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== Antefatti ==
{{conflitto
{{vedi anche|Seconda crociata}}
|Tipo = Guerra
|Nome del conflitto = Crociata lituana
|Parte_di = delle [[crociate del Nord]]
|Immagine = Lietuviai kovoja su vokiečiais.Lithuanians fighting Teutonic Knights (2).jpg
|Didascalia = Lituani combattono i [[Cavalieri teutonici]] in un [[bassorilievo]] del [[XIV secolo]] del [[castello di Malbork]]
|Data = [[1283]]-[[1410]]<ref group="nota">Per approfondire vedi la sezione [[#Periodizzazione|Periodizzazione]].</ref>
|Luogo = Granducato di Lituania occidentale, [[Samogizia]], [[Prussia]], [[Livonia]]
|Casus = [[Cristianizzazione della Lituania]]
|Esito = Vittoria dell'alleanza polacco-lituana
|Mutamenti_territoriali = La Lituania si assicura definitivamente la [[Samogizia]];<br/>La Polonia si riappropria di parte dei territori persi in favore dello [[Stato monastico dei Cavalieri Teutonici|Stato monastico]];<br/>L'Ordine di Livonia limita i suoi possedimenti alle odierne [[Lettonia]] ed [[Estonia]]
|Schieramento1 = {{simbolo|Insignia Germany Order Teutonic.svg}} [[Ordine teutonico]]<br/>{{Simbolo|Insignia Germany Order Teutonic.svg}} [[Ordine livoniano]]<br/>{{Simbolo|Coa Hungary Country History Lajos I (1357).svg}} [[Regno d'Ungheria (1000-1538)|Regno di Ungheria]]<br/>{{Simbolo|Coat of arms of the House of Luxembourg-Bohemia.svg}} [[Regno di Boemia]]<br/>{{Simbolo|Lesser coat of arms of the Margraviate of Moravia (Wenceslaus II).svg}} [[Margraviato di Moravia]]<br/>{{Simbolo|Hainaut Modern Arms.svg}} [[Contea di Hainaut|Hainaut]]-[[Contea d'Olanda|Olanda]]<br/>{{Simbolo|Bavaria Wittelsbach coa medieval.svg}} [[Ducato di Baviera|Bassa Baviera]]
|Schieramento2 = {{Simbolo|Codex Bergshammar - GDL 1.png}} [[Granducato di Lituania]]<br/>{{Simbolo|Herb Woewodstwo Zmudzkie.png}} [[Ducato di Samogizia]]<br/>{{Simbolo|Coat of Arms of the Polish Crown.svg}} [[Regno di Polonia (1385-1569)|Regno di Polonia]] (dal 1386)
|Comandante1 = {{Simbolo|Teutonic GM Arms.svg}} [[Gran maestro dell'Ordine teutonico]]<br/>{{Simbolo|Insignia Germany Order Teutonic.svg}} [[Ordine livoniano#Maestri di Livonia|Gran maestro dell'Ordine di Livonia]]<br/>{{Simbolo|Coa Hungary Country History Lajos I (1357).svg}} [[Luigi I d'Ungheria]]<br/>{{Simbolo|Coat of Arms of John of Bohemia (the Blind) as King of Bohemia and Count of Luxembourg.svg}} [[Giovanni I di Boemia]]<br/>{{Simbolo|Lesser coat of arms of the Margraviate of Moravia (Wenceslaus II).svg}} [[Carlo IV di Lussemburgo|Carlo di Moravia]]<br/>{{Simbolo|Hainaut Modern Arms.svg}} [[Guglielmo II di Hainaut|Guglielmo II]]<br/>{{Simbolo|Arms of Robert de Clermont.svg}} [[Pietro I di Borbone|Pietro di Borbone]]<br/>{{Simbolo|Bavaria Wittelsbach coa medieval.svg}} [[Enrico XIV di Baviera|Enrico XIV]]
|Comandante2 = {{Simbolo|Arms of Gediminaičiai dynasty Lithuania.svg}} [[Sovrani di Lituania|Granduca di Lituania]]<br/>{{Simbolo|Coat of Arms of the Polish Crown.svg}} [[Re di Polonia]] (dal 1386)
|Note =
}}
{{Campagnabox Crociata lituana}}
{{Campagnabox Crociate}}


Con la fine della [[seconda crociata]], l{{'}}''[[atabeg]]'' [[Norandino]], della dinastia [[Zengidi|zengide]], si era assicurato il controllo di [[Damasco]] e aveva unificato la [[Siria]]. Ciò fu reso possibile dal suo progetto di rafforzamento dell'esercito, in quanto egli richiamò in servizio moltissimi [[Turkmeni|turcomanni]] e [[curdi]].<ref>{{cita|Richard (1999)|p. 281}}.</ref>
La '''crociata lituana''' fu un conflitto combattuto principalmente tra il [[Granducato di Lituania]] da una parte e l'[[Ordine teutonico]] e l'[[Ordine livoniano]] dall'altra, due [[ordini religiosi cavallereschi|associazioni religiose cavalleresche]], che secondo varie ricostruzioni durò dal 1283 al 1410. Le cause che la scatenarono furono diverse, non ultime quelle di tipo commerciale e politico, ma il pretesto ufficiale fu quello di completare l'opera di cristianizzazione delle [[Paesi baltici|regioni baltiche]], in particolare della [[Lituania]].


=== L'unificazione dei musulmani ===
Il Granducato rappresentava uno degli ultimi Stati che nell'Europa del XIII secolo non aveva ancora abbracciato il [[cristianesimo]], essendo rimasto ancorato ai [[mitologia lituana|riti pagani]] tradizionali. Secondo le cronache, fu dal 1283 che cominciarono le campagne in direzione della Lituania eseguite dagli ordini religiosi, i quali erano convinti che il conflitto non si sarebbe trascinato avanti a lungo. Al contrario, i combattimenti si rivelarono difficili durante il periodo in cui rimase al potere il granduca [[Vytenis]] (1295-1316), infruttuosi in concomitanza con il regno di [[Gediminas]] (1316-1341) e dai risultati alterni quando a controllare la Lituania fu il duumvirato composto dai fratelli [[Algirdas]] e [[Kęstutis]] (1345-1382). Consapevoli della minor capacità di reclutamento rispetto ai crociati, che richiamavano combattenti da varie parti d'Europa, oltre che della maggiore arretratezza in campo bellico, i baltici tergiversarono più volte compiendo dubbie promesse di conversione, che arrestarono talvolta il conflitto su volontà della [[Santa Sede]] e limitarono la media praticamente annuale di campagne compiute dalle due fazioni contendenti nei rispettivi territori amministrati.
{{vedi anche|Guerra tra Zengidi e Crociati|Invasioni crociate dell'Egitto}}


{{immagine multipla
Una svolta importante avvenne nel 1386, quando il granduca [[Ladislao II Jagellone|Jogaila]] accettò di convertirsi al cristianesimo in cambio della [[Regno di Polonia (1385-1569)|corona polacca]], divenendo da allora conosciuto come Ladislao II Jagellone. L'inevitabile inserimento di questa nuova potenza nel conflitto compromise la forza dei teutonici, i quali con il tempo stavano già patendo la penuria di reclute per via del minore afflato degli europei alla chiamata alle crociate. Inoltre, la questione religiosa sembrò aver perso il suo ruolo, se si considera che per diverse volte, tra la fine del Trecento e l'inizio del Quattrocento, i crociati e i lituani combatterono assieme contro nemici comuni o fazioni ribelli da stroncare.
|immagine1 = Amalrich1.jpg

|didascalia1 = Il re [[Amalrico I di Gerusalemme]] (1136-1174) in una miniatura del [[XIII secolo]]
Un'ultima novità arrivò nel 1410, in occasione della celebre [[battaglia di Grunwald]]: in quel frangente, la Polonia e la Lituania guidata dal cugino di Ladislao II, [[Vitoldo]], surclassarono definitivamente i teutonici, compromettendo la supremazia di questi ultimi nell'area baltica.<ref>{{cita|Stone|p. 5}}.</ref> Tuttavia, essendo riusciti a ottenere condizioni migliori del previsto al momento della resa, i rappresentanti dello [[Stato monastico dei Cavalieri Teutonici|Stato monastico]] riuscirono a evitare una disfatta totale, anche se era chiaro, dopo le successive e fugaci lotte che avvennero tra la [[guerra della fame]] (1414) e la firma del [[trattato di Melno]] (1422), che non avrebbero potuto competere con la nascente alleanza polacco-lituana.
|immagine2 = Nur ad-Din Zangi2.jpg

|didascalia2 = Il condottiero e ''[[atabeg]]'' [[Norandino]] (1118-1174) raffigurato in un [[capolettera]] istoriato presente in un [[codice miniato]]
A livello religioso, la conseguenza principale del conflitto riguardò la [[cristianizzazione della Lituania]], conclusasi, almeno formalmente, con l'istituzione della [[Arcidiocesi di Kaunas|diocesi della Samogizia]] nel 1417. Già durante la crociata i granduchi compresero bene che l'isolamento religioso non poteva durare per sempre, ma non adottarono nella prassi provvedimenti restrittivi verso chi non aderiva al credo pagano, con il risultato che sul territorio da loro amministrato convissero comunità [[ebraismo|ebraiche]], [[Musulmano|musulmane]] e cristiane, perlopiù [[Chiesa ortodossa|ortodosse]]. Consapevole del rischio di lasciare la Lituania lontana dal [[cattolicesimo]], la Chiesa tentò dunque di sollecitare l'opera di conversione nel Granducato, che si rivelò particolarmente celere ovunque dopo il 1410, tranne che in [[Samogizia]], la regione che era stata più esposta alla guerra e che aveva verosimilmente patito più vittime.<ref name="car60"/>

Nel corso dei secoli furono introdotte con frequenza armi, tattiche ed equipaggiamenti innovativi. I crociati beneficiarono del maggior afflusso di risorse economiche tramutandolo in una più efficiente dotazione disponibile per i soldati, sfruttando per la prima volta, tra le tante pratiche, la costruzione dei [[Castello|castelli]] in Europa orientale. I lituani, dal canto loro, abbandonarono il precedente assetto tribale dell'apparato militare e si "occidentalizzarono" adottando nuove tattiche, usanze ed equipaggiamenti, nei limiti delle proprie possibilità, per rimanere al passo con l'avversario.

L'eccezionale trascinamento delle schermaglie rese la crociata lituana una delle più lunghe, complesse ed estenuanti lotte della storia europea.<ref name="chr138"/><ref name="dem271">{{cita|Demurger|p. 271}}.</ref><ref name="mur64">{{cita|Murray (2017)|p. 64}}.</ref><ref name="smith273"/>

== Contesto storico ==
{{vedi anche|Crociate del Nord}}

=== Origini ===
[[File:Tribu baltiche 1200.png|miniatura|Mappa delle [[Balti (popolo)|tribù baltiche]] nel [[XIII secolo]]. I Balti orientali sono in arancione, i Balti occidentali in verde: i confini sono approssimativi]]

Gli attuali [[Paesi baltici]] erano abitati sin dalla [[preistoria]] da [[Balti (popolo)|varie tribù]] distribuite uniformemente su un territorio abbastanza vasto.<ref>{{cita|Murray (2006)|p. 733}}.</ref> Le differenze tra le diverse comunità di [[lituani]], [[lettoni]] e [[Prussiani|pruzzi]] non erano così nette, tanto che esistevano affinità sia in [[lingue baltiche|ambito linguistico]] sia in [[mitologia baltica|termini religiosi]].<ref>{{cita|Christiansen (X)|p. 37}}.</ref> L'isolamento geografico degli autoctoni ridusse al minimo i contatti con il resto del continente per diverso tempo, fino a quando [[Scandinavia|scandinavi]] e [[slavi]] si spinsero nella regione nell'[[Alto Medioevo]] interessandosi alle risorse minerarie presenti e all'allargamento dei commerci.<ref>{{cita|Rowell|pp. 73-75}}.</ref> È probabile che i Balti videro arrivare venditori tedeschi nei loro territori nel XII secolo.<ref>{{cita|Christiansen (X)|p. 89}}.</ref> Consapevoli delle potenzialità offerte dalle remote e poco esplorate terre baltiche, i tedeschi diedero il via a missioni religiose volte a cristianizzare la regione. Se all'inizio vi furono conversioni pacifiche, successivamente gli autoctoni reagirono con violenza alle volontà dei membri del clero, portando la Chiesa ad agire militarmente.<ref>{{cita|Christiansen (X)|pp. 97-98}}.</ref>

Già nei primi anni del Duecento si registravano cruenti scontri tra cristiani e lituani presso i confini settentrionali della [[Livonia]] (odierna Estonia del Sud). L'[[Cavalieri portaspada|Ordine dei fratelli della spada]], fondato nel 1202, avviò diverse campagne militari, passate alla storia sotto il nome di [[crociata livoniana]], nel tentativo di espandersi quanto più possibile e, una volta inglobati i territori conquistati sotto la [[Terra Mariana]], finì per lambire intorno alla metà del XII secolo la [[Samogizia]]: da quel momento, gli scontri con i lituani pagani finirono per diventare ineluttabili.<ref>{{cita|Christiansen (X)|p. 96|citazione=Una delle prime incursioni attestate dalla ''[[Cronaca rimata della Livonia]]'' avvenne nel 1255}}.</ref> Quando arrivarono i primi Cavalieri teutonici nel 1230, la religione tradizionale nelle moderne [[Lettonia]] ed Estonia stava già lasciando spazio al cattolicesimo, anche per via della presenza di coloni oltre che di missionari<ref>{{cita libro|lingua=en|url=https://books.google.it/books?id=IKOoDQAAQBAJ&pg=PT443|p=443|titolo=The Clash of Cultures on the Medieval Baltic Frontier|autore=Alan V. Murray|editore=Routledge|anno=2016|isbn=978-13-51-89260-5|accesso=19 gennaio 2022|dataarchivio=19 gennaio 2022|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20220119103442/https://books.google.it/books?id=IKOoDQAAQBAJ&pg=PT443|urlmorto=no}}</ref> e in virtù dei collegamenti commerciali di epoca pre-anseatica tessuti da mercanti di [[Colonia (Germania)|Colonia]], [[Brema]], [[Soest (Germania)|Soest]] e [[Lubecca]], i quali giungevano a est via [[Daugava]] e via [[Gotland]].<ref>{{cita|Christiansen (X)|p. 98}}.</ref>

Il conflitto vide un aumento esponenziale delle lotte, le quali raggiunsero l'apice nel 1236 nella cosiddetta [[battaglia di Šiauliai]], dove i [[Cavalieri portaspada]] subirono una disastrosa sconfitta contro un'armata congiunta di [[Samogizia|lituani del nord]] e [[Semigalli|lettoni del sud]] (pare sopravvisse solo il 10% dell'esercito crociato e che morirono 48 Cavalieri).<ref name="carpini181">{{cita|Carpini|p. 181}}.</ref> Sull'orlo del collasso, i reduci furono assorbiti dai Cavalieri teutonici e divennero una loro branca sotto la denominazione di [[Ordine livoniano]].<ref name="chr102103">{{cita|Christiansen (X)|pp. 102-103}}.</ref> Anche dopo la fusione, o forse proprio per questa ragione, vista la maggiore potenza di cui si poteva disporre, i combattimenti proseguirono con la [[battaglia di Durbe]] del 1260, durante la quale le forze tedesche e gli autoctoni convertiti al cattolicesimo furono sconfitti dai [[Samogizia|samogiti]], con notevoli perdite tra i nobili prussiani.<ref>{{cita|Christiansen (X)|p. 103}}.</ref> Subito dopo lo scontro, si verificò una [[Rivolte prussiane|rivolta in Prussia]] sedata dall'Ordine solo con feroci rappresaglie quasi un quindicennio più tardi, nel 1274.<ref>{{cita|Kiaupa|p. 70}}.</ref>

=== Ordine teutonico ===
{{vedi anche|Ordine teutonico}}
[[File:Insignia Germany Order Teutonic.svg|miniatura|left|verticale=0.5|Scudo araldico dell'Ordine teutonico. Il simbolo veniva indossato come una semplice croce di stoffa sul lato destro del mantello di colore bianco dei Cavalieri]]
[[File:Confederazione Livone.svg|miniatura|[[Confederazione Livoniana]] nel 1260 con indicati i luoghi delle importanti [[battaglia di Šiauliai]] (1236) e di [[Battaglia di Durbe|Durbe]] (1260)]]

L'Ordine teutonico, distintosi soprattutto nelle [[Crociata|crociate in Terra Santa]], era un'[[ordine religioso cavalleresco|organizzazione religiosa cavalleresca]] nata in [[Germania]] nel XII secolo. Dopo il 1230, riuscì ad assoggettare in maniera stabile diversi territori sia a sud, nel [[bacino del Mediterraneo]], sia a nord, nell'[[Antica Prussia]]. La [[bolla d'oro di Rimini]] emessa in presenza dell'[[Imperatore del Sacro Romano Impero|imperatore]] [[Federico II di Svevia|Federico II]] nel 1226 e il [[trattato di Kruschwitz]], stipulato con il duca di [[Voivodato della Masovia|Masovia]] [[Corrado I di Polonia|Corrado I]], autorizzarono i tedeschi ad avviare il loro lungo percorso di conquista verso est.<ref name="urb157"/> Inoltre, gran parte della [[Livonia]] era stata assegnata all'Ordine dopo il 1237, quando i Cavalieri portaspada si sciolsero e confluirono nei teutonici.<ref>{{cita|Christiansen (X)|pp. 133-134}}.</ref> Nel 1309, l'''[[hochmeister]]'' [[Siegfried von Feuchtwangen]] trasferì la sua residenza presso [[Castello di Malbork|Marienburg]], sul fiume [[Nogat]], mentre si sceglieva di abbandonare qualsiasi attività nel [[Vicino Oriente]] e di concentrarsi esclusivamente sulle terre nel Nord-est europeo.<ref>{{cita|Christiansen (X)|p. 150}}.</ref>

Nel XIV secolo, l'Ordine teutonico fu diviso in due rami, quello della Prussia e quello della Livonia. Malgrado Marienburg e la sede del Gran maestro costituissero ''[[de iure]]'' il centro amministrativo principale, i ''[[landmeister]]'' di Livonia godettero sempre di uno status politico e militare speciale, potendo infatti agire nella prassi con una discreta libertà di manovra.<ref name="urbxiv">{{cita|Urban (2018)|p. XIV}}.</ref> A differenza della Prussia, nell'odierna [[Lettonia]] le autorità religiose vantavano una maggiore libertà d'azione nell'ambito delle diocesi che amministravano, con il risultato che spesso si verificarono conflitti tra clero e ordine cavalleresco.<ref>{{cita|Murray (2017)|p. 31}}.</ref> I legami tra le due branche dell'Ordine, se analizzati nel complesso, finirono per riguardare il solo settore militare, con particolare riferimento agli attacchi congiunti effettuati ai danni del principale avversario attivo nello scenario politico locale, il Granducato di Lituania.<ref name="urbxiv"/>

Altrettanto eterogenea risultava l'estrazione sociale dei componenti dell'Ordine: mentre in Prussia si nominavano perlopiù uomini provenienti dalla Germania centrale e occidentale, in [[Terra Mariana]] giungevano soprattutto cavalieri della Germania settentrionale e scandinavi, in quanto facilmente reclutabili.<ref>{{cita|Urban (2018)|p. 69}}.</ref><ref>{{cita libro|url=https://books.google.it/books?id=QhT0HJ--1GwC&pg=PA51|lingua=en|p=51|titolo=Preaching the Crusades: Mendicant Friars and the Cross in the Thirteenth Century|autore=Christoph T. Maier|editore=Cambridge University Press|anno=1998|isbn=978-05-21-63873-9|accesso=19 gennaio 2022|dataarchivio=19 gennaio 2022|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20220119103448/https://books.google.it/books?id=QhT0HJ--1GwC&pg=PA51|urlmorto=no}}</ref> D'altronde anche i missionari trasferitisi a est allo scopo di effettuare conversioni di massa tra i [[Livoni|Livi]] e gli [[Estoni]] nei secoli precedenti provenivano dai luoghi sopraccitati, una tradizione dunque non mutata nel tempo.<ref>{{cita pubblicazione|lingua=en|nome=Tomas|cognome=Baranauskas|titolo=Veliuona and the Lithuanian crusade|editore=Lietuvai pagražinti draugija|rivista=Academia EDU|pp=1-6|anno=2007|cid=Baranauskas|url=https://www.academia.edu/3715937/Veliuona_and_the_Lithuanian_Crusade|accesso=16 maggio 2020|dataarchivio=17 settembre 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200917005149/https://www.academia.edu/3715937/Veliuona_and_the_Lithuanian_Crusade|urlmorto=no}}</ref>

=== Granducato di Lituania ===
{{vedi anche|Granducato di Lituania}}
[[File:Grand Ducal Coat of Arms of Lithuania.svg|miniatura|left|verticale=0.5|Stemma del Granducato di Lituania]]
[[File:Lithuanian state in 13-15th centuries (IT-Version).png|miniatura|Mappa del [[Granducato di Lituania]] dal XIII al [[XV secolo]]]]

Il [[processo di formazione dello Stato lituano]] iniziò nei primi decenni del XIII secolo e fu completato dal duca [[Mindaugas]], il quale riuscì a unificare le tribù lituane dei ''zemaiciai'' (i samogiti, abitanti dell'[[Samogizia|omonima regione]] a nord del fiume [[Nemunas]]) e degli ''aukstaiciai'' (autoctoni dell'[[Aukštaitija]], concentrati a est del fiume Nemunas) entro il 1250.<ref>{{cita|Carpini|pp. 25, 28}}.</ref><ref>{{cita|Norkus|p. 59}}.</ref>

In maniera pragmatica, vista la pericolosità dei teutonici, Mindaugas scelse di far ricorso alla conversione religiosa dopo aver sedato le lotte intestine. Abbracciò dunque il cattolicesimo e, su istruzioni di papa [[Innocenzo IV]], ricevette nel 1253 la [[Regno di Lituania (1251-1263)|corona reale]] per mano dell'[[Arcidiocesi di Riga|arcivescovo di Riga]].<ref name="carpini181"/> Nonostante qualche tentativo di rafforzare la presenza dei cristiani in Lituania dopo la conversione, gli interventi non ebbero portata significativa. A circa un decennio di distanza dalla sua elevazione a re, Mindaugas rinnegò la sua nuova fede su consiglio di suo nipote [[Treniota]] e ingaggiò battaglia contro i Cavalieri di Livonia.<ref name="rowell52"/> Nel 1263 venne ucciso proprio da suo nipote, il quale ne prese il posto assumendo però il titolo di granduca.<ref name="rowell52">{{cita|Rowell|p. 52}}.</ref> Dopo l'assassinio, seguì un periodo di profonda instabilità interna, in concomitanza con la [[grande rivolta prussiana]] (1260-1274). Ciò impedì per un certo periodo di tempo a teutonici e lituani di scontrarsi in battaglia.<ref name="carpini181"/>

Sul piano territoriale, sin dalla metà del XII secolo i granduchi avevano concentrato le proprie attenzioni verso gli allora fragili principati della [[Bielorussia]] e dell'[[Ucraina]] ([[Repubblica di Pskov|Pskov]], [[Principato di Polack|Polack]], [[Rus' di Kiev|Kiev]], [[Pinsk]] e [[Principato di Galizia-Volinia|Galizia-Volinia]]) a causa dei frequenti vuoti di potere che si verificavano,<ref>{{cita|Christiansen (X)|p. 141}}.</ref> rendendo il Granducato un territorio vasto e fiorente. Tuttavia, mentre si procedeva con l'assoggettamento delle tribù, occorreva parallelamente assicurarsi assistenza esterna per fronteggiare il più storicamente maturo Stato monastico.<ref name="rowell52"/>

== Cause ==
[[File:Ordine Teutonico 1260.png|miniatura|Lo scenario geopolitico del Baltico nel 1260]]

Molteplici erano le motivazioni per delle [[Crociate del Nord|crociate nel Baltico]].<ref name="urb196197" /><ref name="mur145" /> Con particolare riferimento a quella lituana, il principale obiettivo dell'Ordine teutonico negli [[Paesi baltici|Stati baltici]] durante il XIV secolo fu la conquista della [[Samogizia|Bassa Lituania]].<ref name="chr143">{{cita|Christiansen (X)|p. 143}}.</ref><ref>{{cita|Carpini|pp. 55-56}}.</ref> Assoggettando tale territorio, sarebbe stato infatti possibile congiungere quanto amministrato in [[Antica Prussia|Prussia]] con i possedimenti situati in [[Livonia]].<ref name="chr143"/><ref name="cardini79"/> La posizione strategica e la vastità geografica del Granducato lituano lo esponevano alle mire espansionistiche dei vicini, poiché avrebbe permesso un'apertura dei commerci verso destinazioni amplissime, dai principati russi al Mar Nero.<ref name="car34">{{cita|Carpini|p. 34}}.</ref><ref>{{cita|Christiansen (X)|p. 142}}.</ref> Anche le ricchezze che entrambe le fazioni stavano accumulando costituirono una causa immanente del conflitto, potendosi sostenere pacificamente che il fattore economico restò essenziale in ogni momento.<ref>{{cita|Carpini|p. 51}}.</ref> La prospettiva di lauti bottini da poter guadagnare nel fiorente Granducato o nel vasto Stato monastico, infatti, spinse spesso le due compagini a rompere i già fragili indugi e a scontrarsi in lotte assai cruente.<ref name="sew18">{{cita|Seward|p. 18}}.</ref>

Per l'Ordine il concetto di lotta per la [[Vera Croce|croce di Cristo]], coniato in passato nelle campagne in [[Terra santa]], continuò a svolgere un ruolo ideologico di spessore, specie tramite l'invito dei predicatori a combattere per convertire i baltici alla fede cristiana.<ref name="urb157"/><ref name="car50">{{cita|Carpini|p. 50}}.</ref> Riprendendo [[Agostino d'Ippona|sant'Agostino]], si ribadirono i classici toni ostili per quelle genti che vivevano nel peccato, a prescindere dalle buone o cattive azioni che compivano, «perché tutto ciò che facevano avveniva senza la conoscenza delle verità eterne di Dio».<ref name="urb157"/> Accettare che i pagani ricoprissero ruoli di spicco nella società avrebbe potuto portare qualche cristiano a mostrare ammirazione nei confronti di chi non avrebbe dovuto. Per scongiurare questo scenario, occorreva privare gli indegni delle proprietà, del potere e del prestigio.<ref name="urb157"/> In una prospettiva più centrata sulla Lituania, da ciò derivava la posizione che i pagani della contesa Samogizia non avessero diritto a preservare la propria autonomia, a maggior ragione considerando le persecuzioni lituane perpetrate a danno dei coloni cristiani e dell'attività missionaria.<ref name="urb157">{{cita|Urban (2003)|p. 157}}.</ref>

Proprio come le crociate in Terra santa, anche durante le guerre nel Baltico l'ordine cristiano poté contare sul supporto di reclute e cavalieri, oltre che di vari principi occidentali (specie delle vicine [[Svezia]], [[Danimarca]] e [[Regno di Polonia (1138-1320)|Polonia]]) e prelati, desiderosi di espandere i loro domini.<ref name="mur145">{{cita|Murray (2006)|p. 145}}.</ref> Le motivazioni delle reclute che provenivano dall'Occidente erano molto variegate e i comandanti non avevano il tempo di scremarli sulla base delle qualità morali.<ref name="urb196197">{{cita pubblicazione|lingua=en|url=https://www.jstor.org/stable/43212269|pp=196-197|titolo=Victims of the Baltic Crusade|autore=[[William Urban]]|rivista=Journal of Baltic Studies|volume=29|numero=3|data=autunno 1998|editore=[[Taylor & Francis]]|accesso=25 settembre 2021|dataarchivio=25 settembre 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20210925113029/https://www.jstor.org/stable/43212269|urlmorto=no}}</ref><ref>{{cita|Nicolle|p. 22}}.</ref> Di certo dovettero coesistere convinti credenti, uomini pii, mercenari, persone avide, nobili desiderosi di possedimenti, prelati che bramavano potere e fama, o missionari che anelavano a un posto in paradiso.<ref name="urb196197"/> I coloni si muovevano per ambizioni altrettanto diverse: oltre ai cavalieri in cerca di fama in guerra e alle categoria sopraccitate, vi erano contadini bramosi di terre coltivabili, donne che desideravano suggellare matrimoni redditizi e mercanti che si prodigavano alla ricerca di nuove rotte.<ref name="urb196197"/><ref name="mur145"/> A livello politico, la Chiesa non auspicava che i popoli baltici rimanessero estranei all'orbita cattolica o che venissero sedotti dal credo ortodosso, circostanza che valeva quasi quanto il lasciarli aggrappati al paganesimo.<ref name="urb196197"/><ref name="mur145"/>

Dal canto loro, il Granducato e le entità statali che lo precedettero non avevano interesse a convertirsi al cristianesimo.<ref name="chr145"/> I Lituani non erano una piccola tribù e vantavano una discreta condizione interna, ragion per cui l'intimidazione, la conquista o l'esempio dei popoli vicini non erano sufficientemente suadenti nella scelta di abbandonare gli antichi dei.<ref name="chr145"/>

== Svolgimento del conflitto ==
=== Periodizzazione ===
{{vedi anche|Cronologia della crociata lituana}}

Non esiste una periodizzazione univoca per indicare gli estremi o le varie tappe della crociata lituana. [[Pietro di Duisburg]], cronista medievale affiliato ai teutonici, colloca il principio del conflitto nel 1283, anno in cui essa si ritiene per convenzione cominciata:<ref name="carpini26">{{cita|Carpini|p. 26}}.</ref><ref name="chr139">{{cita|Christiansen (X)|p. 139}}.</ref><ref name="tur14"/>
{{Citazione|Nell'anno del Signore 1283, quando dall'inizio della guerra contro i prussiani erano già passati 53 anni, e tutte le tribù in quella terra erano state vinte o sterminate, al punto che non era rimasta una sola persona che non avesse con umiltà piegato il capo alla [[Santa Sede|sacrosanta Chiesa romana]], i fratelli dell'Ordine teutonico iniziarono in questo modo la guerra contro quella gente valorosa e dalla testa durissima, ma abilissima in battaglia, che abitava più vicino alla Prussia, oltre il fiume [[Nemunas|Memel]] in terra di Lituania.|Pietro di Duisburg, ''[[Chronicon terrae Prussiae]]''<ref name="carpini26"/>}}

Tale data non coincise comunque con la prima occasione in cui i cristiani si scontrarono con i Lituani, in quanto i Cavalieri portaspada si erano con loro confrontati sin dal 1203 in Livonia e Prussia.<ref name="chr139"/> Anche il momento della fine non è unanimemente condiviso a livello storiografico: benché il filone più accreditato lo faccia coincidere con la [[battaglia di Grunwald]] (15 luglio 1410),<ref name="chr138">{{cita|Christiansen (X)|p. 138}}.</ref><ref name="tum5"/> vi è chi considera conclusa la crociata solo nel 1422 o 1423 (data dell'ultima ''reise'', cioè incursione, di cui si ha notizia).<ref>{{cita web|url=https://books.google.it/books?hl=it&id=rFdmAAAAMAAJ&q=the+“+Lithuanian+crusade+”+began+%2C+lasting+with+a+few+interruptions+until+the+peace+treaty+of+Lake+Melno+in+1422 Luttrell|titolo=Lithuanian crusade|lingua=en|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20220119103501/https://books.google.it/books?hl=it&id=rFdmAAAAMAAJ&q=the+%E2%80%9C+Lithuanian+crusade+%E2%80%9D+began+%2C+lasting+with+a+few+interruptions+until+the+peace+treaty+of+Lake+Melno+in+1422 |dataarchivio=19 gennaio 2022 }}, p. 223.</ref><ref name="loc215">[https://books.google.it/books?id=sH0YqXERz1wC&pg=PT215 Lock], p. 215.</ref>

=== XIII secolo ===
[[File:Vaizdas Birštono apžvalgos bokšto aikštelėje.jpg|miniatura|Il [[Nemunas]], principale fiume della Lituania, a sud di [[Kaunas]]. Il controllo di tale corso d'acqua assumeva un valore cruciale a livello strategico, ragion per cui esso risultò a lungo conteso sin dal principio della crociata]]

Sul finire del XIII secolo l'Ordine teutonico riuscì a sedare le rivolte prussiane, con il risultato che vi furono una maggiore stabilità interna e la possibilità di riprendere il conflitto a est con i Lituani, che proseguiva in modo alterno da decenni.<ref name="chr139"/> Nelle prime fasi gli scontri furono perlopiù limitati, non essendoci le stesse condizioni che avevano permesso le rapide vittorie dei gruppi cavallereschi attivi in [[Livonia]] all'inizio del secolo.<ref name="urb155">{{cita|Urban (2003)|p. 155}}.</ref> La coalizione delle varie entità sostenitrici dello Stato monastico dei Cavalieri teutonici era infatti afflitta da problematiche interne e più interessata a una strategia difensiva.<ref name="urb155"/> Alla [[Regno di Polonia (1138-1320)|Polonia]] che si stava riunificando, alla scarsa sinergia tra Riga e il suo arcivescovo e al papato scosso dal [[Cattività avignonese|trasferimento della curia]] ad [[Avignone]] si affiancarono i freddi rapporti con il [[Sacro Romano Impero]], specie se comparati con i tempi di [[Ottocaro II di Boemia]], e un atteggiamento d'indifferenza dei duchi e degli arcivescovi che avrebbero potuto sostenere la causa.<ref name="urb155"/><ref>{{cita|Demurger|p. 243}}.</ref> Il mancato arrivo di crociati dalla Germania e dalla Polonia, che si protrasse per anni, costrinse i teutonici ad abituarsi alla condizione di un basso numero di uomini a disposizione.<ref name="urb155"/> Come se non bastasse, i duchi della Masovia e della [[Principato di Galizia-Volinia|Galizia-Volinia]], che avevano combattuto con i Cavalieri e condiviso con loro le difficoltà della campagna di [[Sudovia]] (a ridosso dell'odierno [[confine tra la Lituania e la Polonia]]), non si mostrarono interessati a oltrepassare il fiume Nemunas. La Samogizia rimase così una terra inviolata.<ref name="urb155"/>

[[File:Lithuanian Military History. Lithuanian swords, 13th century, VDKM.jpg|miniatura|sinistra|upright=0.9|Spade lituane risalenti al XIII secolo]]

Essendo il Granducato uscito da poco da un periodo di vuoto politico, l'Ordine decise di agire celermente contro i Lituani e, in una prima fase, si diresse verso le zone meridionali dello Stato avversario, assaltando nel 1284 e nuovamente nel 1296 [[Hrodna]] e dintorni, che all'epoca fungevano da importante crocevia strategico ed economico sul corso superiore del Nemunas.<ref>{{cita|Kiaupa|p. 112}}.</ref> Tra queste due spedizioni, nel 1290, avvennero delle razzie in Livonia e in Samogizia, che videro la partecipazione di reclute giunte da altre parti d'Europa (non si sa se esplicitamente sollecitate a partecipare o giunte di propria iniziativa).<ref name="mur25">{{cita|Murray (2017)|p. 25}}.</ref> Di contro, i Lituani razziarono nel 1295 la [[Curlandia]] e la [[Sambia]], scatenando inoltre una breve sommossa prussiana. Al tempo non si immaginava che la guerra potesse rivelarsi particolarmente complessa, come invece fu, tanto che non si rintracciano appelli di [[Gran maestro dell'Ordine teutonico|gran maestri]] a chiamare nuovi crociati.<ref name="chr146">{{cita|Christiansen (X)|p. 146}}.</ref>

Tra il 1297 e il 1299 il granduca lituano [[Vytenis]] decise di approfittare della difficile situazione in Livonia, regione in cui il clero e i Cavalieri avevano dato il via a un'intensa lotta di potere, incoraggiando gli eserciti pagani ad unirsi e colpire i nativi cristianizzati in [[Semgallia]], Curlandia e Sambia, trovando scarsa resistenza.<ref name="dem271"/><ref name="urb156">{{cita|Urban (2003)|p. 156}}.</ref> Quando Vytenis si rese responsabile della distruzione di un insediamento di recente fondazione in Prussia e della cattura di 250 prigionieri, i teutonici capirono che il futuro delle colonie passava sì da un più alto numero di combattenti che potessero giungere da ovest, ma anche da una migliore solidità.<ref name="chr146"/> Esemplificativa in tal senso la situazione dell'[[arcidiocesi di Riga]], la cui instabilità assunse una portata talmente seria che, dopo il 1300, ogni gran maestro dovette spostarsi al Nord per monitorare le condizioni della regione, cercare di limitare il potere dell'arcivescovo e allontanare gli abitanti dall'ombra della Lituania.<ref name="urb156"/>

Il climax di vittorie riportate da Vytenis si spiega con la scelta tattica di fare ricorso a un maggiore supporto esterno, tramite alleanze militari finalizzate a fronteggiare un nemico comune odiato tanto in Lituania quanto in Prussia e Polonia.<ref>{{cita|Rowell|p. 56}}.</ref> La scia di distruzione scatenata dal granduca lituano lo portò, nel 1298, ad attaccare direttamente i Cavalieri livoniani in Curlandia.<ref name="rowell243"/> Dopo qualche successo dei cristiani, questi vennero battuti nuovamente nella [[battaglia di Turaida]] nel mese di giugno.<ref>{{cita|Von Jeroschin|p. 234}}.</ref>

=== XIV secolo ===
==== La ripresa del conflitto con il granduca Vytenis (1303-1316) ====
[[File:Ruine der Ordensburg Ragnit.jpg|left|miniatura|Rovine del castello dell'Ordine a [[Neman (città)|Ragnit]]]]

Trascorse le prime grandi avvisaglie della fine del XIII secolo, le schermaglie si riaccesero nel 1303 sempre con Vytenis, sotto forma di attacchi isolati, ma non per questo meno frequenti, orchestrati dalle truppe lituane ancora una volta alle porte della Prussia e, soprattutto, in direzione delle fondamentali roccaforti di Dorpat ([[Tartu]]) e Ösel ([[Saaremaa]]).<ref>{{cita|Rowell|p. 57 (nota 28)}}.</ref> Nel 1304, le fonti coeve riferiscono che giunsero nobili da altre realtà europee in ausilio dei crociati per partecipare a una "nuova" guerra contro la Lituania.<ref name="mur25"/> L'Ordine si prodigò per cercare una strategia che permettesse di ostacolare le incursioni nemiche. La Livonia e la Prussia erano collegate da un'unica via di terra, la tratta [[Klaipėda|Memel]]-Curlandia, che però attraversava una zona esposta alle aggressioni dei samogiti.<ref name="chr146"/> Per scongiurare il rischio, si decise di provare a insediarsi nella Bassa Lituania, dove sarebbe stato possibile costruire delle roccaforti da cui magari proseguire le conquiste.<ref>{{cita|Urban (1989)|p. 50}}.</ref>

Non si riportano notizie di incursioni lituane fino al 1308, circostanza che lascia immaginare, a giudizio dello storico [[Zigmantas Kiaupa]], che «Vytenis preferì adottare una strategia difensiva e assicurare il suo potere interno».<ref>{{cita|Kiaupa|p. 113}}.</ref> Quasi in contemporanea, entro il 1309, i teutonici erano riusciti a normalizzare la situazione in Livonia e, pur non avendo piegato né gli abitanti di Riga né Vytenis, non provavano più lo stesso timore del decennio passato.<ref name="urb158">{{cita|Urban (2003)|p. 158}}.</ref> La rinnovata fiducia si desume dall'attacco con cui i crociati colpirono la già assalita Hrodna.<ref name="urb158"/> Il granduca lituano Vytenis reagì nel 1311 a quanto accaduto spingendosi ben all'interno della Prussia, eludendo le difese dei duchi della [[Masuria]] al comando di {{formatnum:8000}} uomini (una cifra di sicuro sovrastimata dai cronisti).<ref name="urban5354">{{cita|Urban (1989)|pp. 53-54}}.</ref> Si trattò di una delle offensive meno riuscite poiché, nonostante {{formatnum:4000}} guerrieri a cavallo riuscirono ad attraversare la [[Varmia]] spingendosi fino a [[Braniewo|Braunsberg]], gli attaccanti furono sorpresi dagli uomini guidati dal ''landmarschall'' [[Heinrich von Plötzke]] a [[Battaglia di Wopławki|Wopławki]] e scacciati, con il ciambellano di Vytenis fatto prigioniero.<ref name="urban5455">{{cita|Urban (1989)|pp. 54-55}}.</ref> Malgrado il grande entusiasmo riportato dai cronisti teutonici, l'impatto della battaglia non fu dirompente, se si considera che il granduca era riuscito a ritirarsi e che le sue forze non erano state debellate in maniera definitiva.<ref name="urban5455"/>

Gli ultimi grandi attacchi sferrati da Vytenis avvennero nel 1315 in direzione di [[Neman (città)|Ragnit]] e [[Christmemel]], poco tempo prima della sua morte.<ref>{{cita|Urban (2003)|p. 167}}.</ref> La sua fama di radicale oppositore dei tedeschi e di rispettato generale rimase ben conosciuta anche negli anni immediatamente successivi alla sua dipartita, durante i quali le ostilità continuarono.<ref>{{cita|Rowell|p. 55}}.</ref><ref>{{cita|Urban (2003)|p. 168}}.</ref> Il placet fornito, con l'intento di attenuare le lotte, alla costruzione di una chiesa cattolica in Lituania nel 1311, la prima dai tempi di Mindaugas, non bastò per una migliore considerazione del suo operato nelle fonti coeve.<ref name="car34"/>

==== Gediminas al potere (1316-1341) ====
[[File:Wincenty Dmochowski - Crusaders attacking the Castle of Punia.jpg|miniatura|''I crociati all'attacco del castello di [[Pilėnai|Punia]]'' nel 1336 in una tela del 1837 di Vincentas Dmačauskas. Museo d'arte nazionale della Lituania, [[Vilnius]]]]

Durante il dominio di [[Gediminas]] i combattimenti si intensificarono su entrambe le sezioni dei confini. Consapevole dell'inferiorità tecnologica della sua compagine, Gediminas tentò di attirare simpatie dall'ovest invitando commercianti e artigiani a stabilirsi nel Granducato con la promessa di un'esenzione dai tributi.<ref>{{cita|Murray (2006)|p. 500}}.</ref> Inoltre, provò a ridurre la pressione internazionale sullo Stato consentendo la presenza di [[Ordine francescano|frati francescani]] sul suolo lituano, un provvedimento che lasciò ipotizzare a uno scenario in cui le probabilità di conversione fossero decisamente alte, a patto che le ostilità in corso cessassero.<ref>{{cita|Carpini|p. 39}}.</ref><ref name="urb171">{{cita|Urban (2003)|p. 171}}.</ref> La visione dei contemporanei più ottimisti, convinti di una segreta rinuncia del granduca ai suoi vecchi dei, resta solo una teoria fantasiosa, non essendovi infatti alcuna prova tangibile che egli fosse prossimo alla conversione.<ref name="urb171"/> In sintesi, si deve dedurre che la sua scelta aveva scopi puramente politici, al fine di far desistere i teutonici dalle loro mire.<ref name="urb171"/><ref name="cita|Rowell|p. 206">{{cita|Rowell|p. 206}}.</ref> Questi ultimi non tardarono a esprimere il proprio disappunto verso l'atteggiamento ambiguo di Gediminas e la sua tolleranza nei confronti di ortodossi e pagani.<ref name="urb171"/>

Il sovrano si alleò negli anni 1325-1328 con il [[re di Polonia]] [[Ladislao I di Polonia|Ladislao]], suggellando la tregua grazie a una serie di matrimoni.<ref>{{cita|Christiansen (X)|pp. 160-161}}.</ref> La corona polacca divenne sempre più ostile all'Ordine a causa della disputa sul dominio in [[Pomerania]], tanto da contattare il pontefice affinché intervenisse per ripristinare lo status quo ante. In effetti, la Santa Sede rispose in favore dei polacchi, anche se non effettuando delle pronunce definitive, con il risultato che l'appello cadde nel vuoto.<ref>{{cita|Urban (2003)|p. 136}}.</ref> Frattanto, anche la sottomissione definitiva di Riga, dopo alcuni tumulti accaduti nel 1329-1330, rinfocolati da Gediminas e perpetuati per dodici mesi, si era rivelata una circostanza che rendeva meno tranquilla la posizione della Lituania.<ref name="chr161">{{cita|Christiansen (X)|p. 161}}.</ref><ref name="rowell246">{{cita|Rowell|p. 246}}.</ref> Nell'inverno del 1329, il re boemo [[Giovanni I di Boemia|Giovanni I]] si presentò a capo di un nutrito esercito allo scopo di partecipare alla "battaglia pagana", guadagnandosi nel corso del tempo la reputazione di ligio cavaliere.<ref>{{cita|Christiansen (X)|p. 156}}.</ref><ref name="urb121123">{{cita|Urban (2003)|pp. 121-123}}.</ref> Forti di tale supporto, i cavalieri dell'Ordine riuscirono a catturare alcune importanti fortezze in Samogizia. Per via della prosecuzione delle lotte con il [[Regno di Polonia (1320-1385)|Regno di Polonia]], la conquista di ulteriori territori dovette essere rimandata, ma le terre acquisite da Giovanni I in Masovia vennero da lui cedute ai teutonici prima che lasciasse il Nord Europa.<ref name="urb121123"/>

[[File:Lithuania Raudone Gediminas Oak.jpg|miniatura|La quercia di [[Raudonė]], sotto la quale Gediminas, secondo la tradizione, fu ferito a morte da un dardo di balestra]]

Sempre per via della [[guerra polacco-teutonica (1326-1332)|guerra polacco-teutonica]], riesplosa improvvisamente nel 1330, il Granducato sembrò vivere un periodo di respiro.<ref name="rowell246"/> In questa fase, ebbe luogo una graduale centralizzazione della Lituania con la fondazione di [[Vilnius]] (Vilna), che divenne la nuova capitale al posto di [[Trakai]] (o [[Voruta]]).<ref>{{cita|Rowell|p. 134}}.</ref> A ogni modo, l'Ordine teutonico prevalse presto nella sua contesa con la Polonia grazie all'aiuto di comandanti stranieri, riorganizzandosi contro Gediminas e costringendo il re polacco Ladislao a stipulare con i Cavalieri una pace nel 1332, perdurata per un decennio.<ref name="chr161"/> Nel 1336, un grosso contingente sostenuto sia da Giovanni I sia da suo genero [[Enrico XIV di Baviera]] guadò il fiume [[Nemunas|Memel]], all'altezza della Samogizia, e attaccò l'importante castello di [[Pilėnai]].<ref>{{cita|Kiaupa|p. 102}}.</ref> Una volta espugnato, i teutonici lo rimpiazzarono con una nuova fortificazione, battezzata Bayerburg ({{lituano|Raudonpilis}}) in onore del duca bavarese, allo scopo di disporre di una testa di ponte per le campagne in Samogizia.<ref>{{cita|Rowell|p. 255}}.</ref> Dopo il ritiro di gran parte dell'esercito dell'Ordine, Bayerburg fu presa d'assalto e distrutta dai lituani guidati da Gediminas in persona<ref>{{cita|Urban (1989)|p. 100}}.</ref> che, secondo la tradizione locale e un'informazione errata fornita dal cronista polacco [[Jan Długosz]], venne ferito a morte sotto una quercia ancora oggi esistente davanti alla struttura difensiva.<ref>{{cita libro|url=https://books.google.it/books?id=-8NykshHHesC&pg=PA369|p=369|lingua=en|titolo=The Archaeology of the Prussian Crusade: Holy War and Colonisation|autore=Aleksander Pluskowski|editore=Routledge|anno=2013|isbn=978-11-36-16281-7}}</ref> Più verosimilmente il granduca morì per cause misteriose nel 1341, anno in cui i combattimenti si placarono in maniera temporanea.<ref>{{cita|Rowell|p. 270}}.</ref>

==== Le lotte contro i fratelli Algirdas e Kęstutis (1345-1382) ====
A partire dal 1344 il conflitto si intensificò nuovamente, dopo che due dei figli del granduca Gediminas, [[Algirdas]] e [[Kęstutis]], assunsero il potere spodestando il loro fratello [[Jaunutis]].<ref name="cardini75">{{cita|Cardini|p. 75}}.</ref> I due si spartirono il controllo del territorio lituano dando vita a una sorta di duumvirato: ciò che era a sud-est lo controllava Algirdas, mentre a ovest amministrava Kęstutis, inclusa la Samogizia.<ref name="cardini75"/><ref>{{cita|Rowell|pp. 66-67}}.</ref> Quest'ultimo portò avanti la lotta con i teutonici in maniera costante e con alterne fortune.<ref>{{cita|Rowell|pp. 283-285}}.</ref>

Nel 1348, il comandante [[Winrich von Kniprode]] riuscì a sferrare un duro colpo ai Baltici nella [[battaglia della Strėva]], svoltasi in campo aperto.<ref name="rowell243">{{cita|Rowell|p. 243}}.</ref> Nel 1352, quando Winrich von Kniprode assunse il ruolo di gran maestro, egli comprese che fosse necessario porre un freno alle incursioni del Granducato con azioni oculate.<ref name="chr163">{{cita|Christiansen (X)|p. 163}}.</ref><ref name="sew119120">{{cita|Seward|pp. 119-120}}.</ref> Uno dei proficui risultati raggiunti durante il suo mandato riguardò l'allargamento della zona cuscinetto tra Stato monastico e Lituania: lo scopo perseguito era sì quello di causare uno spopolamento attraverso le razzie, ma soprattutto quello di avvistare prima gli invasori in caso di attacco.<ref name="chr163"/> Ciò avvenne grazie alla presenza di reclute giunte da Francia, [[Borgogna]], [[Contea d'Olanda|Olanda]], Inghilterra e [[Scozia]],<ref name="sew119120"/><ref>{{cita|Murray (2006)|p. 148}}.</ref> però il successo maggiore passò per l'indebolimento dei suoi nemici «attraverso un ponderato ricorso alla diplomazia».<ref name="chr163"/> Concentrandosi sull'alleanza tra Polacchi e Lituani, intervenne mantenendo rapporti amichevoli con i primi, stipulando una pace con la Lituania nel 1357 e fornendo sostegno ai duchi polacchi ostili a [[Casimiro III di Polonia]].<ref name="chr163"/><ref name="sew121"/> In quel frangente, si verificò addirittura la concreta possibilità che l'Ordine stringesse un accordo di cooperazione con la Lituania, su sollecito di quest'ultima, in chiave anti-[[Cracovia]], ma [[papa Innocenzo VI]] bloccò le trattative perché «scandalizzato» dalla prospettiva di un'alleanza tra pagani e cristiani.<ref name="carpini37"/> Per quanto riguardava il futuro di Riga, nel 1350 una sentenza papale confermò all'arcivescovo il possesso dell'intera città, eccezion fatta per il castello. La pace di Danzica del 1366 vide infine i Cavalieri livoniani e l'arcivescovo di Riga giungere a un'intesa, di cui una delle condizioni passava per l'istituzione della leva militare obbligatoria.<ref name="chr163"/>

[[File:Kaunas castle.jpg|miniatura|sinistra|Rovine parzialmente ricostruite del castello di Kaunas]]

Nel 1358 l'imperatore [[Carlo IV di Lussemburgo]] avviò dei negoziati di pace con uno dei due fratelli<ref group="nota">Per Rowell, Norkus e Carpini Algirdas, per Christiansen Kęstutis.</ref> in cambio della sua conversione al cristianesimo.<ref name="chr163"/><ref name="urban1989144">{{cita|Urban (1989)|p. 144}}.</ref><ref name="carpini37">{{cita|Carpini|p. 37}}.</ref> Sul reale promotore dell'iniziativa permangono dei dubbi: secondo alcuni storici furono i Baltici ad avviarla,<ref>{{cita|Rowell|p. 199}}.</ref> mentre per altri si trattò di una sollecitazione di Carlo IV.<ref name="carpini37"/><ref name="urban1989144"/><ref>{{cita|Norkus|p. 233}}.</ref> La condizione perché si procedesse risultò tuttavia non soddisfacente. Il granduca lituano chiedeva infatti il completo ritiro dell'Ordine teutonico dalla regione baltica, un termine non accettabile per l'imperatore a causa del sostegno del gruppo cavalleresco di cui necessitava. In aggiunta, si domandava il trasferimento dei teutonici nell'odierna Ucraina «per proteggere i Ruteni dai Tartari».<ref>{{cita|Carpini|pp. 37-38}}.</ref> La proposta fu considerata un oltraggio e riaccese le ostilità fino a quando, nel 1361, il maresciallo dell'Ordine [[Henning Schindekopf]] e il re [[Luigi I d'Ungheria]] intercettarono e catturarono Kęstutis.<ref>{{cita|Carpini|p. 38, 183}}.</ref> Il granduca lituano riuscì tuttavia a sfuggire alla morte abbandonando la [[Castello di Malbork|roccaforte di Marienburg]], dove era giunto in catene nel 1362.<ref>{{cita|Carpini|p. 183}}.</ref> L'Ordine colse un altro importante successo nell'aprile del medesimo anno, quando un'armata distrusse il [[castello di Kaunas]], situato nel cuore del Granducato, e catturò [[Vaidotas]], figlio di Kęstutis e comandante incaricato di difendere il presidio.<ref name="kiaupa123">{{cita|Kiaupa|p. 123}}.</ref><ref name="mur738"/>

Sotto il maresciallo dell'Ordine Henning Schindekopf iniziò un periodo di reciproca devastazione; poiché alla fine di esso nessuno dei due avversari si indebolì in maniera irreversibile, si giunse a una tregua e alla mutua liberazione dei prigionieri catturati.<ref>{{cita|Christiansen (X)|p. 175}}.</ref> Tra il 1362 e il 1370 i crociati intrapresero una ventina di "spedizioni punitive" (52 fino al 1382) meglio coordinate contro la Lituania e, nel febbraio 1370, si verificarono le condizioni perché scoppiasse una battaglia di grandi proporzioni.<ref name="sew121"/><ref name="urb177"/> Algirdas e Kęstutis radunarono contingenti da tutta la Lituania, alcuni feudatari rus' fedeli presenti in [[Sambia]] e dei [[Tartari]] ostili allo Stato monastico.<ref name="urb177">{{cita|Urban (2003)|p. 177}}.</ref> Per contro, il ''landmarschall'' von Kniprode convocò unità da diverse località e le indirizzò immediatamente verso l'esercito principale. Impegnato a saccheggiare i dintorni di Rudau (a nord di Königsberg), Kęstutis si accorse a un certo punto dell'avvicinamento di una grande forza crociata, dileguandosi immediatamente.<ref name="urb177"/> Suo fratello Algirdas si spostò invece precipitosamente su una posizione sopraelevata, confidando nell'opportunità di difendersi meglio. La [[battaglia di Rudau]] che ne seguì si rivelò tra le più sanguinose della crociata e assunse le caratteristiche di una battaglia campale.<ref name="rowell243"/><ref name="urb177"/> Solo al calar della notte, dopo un giorno intero di scontri, la calma tornò a regnare e, se si tiene conto del computo delle vittime (quasi {{formatnum:1000}} Baltici contro i 26 Cavalieri e i 100<ref name="urb177"/> o 200 cristiani), si intuisce come la vittoria teutonica fu netta.<ref name="sew121">{{cita|Seward|p. 121}}.</ref> Algirdas non ebbe problemi a fuggire quando la situazione volse al peggio, ma non inviò mai più truppe in Prussia e i crociati vissero un periodo sereno lungo le zone di confine.<ref name="urb177"/>

Un nuovo ciclo incominciò nel 1377 alla morte di Algirdas.<ref name="cardini75"/> In Lituania scoppiò una lotta per il potere tra i figli del granduca appena spentosi, suo fratello Kęstutis e il figlio di quest'ultimo, [[Vitoldo]]. In cerca di sostegno, le varie fazioni arrivarono a stringere alleanze perfino con il loro rivale storico rappresentato dai teutonici, anche perché ormai l'aspetto religioso del conflitto aveva perso molta della centralità del secolo passato.<ref>{{cita|Carpini|pp. 51-52}}.</ref> Con il [[trattato di Dovydiškės]], stipulato nel 1380, i cavalieri dell'Ordine si impegnarono a sostenere a livello militare l'erede principale di Algirdas, [[Jogaila]], contro Kęstutis, in cambio di varie concessioni.<ref>{{cita|Kiaupa|p. 125}}.</ref> Mentre quest'ultimo rimase prigioniero di Jogaila nel 1382, suo figlio Vitoldo sfuggì a suo cugino e si recò nello Stato monastico, confidando nel suo ausilio per spodestare Jogaila e i suoi alleati della Bassa Lituania.<ref>{{cita|Cardini|p. 76}}.</ref> All'indomani della morte dell'''hochmeister'' von Kniprode, nel 1382, Kęstutis ordinò la sua ultima incursione, grazie alla quale raggiunse [[Gvardejsk|Tapiau]], distante 40&nbsp;km a est di Königsberg.<ref name="chr164165">{{cita|Christiansen (X)|pp. 164-165}}.</ref> La reazione non tardò ad arrivare: qualche mese dopo, le truppe dell'Ordine acquisirono [[Trakai]], 22&nbsp;km a ovest di [[Vilnius]], e in seguito si spinsero proprio verso quest'ultima. Essendosi arresa la capitale con l'intervento di Jogaila, alleato dei teutonici, la lunga crociata contro i Lituani sembrò volgere al termine.<ref name="chr164165"/>

==== Lotte di potere nel Granducato e unione polacco-lituana ====
{{vedi anche|Guerra civile lituana (1381-1384)|Guerra civile lituana (1389-1392)}}
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}}
}}


Desideroso di espandere i propri domini, Norandino aveva esteso le sue mire all'[[Egitto]], dominato dalla dinastia dei [[Fatimidi]] e dilaniato da una difficile situazione politica.<ref>{{cita|Bridge (1981)|p. 176}}.</ref> Si trattava di una terra ambita anche dai franchi,<ref group="nota">Così gli arabi chiamavano indistintamente gli europei occidentali. Il termine va inteso come sinonimo di "crociato".</ref> in particolare dal contemporaneo [[Amalrico I di Gerusalemme]] e dai successivi [[Giovanni di Brienne]] e [[Luigi IX di Francia]].<ref name="gro99">{{cita|Grousset (1998)|p. 99}}.</ref> Essi erano consapevoli che ormai una Siria musulmana unita aveva ben poche speranze di essere conquistata celermente, motivo per cui si virò verso un nuovo obiettivo.<ref name="run592">{{cita|Runciman (2005)|p. 592}}.</ref> La prima campagna, compiuta nel settembre 1163 da re Amalrico, fu soltanto di avanscoperta e venne interrotta dalle inondazioni causate dal [[Nilo]].<ref name="gro99"/><ref name="run593"/> Malgrado ciò, Amalrico intuì che vi era la possibilità di insediarsi stabilmente in Egitto.
La [[Guerra civile lituana (1381-1384)|lotta per il potere]] nel Granducato cessò solo nell'estate del 1384, quando si verificò un breve periodo di tregua prima di un evento epocale nel percorso di [[cristianizzazione della Lituania]]. Jogaila si offrì infatti alla [[nobiltà polacca]] come pretendente al vacante trono di Polonia chiedendo la mano di [[Edvige d'Angiò]]. Perché ciò avvenisse, era però richiesta sia la sua conversione (e, di conseguenza, della Lituania) al cattolicesimo, sia una situazione politica più stabile nel Granducato.<ref>{{cita|Frost|p. 30}}.</ref><ref name="cardini78">{{cita|Cardini|p. 78}}.</ref> Jogaila si trovò dunque costretto a raggiungere un'intesa con suo cugino Vitoldo, accettando diverse delle sue rivendicazioni e restituendogli svariati possedimenti. Jogaila, da allora noto come [[Ladislao II Jagellone]], fu eletto re di Polonia dopo essere stato battezzato e dopo aver sposato Edvige nel 1386.<ref name="cardini78"/> A seguito di tale evento, poteva dirsi che l'ultimo Stato pagano in Europa aveva infine abbracciato il cristianesimo.<ref>{{cita|Kiaupa|p. 130}}.</ref> Tramite l'[[Unione di Krewo]], inoltre, si avviò un percorso di avvicinamento tra la realtà polacca e quella lituana.<ref name="fro56">{{cita|Frost|p. 56}}.</ref> Tuttavia, a causa dei timori della [[nobiltà lituana]] di finire assimilata all'elemento polacco, il nuovo sovrano fu costretto a concedere a suo cugino Vitoldo ulteriori facoltà in Lituania.<ref name="fro56"/>

Nel 1390 ebbe luogo l'ultimo assalto di Vilnius per opera di un gruppo di crociati composto da francesi e inglesi, ma il tentativo di espugnare il [[complesso dei castelli di Vilnius|complesso dei castelli locale]] fallì.<ref>{{cita|Urban (2018)|p. 65}}.</ref>

==== Geopolitica e strategia dei teutonici alla fine del XIV secolo ====
[[File:Ordensland1410.png|left|miniatura|Stato monastico nel 1410]]

I principali dignitari dell'Ordine si dimostrarono molto scettici e incerti sul comportamento da tenere in seguito alla scelta di Jogaila di accettare la corona polacca, alla cristianizzazione lituana e ai più stretti legami, anche bellici, tra il Granducato e la Polonia.<ref name="mur21">{{cita|Murray (2017)|p. 21}}.</ref><ref name="urb228">{{cita|Urban (1989)|p. 228}}.</ref> La nuova situazione faceva sorgere infatti degli importanti interrogativi di carattere ideologico e militare: innanzitutto, la conversione poneva il problema della lotta al paganesimo, tanto sbandierata nei decenni precedenti e ora venuta meno.<ref name="chr145">{{cita|Christiansen (X)|p. 145}}.</ref><ref name="mur21"/><ref name="urb228"/> A ciò i teutonici reagirono insinuando che il battesimo del sovrano fosse avvenuto solo a scopo politico e che la maggior parte dei lituani rimaneva ancora fedele al [[mitologia lituana|credo tradizionale]].<ref>{{cita|Cardini|p. 74}}.</ref><ref>{{cita|Urban (2018)|p. 70}}.</ref> A fronte di una presa di posizione siffatta, che negava la possibilità di effettuare in maniera repentina battesimi di massa, Ladislao II e Vitoldo, convertitosi quando era fuggito nello Stato monastico nel 1382, si rivolsero a [[papa Bonifacio IX]] affinché intervenisse. La risposta dalla [[Santa Sede]] arrivò nel 1403, con una [[Bolla pontificia|bolla]] la quale vietava ai Cavalieri teutonici di dichiarare guerra alla Lituania.<ref>{{cita|Frost|p. 123}}.</ref>

Le preoccupazioni dei tedeschi avevano radici profonde. Il Regno di Polonia, situato a sud a ridosso dello Stato monastico, aveva perso sia la [[Pomerania]] nel 1309 sia il [[Guerra polacco-teutonica (1326-1332)|conflitto scoppiato dal 1326 al 1332]], alla fine del quale l'allora sovrano [[Ladislao I di Polonia|Ladislao I]] dovette arrendersi e stipulare una tregua decennale.<ref name="chr161"/> Tra la nobiltà polacca si diffuse infatti un sentimento di rigetto nei confronti dell'Ordine.<ref>{{cita libro|lingua=en|autore=Paul Milliman|url=https://books.google.it/books?id=iLnEYpw_puIC&pg=PA255|titolo='The Slippery Memory of Men': The Place of Pomerania in the Medieval Kingdom of Poland|editore=[[Brill Editore|Brill]]|anno=2013|isbn=978-90-04-18274-5|p=255|accesso=16 settembre 2020|dataarchivio=19 gennaio 2022|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20220119103447/https://books.google.it/books?id=iLnEYpw_puIC&pg=PA255|urlmorto=no}}</ref><ref>{{cita libro|lingua=en|autore=Victor Mallia-Milanes|url=https://books.google.it/books?id=NiwxDwAAQBAJ&pg=PT34|titolo=The Military Orders Volume III: History and Heritage|editore=Routledge|anno=2017|isbn=978-13-51-54252-4|p=34}}</ref> A questa potenziale minaccia latente, si veniva ad aggiungere il Granducato di Lituania, da sempre ostile, che metteva a rischio non solo i confini meridionali, ma anche quelli orientali.

Nel frattempo, proseguiva il processo di crescita del Granducato in una superpotenza dell'[[Europa orientale]]. Agevolata da un contesto favorevole per via della decadenza dell'[[Orda d'Oro]], la Lituania continuò la sua strategia di assoggettamento dei principati orientali a scapito della crescente [[Moscovia]], riuscendo a spingersi molto a sud e a est.<ref>{{cita|Urban (2018)|pp. 85-86}}.</ref> Ciò spiega perché il sovrano non reagì all'incursione accaduta in Samogizia nel 1398, durante la quale furono catturati 700 soldati e 650 cavalli, causando un numero imprecisato di vittime.<ref>{{cita|Urban (2003)|p. 192}}.</ref> Desideroso di maggiore libertà d'azione verso oriente, Vitoldo accettò di perdere la sovranità sulla Bassa Lituania, cedendola all'Ordine col [[trattato di Salynas]] nel 1398: in tale modo la Samogizia passava infine in mano ai Cavalieri cristiani.<ref>{{cita|Carpini|p. 56}}.</ref><ref>{{cita|Demurger|p. 275}}.</ref>

=== XV secolo ===
==== La Samogizia in mano teutonica ====
Nell'estate del 1399 ebbe luogo la sonora sconfitta di Vitoldo nella [[battaglia del fiume Vorskla]] contro i Tartari. Poiché nelle stesse fila avevano partecipato sia teutonici sia Lituani sembrava che la crociata fosse finita, avendo esaurito la sua ''raison d'être'': la cristianizzazione della maggior parte dei pagani presenti nel Baltico e la conquista della Samogizia erano state raggiunte.<ref name="sew18"/><ref name="urb193194">{{cita|Urban (2003)|pp. 193-194}}.</ref> Ciononostante, dalle fonti trapelano le lamentele espresse da quegli uomini di chiesa scontenti dalla mancata imposizione da parte del gran maestro dell'obbligo del battesimo.<ref name="urb193194"/> La scelta operata da [[Konrad von Jungingen]] di far ricrescere l'economia passando per il coinvolgimento di tanti piccoli [[Boiardo (storia)|boiardi]] lituani perseguiva anche un secondo fine, ovvero la speranza di plasmare una classe dirigente affidabile, seppur di basso rango.<ref name="mur150"/> A suo giudizio, la conversione si sarebbe di certo verificata col tempo in modo naturale, uno scenario immaginato pure da Vitoldo e guardato con timore da quest'ultimo.<ref name="urb193194"/> Pur non progettando di riprendere subito le ostilità, egli rivolse la sua attenzione nuovamente verso ovest e sostenne segretamente i Samogiti, incoraggiandoli a resistere.<ref name="urb193194"/> Fomentata dal granduca, una [[Rivolte della Samogizia|prima rivolta]] sconvolse la Samogizia dal 1401 al 1404, ma cessò quando il regnante lituano dovette firmare un trattato di pace in cui riconosceva l'autorità dei crociati sulla regione.<ref name="cardini79">{{cita|Cardini|p. 79}}.</ref>

Restava da definire la questione spinosa del futuro dei Samogiti e della tutela dei diritti dei nobili locali dopo l'acquisizione teutonica. Sebbene anche la bolla ufficiale del pontefice del 1403 prevedesse delle concessioni ai feudatari della regione, nella prassi l'Ordine non si dimostrò molto caritatevole.<ref>{{cita|Urban (2018)|p. 82}}.</ref> Il malcontento delle comunità samogitiche lituane crebbe col tempo, per via della continua riscossione delle salate decime ecclesiastiche e del regime particolarmente restrittivo imposto ai mercanti dallo Stato monastico.<ref>{{cita|Urban (2018)|p. 133}}.</ref> Tali condizioni gettarono le basi affinché, intorno al 1409, si giungesse al punto di non ritorno: quando si pretese il pagamento di un nuovo tributo a seguito di una carestia generata da un inverno particolarmente freddo, si scatenò un'altra sommossa popolare.<ref>{{cita|Urban (2018)|pp. 224-226}}.</ref>

==== La decisiva battaglia di Grunwald ====
[[File:Battle of Žalgiris.jpg|miniatura|La [[battaglia di Grunwald]] in un'illustrazione della ''Luzerner Chronik'' di [[Diebold Schilling il Giovane]] del 1515 circa]]

L'impreparazione fece da padrone allo scoppio della nuova insurrezione, con le postazioni difensive dei teutonici abbastanza sguarnite.<ref name="urb101">{{cita|Urban (2018)|p. 101}}.</ref> A giudizio di [[William Urban]], «le ribellioni dovevano essere così frequenti da non destare particolari preoccupazioni rispetto a quelle passate nella mente del maestro [[Michael Küchmeister von Sternberg]]».<ref name="urb101"/> Vitoldo, giunto di nascosto nel mese di aprile e poi ancora a maggio, ruppe gli indugi e, constatate le condizioni favorevoli, sostenne apertamente una seconda insurrezione, così come fece Ladislao II dalla Polonia.<ref>{{cita|Urban (2018)|pp. 101-102}}.</ref> Il candido appoggio alla ribellione in un territorio rivendicato dall'Ordine spinse l'''hochmeister'' [[Ulrich von Jungingen]] a risolvere la questione sul campo di battaglia.<ref name="cristini3637"/> Il 6 agosto 1409, quando il re di Polonia si vide recapitare una lettera di sfida a nome di von Jungingen e dell'Ordine, ebbe inizio la ''Grossen Streythe'' (lett. "grande lite"), ovvero l'espressione con cui i teutonici del tempo descrissero la [[guerra polacco-lituano-teutonica]].<ref name="cristini3637">{{cita libro|autore=Luca Stefano Cristini|url=https://books.google.it/books?id=v4h7CwAAQBAJ&pg=PT36|titolo=La battaglia di Tannenberg 1410|editore=Soldiershop Publishing|anno=2016|isbn=978-88-93-27027-4|pp=35-36|accesso=16 settembre 2020|dataarchivio=29 ottobre 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20211029065550/https://books.google.it/books?id=v4h7CwAAQBAJ&pg=PT36|urlmorto=no}}</ref>

L'Ordine invase innanzitutto la [[Grande Polonia]], espugnando diversi castelli: constatata la situazione, nell'autunno del 1409 si negoziò un armistizio con la mediazione dell'imperatore [[Venceslao di Lussemburgo]] e, nel gennaio 1410, veniva riconosciuto a [[Praga]] lo ''status quo'' delle frontiere.<ref>{{cita|Urban (2018)|pp. 230-231}}.</ref><ref>{{cita|Kiaupa|p. 139}}.</ref> Proprio in considerazione di questi eventi pregressi, nessuno immaginava che la disputa potesse evolversi in uno scontro dalla vasta portata per tre motivi: la pace tra Polonia e Prussia perdurava, salvo casi isolati, ormai da sette decenni; i trattati di Salynas (1398) e Raciaz (1404) avevano risolto la questione dello status della Samogizia; infine, non si ipotizzava un coinvolgimento della Lituania.<ref name="urb197">{{cita|Urban (2003)|p. 197}}.</ref><ref>{{cita|Murray (2006)|p. 149}}.</ref> Contrariamente alle aspettative, il 15 luglio 1410 si svolse un combattimento di grandi proporzioni passato alla storia come [[battaglia di Grunwald]] (gli storici tedeschi la chiamano battaglia di Tannenberg, mentre i lituani di Žalgiris).<ref name="cardini79"/><ref name="tum5">{{cita|Turnbull|p. 5}}.</ref> Privi del supporto dell'alleato storico rappresentato dalla [[Confederazione livoniana]], che aveva firmato un armistizio con Vitoldo,<ref>{{cita libro|autore=Anita J. Prazmowska|titolo=History of Poland|anno=2004|url=https://archive.org/details/historyofpoland0000praz|accesso=28 gennaio 2020|ed=2|data=2011|editore=Palgrave Macmillan|lingua=en|oclc=930059239|isbn=978-0-230-25236-3}}</ref> i Cavalieri teutonici uscirono sonoramente sconfitti dallo scontro e da allora entrarono in una lenta ma irreversibile crisi.<ref name="cardini79"/><ref name="tum5"/> Malgrado la grande posizione di vantaggio, Ladislao II esitò e non sferrò il colpo decisivo a [[Assedio di Marienburg (1410)|Marienburg]] in maniera tempestiva, dando il tempo agli avversari di potersi difendere nella propria roccaforte.<ref>{{cita|Demurger|p. 276}}.</ref> Seppur celebrata come una delle battaglie più importanti del [[Basso Medioevo]] per le sorti dell'Europa orientale e strumentalizzata a posteriori in chiave nazionalistica,<ref>{{cita|Murray (2006)|p, 1146}}.</ref> per William Urban il risultato della battaglia di Grunwald non dovrebbe stupire né essere enfatizzato oltremodo, in quanto «la crisi dei teutonici si profilava all'orizzonte da tempo ed era chiaro che, anche in assenza della battaglia, l'equilibrio di potere nell'Europa orientale sarebbe passato in mano all'alleanza polacco-lituana».<ref>{{cita|Urban (2003)|p. 198}}.</ref>

==== Ultimi anni del conflitto ====
[[File:Peace of Torun 1411.jpg|left|miniatura|La versione originale del [[trattato di Toruń (1411)|trattato di Toruń del 1411]]]]

Con il [[trattato di Toruń (1411)|trattato di Toruń del 1411]], che poneva fine alla guerra, l'Ordine teutonico dovette rinunciare alla Samogizia, oltre a dover effettuare ingenti risarcimenti (44.000 libbre d'argento) per ricostruire le fortificazioni rase al suolo.<ref name="urb287290">{{cita|Urban (2018)|pp. 287-290}}.</ref> Inoltre, lo Stato monastico rinunciava a effettuare nuove incursioni in Lituania, nel frattempo ampiamente convertitasi al cristianesimo a causa dell'influenza polacca. I teutonici riuscirono comunque, grazie a [[Sigismondo d'Ungheria]], a ottenere condizioni meno gravose del previsto.<ref name="urb287290"/><ref name="car60" /> Proprio per via degli effetti dirompenti causati dalla sconfitta dei tedeschi, alcuni autori considerano conclusa la crociata dopo la battaglia di Grunwald.<ref name="chr138"/><ref name="mur64"/>

Il nuovo ''hochmeister'' [[Heinrich von Plauen]] si trovò a gestire una situazione davvero complicata. Dopo la partenza dell'esercito polacco e lituano dalla Prussia, egli doveva riorganizzare l'economia distrutta e l'agricoltura compromessa anche da raccolti infelici, l'esercito demoralizzato e privo di ufficiali e persuadere i principali governanti d'Europa che lo Stato monastico era ancora una grande potenza.<ref name="sew126">{{cita|Seward|p. 126}}.</ref><ref name="urb229">{{cita|Urban (2003)|p. 229}}.</ref><ref name="dem281">{{cita|Demurger|p. 281}}.</ref> Plauen si convinse della necessità che ciò passasse da una vittoria militare, inimicandosi i suoi immediati subordinati e i commercianti, più propensi alla pace.<ref name="sew127">{{cita|Seward|p. 127}}.</ref> Quando il gran maestro comandò di tenersi pronti a colpire la Polonia, si verificarono casi di insubordinazione e il suo stato cagionevole agevolò le condizioni che permisero la sua deposizione nel 1413.<ref>{{cita|Demurger|p. 277}}.</ref> Il suo successore [[Michael Küchmeister von Sternberg]], eletto in circostanze controverse, si rese conto dei limiti dello Stato monastico e provò a percorrere una politica pacifica con Cracovia.<ref name="urb229"/><ref name="sew127"/> Avendo cambiato parzialmente idea, l'anziano Sternberg pianificò una strategia più sottile, quella di ricorrere a incursioni notturne in territorio polacco: ciò si rivelò tuttavia un fallimento.<ref name="urb229"/><ref name="sew127"/> Desideroso di accontentare i nobili rimasti delusi dai termini della pace di Toruń, Ladislao II Jagellone sfruttò la goffaggine diplomatica e gli atteggiamenti ambigui di Küchmeister adducendoli come pretesto per neutralizzare i teutonici a difesa della [[Varmia]], nell'ambito della [[guerra della fame]] del 1414, e consacrò definitivamente l'egemonia della Polonia.<ref name="mur150">{{cita|Murray (2006)|p. 150}}.</ref><ref name="urb229"/><ref>{{cita|Kiaupa|p. 142}}.</ref>

A ciò seguirono tregue estese più volte da vari mediatori di conflitto e risultate estremamente costose per i teutonici, poiché indeboliti sia dalle guerre trascorse sia dai risarcimenti. Essi dovettero giustificare i propri assalti e condurre dispendiose trattative al [[Concilio di Costanza]] e in altre sedi, dove peraltro la delegazione della Samogizia li accusò pubblicamente della scelleratezza di portare ancora avanti una crociata contro una terra cristiana.<ref>{{cita|Demurger|pp. 277-278}}.</ref><ref>{{cita|Carpini|p. 58}}.</ref> La lesione della reputazione internazionale coincise con un'insostenibilità delle spese richieste in quegli anni, tanto che si dovettero operare dei tagli in campo bellico (un unicum se si pensa agli investimenti dello Stato monastico dei secoli precedenti).<ref>{{cita|Cardini|p. 81}}.</ref> Solo nel 1422 i confini con la Lituania vennero infine stabiliti con il [[trattato di Melno]]: la demarcazione sarebbe rimasta invariata per secoli.<ref>{{cita|Murray (2006)|p. 820}}.</ref>

== Conseguenze ==
[[File:Mappa dello Stato dei Cavalieri Teutonici 1410.jpg|miniatura|Evoluzione dei confini territoriali dell'[[Ordine teutonico]] (in azzurro) e dei suoi confini con il [[Granducato di Lituania]] dal 1308 al 1455 (in rosa)]]

La crociata lituana durò, secondo le ricostruzioni, dalla fine del XIII all'inizio del XV secolo, circostanza che la rende una delle guerre più lunghe ed estenuanti della storia europea.<ref name="chr138"/><ref name="dem271"/><ref name="mur64"/><ref name="smith273"/> Alla fine delle lotte le compagini apparivano molto differenti rispetto a prima: la Lituania si trasformò da piccola realtà territoriale esposta ad attacchi stranieri a una potenza indiscussa dell'Europa orientale;<ref name="kia14142">{{cita|Kiaupa|pp. 141-142}}.</ref> la stessa sorte positiva poteva dirsi per la Polonia, vista nel XV secolo con una salda reputazione di Stato cristiano e stabile alle spalle.<ref name="kia14142"/> Invece, se all'inizio del Trecento lo Stato monastico era da classificare come una nazione emergente, a metà Quattrocento appariva già in declino costante,<ref name="urb229"/> tanto che, a giudizio di William Urban, i Cavalieri teutonici «avevano esaurito la loro utilità in Prussia» con la fine del conflitto.<ref>{{cita|Urban (2003)|p. 235}}.</ref>

=== Civili ===
{{citazione|[La [[Livonia]]] era una landa completamente devastata, in cui molti uomini, donne e bambini erano stati massacrati o fatti prigionieri [...] Il gran maestro [[Winrich von Kniprode]] e il suo ospite [[Alberto d'Austria]] trascorsero due giorni nella regione [di [[Kaltinėnai]], in Samogizia], diedero alle fiamme qualsiasi cosa e portarono con sé uomini, donne e bambini. Nessuno sfuggì alla cattura.|[[Wigand di Marburgo]], ''Chronica nova Prutenica''<ref name="smith273">{{cita libro|lingua=en|autore=Jonathan Riley-Smith|url=https://books.google.it/books?id=BiSN-wRa11wC&pg=PA273|titolo=The Oxford History of the Crusades|editore=OUP Oxford|anno=2002|isbn=978-01-91-57927-1|p=273|accesso=16 settembre 2020|dataarchivio=19 gennaio 2022|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20220119103451/https://books.google.it/books?id=BiSN-wRa11wC&pg=PA273|urlmorto=no}}</ref>}}

I resoconti di parte e la poca varietà di fonti rendono una vera e propria impresa la ricostruzione delle conseguenze demografiche e materiali della crociata lituana.<ref name="chr173174">{{cita|Christiansen (X)|pp. 173-174}}.</ref> Per ragioni logiche, le zone di confine dovettero risultare quelle più esposte alle lotte, anche per via della strategia perseguita da entrambe le parti di spopolare, depredare o allontanare i coloni nemici (nel 1333 si parla proprio del ricorso a ''rapinis et incendiis'').<ref name="chr173174"/><ref name="row245"/> Nelle opere dell'Ordine, le uniche coeve disponibili, non si tiene alcun conto dei civili uccisi durante le razzie, ragion per cui si può solo supporre che le rappresaglie risultarono comuni nel corso del conflitto. A titolo di esempio, le grandi incursioni del principe [[Davide di Hrodna]] nel 1332-1333, uno dei fedelissimi di Gediminas, causarono la morte o la cattura di {{formatnum:4000}} persone in Estonia ({{formatnum:5000}} secondo Von Jeroschin),<ref>{{cita|Von Jeroschin|p. 277}}.</ref> {{formatnum:10000}} (o {{formatnum:9000}})<ref name="jer278">{{cita|Von Jeroschin|p. 278}}.</ref> a [[Dobrzyń nad Wisłą|Dobrzyń]] e {{formatnum:2000}} in [[Masovia]].<ref name="jer278"/> In alcuni casi, i numeri lasciano spazio alle più disparate ipotesi in merito alla loro affidabilità. Si pensi alla campagna del 1331 compiuta dal ''landmeister'' [[Eberhard von Monheim]], che avrebbe imperversato in Samogizia uccidendo 500 pagani tra soldati e civili al sorprendente prezzo di soli due nativi ingaggiati tra le fila dei crociati e 40 fanti.<ref name="cita|Rowell|p. 253">{{cita|Rowell|p. 253}}.</ref> Con uno sguardo a un'epoca successiva, si riferisce che Kęstutis avrebbe fatto prigioniere {{formatnum:2000}} persone nel 1352, 500 nel 1353 e 900 nel 1376, ma si tratta di cifre sulla cui accuratezza è possibile solo compiere delle speculazioni.<ref name="chr173174"/> Rowell invita alla massima prudenza e a trattenersi dal tentativo di giudicare realistici i dati relativi a civili e militari. Per spiegare il fenomeno, l'autore ricorre al paradosso che si genera quando, durante la prima metà del XIV secolo, si soleva indicare come cifra base impegnata nelle incursioni quella di 200 Cavalieri, malgrado, sempre in quello stesso momento storico, se ne contassero al massimo 600 attivi in Prussia.<ref name="rowell246"/>

[[File:Duke Margiris defending Pilėnai against Teutonic Knights 1336.PNG|miniatura|Il duca [[Margiris]] difende [[Pilėnai]] dall'Ordine teutonico in un'opera di Władysław Majeranowski (1817–1874). L'episodio del suicidio di massa dei lituani fu romanzato in chiave patriottica durante il [[risveglio nazionale lituano|risveglio nazionale]]]]

Poiché i villaggi di confine erano abitati perlopiù da contadini, è verosimile ritenere che tale ceto soffrì più di altri la guerra.<ref name="chr173174"/><ref name="mur737"/> Coloro che vivevano in zone suscettibili di attacchi dovettero imparare a convivere con questo fenomeno. Donne e bambini rischiavano la servitù o, peggio ancora, la schiavitù, mentre i maschi in età adulta la morte o, più spesso, la prigionia, considerando che una persona da viva poteva ancora avere valore negoziale o una propria utilità.<ref name="mur737"/><ref>{{cita|Urban (2003)|p. 146}}.</ref> La scelta di abbandonare i catturati al seguito avveniva quando, giocoforza, bisognava rinunciarvi per motivi legati alla velocità di marcia. Rientra in quest'ultima categoria la scelta operata, nel 1311, dal comandante Gebhard von Mansfeld, che sacrificò i suoi prigionieri e il bestiame perché era troppo gravoso difenderli (forse si trattò di una rappresaglia per la cattura di 500 persone eseguita da Vytenis nello stesso anno).<ref>{{cita|Von Jeroschin|p. 259}}.</ref><ref>{{cita|Urban (1989)|p. 52}}.</ref> Un singolare episodio di compassione si verificò nel 1329, quando il re Giovanni I di Boemia non volle uccidere {{formatnum:6000}} Samogiti arresisi e convertitisi a [[Laukuva|Medewage]], sovvertendo così la prassi delle esecuzioni su vasta scala.<ref>{{cita|Von Jeroschin|p. 289}}.</ref><ref>{{cita|Murray (2006)|p. 693}}.</ref> Suggestivo, ma dibattuto a livello storiografico, appare il resoconto della conquista di [[Pilėnai]] del 1336, quando non essendoci altra soluzione e non volendo vivere in catene, almeno un centinaio di Lituani tra contadini e mercanti si tolse la vita nel castello.<ref name="cita|Rowell|p. 253"/> Analizzando la vicenda, si intuisce che la paura dei massacri non era scomparsa del tutto nelle fasi finali: lo conferma il caso del 1377, quando, durante il rigido inverno di quell'anno e considerate le circostanze, il comandante di [[Balga]] trucidò i 200 catturati che lo rallentavano e preferì optare per il recupero dei 100 cavalli e dei {{formatnum:1000}} bovini al seguito.<ref name="chr173174"/> Anche negli anni 1390 si segnalano casi simili.<ref name="chr173174"/>

La presenza di comandanti di frontiera e castellani zelanti o di bande di guerriglieri indigeni (''latrunculi''), autorizzate tacitamente ad agire dall'Ordine, complicò ancor di più la condizione di chi viveva nelle zone esposte al conflitto.<ref name="chr173174"/><ref name="row245">{{cita|Rowell|p. 245}}.</ref> Lo scopo indiretto appariva quello di arrestare il grande fenomeno migratorio che interessò varie popolazioni autoctone, le quali preferirono spostarsi nel Granducato piuttosto che accettare la sovranità dello Stato monastico, forse temendo di subire angherie per via della loro etnia o vecchia fede.<ref name="kia92"/> Si stima lo spostamento di massa di almeno {{formatnum:5000}} nativi tra [[Prussiani]], [[Skalviani|Scaloviani]] e [[Jatvingi]], ma il numero potrebbe essere anche superiore.<ref name="kia92">{{cita|Kiaupa|p. 92}}.</ref>

=== Politiche ===
[[File:Panorama of Malbork Castle, part 4.jpg|miniatura|Il [[Castello di Malbork|castello di Marienburg]] (oggi Malbork), situato nella città che fu capitale e centro amministrativo dello Stato monastico dei Cavalieri teutonici dal 1308 al 1454]]

Le conseguenze politiche per l'Ordine furono notevoli e durature. A livello amministrativo fioccarono divisioni tra fazioni provenienti dalla Germania settentrionale e [[Renania]] che minarono dall'interno la già fragile potenza teutonica.<ref name="sew127"/> La capacità di assumere decisioni in contesti difficili e la disciplina che un tempo erano state l'orgoglio dell'Ordine erano scomparse. La comunità religiosa rimaneva sulla difensiva, incapace di prevalere con la forza delle armi o con l'esortazione morale e desiderosa di evitare una seconda Grunwald.<ref>{{cita|Christiansen (X)|p. 230}}.</ref> Stando a William Urban, la risposta ai problemi dello Stato monastico avrebbe dovuto passare «per il consolidamento, la ricerca di un nuovo obiettivo militare, funzionale a tenere i Cavalieri occupati e spiritualmente soddisfatti, e per una serie di riforme volte a rendere più florida la situazione erariale».<ref name="urb231">{{cita|Urban (2003)|p. 231}}.</ref> All'asfissiante bisogno di denaro si rimediò invece in modo austero, innalzando le imposte: non potendo più addurre la motivazione di guerre in corso al fine d'introdurre ulteriori tasse, nobili e borghesi rifiutarono di ascoltare qualunque proposta relativa a nuove gabelle.<ref>{{cita|Seward|pp. 126-127}}.</ref> Al cattivo governo si affiancarono anche la malagiustizia, che si estrinsecava in scarsa equità ed efficienza, e un clima tale da far sentire i castellani e marescialli in diritto di disobbedire alle disposizioni imposte dai loro superiori, tenuto conto dell'effimera permanenza alle cariche apicali di questi ultimi.<ref name="urb230">{{cita|Urban (2003)|p. 230}}.</ref>

In seconda battuta si diffuse un senso di rassegnazione: le sconfitte si ritenevano una punizione divina per la deprecabile moralità del popolo e dell'incapacità dei governanti di mantenere i loro voti religiosi.<ref name="urb230"/> La perdita di fascino delle crociate coincise con il venir meno del piacere dell'avventura e della ricerca della fama che contraddistinguevano i tratti tipici della cavalleria del XIV secolo, in quanto le persone non ritenevano più le guerre sacre un mezzo idoneo a guadagnare la salvezza.<ref>{{cita|Christiansen (X)|p. 260}}.</ref><ref name="mur151">{{cita|Murray (2006)|p. 151}}.</ref> I nemici non erano più delle tribù ma imperi ben organizzati, e la vittoria non era raggiungibile né con lunghe campagne né tantomeno nel corso di una singola ''reise''.<ref name="mur151"/> Non essendoci più lo stimolo, né le condizioni pregresse, compiere incursioni in Lituania rappresentava un'utopia e, considerata la conversione dei baltici, anche un anacronismo.<ref name="urb231232">{{cita|Urban (2003)|pp. 231-232}}.</ref><ref>{{cita|Christiansen (X)|p. 235}}.</ref>

La Lituania, al contrario, stava vivendo il suo apogeo, ancor di più della Polonia dopo la vittoria contro i teutonici, ma dalla pace di Melno del 1422 emersero delle increspature nei rapporti bilaterali così come delineati dall'[[Unione di Horodło]] del 1413.<ref name="kia155156">{{cita|Kiaupa|pp. 155-156}}.</ref><ref>{{cita|Frost|p. 114}}.</ref> Con la Samogizia e il corso del Nemunas di nuovo in sua mano, Vitoldo coltivò grandi progetti di espansione verso l'Est europeo, spegnendo ogni preoccupazione per il vecchio e atavico nemico dopo aver siglato una pace duratura.<ref name="kia155156"/> L'interesse per le campagne in terre che sembravano ricche di maggiori opportunità si rivelò tale da spingerlo anche a effettuare delle concessioni territoriali (pur d'ignorare lo Stato monastico), incluso, quanto a lungo conteso alla foce del Nemunas, il [[castello di Klaipėda]] e il porto.<ref>{{cita|Stone|p. 11}}.</ref> La Polonia, invece, lasciò trapelare aperta insoddisfazione a seguito della pace di Melno, considerata la volontà di ripristinare la sua autorità su molte più terre rimaste in mano al suo bellicoso vicino. La falsa speranza di poter contare, in caso di eventuale prosecuzione delle lotte, sul sostegno del Granducato rimase solo una pia illusione.<ref name="kia155156"/> Nei fatti, le relazioni bilaterali tra Vilnius e Cracovia affrontarono una grave increspatura quando scoppiò una disputa sul destino di [[Lubicz]], un insediamento fortificato e dal grande valore strategico sul confine polacco-prussiano. Chiamato a fare da arbitro, Vitoldo appoggiò non suo cugino ma l'Ordine teutonico.<ref name="kia155156"/> Il conflitto che sorse nel 1425 tra Vitoldo e Ladislao II per tale questione, invero dalla portata abbastanza limitata, ben dimostrava come ormai Polonia e Lituania erano sufficientemente forti da non considerare più lo Stato monastico un concreto pericolo e da poter sottrarre ai teutonici quanto perduto in precedenza.<ref name="kia155156"/><ref>{{cita|Murray (2006)|p. 1238}}.</ref>

=== Religiose ===
[[File:PlungeBaznycia8.jpg|sinistra|miniatura|Scultura conservata nei pressi della chiesa di San Giovanni Battista a [[Plungė]] che commemora la [[Cristianizzazione della Lituania|conversione della Lituania al cristianesimo]]]]

Subito dopo la conversione di Ladislao II Jagellone, si adottò una serie di provvedimenti volti a favorire l'insediamento di chierici sul suolo lituano. L'ordine religioso preferito per le operazioni di conversione che avrebbero dovuto avere luogo rimaneva quello dei [[Ordine francescano|francescani]], in virtù della loro maggiore tolleranza dei non cristiani e della loro lettura in chiave pacifica delle Sacre Scritture.<ref name="urb183">{{cita|Urban (2003)|p. 183}}.</ref> Non a caso, il primo [[Arcidiocesi di Vilnius|arcivescovo di Vilnius]], proveniente dalla Polonia, era un francescano e, simbolicamente, la cattedrale da cui operò fu costruita sulle rovine di un vecchio tempio pagano.<ref name="cita|Rowell|p. 206"/><ref>{{cita|Murray (2017)|p. 280}}.</ref> Nonostante le iniziative, le fonti cattoliche non registrano un significativo numero di convertiti tra il 1385 e il 1387.<ref>{{cita|Kiaupa|p. 96}}.</ref> È evidente che la transizione dovette richiedere tempo, probabilmente anche per via della facile associazione del cattolicesimo allo Stato monastico dei teutonici. Assorbito com'era dalla politica interna ed estera, Ladislao supervisionò ben poco quanto stava avvenendo in campo religioso nel Granducato.<ref name="urb183"/> La Chiesa seppe comunque sopperire al lassismo agendo con grande capacità, come testimoniava il legato Giovanni Manco nel 1390 dopo una sua visita a Vilnius.<ref name="bar68">{{cita pubblicazione|lingua=en|accesso=9 novembre 2021|url=https://brill.com/downloadpdf/journals/lhs/19/1/article-p51_3.pdf|rivista=Lithuanian historical studies|volume=19|anno=2014|issn=1392-2343|pp=51-81|titolo=Christians in late pagan, and pagans in early Christian Lithuania: the Fourteenth and Fifteenth centuries|autore=Darius Baronas|dataarchivio=9 novembre 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20211109205041/https://brill.com/downloadpdf/journals/lhs/19/1/article-p51_3.pdf|urlmorto=no}}</ref> Prima della firma del trattato di Toruń, l'abbandono del paganesimo da parte del Granducato poteva considerarsi in una fase abbastanza avanzata, anche per via dell'afflusso dei coloni e della presenza già affermata degli ortodossi. Anche la costruzione di chiese ebbe un impatto non trascurabile, essendo stata tra l'altro fortemente caldeggiata da Ladislao e Vitoldo in prima persona (il 90% dei nuovi luoghi di preghiera edificato tra il 1387 e il 1430 si doveva a una loro iniziativa o a quella dei loro congiunti).<ref>{{cita|Carpini|p. 61}}.</ref> L'eccezione a questo processo rimaneva la Samogizia.<ref name="bar68"/>

All'esito della crociata si provò ad accelerare la cristianizzazione della Samogizia, con il battesimo di massa dei Lituani occidentali iniziato solo un quarto di secolo dopo quello dei sovrani e degli abitanti settentrionali del Granducato.<ref name="kia145147">{{cita|Kiaupa|pp. 145-147}}.</ref> Nel novembre 1413, Vitoldo e Ladislao II supervisionarono la somministrazione del primo sacramento ai Samogiti per una settimana presso i fiumi [[Nevėžis]] e [[Dubysa]], impegnandosi anche in atti simbolici come il taglio e lo spegnimento di alberi e fuochi sacri.<ref name="mur737">{{cita|Murray (2006)|p. 737}}.</ref><ref name="carpini57">{{cita|Carpini|p. 57}}.</ref> Tuttavia, all'azione missionaria di breve durata, avvenuta perlopiù a scopo propagandistico, non seguì la costituzione di una diocesi samogitica.<ref name="kia145147"/> Solo dopo un intervallo di tre anni, tramite l'intervento di chierici stranieri e un rigido ammonimento della curia, si compì per il battesimo in Samogizia il passo significativo creando, in data 24 ottobre 1417, la [[Arcidiocesi di Kaunas#Storia|diocesi di Samogizia]], a cui capo fu posto un arcivescovo di origini tedesche che si esprimeva anche in lituano.<ref>{{cita|Carpini|p. 59}}.</ref><ref>{{cita|Murray (2006)|p. 1069}}.</ref>

Secondo il giudizio storiografico, alcuni valutano la conversione della Samogizia come un fenomeno autonomo avvenuto nell'anno 1417, cioè quando nacque la diocesi di Medininkai. Altri trattano invece l'accadimento in modo più ampio, ritenendolo una tappa integrale e finale del processo di [[cristianizzazione della Lituania]] che consentì il raggiungimento dell'unità religiosa.<ref>{{cita|Kiaupa|p. 97}}.</ref> Ladislao II Jagellone e Vitoldo posero le basi di un'organizzazione della Chiesa cattolica, che rimasero come fondamento per i decenni a venire.<ref name="kia145147"/> A ogni modo, a differenza di altre regioni storiche, il paganesimo si dimostrò difficile da stroncare in Samogizia, tanto che ancora si segnalavano dei non cristiani nel 1587.<ref name="car60">{{cita|Carpini|p. 60}}.</ref>

== Organizzazione militare ==
=== Esercito teutonico ===
[[File:2011 09 22Jauniunai11.JPG|miniatura|Rievocazione storica della crociata lituana presso [[Jauniūnai]] ([[contea di Vilnius]])]]

Le armate teutoniche che attaccavano la Lituania erano ripartite, secondo le consuetudini europee del Basso Medioevo, in cavalieri, scudieri, fucilieri e lancieri, con le rispettive armature specifiche.<ref>{{cita|Nicolle|pp. 30-31}}.</ref> La [[cavalleria pesante]] era una piccola frazione (7,5%), ma si rivelava assai efficace in battaglie campali.<ref name="nic121"/><ref>{{cita|Nicolle|pp. 49, 51}}.</ref>

Grazie al reclutamento di stranieri, diversi principi e il loro entourage, così come conti, cavalieri e scudieri parteciparono alle spedizioni di guerra in Prussia per l'"''Heidenkampf''", ossia la lotta ai pagani.<ref>{{cita|Rowell|p. 261}}.</ref><ref>{{cita|Murray (2017)|p. 23}}.</ref> L'Ordine teutonico seppe sfruttare appieno l'aumento non trascurabile del suo potenziale militare nell'interesse dei suoi obiettivi e incoraggiò quanto più possibile la partecipazione di reclute straniere vogliose di combattere.<ref name="dem272"/><ref>{{cita|Rowell|p. 231}}.</ref> Sulla scia di un'usanza introdotta da Winrich von Kniprode verso il 1370, il gran maestro di turno soleva cenare a Marienburg alla cosiddetta "tavola d'onore" con i dodici cavalieri ospiti che più si erano distinti nelle campagne, in genere membri della nobiltà dell'Europa occidentale.<ref name="mur21"/><ref>{{cita|Demurger|p. 273}}.</ref>

Benché un simile dato potrebbe contribuire a comprendere come mai si trascinarono tanto a lungo le lotte, il numero di partecipanti alle razzie (''reise'') resta comunque difficile da misurare con precisione.<ref name="rowell246" /> Pietro di Duisburg, [[Wigand di Marburgo]] o le lettere dei vescovi locali, disponibili come fonti, riferiscono soltanto delle stime e non un conteggio preciso.<ref name="rowell246"/> Pertanto, invece che sui numeri, bisogna accontentarsi delle espressioni "grande", "medio" e "piccolo" per ottenere la miglior descrizione delle campagne di turno, seppur assolutamente sommaria.<ref name="rowell246"/>

Il frequente contatto con l'Europa occidentale, sviluppatosi sempre più attraverso la [[Lega anseatica]], consentì ai teutonici di restare sempre aggiornati dal punto di vista tecnologico ed edilizio (si pensi ai castelli), soprattutto in campo militare.<ref name="von19"/><ref name="cita|Nicolle|p. 41">{{cita|Nicolle|p. 41}}.</ref><ref name="nic120">{{cita|Nicholson|p. 120}}.</ref> Man mano che la guerra proseguiva si impose un nuovo congegno, che doveva generare una vera e propria rivoluzione: l'arma da fuoco. Oltre a macchine d'assedio, baliste, catapulte, [[Ariete (arma)|arieti]] e torri d'assedio, si affermarono infatti i [[Fucile#Fucili a cartuccia non unitaria|fucili a pietra focaia]], che trovarono impiego già nel 1362, quando si effettuò l'[[assedio di Kaunas]].<ref name="nic120"/><ref name="tur50">{{cita|Turnbull|p. 50}}.</ref> Anche gli archi subirono un processo di miglioramento per tutto il corso del conflitto (i teutonici li assegnavano di tipo diverso a seconda del ceto e dell'esperienza di chi lo impugnava).<ref>{{cita|Nicolle|p. 42}}.</ref> Grazie al monopolio commerciale su beni ambiti come l'[[Ambra (resina)|ambra]], delle rotte commerciali tracciate nel periodo di massimo splendore con il [[Medio Oriente]], i [[Penisola balcanica|Balcani]] e la [[Grecia]], e delle tasse e dei dazi doganali, l'Ordine spesso dispose di solide liquidità.<ref>{{cita|Christiansen (X)|p. 205}}.</ref><ref>{{cita|Nicolle|p. 19}}.</ref> Tuttavia, i venti cambiarono con l'arrivo delle sconfitte finali, essendo la reputazione scesa troppo in basso per attirare nuove reclute.<ref name="urb231232"/> Il numero dei Cavalieri diminuì col tempo: la popolazione europea si stava riprendendo lentamente dalla [[peste nera|peste]] e pochi membri della nobiltà minore cercavano una vocazione religiosa.<ref name="urb231"/> Il ricorso a mercenari, aumentati negli ultimi anni di lotta, finì per rivelarsi dispendioso e controproducente, in quanto gli uomini tendevano a disobbedire agli ordini e impedivano di concentrare le spese su altri settori.<ref name="dem281"/><ref name="urb231232"/> La manciata di frati cavalieri rimasti in Prussia serviva solo come ufficiali, supervisionando le truppe assoldate, le leve e gli specialisti militari come cannonieri, ingegneri e [[Quartiermastro|quartiermastri]]. Poiché il denaro scarseggiava, i Gran maestri preferivano spenderlo in mercenari e attrezzature piuttosto che in nobili cavalieri.<ref name="urb232"/> I soldati (''Sold'' in tedesco sta per paga) si dimostrarono disposti a fare campagne per tutto il tempo necessario, ma solo finché retribuiti.<ref name="urb232">{{cita|Urban (2003)|p. 232}}.</ref>

=== Tattiche dei crociati ===
[[File:Königsberg, Hans von Sagan, Schlacht bei Rudau 1370, Fahnenträger des XVII. Jahrhunderts.jpg|miniatura|verticale|sinistra|Statua di [[Hans von Sagan]] a [[Königsberg]], personaggio leggendario distintosi nella [[battaglia di Rudau]]]]

Al fine di demarcare meglio il confine orientale, per scopi difensivi e per arrestare l'eventuale avanzata dei Lituani, prese piede sin dalla metà del XIII secolo il progetto di erigere delle roccaforti lungo i corsi d'acqua anche nei territori già controllati dall'Ordine.<ref>{{cita|Turnbull|p. 23}}.</ref> Una simile tattica era stata appresa dagli svedesi, i quali la adoperarono nelle loro lotte contro le forze [[Moscovia|moscovite]].<ref>{{cita|Murray (2017)|p. 204}}.</ref> Le guarnigioni di stanza nei castelli contavano di solito meno di cento uomini, sostituiti regolarmente ogni mese.<ref name="row244245">{{cita|Rowell|pp. 244-245}}.</ref> Gli occupanti lasciavano i propri presidi in concomitanza con le campagne effettuate in Lituania, organizzate a livello logistico e di approvvigionamenti con piani accurati.<ref name="row244245"/> Da un punto di vista strategico, le costruzioni dell'Ordine rappresentavano una potenziale spina nel fianco per via della loro posizione, tanto che le località più temute dai Baltici erano [[Neman (città)|Ragnit]], [[Sovetsk (Oblast' di Kaliningrad)|Burg Splitter]] e [[Majowka|Georgenburg]].<ref>{{cita|Urban (2018)|pp. 90-91}}.</ref>

Gli attacchi dei tedeschi e del loro seguito avvenivano secondo schemi sperimentati sul campo in Prussia. Da posizioni prestabilite, i cavalieri dell'Ordine si muovevano lungo i fiumi, agevolando l'approdo dei rifornimenti tramite chiatte cariche di grano, ma, nella Lituania interna, tale sistema si dimostrò inapplicabile, poiché i corsi d'acqua navigabili si alternavano alle paludi.<ref name="nic45">{{cita|Nicolle|p. 45}}.</ref> Di conseguenza, tranne che nel mese di giugno, preferito perché non troppo caldo, i cavalieri dell'Ordine usavano pianificare le loro operazioni di attacco nei mesi invernali, malgrado il rischio di perturbazioni gelide.<ref name="sew119">{{cita|Seward|p. 119}}.</ref><ref>{{cita|Demurger|pp. 272-273}}.</ref><ref>{{cita|Nicolle|p. 61}}.</ref> In queste condizioni il paesaggio paludoso rappresentava un rischio minore, perché ghiacciato, per chi viaggiava a cavallo.<ref name="nic45"/><ref name="urb159">{{cita|Urban (2003)|p. 159}}.</ref> Inoltre, lo spazio di fuga dei Lituani, che prediligevano le imboscate in assenza della neve, veniva fortemente limitato, considerata la mancanza della copertura vegetale dei mesi estivi.<ref name="urb159"/> Pertanto, il clima e le stagioni costituivano un fattore imprescindibile nella pianificazione delle campagne.<ref name="chr169170">{{cita|Christiansen (X)|pp. 169-170}}.</ref> Le spedizioni duravano perlopiù una trentina di giorni e, nel corso delle stesse, ci si assicurava sempre di poter portare con sé delle vettovaglie e il bottino acquisito.<ref name="chr169170"/> La rapidità restava essenziale: per questo, lo schema tradizionalmente seguito vedeva i combattimenti di giorno, il riposo di notte e lo spostamento il giorno seguente per non dare punti di riferimento.<ref name="chr169170"/><ref name="urb166">{{cita|Urban (2003)|p. 166}}.</ref> La conoscenza del territorio, imprescindibile fattore per una buona pianificazione, passò attraverso le descrizioni dei percorsi compiuti dai mercanti e dai razziatori, specie il numero di giorni di marcia necessari per ogni tappa del viaggio, così come altre informazioni utili per evitare di perdersi.<ref name="sew119"/><ref name="urb166"/> Nelle occasioni in cui si ricorreva alla cavalleria pesante, questa attaccava in formazione.<ref name="von19">{{cita|Von Jeroschin|p. 19}}.</ref> Un simile approccio, basato sulle esperienze tattiche apprese in Terra santa, si rivelò efficace anche nell'Europa nord-orientale a scapito dei Lituani. Perché si potesse applicare tale strategia, occorreva però che vi fossero le condizioni ideali, ovvero campi aperti o boschi radi.<ref name="rowell243"/> Siccome i Lituani appresero in fretta come evitare la devastante carica della cavalleria, si scelse di ricorrere a scudieri leggeri o a semplici servitori dell'Ordine che potessero eseguire delle azioni di agguato.<ref>{{cita|Nicolle|p. 50}}.</ref>

Constatata, a un certo punto dell'estenuante conflitto, l'impossibilità di poter soggiogare per intero la Lituania, i teutonici decisero di cambiare tattica e di darsi a una ''kleinkrieg'', ovvero una guerra combattuta su scala minore.<ref>{{cita libro|url=https://books.google.it/books?id=cbYmAQAAMAAJ&q=The+Teutons+were+by+that+time+convinced+of+their+inability+to+conquer+Lithuania+in+one+great+crusade+,+and+they+changed+their+tactics+into+a+Kleinkrieg+.+Since+then+,+small+German+detachments+made+frequent+sudden+incursions|p=92|lingua=en|titolo=History of the Lithuanian Nation|autore=Constantine Rudyard Jurgėla|editore=Lithuanian Cultural Institute, Historical Research Sect.|anno=1948|citazione=The Teutons were by that time convinced of their inability to conquer Lithuania in one great crusade, and they changed their tactics into a Kleinkrieg. Since then, small German detachments made frequent sudden incursions|accesso=19 gennaio 2022|dataarchivio=19 gennaio 2022|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20220119103447/https://books.google.it/books?id=cbYmAQAAMAAJ&q=The+Teutons+were+by+that+time+convinced+of+their+inability+to+conquer+Lithuania+in+one+great+crusade+%2C+and+they+changed+their+tactics+into+a+Kleinkrieg+.+Since+then+%2C+small+German+detachments+made+frequent+sudden+incursions|urlmorto=no}}</ref> In virtù di siffatta premessa, gli scontri ebbero una portata meno roboante, lasciando lo spazio a sporadici assedi e feroci rappresaglie. Nel complesso, i cristiani intrapresero circa 300 campagne militari nel Granducato tra il 1305 e il 1409 rispetto alle circa 45 principali incursioni delle armate lituane nello Stato monastico.<ref name="tur14">{{cita|Turnbull|p. 14}}.</ref><ref name="dem272">{{cita|Demurger|p. 272}}.</ref>

=== Esercito lituano ===
L'equipaggiamento generale dei combattenti lituani era costituito da spade, asce, giavellotti, frecce (i cui danni gli avversari cercarono di limitare ricorrendo a grandi scudi),<ref name="cita|Nicolle|p. 41"/> mazze di legno, elmi leggeri e scudi di legno. L'utilizzo di giavellotti e slitte sul campo di battaglia viene testimoniato da resoconti di autori tedeschi, come anche la scelta di ricorrere a espedienti quali la distruzione di ponti o alberi al fine d'impedire l'avanzata dei teutonici nel corso delle campagne.<ref name="nik4553"/> Non si deve pensare che i Lituani non fossero aperti all'innovazione militare, avendo ad esempio fatto ricorso a fucili a pietra focaia e [[Trabucco (arma)|trabucchi]], una sorta di catapulta, dopo la metà del Trecento.<ref name="nic121">{{cita|Nicholson|p. 121}}.</ref><ref name="tur50"/><ref>{{cita|Nicolle|p. 49}}.</ref> Il processo di ammodernamento tecnologico proseguì anche per i Baltici, come confermano le testimonianze secondo cui, negli anni 1380, essi utilizzarono delle [[Bombarda (arma)|bombarde]].<ref name="nic121"/> I granduchi della Lituania necessitavano spesso di combattenti vogliosi di fronteggiare Rus', Tartari, Polacchi, Tedeschi e Ungheresi.<ref name="mur64"/> Tra i guerrieri maggiormente richiesti e rispettati figuravano i Samogiti, i più coinvolti dalla crociata lituana, tanto che una piccola parte di essi finì per riempire anche le fila avversarie.<ref name="mur64"/> Tuttavia, anche per i pagani il vantaggio offerto dai mercenari stranieri non sempre fu decisivo per le sorti degli scontri.<ref name="rowell243"/> Fu il granduca Algirdas a concepire il progetto di costituzione di un esercito sempre pronto all'azione, allo scopo di sottomettere in modo efficace le comunità orientali con cui era in lotta.<ref>{{cita|Norkus|p. 52}}.</ref> Influenzati in questo soprattutto dai moscoviti, i Lituani riformarono le proprie armate, e rinnovarono l'apparato amministrativo e altri ambiti statali.<ref>{{cita web|titolo=Grand Duchy of Lithuania|sito=[[Enciclopedia Britannica]]|url=https://www.britannica.com/place/grand-duchy-of-Lithuania|lingua=en|accesso=12 giugno 2021|dataarchivio=2 gennaio 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200102163827/https://www.britannica.com/place/grand-duchy-of-Lithuania|urlmorto=no}}</ref> Tra le novità cristallizzatesi rientrava l'introduzione delle insegne sul campo di battaglia, sconosciute ai Baltici e adottate in seguito anche dalle famiglie aristocratiche seguendo l'esempio occidentale.<ref name="nik4553"/>

Agli albori del Granducato, ciascun duca disponeva di una propria armata più o meno ampia e autonoma: le guerre civili avvenute verso la fine del Duecento ne costituiscono una chiara testimonianza.<ref name="nik4553"/> Quando lo Stato iniziò a centralizzarsi, ogni granduca poté disporre dei contingenti offerti da ognuno dei suoi sottoposti. Con il passare del tempo, anche i cavalieri fecero la loro comparsa negli eserciti, in un rapporto di proposizione, rispetto alla fanteria, di 1:10.<ref name="nik4553"/> Nella gerarchia feudale, abbastanza mal definita in Lituania, i guerrieri non di fanteria vantavano uno status speciale. Si trattava di un'aristocrazia militare minore, tutto sommato paragonabile al [[cavalierato]] dell'[[Alto Medioevo]] nell'Europa occidentale.<ref>{{cita|Carpini|p. 71}}.</ref> Sovente, i guerrieri più abili o di rango elevato erano affiancati da servi per qualsiasi evenienza, i quali spesso erano mal equipaggiati e poco addestrati.<ref>{{cita|Cardini|pp. 71-72}}.</ref>

I Lituani preferivano agire con incursioni rapide piuttosto che dare luogo a stabili conquiste tramite grandi spedizioni militari, le quali in genere richiedevano pianificazioni accurate.<ref name="nik4553"/> Il fatto di disperdere anziché tenere uniti i combattenti sul campo di battaglia si rivelò una tattica svantaggiosa a livello difensivo. Ciò era dovuto però, più che a una strategia ben precisa, al fatto che le incursioni teutoniche avvenivano all'improvviso e non vi era tempo di cooperare in maniera più organizzata.<ref name="nik4553"/> Per questo motivo, ci si limitava a raggiungere [[Fortezza di collina|postazioni difensive]] da cui poter provare a respingere gli assalitori (a titolo di esempio, se ne contavano almeno 110 in Lituania orientale).<ref>{{cita|Kiaupa|p. 28}}.</ref>

Malgrado le fallacie dimostrate a livello strategico in varie occasioni, i Baltici riuscirono a estendere comunque i loro domini in fretta.<ref name="frost21"/> La supremazia dei Lituani non fu però frutto delle sole operazioni militari e sarebbe riduttivo pensarlo: le ragioni del successo sono da rintracciare anche nella fitta rete di matrimoni combinati funzionali ad assimilare in fretta nuove popolazioni e nuove terre.<ref name="frost21">{{cita|Frost|p. 21}}.</ref>

=== Tattiche lituane ===
[[File:Alytus hillfort.jpg|miniatura|[[Fortezza di collina]] presso [[Alytus]], nella [[Lituania]] meridionale. Oltre ad avere un fondamentale scopo militare già nel XII secolo, fu intorno a esse che iniziarono gradualmente a svilupparsi insediamenti urbani]]

Nelle battute iniziali del conflitto, la fanteria rappresentava il fulcro attorno a cui ruotavano gli assalti dei Lituani, preferendosi le lotte corpo a corpo. Tuttavia, a livello tattico, la tradizione dei duelli arcaici si rivelò alla lunga fatale nei confronti dei ben coordinati cavalieri avversari. Per ovviare al problema, vari comandanti lituani cominciarono ad affidarsi alla [[cavalleria leggera]], in passato adoperata solo per il trasporto di approvvigionamenti da eseguire in tempi celeri.<ref name="nik4553">{{cita pubblicazione|url=https://rcin.org.pl/Content/20471/WA308_33370_PIII348_CHANGES_I.pdf|pp=45-53|lingua=en|accesso=12 giugno 2021|rivista=Fasciculi Archaeologiae Historicae|issn=0860-0007|autore=Alvydas Nikzentaitis|anno=1994|titolo=Changes in the organization and tactics of the Lithuanian Army in the 13th, 14th and the first half of the 15th century|dataarchivio=12 giugno 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20210612121042/https://rcin.org.pl/Content/20471/WA308_33370_PIII348_CHANGES_I.pdf|urlmorto=no}}</ref> Alla fine del XIV secolo, i cavalieri dotati di armature in pelle o a maglia metallica e di armi leggere costituivano l'irrinunciabile unità impiegata nelle battaglie con gli eserciti dell'Ordine teutonico.<ref>{{cita|Stone|p. 15}}.</ref> Le formazioni equestri veloci lituane generalmente preferivano ricorrere ad attacchi veloci e mirati, attaccando le truppe o gli accampamenti avversari, e ritirandosi subito in caso di resistenza insuperabile, senza perciò impegnarsi in un lungo combattimento.<ref name="nik4553"/>


Nel frattempo il visir locale [[Shawar]], scacciato dal suo avversario Dirghâm, raggiunse la Siria e implorò Norandino di inviargli degli aiuti.<ref name="gro99" /> Approfittando dell'assenza di Amalrico, Norandino tentò di aggredire il più piccolo e fragile degli [[Stati crociati]], la [[contea di Tripoli]].<ref name="run593">{{cita|Runciman (2005)|p. 593}}.</ref> Tuttavia l'attacco al [[Krak dei Cavalieri]], principale fortezza della regione, passato alla storia come la [[battaglia di al-Buqaia]] del settembre del 1163, fallì grazie all'intervento di un gruppo di nobili francesi di ritorno da un pellegrinaggio compiuto a [[Gerusalemme]].<ref>{{cita|Richard (1999)|p. 289}}.</ref> Norandino inviò dunque un esercito in Egitto guidato dal suo fedele luogotenente curdo [[Shīrkūh]], il quale condusse con sé il giovane nipote Yūsuf ibn Ayyūb (che in futuro si farà chiamare Ṣalāḥ al-Dīn, nome latinizzato in [[Saladino]]), permettendo al visir Shawar di tornare al potere.<ref>{{cita|Bridge (1981)|pp. 177-178}}.</ref><ref>{{cita|Eddé (2014)|p. 28}}.</ref> Tuttavia, sentendosi minacciato dalle truppe di Shīrkūh, accampate alle porte del [[Il Cairo|Cairo]], il visir ruppe l'accordo stretto con Norandino e invocò nel 1164 l'aiuto di Amalrico.<ref name="bri178" /><ref name="gro100">{{cita|Grousset (1998)|p. 100}}.</ref>
L'innovazione principale del conflitto riguardò la scelta di ricorrere alle [[Fortezza di collina|fortezze di collina]], le quali ospitavano guarnigioni di diversa dimensione: solo dopo la metà del Trecento scomparvero del tutto in favore dei castelli in pietra.<ref name="nik4553"/> Constatate le proprie difficoltà nel reperire gli stessi equipaggiamenti degli avversari, oltre che per via della mancanza di disciplina tattica da parte delle truppe lituane, dopo il 1370 si cercò di evitare quanto più possibile uno scontro su vaste proporzioni (l'unica eccezione risultò la [[battaglia di Grunwald]] del 1410).<ref name="urb197"/>


Nel tentativo di distogliere l'attenzione dei crociati da [[Bilbeys]], la città dove si trovava Shīrkūh, Norandino attaccò il [[Principato di Antiochia]], massacrando molti soldati cristiani e catturando numerosi condottieri crociati nella [[battaglia di Harim]].<ref name="gro100" /> Norandino non volle tuttavia spingersi direttamente contro [[Antiochia di Siria|Antiochia]], temendo che ciò avrebbe scatenato l'intervento dell'imperatore bizantino [[Manuele I Comneno]].<ref name="bri178">{{cita|Bridge (1981)|p. 178}}.</ref><ref>{{cita|Richard (1999)|p. 290}}.</ref> Poiché Amalrico comprese che se la sua assenza si fosse prolungata avrebbe perso ulteriori terre, propose un accordo a Shīrkūh, ai sensi del quale entrambi avrebbero dovuto lasciare l'Egitto e preservare lo ''status quo''.<ref name="gro100" /> Il generale curdo, allo stremo delle forze e a corto di viveri, decise di accettare, lasciando nel novembre del 1164 l'Egitto in mano a Shawar.<ref name="gro100" />
Una delle conseguenze delle frequenti lotte tra le due compagini fu la creazione di una sorta di [[terra di nessuno]] larga quasi 160&nbsp;km al confine tra Granducato e Stato monastico.<ref>{{cita|Christiansen (X)|p. 168}}.</ref> La vegetazione prevalse sugli insediamenti antropici, quasi del tutto scomparsi, ma i Lituani impedirono la crescita di alberi di grossa dimensione sulle vaste colline, perché sarebbe stato estremamente semplice avvistare i tedeschi e prevenire attacchi a sorpresa osservandoli da altopiani spogli.<ref name="urban191">{{cita|Urban (1989)|p. 191}}.</ref> Le vecchie fortezze lasciarono lo spazio a castelli in legno verso la metà del XIII secolo.<ref name="mur738">{{cita|Murray (2006)|p. 738}}.</ref> In caso di manifesta superiorità, le sentinelle lituane di guardia nei castelli di legno più piccoli li incendiavano prima che i nemici si avvicinassero troppo e potessero impedire la fuga. Poiché un rifugio realizzato con i tronchi poteva essere ricostruito in pochi giorni o settimane, in genere non si trattava di una grande perdita, soprattutto perché la minaccia immediata permaneva per due o tre settimane al massimo.<ref name="urban191"/> Spesso si preferiva gettarsi su terreni paludosi, dove la cavalleria pesante non riusciva a districarsi.<ref name="urban191"/>


Nel 1167 Norandino mandò nuovamente Shīrkūh a conquistare l'Egitto, di nuovo affiancato dal giovane Saladino.<ref name="bri178" /><ref>{{cita|Eddé (2014)|p. 29}}.</ref> Ancora una volta Shawar chiamò Amalrico in suo soccorso, e il re di Gerusalemme tentò di colpire il nemico a più riprese.<ref name="bri178" /> Le forze cristiane ed egiziane riuscirono a fermare Shīrkūh, sia pur senza sconfiggerlo definitivamente, costringendolo a ripiegare verso [[Alessandria d'Egitto|Alessandria]].<ref>{{cita|Bridge (1981)|p. 179}}.</ref> Alla fine Shīrkūh inviò Saladino a negoziare; il giovane si dimostrò un abile diplomatico, e strinse un accordo ai sensi del quale i musulmani avrebbero lasciato l'Egitto via mare grazie a un salvacondotto.<ref>{{cita|Runciman (2005)|pp. 600-601}}.</ref> Nell'ottobre del 1168 Amalrico decise di rompere l'alleanza con Shawar e di scagliarsi contro l'Egitto, ingolosito dalla prospettiva di arricchirsi di bottini e reliquie, ma privo del supporto di ulteriori rinforzi.<ref name="bri180">{{cita|Bridge (1981)|p. 180}}.</ref> Pose così sotto assedio Bilbeys e ne massacrò la popolazione, la quale provò un immediato senso di repulsione verso i cristiani, inizialmente invece ritenuti «liberatori dall'anarchico malgoverno del califfato fatimita».<ref name="bri180" /> Fu così che Shawar si rivolse al suo vecchio nemico Norandino per difendersi dal tradimento di Amalrico.<ref name="gro103">{{cita|Grousset (1998)|p. 103}}.</ref> Non disponendo di forze sufficienti per tenere a lungo il Cairo sotto assedio, Amalrico decise infine di ritirarsi.<ref name="gro103" /> Nel frattempo, la nuova alleanza aveva permesso a Norandino di estendere il proprio controllo a tutto il Nord della cosiddetta [[Mezzaluna Fertile]] e, grazie alla debolezza di Shawar, a porre una pesante ipoteca sull'Egitto.<ref name="gro103" />
== Giudizio storiografico ==
[[File:Piotr Dusburg chronicle.png|miniatura|Titolo e frontespizio del ''[[Chronicon terrae Prussiae]]'']]


=== L'ascesa del Saladino e la crisi dei crociati ===
La critica storiografica si è occupata degli eventi giungendo a conclusioni diverse sulla crociata lituana a seconda di fonti tedesche, lituane o polacche.<ref>{{cita|Bonda|pp. 39, 76}}.</ref> Sul punto, Alan Murray è intervenuto facendo causticamente notare che «bisognerebbe resistere alla tentazione di riassumerla come una guerra tra il bene e il male».<ref name="mur64"/> Il problema nasce forse anche dal materiale delle fonti primarie, difficile da interpretare a causa delle descrizioni distorte: si tendeva infatti a giustificare le proprie azioni e a infangare la reputazione nemica.<ref>{{cita|Christiansen (X)|p. 173}}.</ref> Questi resoconti propagandistici emergono con chiarezza dagli scritti di [[Pietro di Duisburg]] del 1326 circa, come il ''[[Chronicon terrae Prussiae]]'', che per secoli ha generato confusione nella ricerca storica sulle crociate.<ref>{{cita|Murray (2017)|pp. 253-254}}.</ref> Per ragioni simili, molti scritti crociati coevi cominciarono a riferirsi semplicisticamente ai Lituani come "[[Saraceni]]" del nord, tentando di far leva sull'antico proclama con cui si sosteneva il bisogno di estendere le terre cristiane.<ref>{{cita libro|url=https://books.google.it/books?id=AExmAAAAMAAJ&q=Per+far+apparire+le+spedizioni+dell%27ordine+teutonico+in+lituania+più+familiari+al+pubblico+spagnolo+si+parlò+piuttosto+di+lotta+contro+i+“+saraceni+”|p=130|titolo=L'Ordine teutonico nel Mediterraneo|autore=Hubert Houben|editore=M. Congedo|anno=2004|isbn=978-88-80-86544-5}}</ref><ref>{{cita|Christiansen (X)|p. 176}}.</ref> Sin dalle ''[[Cronache di Enrico di Livonia]]'', unico punto di riferimento degli eventi accaduti nei primi decenni del XIII secolo in merito alla [[crociata livoniana]], a cui seguì quella lituana, le espressioni più frequenti per identificare gli autoctoni sono ''barbari'', ''gentiles'', ''neophyti'', ''infideli'', ''scismatici'' (più che altro riservati ai russi [[ortodossi]]), ''rustici vel incolae terrae'' e, più di ogni altra nello scritto di Enrico, ''pagani'', anche dopo la conversione.<ref>{{cita|Murray (2017)|p. 43}}.</ref> L'adozione di tali terminologie diffuse nel resto del continente la sensazione che fosse giusto perseverare nella prosecuzione delle lotte, ma a mano a mano che si avvicinava il 1400 tramontavano sia gli ideali che avevano giustificato le crociate sia quelli di [[Cavalleria medievale|cavalleria]].<ref>{{cita|Urban (2003)|p. 234}}.</ref> Pur essendo stato definito un [[Strategia di logoramento|conflitto di logoramento]], quest'etichetta offre solo un'idea parziale di come esso fu condotto.<ref>{{cita|Christiansen (X)|p. 167}}.</ref> Poiché durò oltre un secolo, nel corso del quale entrambe le fazioni divennero sempre più ricche e potenti, non si può dire che né l'Ordine né i Lituani abbiano raggiunto lo scopo del tipo di guerra sopraccitato. Delle schermaglie si registrarono praticamente quasi ogni anno dal 1283 al 1406, comportando un ingente dispendio di energie e denaro, il logorio della potenza avversaria e una continua sovrapposizione di atrocità e devastazioni.<ref name="mur737"/><ref name="dem272"/>
[[File:Salah ad-Din Jusuf ibn Ajub.jpg|sinistra|upright=1.1|miniatura|[[Saladino]] (1138-1193), dal 1174 sultano d'[[Egitto]] e di [[Siria]], in un [[Codice (filologia)|codice]] arabo del [[XII secolo]]]]


Shawar venne condannato a morte per la sua alleanza con i cristiani, mentre [[Shirkuh|Shīrkūh]] gli succedette in qualità di visir dell'Egitto.<ref name="gro103"/> Tuttavia, nel 1169, Shīrkūh morì dopo solo alcune settimane di governo a causa di una forte [[indigestione]].<ref name="bri180"/> A succedergli nella carica fu il nipote Saladino, un uomo salito al potere a trentuno anni e poco conosciuto dal popolo egiziano.<ref>{{cita|Bridge (1981)|p. 181}}.</ref> Si è a lungo discusso sul motivo della sua nomina, ma si tende a ritenere che fosse un candidato di compromesso, in quanto proposto dagli [[Emiro|emiri]] siriani e nominato dal califfo.<ref>{{cita|Eddé (2014)|p. 36}}.</ref> Col passare del tempo Norandino si pentì della sua decisione, in quanto iniziò a ritenere Saladino un personaggio eccessivamente ambizioso, a maggior ragione dopo le sue campagne di successo in [[Yemen]], [[Cirenaica]] e [[Nubia]].<ref>{{cita|Eddé (2014)|p. 61}}.</ref><ref name="ric308"/> Nelle due volte in cui l{{'}}''atabeg'' sollecitò Saladino a collaborare nell'assedio del [[Krak dei Cavalieri]], il sovrano d'Egitto addusse in entrambi i casi un pretesto che ne impedì la conquista.<ref name="ric308">{{cita|Richard (1999)|p. 308}}.</ref>
In [[Germania]], il conflitto fu in gran parte dimenticato o limitato alla disputa tra l'Ordine e il Regno di Polonia (è il caso della battaglia di Grunwald e dei trattati di Toruń). Annalisti come [[Wigand di Marburgo]] hanno reso tra l'altro più complicata la ricostruzione degli eventi, poiché spesso combinavano fatti accertati a testimonianze orali, folklore e racconti mitologici.<ref name="bon43">{{cita|Bonda|p. 43}}.</ref> Nei libri di storia di stampo ottocentesco e fino all'inizio del XX secolo, la crociata lituana veniva minimizzata e si raccontavano solo singoli episodi favorevoli o la costruzione di meravigliosi insediamenti divenuti disponibili per i coloni tedeschi.<ref name="urb277278"/> La minore risonanza potrebbe essere dovuta alla particolare violenza che contrassegnò il conflitto o forse, più realisticamente, agli svariati insuccessi riportati nella lotta contro il Granducato.<ref>{{cita libro|lingua=en|autore=Constantine Rudyard Jurgėla|url=https://books.google.it/books?hl=it&id=cbYmAQAAMAAJ&q=The+heroic+spirit+and+contempt+of+danger+displayed+by+the+Lithuanians+during+their+struggle+with+the+Medieval+Europe+comes+forth+particularly+in+one+case+quoted+by+German+historians.+“There+came+in+1336+a+large+number+of+crusading|titolo=History of the Lithuanian Nation|editore=Istituto culturale lituano|anno=1948|p=60|accesso=19 gennaio 2022|dataarchivio=19 gennaio 2022|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20220119103506/https://books.google.it/books?hl=it&id=cbYmAQAAMAAJ&q=The+heroic+spirit+and+contempt+of+danger+displayed+by+the+Lithuanians+during+their+struggle+with+the+Medieval+Europe+comes+forth+particularly+in+one+case+quoted+by+German+historians.+%E2%80%9CThere+came+in+1336+a+large+number+of+crusading|urlmorto=no}}</ref> A giudizio di William Urban, solo le analisi moderne, compiute in modo più attento e maggiormente fiduciose dei risultati archeologici, hanno permesso agli storici di eliminare dai loro lavori il retropensiero politico presente fino alla fine degli anni Sessanta.<ref name="urb280">{{cita|Urban (2018)|p. 280}}.</ref> Il concetto espresso dallo studioso valeva per tutte le fazioni coinvolte nella crociata.<ref name="urb280"/>


Norandino pensò di allestire una spedizione contro il suo sottoposto, ma morì nel 1174, lasciando il suo impero al figlio undicenne [[Al-Malik al-Salih Isma'il|al-Ṣāliḥ Ismāʿīl]].<ref>{{cita|Eddé (2014)|p. 67}}.</ref> A Saladino venne offerta l'opportunità d'inserirsi nelle lotte scoppiate in Siria da [[Shams al-Din Muhammad ibn al-Muqaddam|Ibn al-Muqaddam]], ministro di al-Ṣāliḥ Ismāʿīl.<ref name="edd68">{{cita|Eddé (2014)|p. 68}}.</ref> Ibn al-Muqaddam accolse Saladino a Damasco e Saladino si propose come tutore del giovane undicenne, concentrandosi subito sulla riconquista dei territori dichiaratisi autonomi dopo la morte di Norandino.<ref name="edd68" /> L'ascesa di Saladino non fu facile, ma le conquiste compiute in Siria e nella [[Mesopotamia]] settentrionale gli consentirono di rafforzare il suo potere.<ref>{{cita|Eddé (2014)|p. 71}}.</ref> Alcuni dei suoi principali avversari si rivelarono gli [[Zengidi]], signori di Damasco, [[Baalbek]] e [[Homs]].<ref name="edd73">{{cita|Eddé (2014)|p. 73}}.</ref> Ostili a Saladino, furono sconfitti nella [[battaglia dei corni di Hama]] il 13 aprile 1175 e dovettero siglare un trattato che sanciva la supremazia di Saladino sull'intera Siria, eccezion fatta per [[Aleppo]].<ref name="edd73" /> Il quadro geopolitico aveva subito mutamenti sostanziali, infatti «invece di una confusa ''congerie'' di staterelli, esisteva ora una Siria potente e unita, con l'Egitto sotto la sua sovranità».<ref name="ril127">{{cita|Riley-Smith (2022)|p. 127}}.</ref> Saladino non riportò vittorie definitive ad Aleppo nemmeno nel 1176 e scampò per due volte, nell'estate di quell'anno, agli attentati che la [[Setta degli Assassini]] provò a compiere quando il sultano attaccò [[Masyaf]], la loro roccaforte principale.<ref>{{cita|Eddé (2014)|pp. 75-76}}.</ref> Trasferitosi quindi in Egitto, strinse un accordo in virtù del quale non avrebbe attaccato gli Assassini,<ref>{{cita|Runciman (2005)|p. 631}}.</ref> e si convinse che fosse necessario proseguire la ''[[jihād]]'' (guerra santa) contro i crociati.<ref name="ril127" />
Il conflitto è percepito in modo diametralmente opposto nell'odierna [[Lituania]].<ref name="urb277278"/><ref>{{cita|Rowell|p. 229}}.</ref> Soprattutto per via degli ultimi travagliati secoli di storia vissuti dal Paese baltico, il Basso Medioevo è percepito come l'"età dell'oro" della Lituania.<ref>{{cita|Carpini|p. 78}}.</ref> Il riferimento è, in particolare, alle numerose conquiste effettuate a est nel XIV secolo e alla vittoria riportata nella crociata ai danni dei Cavalieri teutonici nel primo decennio del XV secolo.<ref>{{cita|Carpini|p. 79}}.</ref> Durante il Medioevo, storici come [[Jan Długosz]] basavano il loro lavoro sulle [[cronache lituane]]: queste tre raccolte comprendono varie informazioni relative al Granducato ma, essendo tese a glorificare le origini dei Baltici, sono spesso considerate poco affidabili.<ref name="bon43"/> La documentazione storiografica includeva anche le lettere personali dei sovrani lituani Gediminas, Algirdas e Vitoldo, spesso scritte in [[Lingua slava ecclesiastica antica|antico slavo ecclesiastico]], tedesco o [[Lingua greca|greco]].<ref>{{cita|Bonda|p. 59}}.</ref> Tali resoconti politici sono integrati da documenti culturali come quelli di Michalo Lituanus (''De moribus tartarorum, lituanorum et moscorum'') e [[Simonas Daukantas]].<ref>{{cita|Bonda|p. 81}}.</ref> Un'ulteriore esaltazione delle gesta della popolazione locale avviene da parte di scrittori della Samogizia, la regione più immersa nella guerra.<ref>{{cita libro|autore=Irena Vaišvilaite|anno=2013|titolo=Chiese Lignee in Samogizia|editore=Gangemi Editore spa|url=https://books.google.it/books?id=fZPNCgAAQBAJ&printsec=frontcover|p=5|isbn=978-88-49-29761-4|accesso=12 giugno 2021|dataarchivio=19 gennaio 2022|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20220119103458/https://books.google.it/books?id=fZPNCgAAQBAJ&printsec=frontcover|urlmorto=no}}</ref> Il ruolo della Polonia, indiretto in gran parte del conflitto ma decisivo nel finale, viene invece trascurato, malgrado la cronaca di Stanisław Sarnicki includa discussioni sulle crociate.<ref>{{cita|Bonda|p. 68}}.</ref>


[[File:Couronnement de Baudouin IV.png|miniatura|Miniatura raffigurante l'incoronazione di [[Baldovino IV di Gerusalemme]] (1161-1185), detto il Lebbroso, tratta da un'edizione del [[XIV secolo]] della ''[[Historia rerum in partibus transmarinis gestarum]]'' di [[Guglielmo di Tiro]]]]
[[File:Nikzentaitis02.jpg|miniatura|Lo storico lituano [[Alvydas Nikžentaitis]]]]
La moderna ricerca storica lituana è stata pesantemente influenzata dalla cultura e dalle restrizioni sovietiche fino a pochi decenni or sono. Uno studio lituano che gode di ottima reputazione curato da [[Edvardas Gudavičius]], ''Kryžiaus karai Pabaltijyje'' ("Crociate nei Paesi baltici"), i cui contenuti erano stati scritti però in maniera tale da non subire la censura sovietica, minimizzava la capacità dei Lituani nel preservare la propria indipendenza e sopravvalutava il ruolo dei papi medievali nel dirigere le crociate del Nord.<ref name="maz289303">{{cita pubblicazione|autore=Rasa Mažeika|data=gennaio 1995|titolo=The Grand Duchy rejoins Europe: Post-Soviet developments in the historiography of pagan Lithuania|rivista=Journal of Medieval History|volume=21|numero=3|lingua=en|accesso=12 giugno 2021|doi=10.1016/0304-4181(95)00766-9|pp=289–303}}</ref> Dal canto loro, gli storici sovietici sostenevano spesso come il Granducato avesse tratto spunto per il suo sistema legale, finanziario, amministrativo e militare dalla [[Moscovia]].<ref name="maz289303"/> Un ulteriore elemento riguardava il giudizio sui teutonici, malvisti da Polacchi e Lituani in vari frangenti del XIX e del XX secolo. Poiché anche durante la parentesi sovietica si incoraggiò l'equazione "Ordine teutonico=tutto ciò che è tedesco", eseguendo facili e anacronistici parallelismi tra i [[Crimini di guerra della Wehrmacht|crimini nazisti]] e quelli dei cavalieri medievali, solo l'intervento di studiosi moderni ha consentito di rivalutare il contributo apportato dal gruppo cavalleresco in ambito artistico, economico, architettonico, amministrativo e culturale.<ref name="urb277278"/> L'affrettato paragone nasceva dall'errata convinzione avanzata da un filone storiografico che vedeva nelle crociate medievali in Europa orientale (e la conseguente migrazione di tedeschi, ebrei e polacchi riassunta con l'espressione ''[[Drang nach Osten]]'') un primo esempio di imperialismo teutonico.<ref name="urb277278">{{cita|Urban (2003)|pp. 277-278}}.</ref>


L'influente re Amalrico era morto come Norandino nel 1174, lasciando il trono di Gerusalemme al figlio quasi tredicenne [[Baldovino IV di Gerusalemme|Baldovino IV]].<ref>{{cita|Runciman (2005)|pp. 621, 626}}.</ref><ref>{{cita|Richard (1999)|p. 319}}.</ref> Il mondo franco si trovava diviso sulle scelte da intraprendere, spaccato tra una fazione più propensa alla pace con i musulmani ritenendo che non fossero maturi i tempi per combattere, e una più intransigente e oltranzista.<ref>{{cita|Runciman (2005)|pp. 627-628}}.</ref> Fu quest'ultimo partito a prevalere, tanto che le spedizioni militari dirette contro l'Egitto si susseguirono incessantemente dal 1175 al 1178.<ref name="edd188">{{cita|Eddé (2018)|p. 188}}.</ref> In particolare, quando nel 1177 arrivò [[Filippo di Fiandra]], Baldovino e i delegati bizantini si convinsero dell'effettiva possibilità di compiere una campagna di successo.<ref name="edd188"/> Le aspettative vennero disilluse quando Filippo rifiutò di partecipare,<ref name="edd188"/> ma Baldovino IV si mosse comunque. Infuriata nuovamente la guerra, egli riportò una vittoria importante il 25 novembre del 1177 nella [[battaglia di Montgisard]], quando colse di sorpresa l'esercito di Saladino in viaggio verso Gerusalemme e riuscì, con un numero nettamente inferiore di uomini, a prevalere; pare che Saladino sfuggì soltanto per fortuna alla cattura.<ref>{{cita|Bridge (1981)|pp. 187-188}}.</ref><ref>{{cita|Grousset (1998)|p. 110}}.</ref> Il sovrano musulmano ebbe modo di rifarsi il 10 giugno 1179, quando a [[Marjayoun]], nei pressi del [[monte Libano]], surclassò Baldovino e il suo seguito.<ref>{{cita|Grousset (1998)|pp. 110-111}}.</ref><ref>{{cita|Richard (1999)|p. 312}}.</ref> Riportò poi nuova vittoria attaccando il castello del re cristiano al [[Guado di Giacobbe]] tra il 24 e il 29 agosto.<ref name="run640">{{cita|Runciman (2005)|p. 640}}.</ref>
Lo studio dei [[Medievistica|medievalisti]] poté proseguire con nuova linfa dopo la caduta della [[cortina di ferro]] e la prima edizione dell'opera ''Lithuania Ascending'' di [[Stephen Christopher Rowell|Stephen Rowell]] ha costituito un'autentica pietra miliare, gettando luce sul contesto politico e culturale delle crociate lituane.<ref name="maz289303"/> Da allora, si è tentato di focalizzarsi anche su altri aspetti, quali l'organizzazione militare dei due schieramenti tra età di mezzo ed era moderna e si sono susseguite indagini più approfondite in merito all'autenticità o meno delle promesse di conversione effettuate dai vari granduchi.<ref name="maz289303"/>


Benché nel 1181 fosse stata suggellata una tregua, il principe di Antiochia [[Rinaldo di Châtillon]], ripudiando le trattative e dedicandosi costantemente ai saccheggi, continuò ad aggredire le carovane che transitavano nella regione della Buqā'ya e, in particolare, una di pellegrini intenta a recarsi a [[La Mecca]] per l{{'}}''[[hajj]]''.<ref name="gro112113">{{cita|Grousset (1998)|pp. 112-113}}.</ref> La fragile situazione politica crociata permise a Rinaldo di estendere la sua attività corsara fino al [[Mar Rosso]], con le sue galee che rendevano estremamente rischiosa la navigazione ai musulmani che si recavano alla Città Santa dell'[[Islam]].<ref name="gro113">{{cita|Grousset (1998)|p. 113}}.</ref> Le violenze perpetrate contro gli inermi pellegrini suscitarono un vivo odio in tutto il mondo musulmano nei confronti di Rinaldo, ma pare che anche Baldovino IV si fosse scandalizzato per l'attività del principe.<ref name="gro113" /> Pur avendogli intimato di cessare le proprie scorrerie, Rinaldo disobbedì e spinse Saladino ad attaccarlo; Baldovino ebbe la lungimiranza di accettare la richiesta di assistenza avanzata da Rinaldo e giunse in soccorso del principe.<ref name="gro113" /> Saladino avviò l'offensiva nel maggio del 1182 e i due eserciti si scontrarono a luglio nella [[battaglia di Belvoir]], combattuta presso l'[[Fortezza di Belvoir|omonimo castello]].<ref name="run649" /> Benché i franchi resistessero, la vittoria non fu decisiva e permise a Saladino di attaccare subito dopo [[Beirut]].<ref name="run649">{{cita|Runciman (2005)|p. 649}}.</ref> La roccaforte era tuttavia assai robusta e non si arrese, costringendo gli aggressori alla ritirata.<ref>{{cita|Runciman (2005)|pp. 649-650}}.</ref> Nel 1183 Saladino si convinse che fosse necessario assicurarsi la strategica [[fortezza di Kerak]], posseduta da Rinaldo di Châtillon.<ref>{{cita|Runciman (2005)|p. 657}}.</ref> Alla fine di novembre avviò l'[[Assedio di Kerak|assedio]], ma le sue sortite si rivelarono poco fruttuose e vi rinunciò qualche giorno dopo quando seppe dell'avvicinarsi dell'esercito di Baldovino.<ref>{{cita|Runciman (2005)|pp. 657-658}}.</ref> Il re cristiano, infermo da anni perché malato di [[lebbra]], morì nel 1185 e il trono passò al nipote [[Baldovino V di Gerusalemme|Baldovino V]], al tempo solo un bambino di cinque anni.<ref name="gro119">{{cita|Grousset (1998)|p. 119}}.</ref> La reggenza di Gerusalemme fu dunque tenuta da [[Raimondo III di Tripoli]].<ref name="gro119" />
== Note ==
=== Esplicative ===
<references group="nota"/>


L'anno seguente Baldovino V morì e gli subentrò la principessa [[Sibilla di Gerusalemme]] (sorella di Baldovino IV e madre di Baldovino V), nominando a sorpresa come re consorte il suo nuovo marito [[Guido di Lusignano]] nel settembre o ottobre del 1186.<ref>{{cita|Richard (1999)|p. 327}}.</ref> La divisione interna al mondo crociato era stata più che mai evidente prima della futura avanzata di Saladino verso Gerusalemme.<ref name="ril131" /> Uno dei dualismi più tangibili fu quello conflittuale tra Guido di Lusignano e [[Raimondo III di Tripoli]], insorto a seguito della morte di Baldovino V: Raimondo si era infatti rifiutato di riconoscere l'autorità di Guido come re di Gerusalemme.<ref name="gro121">{{cita|Grousset (1998)|p. 121}}.</ref> Furono soltanto i baroni a distogliere Guido dalla prospettiva di scatenare una guerra con Raimondo, che nel 1186 siglò «un patto di sicurezza e garanzia» con Saladino.<ref name="gro121" /><ref name="edd205">{{cita|Eddé (2014)|p. 205}}.</ref>
=== Bibliografiche ===
{{note strette}}


=== La caduta del Regno Latino ===
== Bibliografia ==
{{Vedi anche|Battaglia di Hattin|Assedio di Gerusalemme (1187)}}
* {{cita pubblicazione|url=http://www.esparama.lt/es_parama_pletra/failai/ESFproduktai/2013_metodine_priemone_Lithuanian_Historiography.pdf|autore=Morena Bonda|anno=2013|cid=Bonda|titolo=History of Lithuanian Historiography|città=Kaunas|accesso=12 giugno 2021|editore=Vytautas Magnus University|isbn=978-9955-21-363-5|lingua=en}}
[[File:Hattin.jpg|miniatura|La battaglia di Hattīn in un manoscritto anonimo del [[XV secolo]]]]
* {{cita libro|autore=[[Franco Cardini]]|titolo=Come l'orco nella fiaba|capitolo=Vytautas e Jogaila. I destini incrociati di due cavalieri in un mondo di cambiamento|anno=2010|editore=SISMEL Edizioni del Galluzzo|cid=Cardini|isbn=978-88-8450-375-6|pp=73-83|url=https://books.google.it/books?id=YvTj0DcI4g4C&pg=PA73}}
* {{cita libro|Claudio|Carpini|Storia della Lituania: identità europea e cristiana di un popolo|Città Nuova|2007|cid=Carpini|isbn=978-88-311-0341-1}}
* {{cita libro|titolo=Le crociate del Nord. Il Baltico e la frontiera cattolica (1100-1525)|isbn=978-88-15-26604-0|anno=2016|editore=Il Mulino|autore=[[Eric Christiansen]]|cid=Christiansen|traduttore=Donatella Levi}}
* {{cita libro|cid=Demurger|Alain|Demurger|I cavalieri di Cristo: gli ordini religioso-militari del Medioevo|traduttore=Emanuele Lana|2004|Garzanti|isbn=978-88-11-69286-7}}
* {{cita libro|Robert I.|Frost|The Oxford History of Poland-Lithuania: Volume I: The Making of the Polish-Lithuanian Union, 1385-1569|Oxford University Press|2018|lingua=en|cid=Frost|isbn=978-0-19-256814-4}}
* {{cita libro|lingua=en|[[Zigmantas Kiaupa]], Jūratė Kiaupienė, Albinas|Kunevičius|The History of Lithuania Before 1795|Istituto di Storia Lituana|Vilnius|2000|cid=Kiaupa|isbn=978-9986-810-13-1}}
* {{cita libro|lingua=en|Alan V.|Murray|url=http://lukashevichus.info/knigi/Crusades%20Encycl%20Murray.pdf|The Crusades: An Encyclopedia|2006|ABC-CLIO|cid=Murray (2006)|isbn=1-57607-863-9}}
* {{cita libro|lingua=en|Alan V.|Murray|Crusade and Conversion on the Baltic Frontier 1150-1500|2017|Taylor & Francis|isbn=978-1-57607-862-4|cid=Murray (2017)}}
* {{cita libro|lingua=en|Helen|Nicholson|url=https://books.google.it/books?id=6jwrDwAAQBAJ&pg=PA121|The Military Orders: Welfare and Warfare|2017|Routledge|isbn=978-1-351-54256-2|volume=2|cid=Nicholson}}
* {{cita libro|lingua=en|David|Nicolle|cid=Nicolle|Teutonic Knight: 1190-1561|2007|Bloomsbury USA|isbn=978-1-84603-075-8}}
* {{cita libro|lingua=en|Zenonas|Norkus|An Unproclaimed Empire: The Grand Duchy of Lithuania|Routledge|2017|cid=Norkus|isbn=978-1-138-28154-7}}
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* {{cita libro|lingua=en|Stephen|Turnbull|wkautore=Stephen Turnbull|Crusader Castles of the Teutonic Knights: The red-brick castles of Prussia 1230-1466|2011|Bloomsbury Publishing|volume=1|isbn=978-1-84908-010-1|cid=Turnbull}}
* {{cita libro|lingua=en|cid=Von Jeroschin|titolo=A History of the Teutonic Knights in Prussia 1190-1331|autore=Nicolaus von Jeroschin|traduttore=Mary Fischer|editore=Ashgate Publishing, Ltd.|anno=2010|isbn=978-0-7546-5309-7}}
* {{cita libro|lingua=en|William|Urban|wkautore=William Urban|The Teutonic Knights: A Military History|2003|Greenhill|isbn=978-1-85367-535-5|cid=Urban (2003)}}
* {{cita libro|William|Urban|The Last Years of the Teutonic Knights: Lithuania, Poland and the Teutonic Order|lingua=en|2018|Greenhill Books|isbn=978-1-78438-360-2|cid=Urban (2018)}}
* {{cita libro|lingua=en|William|Urban|The Samogitian Crusade|1989|Centro di studi e ricerche lituano|cid=Urban (1989)|isbn=978-0-929700-03-8}}


Fu paradossalmente Rinaldo di Châtillon, odiato sia da Guido che da Raimondo, a spingere i due rivali ad accantonare le proprie divergenze.<ref name="ril131"/><ref name="gro121"/> Rinaldo aveva assaltato in periodo di pace un'altra ricca carovana, facendo prigionieri i membri del convoglio;<ref name="gro121"/><ref name="ric329"/> Saladino intimò quindi che i prigionieri venissero liberati e il carico restituito.<ref name="gro121"/><ref name="ric329"/> Anche Guido ordinò a Rinaldo di rilasciare i prigionieri, ma la richiesta del sovrano rimase inascoltata.<ref name="gro121"/><ref name="ric329">{{cita|Richard (1999)|p. 329}}.</ref> Il 13 marzo del 1189 Saladino, il quale non attendeva altro che un pretesto per rompere la pace e scatenare un'offensiva verso nord, dichiarò dunque guerra ai franchi e partì da Damasco.<ref name="edd205"/> La situazione impose ai cristiani di dimenticare temporaneamente le proprie liti, in quanto si diceva che il sultano curdo era alla testa di un «esercito enorme, simile a un oceano».<ref name="gro121"/> La sconfitta riportata dal [[Gran maestro]] dei [[Templari]] [[Gérard de Ridefort|Gerardo di Ridefort]] a [[Battaglia di Cresson|Cresson]], nei pressi di [[Nazareth]] il 1º maggio 1187, acuì il problema.<ref>{{cita|Runciman (2005)|pp. 667-668}}.</ref> Si comprese che Saladino mirava a Gerusalemme e che il suo interesse per tale obiettivo era determinato da motivi strategici.<ref>{{cita|Eddé (2014)|p. 198}}.</ref> Fu solo all'ultimo momento che Guido di Lusignano e un riluttante Raimondo III di Tripoli si riconciliarono, concentrando le reciproche truppe a disposizione a [[Sefforis]], al centro della [[Galilea]], a metà strada tra la città di [[Tiberiade]] e il mare.<ref name="gro122">{{cita|Grousset (1998)|p. 122}}.</ref> «Questa sorta di mobilitazione generale» consentì di contare su circa {{formatnum:1500}} cavalieri e {{formatnum:20000}} fanti, oltre ovviamente alle sentinelle del posto.<ref name="gro122"/>
== Voci correlate ==
* [[Crociata livoniana]]
* [[Crociata prussiana]]
* [[Crociate del Nord]]
* [[Drang nach Osten]]
* [[Lithuania Propria]]
* [[Livonia]]
* [[Ostsiedlung]]


Al momento dell'attacco scagliato da Saladino, Tiberiade sembrava decisamente destinata a non reggere la pressione nemica, tanto che nel giro di un'ora la città bassa era già stata persa dai crociati.<ref>{{cita|Grousset (1998)|p. 123}}.</ref> La gravità della situazione imponeva ai franchi giunti in soccorso di trovare una soluzione in tempi rapidi. L'esercito crociato non versava in buone condizioni, poiché stremato dal caldo torrido di luglio, dalla sete, conscio della propria inferiorità numerica e demoralizzato dalle continue lotte tra i propri comandanti.<ref>{{cita|Grousset (1998)|pp. 123-124}}.</ref> Raimondo III era totalmente scettico sulle scelte imposte da Guido, avallate sia dal principe Rinaldo di Châtillon sia dal maestro templare Gerardo di Ridefort.<ref name="gro124"/> In maniera discutibile Guido aveva lasciato a Saladino il tempo di accamparsi e presidiare il luogo strategicamente migliore, ovvero le rive del [[lago di Tiberiade]].<ref name="gro124">{{cita|Grousset (1998)|p. 124}}.</ref> Al contrario, egli si era sistemato su delle brulle colline a est a e sud dello specchio d'acqua.<ref name="gro124"/> La sera del 3 luglio, il re Guido decise quindi di marciare con il suo esercito fino ai [[Hittin|Corni di Hattīn]], dei costoni basaltici non distanti dalla città di Tiberiade.<ref name="ric331">{{cita|Richard (1999)|p. 331}}.</ref> Durante la notte i soldati cristiani si trovarono completamente circondati da Saladino, che aveva appiccato il fuoco alle erbe secche circostanti perché vi era del vento che soffiava in direzione dei suoi nemici.<ref name="gro124"/> In siffatte condizioni, le armate cristiane vennero massacrate agevolmente nella [[battaglia di Hattin]], durante la quale probabilmente Saladino guidò il più grande esercito che avesse mai avuto a disposizione (circa {{formatnum:30000}} uomini).<ref name="ril131">{{cita|Riley-Smith (2022)|p. 131}}.</ref> Raimondo riuscì a scampare alla disfatta aprendosi un varco e fuggendo a Tiberiade, mentre invece i principali responsabili della sconfitta, ovvero Guido di Lusignano, Rinaldo di Châtillon e Gerardo di Ridefort, finirono prigionieri.<ref name="gro124"/> Pur avendo trattato con cortesia i baroni e il re, l'odiato Rinaldo fu apostrofato a male parole da Saladino e, quando rispose con toni aspri, «il sultano lo decapitò di propria mano».<ref name="ric331"/><ref name="bri203">{{cita|Bridge (1981)|p. 203}}.</ref> Saladino ordinò che i cristiani non venissero uccisi e il suo ordine fu rispettato.<ref name="bri203"/> Molti dei prigionieri giunsero a Damasco, venendo venduti come schiavi; pare che il loro prezzo discese così tanto che addirittura si riferisce di un tale che ne comprò uno scambiandolo con un paio di sandali.<ref>{{cita|Runciman (2005)|p. 674}}.</ref> Guido fu invece trattenuto prima a [[Naplusa]] e poi a [[Laodicea (Siria)|Laodicea]], salvo venire liberato nel 1188 per le insistenti suppliche rivolte da sua moglie, [[Sibilla di Gerusalemme|Sibilla d'Angiò]].<ref>{{cita|Runciman (2005)|pp. 675-676}}.</ref> Non fu un gesto mosso dalla pietà: Saladino immaginava infatti che la liberazione di Guido avrebbe causato scompiglio nel mondo cristiano, e le sue future lotte personali per preservare il titolo regale dimostrarono che il calcolo del sultano era stato più che giusto.<ref>{{cita|Runciman (2005)|p. 676}}.</ref>
== Collegamenti esterni ==
* {{cita web|url=http://www.lka.lt/download/7661/r.batura_|accesso=20 gennaio 2022|sito=lka.lt|titolo=Campi di battaglia della crociata lituana|p=8|dataarchivio=17 settembre 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200917014028/http://www.lka.lt/download/7661/r.batura_|urlmorto=sì}}


[[File:Aerial view of Acre 1.jpg|miniatura|sinistra|La città vecchia di [[Acri (Israele)|Acri]], espugnata da [[Saladino]] il 10 luglio 1189]]
{{Portale|Lituania|crociate|medioevo}}


La disfatta di Hattin si tramutò in «un disastro senza precedenti».<ref name="bri203"/> Con la cavalleria franca sterminata e il grosso dell'esercito cristiano annientato, Saladino si impadronì prima dell'importante città costiera di [[San Giovanni d'Acri]] il 10 luglio, dopodiché di [[Beirut]] (6 agosto 1187) e infine degli altri porti del [[Libano]].<ref name="gro125">{{cita|Grousset (1998)|p. 125}}.</ref> Il 5 settembre, a seguito di lunghi combattimenti, fu la volta di [[Ascalona]].<ref name="gro125"/> Quando infine Saladino si presentò dinanzi alle porte di Gerusalemme, non desiderava combattere e offrì ai cristiani la possibilità di arrendersi avendo salva la vita.<ref name="bri203"/> I difensori non volevano però cedere il possesso della città senza lottare, motivo per cui ingaggiarono battaglia.<ref name="bri203"/> La resistenza si rivelò dopo due settimane impossibile da proseguire e, il 2 ottobre 1187, gli occupanti si arresero.<ref name="bri203"/><ref name="run678">{{cita|Runciman (2005)|p. 678}}.</ref> Ancora una volta si evitarono spargimenti di sangue dei prigionieri cristiani, su ordine di Saladino.<ref name="run678"/> Fu loro permesso di riscattarsi pagando una somma in denaro, invero relativamente bassa.<ref name="bri203"/> Poiché alcuni poveri non potevano comunque permettersela, il sultano si dimostrò magnanimo e rilasciò molte di queste persone senza domandare alcun riscatto.<ref>{{cita|Bridge (1981)|pp. 203-204}}.</ref>
Vetrina|valutazione=Wikipedia:Riconoscimenti di qualità/Segnalazioni/Crociata lituana|arg=storia|giorno=14|mese=febbraio|anno=2022}}


Frattanto i cristiani sopravvissuti alla disfatta di Hattin si erano asserragliati a [[Tiro (Libano)|Tiro]], la città più fortificata lungo la costa.<ref name="run683"/> Il sultano tergiversò, temendo che essa potesse sopportare un lungo assedio.<ref name="run683">{{cita|Runciman (2005)|p. 683}}.</ref> Ciò diede agli occupanti di Tiro, aiutati dell'arrivo di alcuni rinforzi con a capo [[Corrado del Monferrato]], il tempo di prepararsi adeguatamente e respingere l'[[Assedio di Tiro (1187)|assedio]] che ebbe luogo tra il novembre del 1187 e il gennaio del 1188.<ref>{{cita|Runciman (2005)|pp. 683-684}}.</ref> Malgrado ciò, la situazione cristiana appariva disperata, se si tengono presenti le grosse perdite patite e la circostanza che i pochi presidi sfuggiti all'avanzata di Saladino (Tiro, [[Tripoli (Libano)|Tripoli]] e Antiochia) sembravano comunque prossimi alla conquista islamica.<ref name="gro128">{{cita|Grousset (1998)|p. 128}}.</ref>
[Categoria:Guerre medievali]]
[Categoria:Guerre che coinvolgono l'Ordine teutonico]]
[Categoria:Guerre che coinvolgono il Granducato di Lituania]]
[Categoria:Lituania medievale]]

Versione delle 20:45, 17 ott 2023

Antefatti

Lo stesso argomento in dettaglio: Seconda crociata.

Con la fine della seconda crociata, l'atabeg Norandino, della dinastia zengide, si era assicurato il controllo di Damasco e aveva unificato la Siria. Ciò fu reso possibile dal suo progetto di rafforzamento dell'esercito, in quanto egli richiamò in servizio moltissimi turcomanni e curdi.[1]

L'unificazione dei musulmani

Il re Amalrico I di Gerusalemme (1136-1174) in una miniatura del XIII secolo
Il condottiero e atabeg Norandino (1118-1174) raffigurato in un capolettera istoriato presente in un codice miniato

Desideroso di espandere i propri domini, Norandino aveva esteso le sue mire all'Egitto, dominato dalla dinastia dei Fatimidi e dilaniato da una difficile situazione politica.[2] Si trattava di una terra ambita anche dai franchi,[nota 1] in particolare dal contemporaneo Amalrico I di Gerusalemme e dai successivi Giovanni di Brienne e Luigi IX di Francia.[3] Essi erano consapevoli che ormai una Siria musulmana unita aveva ben poche speranze di essere conquistata celermente, motivo per cui si virò verso un nuovo obiettivo.[4] La prima campagna, compiuta nel settembre 1163 da re Amalrico, fu soltanto di avanscoperta e venne interrotta dalle inondazioni causate dal Nilo.[3][5] Malgrado ciò, Amalrico intuì che vi era la possibilità di insediarsi stabilmente in Egitto.

Nel frattempo il visir locale Shawar, scacciato dal suo avversario Dirghâm, raggiunse la Siria e implorò Norandino di inviargli degli aiuti.[3] Approfittando dell'assenza di Amalrico, Norandino tentò di aggredire il più piccolo e fragile degli Stati crociati, la contea di Tripoli.[5] Tuttavia l'attacco al Krak dei Cavalieri, principale fortezza della regione, passato alla storia come la battaglia di al-Buqaia del settembre del 1163, fallì grazie all'intervento di un gruppo di nobili francesi di ritorno da un pellegrinaggio compiuto a Gerusalemme.[6] Norandino inviò dunque un esercito in Egitto guidato dal suo fedele luogotenente curdo Shīrkūh, il quale condusse con sé il giovane nipote Yūsuf ibn Ayyūb (che in futuro si farà chiamare Ṣalāḥ al-Dīn, nome latinizzato in Saladino), permettendo al visir Shawar di tornare al potere.[7][8] Tuttavia, sentendosi minacciato dalle truppe di Shīrkūh, accampate alle porte del Cairo, il visir ruppe l'accordo stretto con Norandino e invocò nel 1164 l'aiuto di Amalrico.[9][10]

Nel tentativo di distogliere l'attenzione dei crociati da Bilbeys, la città dove si trovava Shīrkūh, Norandino attaccò il Principato di Antiochia, massacrando molti soldati cristiani e catturando numerosi condottieri crociati nella battaglia di Harim.[10] Norandino non volle tuttavia spingersi direttamente contro Antiochia, temendo che ciò avrebbe scatenato l'intervento dell'imperatore bizantino Manuele I Comneno.[9][11] Poiché Amalrico comprese che se la sua assenza si fosse prolungata avrebbe perso ulteriori terre, propose un accordo a Shīrkūh, ai sensi del quale entrambi avrebbero dovuto lasciare l'Egitto e preservare lo status quo.[10] Il generale curdo, allo stremo delle forze e a corto di viveri, decise di accettare, lasciando nel novembre del 1164 l'Egitto in mano a Shawar.[10]

Nel 1167 Norandino mandò nuovamente Shīrkūh a conquistare l'Egitto, di nuovo affiancato dal giovane Saladino.[9][12] Ancora una volta Shawar chiamò Amalrico in suo soccorso, e il re di Gerusalemme tentò di colpire il nemico a più riprese.[9] Le forze cristiane ed egiziane riuscirono a fermare Shīrkūh, sia pur senza sconfiggerlo definitivamente, costringendolo a ripiegare verso Alessandria.[13] Alla fine Shīrkūh inviò Saladino a negoziare; il giovane si dimostrò un abile diplomatico, e strinse un accordo ai sensi del quale i musulmani avrebbero lasciato l'Egitto via mare grazie a un salvacondotto.[14] Nell'ottobre del 1168 Amalrico decise di rompere l'alleanza con Shawar e di scagliarsi contro l'Egitto, ingolosito dalla prospettiva di arricchirsi di bottini e reliquie, ma privo del supporto di ulteriori rinforzi.[15] Pose così sotto assedio Bilbeys e ne massacrò la popolazione, la quale provò un immediato senso di repulsione verso i cristiani, inizialmente invece ritenuti «liberatori dall'anarchico malgoverno del califfato fatimita».[15] Fu così che Shawar si rivolse al suo vecchio nemico Norandino per difendersi dal tradimento di Amalrico.[16] Non disponendo di forze sufficienti per tenere a lungo il Cairo sotto assedio, Amalrico decise infine di ritirarsi.[16] Nel frattempo, la nuova alleanza aveva permesso a Norandino di estendere il proprio controllo a tutto il Nord della cosiddetta Mezzaluna Fertile e, grazie alla debolezza di Shawar, a porre una pesante ipoteca sull'Egitto.[16]

L'ascesa del Saladino e la crisi dei crociati

Saladino (1138-1193), dal 1174 sultano d'Egitto e di Siria, in un codice arabo del XII secolo

Shawar venne condannato a morte per la sua alleanza con i cristiani, mentre Shīrkūh gli succedette in qualità di visir dell'Egitto.[16] Tuttavia, nel 1169, Shīrkūh morì dopo solo alcune settimane di governo a causa di una forte indigestione.[15] A succedergli nella carica fu il nipote Saladino, un uomo salito al potere a trentuno anni e poco conosciuto dal popolo egiziano.[17] Si è a lungo discusso sul motivo della sua nomina, ma si tende a ritenere che fosse un candidato di compromesso, in quanto proposto dagli emiri siriani e nominato dal califfo.[18] Col passare del tempo Norandino si pentì della sua decisione, in quanto iniziò a ritenere Saladino un personaggio eccessivamente ambizioso, a maggior ragione dopo le sue campagne di successo in Yemen, Cirenaica e Nubia.[19][20] Nelle due volte in cui l'atabeg sollecitò Saladino a collaborare nell'assedio del Krak dei Cavalieri, il sovrano d'Egitto addusse in entrambi i casi un pretesto che ne impedì la conquista.[20]

Norandino pensò di allestire una spedizione contro il suo sottoposto, ma morì nel 1174, lasciando il suo impero al figlio undicenne al-Ṣāliḥ Ismāʿīl.[21] A Saladino venne offerta l'opportunità d'inserirsi nelle lotte scoppiate in Siria da Ibn al-Muqaddam, ministro di al-Ṣāliḥ Ismāʿīl.[22] Ibn al-Muqaddam accolse Saladino a Damasco e Saladino si propose come tutore del giovane undicenne, concentrandosi subito sulla riconquista dei territori dichiaratisi autonomi dopo la morte di Norandino.[22] L'ascesa di Saladino non fu facile, ma le conquiste compiute in Siria e nella Mesopotamia settentrionale gli consentirono di rafforzare il suo potere.[23] Alcuni dei suoi principali avversari si rivelarono gli Zengidi, signori di Damasco, Baalbek e Homs.[24] Ostili a Saladino, furono sconfitti nella battaglia dei corni di Hama il 13 aprile 1175 e dovettero siglare un trattato che sanciva la supremazia di Saladino sull'intera Siria, eccezion fatta per Aleppo.[24] Il quadro geopolitico aveva subito mutamenti sostanziali, infatti «invece di una confusa congerie di staterelli, esisteva ora una Siria potente e unita, con l'Egitto sotto la sua sovranità».[25] Saladino non riportò vittorie definitive ad Aleppo nemmeno nel 1176 e scampò per due volte, nell'estate di quell'anno, agli attentati che la Setta degli Assassini provò a compiere quando il sultano attaccò Masyaf, la loro roccaforte principale.[26] Trasferitosi quindi in Egitto, strinse un accordo in virtù del quale non avrebbe attaccato gli Assassini,[27] e si convinse che fosse necessario proseguire la jihād (guerra santa) contro i crociati.[25]

Miniatura raffigurante l'incoronazione di Baldovino IV di Gerusalemme (1161-1185), detto il Lebbroso, tratta da un'edizione del XIV secolo della Historia rerum in partibus transmarinis gestarum di Guglielmo di Tiro

L'influente re Amalrico era morto come Norandino nel 1174, lasciando il trono di Gerusalemme al figlio quasi tredicenne Baldovino IV.[28][29] Il mondo franco si trovava diviso sulle scelte da intraprendere, spaccato tra una fazione più propensa alla pace con i musulmani ritenendo che non fossero maturi i tempi per combattere, e una più intransigente e oltranzista.[30] Fu quest'ultimo partito a prevalere, tanto che le spedizioni militari dirette contro l'Egitto si susseguirono incessantemente dal 1175 al 1178.[31] In particolare, quando nel 1177 arrivò Filippo di Fiandra, Baldovino e i delegati bizantini si convinsero dell'effettiva possibilità di compiere una campagna di successo.[31] Le aspettative vennero disilluse quando Filippo rifiutò di partecipare,[31] ma Baldovino IV si mosse comunque. Infuriata nuovamente la guerra, egli riportò una vittoria importante il 25 novembre del 1177 nella battaglia di Montgisard, quando colse di sorpresa l'esercito di Saladino in viaggio verso Gerusalemme e riuscì, con un numero nettamente inferiore di uomini, a prevalere; pare che Saladino sfuggì soltanto per fortuna alla cattura.[32][33] Il sovrano musulmano ebbe modo di rifarsi il 10 giugno 1179, quando a Marjayoun, nei pressi del monte Libano, surclassò Baldovino e il suo seguito.[34][35] Riportò poi nuova vittoria attaccando il castello del re cristiano al Guado di Giacobbe tra il 24 e il 29 agosto.[36]

Benché nel 1181 fosse stata suggellata una tregua, il principe di Antiochia Rinaldo di Châtillon, ripudiando le trattative e dedicandosi costantemente ai saccheggi, continuò ad aggredire le carovane che transitavano nella regione della Buqā'ya e, in particolare, una di pellegrini intenta a recarsi a La Mecca per l'hajj.[37] La fragile situazione politica crociata permise a Rinaldo di estendere la sua attività corsara fino al Mar Rosso, con le sue galee che rendevano estremamente rischiosa la navigazione ai musulmani che si recavano alla Città Santa dell'Islam.[38] Le violenze perpetrate contro gli inermi pellegrini suscitarono un vivo odio in tutto il mondo musulmano nei confronti di Rinaldo, ma pare che anche Baldovino IV si fosse scandalizzato per l'attività del principe.[38] Pur avendogli intimato di cessare le proprie scorrerie, Rinaldo disobbedì e spinse Saladino ad attaccarlo; Baldovino ebbe la lungimiranza di accettare la richiesta di assistenza avanzata da Rinaldo e giunse in soccorso del principe.[38] Saladino avviò l'offensiva nel maggio del 1182 e i due eserciti si scontrarono a luglio nella battaglia di Belvoir, combattuta presso l'omonimo castello.[39] Benché i franchi resistessero, la vittoria non fu decisiva e permise a Saladino di attaccare subito dopo Beirut.[39] La roccaforte era tuttavia assai robusta e non si arrese, costringendo gli aggressori alla ritirata.[40] Nel 1183 Saladino si convinse che fosse necessario assicurarsi la strategica fortezza di Kerak, posseduta da Rinaldo di Châtillon.[41] Alla fine di novembre avviò l'assedio, ma le sue sortite si rivelarono poco fruttuose e vi rinunciò qualche giorno dopo quando seppe dell'avvicinarsi dell'esercito di Baldovino.[42] Il re cristiano, infermo da anni perché malato di lebbra, morì nel 1185 e il trono passò al nipote Baldovino V, al tempo solo un bambino di cinque anni.[43] La reggenza di Gerusalemme fu dunque tenuta da Raimondo III di Tripoli.[43]

L'anno seguente Baldovino V morì e gli subentrò la principessa Sibilla di Gerusalemme (sorella di Baldovino IV e madre di Baldovino V), nominando a sorpresa come re consorte il suo nuovo marito Guido di Lusignano nel settembre o ottobre del 1186.[44] La divisione interna al mondo crociato era stata più che mai evidente prima della futura avanzata di Saladino verso Gerusalemme.[45] Uno dei dualismi più tangibili fu quello conflittuale tra Guido di Lusignano e Raimondo III di Tripoli, insorto a seguito della morte di Baldovino V: Raimondo si era infatti rifiutato di riconoscere l'autorità di Guido come re di Gerusalemme.[46] Furono soltanto i baroni a distogliere Guido dalla prospettiva di scatenare una guerra con Raimondo, che nel 1186 siglò «un patto di sicurezza e garanzia» con Saladino.[46][47]

La caduta del Regno Latino

Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia di Hattin e Assedio di Gerusalemme (1187).
La battaglia di Hattīn in un manoscritto anonimo del XV secolo

Fu paradossalmente Rinaldo di Châtillon, odiato sia da Guido che da Raimondo, a spingere i due rivali ad accantonare le proprie divergenze.[45][46] Rinaldo aveva assaltato in periodo di pace un'altra ricca carovana, facendo prigionieri i membri del convoglio;[46][48] Saladino intimò quindi che i prigionieri venissero liberati e il carico restituito.[46][48] Anche Guido ordinò a Rinaldo di rilasciare i prigionieri, ma la richiesta del sovrano rimase inascoltata.[46][48] Il 13 marzo del 1189 Saladino, il quale non attendeva altro che un pretesto per rompere la pace e scatenare un'offensiva verso nord, dichiarò dunque guerra ai franchi e partì da Damasco.[47] La situazione impose ai cristiani di dimenticare temporaneamente le proprie liti, in quanto si diceva che il sultano curdo era alla testa di un «esercito enorme, simile a un oceano».[46] La sconfitta riportata dal Gran maestro dei Templari Gerardo di Ridefort a Cresson, nei pressi di Nazareth il 1º maggio 1187, acuì il problema.[49] Si comprese che Saladino mirava a Gerusalemme e che il suo interesse per tale obiettivo era determinato da motivi strategici.[50] Fu solo all'ultimo momento che Guido di Lusignano e un riluttante Raimondo III di Tripoli si riconciliarono, concentrando le reciproche truppe a disposizione a Sefforis, al centro della Galilea, a metà strada tra la città di Tiberiade e il mare.[51] «Questa sorta di mobilitazione generale» consentì di contare su circa 1 500 cavalieri e 20 000 fanti, oltre ovviamente alle sentinelle del posto.[51]

Al momento dell'attacco scagliato da Saladino, Tiberiade sembrava decisamente destinata a non reggere la pressione nemica, tanto che nel giro di un'ora la città bassa era già stata persa dai crociati.[52] La gravità della situazione imponeva ai franchi giunti in soccorso di trovare una soluzione in tempi rapidi. L'esercito crociato non versava in buone condizioni, poiché stremato dal caldo torrido di luglio, dalla sete, conscio della propria inferiorità numerica e demoralizzato dalle continue lotte tra i propri comandanti.[53] Raimondo III era totalmente scettico sulle scelte imposte da Guido, avallate sia dal principe Rinaldo di Châtillon sia dal maestro templare Gerardo di Ridefort.[54] In maniera discutibile Guido aveva lasciato a Saladino il tempo di accamparsi e presidiare il luogo strategicamente migliore, ovvero le rive del lago di Tiberiade.[54] Al contrario, egli si era sistemato su delle brulle colline a est a e sud dello specchio d'acqua.[54] La sera del 3 luglio, il re Guido decise quindi di marciare con il suo esercito fino ai Corni di Hattīn, dei costoni basaltici non distanti dalla città di Tiberiade.[55] Durante la notte i soldati cristiani si trovarono completamente circondati da Saladino, che aveva appiccato il fuoco alle erbe secche circostanti perché vi era del vento che soffiava in direzione dei suoi nemici.[54] In siffatte condizioni, le armate cristiane vennero massacrate agevolmente nella battaglia di Hattin, durante la quale probabilmente Saladino guidò il più grande esercito che avesse mai avuto a disposizione (circa 30 000 uomini).[45] Raimondo riuscì a scampare alla disfatta aprendosi un varco e fuggendo a Tiberiade, mentre invece i principali responsabili della sconfitta, ovvero Guido di Lusignano, Rinaldo di Châtillon e Gerardo di Ridefort, finirono prigionieri.[54] Pur avendo trattato con cortesia i baroni e il re, l'odiato Rinaldo fu apostrofato a male parole da Saladino e, quando rispose con toni aspri, «il sultano lo decapitò di propria mano».[55][56] Saladino ordinò che i cristiani non venissero uccisi e il suo ordine fu rispettato.[56] Molti dei prigionieri giunsero a Damasco, venendo venduti come schiavi; pare che il loro prezzo discese così tanto che addirittura si riferisce di un tale che ne comprò uno scambiandolo con un paio di sandali.[57] Guido fu invece trattenuto prima a Naplusa e poi a Laodicea, salvo venire liberato nel 1188 per le insistenti suppliche rivolte da sua moglie, Sibilla d'Angiò.[58] Non fu un gesto mosso dalla pietà: Saladino immaginava infatti che la liberazione di Guido avrebbe causato scompiglio nel mondo cristiano, e le sue future lotte personali per preservare il titolo regale dimostrarono che il calcolo del sultano era stato più che giusto.[59]

La città vecchia di Acri, espugnata da Saladino il 10 luglio 1189

La disfatta di Hattin si tramutò in «un disastro senza precedenti».[56] Con la cavalleria franca sterminata e il grosso dell'esercito cristiano annientato, Saladino si impadronì prima dell'importante città costiera di San Giovanni d'Acri il 10 luglio, dopodiché di Beirut (6 agosto 1187) e infine degli altri porti del Libano.[60] Il 5 settembre, a seguito di lunghi combattimenti, fu la volta di Ascalona.[60] Quando infine Saladino si presentò dinanzi alle porte di Gerusalemme, non desiderava combattere e offrì ai cristiani la possibilità di arrendersi avendo salva la vita.[56] I difensori non volevano però cedere il possesso della città senza lottare, motivo per cui ingaggiarono battaglia.[56] La resistenza si rivelò dopo due settimane impossibile da proseguire e, il 2 ottobre 1187, gli occupanti si arresero.[56][61] Ancora una volta si evitarono spargimenti di sangue dei prigionieri cristiani, su ordine di Saladino.[61] Fu loro permesso di riscattarsi pagando una somma in denaro, invero relativamente bassa.[56] Poiché alcuni poveri non potevano comunque permettersela, il sultano si dimostrò magnanimo e rilasciò molte di queste persone senza domandare alcun riscatto.[62]

Frattanto i cristiani sopravvissuti alla disfatta di Hattin si erano asserragliati a Tiro, la città più fortificata lungo la costa.[63] Il sultano tergiversò, temendo che essa potesse sopportare un lungo assedio.[63] Ciò diede agli occupanti di Tiro, aiutati dell'arrivo di alcuni rinforzi con a capo Corrado del Monferrato, il tempo di prepararsi adeguatamente e respingere l'assedio che ebbe luogo tra il novembre del 1187 e il gennaio del 1188.[64] Malgrado ciò, la situazione cristiana appariva disperata, se si tengono presenti le grosse perdite patite e la circostanza che i pochi presidi sfuggiti all'avanzata di Saladino (Tiro, Tripoli e Antiochia) sembravano comunque prossimi alla conquista islamica.[65]

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  65. ^ Grousset (1998), p. 128.


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