Ulfila

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Wulfla
vescovo della Chiesa cristiana ariana
Incarichi ricopertiVescovo e missionario presso Goti
 
Nato311
Nominato vescovonel 341 da Eusebio di Nicomedia
DecedutoCostantinopoli giugno 388
 

Ulfila o Wulfila (𐍅𐌿𐌻𐍆𐌹𐌻𐌰 in gotico, Οὐλφίλας o Οὐρφίλας in greco, letteralmente "Lupacchiotto"; 311Costantinopoli, giugno 388) è stato un vescovo ariano, missionario, teologo e scrittore romano evangelizzatore presso i Goti.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Bibbia di Ulfila, Codex Argenteus.

Nacque da genitori romani di una comunità originaria della Cappadocia, ridotta in cattività dai Goti sul finire del III secolo[1] e probabilmente di religione cristiana e di lingua e cultura elleniche. Fu forse grazie a prigionieri come loro che il Cristianesimo si diffuse tra i Goti, allora stanziati nella Bessarabia storica. Si sa che nel 311 i genitori di Ulfila vivevano a nord del Danubio, in territorio visigoto.

Oltre al goto, Ulfila sapeva il latino e il greco,[2] e fu inviato più volte come ambasciatore a Costantinopoli, dove prese contatti con l'ala moderata degli ariani. Nel 341 il vescovo di Costantinopoli, Eusebio di Nicomedia, lo nominò vescovo presso i Goti. All'inizio la sua missione di evangelizzatore fallì: re Atanarico scatenò una persecuzione contro i goti cristiani, che per questo migrarono con Ulfila nell'area oggi al confine tra Romania e Bulgaria, col benestare dell'imperatore romano Costanzo II.

Lo storico bizantino Iordanes, nel suo De origine actibusque Getarum del 551, scrive (libro LI, 267):

(LA)

«Erant si quidem et alii Gothi, qui dicuntur minores, populus inmensus, cum suo pontifice ipsoque primate Vulfila, qui eis dicitur et litteras instituisse»

(IT)

«Ci furono anche altri Goti, detti minori, un popolo immenso il cui vescovo e capo fu Wulfila, che si dice li avesse istruiti nelle lettere»

Grazie alla sua predicazione, Ulfila convertì molti goti al cristianesimo ariano. Tradusse, anche se con difficoltà, la Bibbia dal greco al gotico antico, di cui creò l'alfabeto (detto appunto gotico). La sua opera precede quindi di alcuni decenni la Vulgata (la Bibbia tradotta in latino da san Girolamo).
Ma, a differenza di quest'ultima, la Bibbia di Ulfila non ebbe diffusione. Dal 325, infatti, l'arianesimo era considerato eretico. Ulfila era ariano e dovette difendersi dall'accusa di eresia.

Morì a Costantinopoli nel 388, quando la maggioranza dei goti era ormai cristianizzata.

Il testamento spirituale[modifica | modifica wikitesto]

Neppure in punto di morte Ulfila rinnegò la sua versione del cristianesimo. Il vescovo ariano Massimino, nella sua Dissertazione contro Ambrogio (Contra Ambrosium, 56, 59-60, 63), si schierò con Ulfila, riportandone il testamento spirituale pronunciato prima di morire. Eccone un passo:

(LA)

«Ego Ulfila episkopus et confessor semper sic credidi et in hac fide sola et vera transitum facio ad dominum meum: credo unum esse Deum patrem solum ingenitum et invisibilem, et in unigenitum filium eius dominum et Deum nostrum opificem et factorem universe creature non habentem similem suum: ideo unus est omnium Deus pater qui et Dei nostri est Deus; et unum spiritum sanctum virtutem inluminantem et sanctificantem […] nec Deum, nec dominum, sed ministrum Christi fidelem, nec equalem, sed subditum et oboedientem in omnibus Deo patrique»

(IT)

«Io, Ulfila, vescovo e confessore, ho sempre creduto in questo modo, e in questa fede unica e veritiera passo al mio Signore: credo che Dio Padre sia unico, ingenerato e invisibile, e credo nel suo Figlio unigenito, Signore e Dio nostro creatore, e artefice di ogni creatura, che non ha nessuno simile a sé: quindi uno è il Dio padre di tutti, che è anche Dio del Dio nostro; e credo che uno sia lo Spirito Santo, virtù illuminante e santificante […] né Dio, né Signore, ma ministro fedele di Cristo, non uguale, ma suddito e obbediente in tutto al Dio padre»

La produzione letteraria[modifica | modifica wikitesto]

La maggiore opera di Ulfila è la sua traduzione in gotico della Bibbia: grazie a lui, i Goti furono il primo popolo d'Europa a disporre di una Bibbia in volgare (detta Bibbia gotica), quella che Jorge Luis Borges definirà «il più antico monumento delle lingue germaniche». Il testo greco della Bibbia che Ulfila tradusse è perduto e non corrisponde appieno a nessuno dei testi rimasti. L'influenza della lingua gotica della Bibbia non rimane confinata all'ambito dell'impero romano d'Oriente, ma il lessico innovativo usato da Ulfila influirà sullo sviluppo di altre lingue germaniche; lo si ritrova in testi epici posteriori in antico alto tedesco.

Proprio Borges, nel suo Literaturas germánicas medievales (1966)[3], spiega il procedimento di Ulfila:

«Prima di affrontare la traduzione, dovette creare l'alfabeto in cui poterla scrivere. I germani usavano l'alfabeto runico, che constava di circa venti segni, adatti a essere incisi su legno o metallo, e vincolati, nell'immaginazione popolare, alle stregonerie pagane. Ulfila prese diciotto lettere dall'alfabeto greco, cinque da quello runico, una da quello latino e un'altra, che stava a indicare la Q, non si sa da dove, ed elaborò così la scrittura che fu detta ulfilana e anche maeso-gotica».[4]

L'adattamento del messaggio evangelico al gotico impose inoltre a Ulfila notevoli sforzi sul piano linguistico. Per esempio, quando Ulfila si trovò a tradurre in lingua gota lo Spirito Santo, che sia nel termine greco (πνεῦμα) sia in quello latino (spiritus) implica la nozione di soffio o vento, non volle usare vocaboli che dessero questa connotazione, sentita come troppo materiale, e optò per il termine maschile ahma, che ha la stessa radice del verbo goto ahjan ('pensare', 'credere'): lo Spirito è quindi Essere Pensante, Mente che illumina e santifica. In questo modo Ulfila tradusse con una spiritualizzazione semantica la spiritualizzazione concettuale che i due termini πνεῦμα e spiritus avevano avuto in greco e in latino.

Sebbene l'ambito di Ulfila fosse quello dei Goti d'Oriente (in genere detti Ostrogoti, tenendo conto della corte ostrogotica in Italia), molti suoi scritti verranno in seguito ritrovati in altri testi, come i manoscritti del Vangelo di Ulfila, oggi alla Biblioteca Ambrosiana di Milano, o nel Codex Argenteus della biblioteca dell'Università di Uppsala, opera del magister Viliaric. Un frammento del Codex Argenteus è stato ritrovato negli anni settanta in un reliquiario nel duomo di Spira; si suppone fosse usato alla corte gotica di Teodorico in Italia (quindi in un ambito latino).

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Peter Heather, The Fall of Roman Empire, Londra, Macmillan, 2005, p. 76, ISBN 0-333-98914-7.
  2. ^ "quadraginta annis in episcopatu gloriose florens apostolica gratia grecam et latinam et goticam linguam", ("In quarant'anni di gloriosamente fiorente vescovato, [Ulfila] predicò incessantemente con la grazia apostolica in greco, latino, e nella lingua gotica...predicauit"), Lettera di Aussenzio di Durostorum, figlio adottivo di Ulfila: "Auxentii Dorostorensis epistula de fide, vita et obitu Wulfilae" in appendice alla "Dissertatio Maximini contra Ambrosium", in: Friedrich Kauffmann (ed.), Texte und Untersuchungen zur altgermanischen Religionsgeschichte, Texte I: Aus der Schule des Wulfila, Strassburg, Teübner, 1899.
  3. ^ Jorge Luis Borges, María Esther Vázquez. Letterature germaniche medioevali, Milano, Adelphi 2014.
  4. ^ Entrambe le citazioni da Borges sono tradotte da Fausta Antonucci.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • H. C. von Gabelentz, J. Loebe, Ulfilas: Veteris et Novi Testamenti Versionis Gothicae fragmenta quae supersunt, Leipzig, Libraria Schnuphasiana, 1843.
  • Carla Falluomini, The Gothic Version of the Gospels and Pauline Epistles. Cultural Background, Transmission and Character, Berlino, Walter de Gruyter, 2015 (Capitolo 1: "Wulfila and his context", pp. 4–24.)
  • Elfriede Stutz, "Die Wulfila-Biographie", in: id., Gotische Literaturdenkmäler, Stuttgart, Metzler, 1966, pp. 9–19.

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