Publio Cornelio Scipione (console 218 a.C.): differenze tra le versioni
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Nonostante le sconfitte Scipione mantenne la fiducia del popolo romano, il mandato militare gli fu confermato e fu inviato in Spagna ad affiancare il fratello nel combattere le forze cartaginesi e trattenerle così lontane dall'Italia. L'azione di Scipione nella penisola iberica fu coronata da vittorie importanti<ref>{{cita|Polibio|III, 95 - 97}}; {{cita|Periochae|23.9 e 14}}.</ref> fino a quando, nel [[211 a.C.]] morì durante le [[battaglie del Baetis superiore]] che videro la sconfitta delle armate romane. Nello stesso anno il fratello Gneo fu sconfitto e morì nella [[battaglia di Ilorci]] vicino a [[Carthago Nova]]. Come accadde al Ticino con i Galli, sembra che queste sconfitte fossero da addebitare al tradimento delle popolazioni locali dei [[Celtiberi]], corrotte da [[Asdrubale Barca]], fratello di Annibale.<ref>{{cita|Periochae|25.12}}.</ref> |
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== Scipione e la sua ''gens'' == |
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Publio Cornelio Scipione (260 a.C. – 211 a.C.) è stato un militare e politico romano, della Repubblica Romana.
Membro eminente della gens Cornelia, Publio era nipote di Lucio Cornelio Scipione Barbato, console nel 298 a.C. e figlio di Lucio Cornelio Scipione, console nel 259 a.C.
Biografia
Scipione fu a sua volta eletto console nel 218 a.C. o nel 219 a.C. (come preferirebbe Tito Livio[1]) anno in cui Annibale scatenò la Seconda guerra punica.
Scipione e la seconda guerra punica
Proprio nell'ottica di fermare il cartaginese prima che arrivasse in Italia, Scipione portò le sue legioni nella Gallia meridionale, traghettandole da Pisa a Marsiglia, colonia focese blandamente alleata a Roma. la veloce avanzata di Annibale verso le Alpi fece fallire questo tentativo.[2] Scipione quindi, avendo inviato le sue armate in Spagna al comando del fratello Gneo Cornelio Scipione Calvo tornò a Roma e indisse una nuova leva per formare un altro esercito da guidare verso la Gallia Cisalpina. Qui Annibale aveva posto il campo e stava reclutando alleati fra i Galli Insubri e Boi combattendo le tribù loro nemiche come i Taurini.
Scipione guidò le forze romane nella battaglia del Ticino. In tale battaglia, in esplorazione con la cavalleria (composta quasi tutta di Galli che al termine della battaglia disertarono in massa unendosi ad Annibale) e con la fanteria leggera, si scontrò con l'avanguardia dell'esercito punico venendo sconfitto. In quell'occasione Scipione rimase gravemente ferito e fu salvato dal figlio (il futuro Africano).[3]
Nel dicembre dello stesso anno partecipò alla battaglia della Trebbia dove le forze romane, guidate dall'altro console Tiberio Sempronio Longo e da questi schierate nonostante il suo parere contrario,[4] furono sconfitte.[5]
La spedizione in Iberia
Nonostante le sconfitte Scipione mantenne la fiducia del popolo romano, il mandato militare gli fu confermato e fu inviato in Spagna ad affiancare il fratello nel combattere le forze cartaginesi e trattenerle così lontane dall'Italia. L'azione di Scipione nella penisola iberica fu coronata da vittorie importanti[6] fino a quando, nel 211 a.C. morì durante le battaglie del Baetis superiore che videro la sconfitta delle armate romane. Nello stesso anno il fratello Gneo fu sconfitto e morì nella battaglia di Ilorci vicino a Carthago Nova. Come accadde al Ticino con i Galli, sembra che queste sconfitte fossero da addebitare al tradimento delle popolazioni locali dei Celtiberi, corrotte da Asdrubale Barca, fratello di Annibale.[7]
Scipione e la sua gens
Publio Cornelio Scipione fu padre di Publio Cornelio Scipione detto Africano e di Lucio Cornelio Scipione Asiatico. Un successivo Publio Cornelio Scipione, figlio di Scipione Africano e di Emilia Paola e quindi nipote del console del 218 a.C., fu il padre adottivo di Publio Cornelio Scipione Emiliano. Questo Scipione fu nominato pretore nel 174 a.C.
Note
- ^ Tito Livio, Ab Urbe condita libri, XXI, 6, 3. La datazione sembrerebbe però riferirsi nel passo di Livio al 219 a.C., prima che iniziasse l'assedio di Sagunto. La qual cosa viene ribadita nuovamente da Livio nel successivo passo (XXI, 15, 3-6) ad assedio terminato.
- ^ Polibio, III, 41.
- ^ Periochae, 21.5-6.
- ^ Polibio, III, 70, 3-6.
- ^ Periochae, 21.7. Polibio, III, 71-74.
- ^ Polibio, III, 95 - 97; Periochae, 23.9 e 14.
- ^ Periochae, 25.12.
Bibliografia
- Fonti primarie
- (GRC) Appiano di Alessandria, Historia Romana (Ῥωμαϊκά), VII e VIII. Versione in inglese qui.
- (LA) Eutropio, Breviarium ab Urbe condita, III.
- (GRC) Polibio, Storie (Ἰστορίαι), VII. Versioni in inglese disponibili qui e qui.
- (GRC) Strabone, Geografia, V. Versione in inglese disponibile qui.
- (LA) Tito Livio, Ab Urbe condita libri, XXI-XXX.
- (LA) Tito Livio, Periochae, vol. 21-30.
- Fonti storiografiche moderne
- Giovanni Brizzi, Storia di Roma. 1. Dalle origini ad Azio, Bologna, Patron, 1997, ISBN 978-88-555-2419-3.
- Giovanni Brizzi, Scipione e Annibale, la guerra per salvare Roma, Bari-Roma, Laterza, 2007, ISBN 978-88-420-8332-0.
- Guido Clemente, La guerra annibalica, collana Storia Einaudi dei Greci e dei Romani, XIV, Milano, Il Sole 24 ORE, 2008.
- Theodor Mommsen, Storia di Roma antica, vol.II, Milano, Sansoni, 2001, ISBN 978-88-383-1882-5.
- André Piganiol, Le conquiste dei romani, Milano, Il Saggiatore, 1989.
- Howard H.Scullard, Storia del mondo romano. Dalla fondazione di Roma alla distruzione di Cartagine, vol.I, Milano, BUR, 1992, ISBN 978-88-17-11572-2
ISBN
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