Blasonatura

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In araldica, la blasonatura, (chiamata in contesti più informali descrizione araldica o profilo araldico o blasone) nel suo significato principale, è la descrizione di uno stemma, con i suoi smalti, le sue partizioni, le sue figure nella loro posizione, nel loro numero e nei loro attributi. [1]

Lo stemma dell'Alsazia

Ad esempio, lo stemma dell'Alsazia si blasona così:

«partito, nel primo, di rosso alla sbarra d'argento accostato da due cotisse trifogliate dello stesso e nel secondo ancora di rosso alla banda d'oro accompagnata da sei corone dello stesso, tre in capo e tre rovesciate in punta

Regole[modifica | modifica wikitesto]

La blasonatura è eseguita secondo un ordine molto rigoroso, per cui in linea di principio a ogni blasone dato corrisponde uno e un solo testo. La pratica conferma abbastanza bene questo principio.

Vengono descritti prima lo scudo (che va osservato come se fosse imbracciato dal cavaliere per cui la sua parte sinistra corrisponderà alla nostra destra e viceversa) poi gli ornamenti esteriori. Si possono seguire due metodi diversi per blasonare uno stemma: cominciando dalle figure e terminando con il campo (usato dai Tedeschi e dagli Spagnoli), oppure iniziando dal campo e proseguendo con le figure (usato da Francesi, Inglesi e Italiani).[1]

Etimologia[modifica | modifica wikitesto]

La parola blasonatura deriva del termine blasone, che nell’antica accezione era sinonimo di araldica, successivamente di stemma e di arma[2], l'etimologia è incerta: per alcuni deriva dal tedesco blasen, ovvero "soffiare" che indicava l’atto dell’araldo di suonare il corno o la tromba per dare inizio al torneo; per altri dal francese blason sinonimo di bouclier "scudo"; per altri ancora, più genericamente, dal tema blas o blat comune a molte lingue, da cui hanno origine termini come blatero, blatare, blason "parlare con rumore, con vanto", che ricordano le grida degli araldi nel descrivere gli stemmi dei cavalieri durante i tornei, e termini come blapto, blasphemo e blasonner "inveire", "imprecare", "sfidare" che si riferiscono alla sfida che il cavaliere lanciava all’avversario prima del combattimento.[1]

Sequenza da seguire nella blasonatura[modifica | modifica wikitesto]

  • figure principali
    • una sola figura oppure
    • due figure uguali oppure
    • due figure diverse ma di pari rilevanza oppure
    • tre figure uguali oppure
    • tre figure diverse ma di pari rilevanza oppure
    • ...
  • figure secondarie
    • una sola figura oppure
    • due figure uguali oppure
    • due figure diverse ma di pari rilevanza oppure
    • tre figure uguali oppure
    • tre figure diverse ma di pari rilevanza oppure
    • ...
  • bordura
    • bordura di smalto uniforme oppure
    • bordura caricata di figure oppure
    • bordura partizionata o ripartita oppure
    • filiera (trattata come la bordura) oppure
    • orlo (trattato come la bordura)

Esempio di blasonatura[modifica | modifica wikitesto]

1 d'azzurro pieno
2 d'azzurro, alla banda spinata d'argento
3 d'azzurro, alla banda spinata d'argento accostata da due bande dello stesso
4 d'azzurro, alla banda spinata d'argento, accostata da due bande dello stesso entrambe caricate da una banda ristretta d'azzurro
5 d'azzurro, alla banda spinata d'argento, accostata da due bande dello stesso entrambe caricate da una banda ristretta d'azzurro, caricata da una rosa di rosso, punteggiata di verde e bottonata d'oro
6 d'azzurro, alla banda spinata d'argento, accostata da due bande dello stesso entrambe caricate da una banda ristretta d'azzurro, caricata da una rosa di rosso, punteggiata di verde e bottonata d'oro posta fra due quadrati del campo

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Blasonatura, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 29 giugno 2023.
  2. ^ Blaṡóne, in Treccani.it – Vocabolario Treccani on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Rangoni Machiavelli, Luigi, "Come si deve blasonare un'arma" in Rivista del Collegio araldico, Roma, Collegio araldico, 1935, pp. 495-499.

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