Orengo

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Stemma della famiglia Orengo
Blasonatura
Troncato al 1° d'azzurro al giglio d'oro; al 2° d'azzurro a due pali d'oro con la fascia d'oro sulla partizione.

Motto: In Domino confido.

La famiglia Orengo di Roccasterone è una storica casata ligure, di origine provenzale.

Primo blasone della Famiglia Orengo da Ventimiglia
didascalia

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Di parte guelfa, gli Orengo furono costretti a rifugiarsi a Pigna, nelle gole prealpine, per sfuggire ai ghibellini capeggiati dai Doria. Nel 1450 si trasferirono a Ventimiglia sotto la protezione di Casa Savoia, che aiutarono nella difesa della contea di Nizza; il primo che vi si stabilì fu Ottobono, che nel suo testamento del 1494 erogò cospicui lasciti per costruzione di un convento[1]. Furono ascritti al patriziato nizzardo, e nel 1698 Giovanni Angelo fu insignito anche del patriziato romano. Nel 1762 Giovanni Francesco acquisì la contea di Roccasterone; Papa Clemente XIV concesse a lui e alla sua discendenza il titolo di marchese, con Breve del 29 settembre 1771[2].

Gli Orengo ebbero sempre parte attiva nella vita di Ventimiglia, esercitando magistratura civile, militare ed ecclesiastica. Molteplici sono le istituzioni di pubblica utilità dovute alla loro iniziativa: nel 1686 Devota Orengo lasciava parte del suo patrimonio per l'istituzione delle scuole classiche; e così pure, il Conservatorio delle Canonichesse Lateranensi, il Convento dei Minori Osservanti, e una cappella nella Cattedrale[3].

Numerose le proprietà degli Orengo, in cui ospitarono anche Elisabetta Farnese in viaggio per la Spagna, a Ventimiglia Alta, nella piana di Latte e alla Mortola. Una di queste fu acquisita nel 1867 da Sir Thomas Hanbury, che vi realizzò i noti giardini[4].

Persone[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Vedi Dizionario storico-blasonico delle famiglie nobili e notabili italiane estinte e fiorenti, a cura di G. B. di Crollalanza, vol. II, Pisa, Reale Accademia Araldica Italiana, 1888, p. 235.
  2. ^ Vedi Libro d'oro della nobiltà italiana, vol. II, Roma, Collegio Araldico, 2010, pp. 209-10.
  3. ^ Vedi V. Spreti, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, vol. IV, Milano, Ediz. Enciclopedia storico-nobiliare italiana, 1931, p. 915.
  4. ^ Sulla storia della famiglia Orengo, vissuta però in chiave lirica e personale, si vedano inoltre: V. Orengo, La strada dei Ciotti, Roma, Bulzoni, 1968, e Il colore dei ricordi, Bergamo, Lubrina, 1989; N. Orengo, Gli spiccioli di Montale. Requiem per un uliveto, Roma, Theoria, 1992, e Hotel Angleterre, Torino, Einaudi, 2007.
  5. ^ A proposito di questi ed altri personaggi cfr. V. Spreti, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, cit; G. Rossi, Storia della città di Ventimiglia, Oneglia, Ghilini, 1886.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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