzone d'angolo (intorno al 1225)
  • Goldemar (intorno al 1230)
  • Sigenot (2. Trimestre 13. C. )
  • Vergine (2. Trimestre 13. C. )
  • King Laurin's Rose Garden (2. Trimestre 13. C. )
  • The Rose Garden in Worms (2. Trimestre 13. C. )
  • Thidrekssaga (2./3. Trimestre 13. C. )
  • La fuga di Dietrich, nel libro di Berna (4. Trimestre 13. C. )
  • Rabenschlacht, nel libro di Berna (4. Trimestre 13. C. )
  • Morte di Alpharts (4. Trimestre 13. C. )
  • Il giovane Hildebrandslied
  • Dietrich e Wenezlan
  • Il roseto di re Laurino
  • The Wonderer (circa 1503)

eroi

Prove individuali[modifica | modifica wikitesto]

[[Categoria:Letteratura medievale]] [[Categoria:Personaggi letterari]]

  1. ^ Otto Höfler: Siegfried, Arminius und die Symbolik, Heidelberg 1961, S. 14.
  2. ^ Wikisource: Hildebrandslied – Quellen und Volltexte
  3. ^ Reinhard Wenskus: Der 'hunnische' Siegfried. In: Heiko Uecker (Hrsg.) Studien zum Altgermanischen. Festschrift für Heinrich Beck, Berlin/New York 1994. (Ergänzungsbände zum Reallexikon der Germanischen Altertumskunde, 11) S. 686–721; hier S. 687f. sowie S. 717f.
  4. ^ Die inhaltliche Darstellung folgt der altschwedischen Version; um der leichteren Vergleichbarkeit willen werden die Namen in altnordischen und hochdeutschen Formen wiedergegeben.
  5. ^ So neben der bekannteren Bezeichnung Roma secunda auch der Name der römischen Kaiserstadt Trier, vgl. z. B. https://www.uni-regensburg.de/sprache-literatur-kultur/lateinische-philologie/res-gestae/exkursionen/roma-belgica/index.html
    Nach der Thidrekssaga kann der historische Greutungenherrscher Ermanarich nicht mit der Geschichtsschreibung über das italienische Rom vereinbart werden.
  6. ^ Joachim Heinzle: Einführung in die mittelhochdeutsche Dietrichepik. de Gruyter, Berlin/ New York 1999, S. 5.
  7. ^ Jens Haustein: Der Helden Buch: Zur Erforschung deutscher Dietrichepik im 18. und frühen 19. Jahrhundert. Max Niemeyer Verlag, 1989, S. 120.
  8. ^ Roswitha Wisniewski: Die Anfänge der Dietrichsage im Donauraum. In: Klaus Zatloukal: 2. Pöchlarner Heldenliedgespräch. Die historische Dietrichepik. Fassbaender, Wien 1992, ISBN 3-900538-36-0, S. 123–151.