Pietro Fortunato Calvi

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Pietro Fortunato Calvi (noto anche come Pier Fortunato C.; Briana, 15 febbraio 1817Mantova, 4 luglio 1855) è stato un patriota italiano del XIX secolo, uno dei Martiri di Belfiore.

Infanzia e giovinezza

Nacque a Briana di Noale, allora in provincia di Padova, da Federico Pietro e da Angela Meneghetti. Il padre era commissario di polizia e fedele suddito dell'Austria (rappresentata dal Regno Lombardo-Veneto) e quando venne trasferito a Padova portò con sé la famiglia. Pietro, che aveva già cominciato gli studi con il parroco di Briana, proseguì la sua educazione presso il ginnasio "Santo Stefano" (l'attuale "Tito Livio").

Poco dopo il padre ottenne per lui un posto gratuito presso il Collegio militare del genio di Vienna (Neustadt); vi uscì a diciannove anni come alfiere. Assegnato a un reggimento di fanteria, intraprese una brillante carriera: dopo undici anni, mentre era di stanza a Wimpffen, fu nominato capitano.

Venne a contatto con le correnti patriottiche mentre era di stanza a Venezia. Frequentò segretamente diversi circoli, come quello di Demetrio Mircovich, ma il comando austro-ungarico, sospettando che Calvi fosse legato alla massoneria, lo trasferì a Graz nel 1846. Frattanto, veniva promosso a tenente.

Moti rivoluzionari del Cadore nel 1848

Lapide della battaglia di Rindemera, Laggio di Cadore.

Nell'aprile del 1848 abbracciò appieno le idee risorgimentali e si dimise dall'esercito. Raggiunse così Venezia dove, il 23 marzo, era stata istituita la Repubblica di San Marco ed entrò nella milizia rivoluzionaria con il grado di capitano.

Inviato da Daniele Manin, Calvi passò in Cadore per organizzare la resistenza armata. Era questa una zona sensibile, al confine con l'Austria e porta d'accesso al Veneto. Il 14 aprile 1848 Calvi assumeva ufficialmente il comando e il 20 aprile giungeva a Pieve di Cadore. Riuscì a mettere in piedi una piccola armata di circa 4.600 unità, costituita in massima parte da volontari inesperti ma valorosi i quali, spesso armati solo di falci, forche e sassi, riuscirono a tenere a bada il nemico tramite tecniche di guerriglia. Il modesto contingente riuscì così a respingere una colonna proveniente dalla valle del Boite (2 maggio) e poi a sconfiggere a Rivalgo le truppe del generale Karl von Culoz. Seguirono altre vittorie a Rindemera, alla chiusa di Venas di Cadore e ancora a Rivalgo.

I successi furono però effimeri: il 15 giugno, con l'intensificarsi degli attacchi nemici, il Calvi congedava la milizia e si metteva in salvo a Venezia.

Esilio a Torino

Caduta Venezia e ripristinato il governo austriaco sul Lombardo-Veneto, Calvi - come molti altri rivoluzionari - fuggì in esilio, prima in Grecia presso Patrasso e poi a Torino. Qui entrò in contatto con il cadorino Talamini Minotto e condusse tre anni di vita miserevole, grazie al povero sostentamento che il governo locale donava agli esuli, al lavoro saltuario di traduttore dal tedesco e alle donazioni del fratello Luigi. Alle difficoltà economiche si aggiungeva anche l'interruzione di qualsiasi rapporto con il padre, che lo considerava un traditore. A Torino, tuttavia, ebbe modo di incontrare altri esuli ed entrare in contatto con due dei più grandi rivoluzionari del tempo, Giuseppe Mazzini e l'ungherese Lajos Kossuth. Con la loro collaborazione Calvi organizzò un rientro in Cadore, da effettuarsi sul finire dell'estate del 1853, per accertarsi della possibilità o meno di portare nuovamente la rivoluzione. . A questo scopo alla fine dell'agosto del '53 scelse quattro compagni, tra cui il padovano Roberto Marin e dalla Svizzera, paese nel quale era stato costretto a rifugiarsi a causa del suo coinvogimento nei moti di Milano del 6 febbraio, iniziò il cammino verso il Veneto, non sapendo che la polizia austriaca tramite una spia, conosceva il suo progetto e i suoi spostamenti.

Arresto e processo

Varcato il confine austriaco nei pressi della Valtellina il gruppo riuscì involontariamente a far perdere le tracce alla polizia austriaca. Giunti però a Cogolo, in Val di Sole (TN), il 17 settembre 1853, i cinque rivoluzionari si fermarono in un'osteria e qui i gendarmi, venuti a sapere che nel paesino si trovavano dei forestieri, scoprirono i passaporti falsi e una notevole quantità di armi, tale da giustificare il loro immediato arresto. Da qui furono trasferiti a Cles, Trento, Innsbruck, e infine Verona,per poi essere condotti nel castello di San Giorgio a Mantova dove vennero processati secondo due riti: il primo militare (Corte Marziale) estremamente duro, durante il quale subirono torture; il secondo condotto dall'autorità civile (Corte Speciale di Giustizia). Durante entrambi i processi, Pietro Calvi dimostrò una straordinaria forza d'animo, cercando di addossarsi tutte le responsabilità del piano rivoluzionario al fine di evitare ai quattro compagni la condanna a morte con l'accusa di "alto tradimento". Questo comportamento salvò Morati, Chinelli, Fontana, Marin e Barozzi che furono condannati a qualche anno di carcere mentre a Calvi, reo confesso, fu negata la Grazia Sovrana e venne condannato alla pena di morte tramite impiccagione, eseguita il 4 luglio 1855. Al padre scrisse due giorni prima di morire affermando che “se tutti gli uomini venissero mossi da una sola opinione, il nostro soggiorno quaggiù sarebbe comparativamente, un Paradiso”.

Curiosità

Monumento al patriota a Pieve di Cadore.

Molto benvoluto dai suoi uomini, a lui sono dedicati diversi monumenti: due a Noale, in Piazza Castello e sotto i portici di Palazzo della Loggia ove sono contenute le sue ceneri. Si ricorda poi quello Pieve di Cadore, cittadina che guadagnò la Medaglia d'Oro al valore per i fatti del '48 e che 1875 lo omaggiò di un busto sulla strada che conduce alle fortificazioni di Monte Ricco, ad opera dello scultore Valentino Besarel.

Pietro Calvi è il nome di due sommergibili a lui intitolati, di cui il primo ha prestato servizio nella Regia Marina ed il secondo nella Marina Militare.

Al patriota veneziano sono inoltre dedicate alcune strofe dell'ode Cadore scritta da Giosuè Carducci nel 1892.

Bibliografia

  • CALVI, Pietro Fortunato - Treccani
  • Renato Zanolli, Cadore e suoi dintorni, Matteo editore s.p.a
  • Riccardo Berto, "Pietro Fortunato Calvi, da soldato a uomo", CLEUP Padova, 2005

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