Michele di Zaclumia
Michele di Zaclumia | |
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principe di Zaclumia (dux Chulmorum)[1] | |
In carica | 910 circa - 940 circa[2] |
Morte | dopo il 940 ?[2][3] |
Dinastia | Višević |
Padre | Busebutze[4] |
Religione | cristianesimo[5] |
Mihajlo Višević, italianizzato in Michele di Zaclumia (in serbo-croato: Mihailo Višević; in alfabeto cirillico serbo: Михаило Вишевић) e raramente noto come Michele Vuševukčić[6] (... – dopo il 940 ?), fu un sovrano indipendente o semi-indipendente di etnia slava attivo in Zaclumia (in serbo-croato Zahumlje),[7] una regione compresa nell'attuale Erzegovina centrale e nella Croazia meridionale, due aree in grande ascesa nella prima parte del X secolo.
Il principe Michele di Zaclumia amministrava terre che confinavano con la Serbia e probabilmente con la Croazia, due sue rivali per via della sua alleanza con la Bulgaria. Egli riuscì comunque a preservare una certa autonomia per almeno buona parte del suo regno.[8]
Michele entrò in conflitto territoriale con Pietro di Serbia, espansosi grazie a una serie di campagne militari in Narenta (anche detta Pagania), a ovest del fiume Neretva.[9][10] Per scongiurare la minaccia, Michele avvertì il suo alleato, lo zar bulgaro Simeone I, delle trattative segrete in corso tra Pietro e il principale nemico di Simeone, l'Impero bizantino.[10] Il sovrano bulgaro attaccò la Serbia e fece prigioniero Pietro, il quale poi morì in prigione.[11]
Michele fu menzionato insieme a Tomislao I di Croazia nella lettera di papa Giovanni X del 925.[8] In quello stesso anno, partecipò ai primi concili di Spalato,[8] circostanza che ha indotto alcuni storici a ritenere che la Zaclumia fosse un vassallo della Croazia. Qualunque sia la verità, Michele, il quale si fregiò di ambiti titoli della corte bizantina come quelli di anthypatos e di patrizio (patrikios), restò a capo della Zaclumia fino agli anni Quaranta del X secolo, preservando buone relazioni con il papato.[2]
Contesto storico
[modifica | modifica wikitesto]Compilata nel 950 circa, l'opera storica intitolata De administrando imperio e attribuita all'imperatore bizantino Costantino Porfirogenito riferisce che Michele era figlio di Busebutze (in greco: Bouseboutzis > Visevitz),[12][13] ma non chiarisce se la sua famiglia discendesse da «serbi non battezzati» o fosse di origine serba come gli altri zaclumi.[8][13] Tuttavia, una lettura più attenta dell'opera lascia intendere che la considerazione di Costantino sull'identità etnica della popolazione del principato è influenzata dal dominio politico serbo e non precisa in maniera adeguata l'origine etnica.[14][15][16][17][18][19]
Secondo l'imperatore, o anche Michele stesso a seconda di come andrebbe interpretata l'opera di Porfirogenito,[13] la sua famiglia non era di origine serba, poiché apparteneva ai Litziki (Λιτζίκη), un popolo non battezzato situato sul fiume Vistola nella Piccola Polonia.[13][20][21][22] A giudizio di Tibor Živković, la regione della Vistola da cui provenivano gli antenati di Michele era il luogo in cui avrebbero vissuto i Croati bianchi e non i Serbi bianchi,[23] e non è chiaro se gli Zaclumi «nel periodo della migrazione verso i Balcani fossero davvero serbi o croati o tribù slave che in alleanza con serbi o croati arrivarono nei Balcani».[24] Per Francis Dvornik gli Zaclumi «avevano un legame di interesse più stretto con i Croati che con i Serbi, poiché sembra che siano emigrati nella loro nuova patria non con i Serbi, ma con i Croati».[25] L'origine tribale di Michele è legata alla tradizione orale della Historia Salonitana di Tommaso Arcidiacono, che parla di sette o otto tribù di nobili chiamati Lingoni che arrivarono dalla Polonia e si stabilirono in Croazia.[22][26]
L'area controllata da Michele comprendeva la Zaclumia, più tardi conosciuta come Hum (l'attuale Erzegovina occidentale e Croazia meridionale), così come la Travunia (attuale Erzegovina orientale e Croazia meridionale con centro a Trebigne) e buona parte della Doclea (moderno Montenegro).[10] Il suo territorio formava quindi un blocco lungo la costa dalmata meridionale, dal fiume Neretva a Ragusa, con quest'ultima che pagava un tributo.[27]
La Zaclumia rappresentava il più antico principato serbo. La maggior parte delle dinastie medievali serbe provenivano dalla Zaclumia o dalla Doclea (attuale Montenegro). La Bulgaria non confinava ancora con la Zaclumia e una parte della Croazia si trovava tra le due terre. A tal proposito, il cronista Giovanni da Venezia (morto nel 1009) riferisce che, nel 912, un viaggiatore veneziano che aveva appena attraversato la Bulgaria e la Croazia sulla via del ritorno raggiunse la Zaclumia.[28][29]
«Qui (Petrus) dum Chroatorum fines rediens transire vellet, a Michahele Sclavorum duce fraude deceptus...»
«Mentre (Pietro) stava ritornando dalla terra di Croazia fu condotto con l'inganno da Michele, duca degli Slavi...»
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Alleanza con Simeone I di Bulgaria
[modifica | modifica wikitesto]Il primo riferimento a Michele nelle fonti risale al 912. Il cronista Giovanni da Venezia racconta che in quel periodo Pietro, figlio del doge di Venezia Orso II Participazio (regnante dal 912 al 932), fu catturato a tradimento mentre tornava da una missione diplomatica a Costantinopoli da Michele, "principe degli Slavi" (dux Sclavorum), quando voleva attraversare le terre dei croati. Prima che Pietro facesse il suo ingresso in Croazia mentre procedeva verso casa, quando entrò in Zaclumia o quando raggiunse la provincia della Narenta o della Pagania Michele lo fece catturare e inviare come ostaggio di spicco a Simeone I di Bulgaria.[30][31][32] Dal 912, Michele divenne un fedelissimo alleato del sovrano bulgaro, il quale pianificò numerose campagne di successo contro l'Impero bizantino.[33]
Il potere di Simeone crebbe così tanto da rappresentare una minaccia costante per l'Impero bizantino, il quale decise di cercare dei nuovi alleati nei Balcani. Leone Rabduco, lo stratego del Dyrrachion, individuò uno dei potenziali alleati di Costantinopoli nel principe della Serbia, Petar Gojniković, il quale era in pace con la Bulgaria dall'897 ma ne era praticamente diventato quasi un vassallo. Petar eseguì una serie di campagne militari verso ovest e pare che, per questo motivo, entrò in contrasto con Michele.[10] Costantino riferisce che, geloso delle conquiste altrui, il principe della Zaclumia avvertì Simeone della cospirazione. Il sovrano bulgaro attaccò la Serbia e catturò Petar, che morì in prigione.[11] La maggioranza degli studiosi colloca la guerra alla Serbia all'anno 917, in particolare dopo il 20 agosto, quando la battaglia di Anchialo si era conclusa con la disfatta dell'esercito bizantino sbarcato nel porto omonimo. Nel 924 Simeone sottomise la Serbia e, anziché nominare un vassallo che governasse per suo conto, la pose sotto la sua diretta autorità. Nella sostanza, Simeone divenne un vicino di Michele e della Croazia, che allora era sotto re Tomislao e aveva buoni rapporti con Bisanzio.[2] È probabile che Michele rimase fedele a Simeone fino alla morte di quest'ultimo, avvenuta nel 927.[2]
Concili ecclesiastici di Spalato
[modifica | modifica wikitesto]Le fonti dimostrano che Michele fu coinvolto in importanti eventi ecclesiastici che si svolsero in territorio croato a metà degli anni Venti del X secolo. Nel corso dei due concili di Spalato del 925 e nel 928, si stabilì o confermò ufficialmente il riconoscimento di Spalato come sede arcivescovile dell'intera Dalmazia (e non solo delle città bizantine).[34][35] Un'altra questione importante riguardò la lingua liturgica: sin dalla conversione degli slavi compiuta da Cirillo e Metodio nel secolo precedente, la Chiesa slava si era abituata a impiegare lo slavo piuttosto che il latino nelle funzioni religiose.[36]
La Historia Salonitana, la cui composizione potrebbe essere iniziata alla fine del XIII secolo, cita una lettera inviata da Papa Giovanni X a Tomislao, «re (rex) dei Croati», in cui si fa riferimento al primo concilio in alcuni dettagli. Se la lettera fosse autentica, ciò dimostrerebbe che al concilio parteciparono non solo i vescovi della Dalmazia croata e bizantina, ma pure Tomislao, il cui territorio comprendeva anche le città romee della Dalmazia, e alcuni rappresentanti di Michele.[35] In questa missiva, Giovanni descrive Michele come un uomo «degno di ogni lode» (excellentissimus dux Chulmorum).[5] Le fonti non dicono nulla sulla natura dei rapporti tra il dux Michele e il rex Tomislao. Alcuni storici hanno considerato la partecipazione di Michele al concilio ecclesiastico e la differenza tra i loro titoli come una possibile prova del fatto che Michele avesse cambiato bandiera, subordinandosi alla Croazia.[37] John V. A. Fine, tuttavia, non condivide questa linea di pensiero, affermando che i concili ebbero una propria risonanza ecclesiastica in tutta la Dalmazia, anche perché il loro andamento era scrupolosamente supervisionato dall'autorità papale. Inoltre, Michele sembra aver mantenuto una posizione neutrale quando ebbe luogo un conflitto tra Croazia e Bulgaria nel 926, motivo per cui è lecito immaginare che Michele fosse in buoni rapporti con i sovrani di entrambe le terre.[2]
Il 10 luglio 926, «Michele, rex Sclavorum» prese possesso del porto controllato da Bisanzio di Siponto, in Puglia, e saccheggiò la città.[38] Sembra quindi certo che, in quel frangente, Michele non agisse come alleato imperiale in Puglia, né che la sua flotta fosse sbarcata sulle coste italiane come forza di soccorso contro Arabi, Longobardi o qualsiasi altra potenza ostile.[38] Pertanto egli agì da alleato dei bulgari.[39] Rimane ignoto se Michele agì invece su ordine di Tomislao, come suggerito da alcuni storici. Secondo Omrčanin, Tomislao inviò la marina croata sotto la guida di Michele per scacciare i Saraceni da quella parte dell'Italia meridionale e liberare la città.[40] È interessante notare che Costantino, nel suo De administrando imperio, non menziona l'incursione di Michele, né i concili della Chiesa svoltisi a Spalato.[41]
Ultimi anni
[modifica | modifica wikitesto]Costantino ricorda Michele come principe (arconte) degli Zachlumi, ma impiega inoltre titoli altisonanti della corte bizantina come anthypatos e patrizio (patrikios) per descrivere il suo rango e il suo status politico.[8][42][43] Questi titoli sono stati interpretati come il riflesso di una posizione più subordinata dopo la morte di Simeone nel 927, quando Michele perse il sostegno bulgaro necessario per qualsiasi riconoscimento di rango superiore.[2] Michele non compare in nessuna fonte negli avvenimenti successivi al 925,[5] ma lo storico Fine ritiene che la sua parentesi al potere durò fino al 940 circa.[2] Časlav Klonimirović, che divenne sovrano di Serbia dopo la morte di Simeone, potrebbe essersi impadronito di alcuni territori di Michele mentre procedeva nella conquista della Travunia.[5]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Boba (2012), p. 36.
- ^ a b c d e f g h Fine (1991), p. 160.
- ^ Uzelac (2018), p. 236.
- ^ De administrando imperio, pp. 160-161 [commento dei curatori].
- ^ a b c d Vlasto (1970), p. 209.
- ^ (HR) Dominik Mandić e Basilius S. Pandžić, Rasprave i prilozi iz stare Hrvatske povijesti [Discussioni e articoli sulla storia croata antica], Hrvatski Povijesni Institut, 1963, p. 385.
- ^ De administrando imperio, pp. 152-155.
«[commento dei curatori] Secondo il De administrando imperio, Michele non era di origine serba, seppure la medesima opera ritiene che la Zaclumia fosse compresa nel X secolo tra le terre serbe.» - ^ a b c d e Curta (2006), p. 210.
- ^ Uzelac (2018), p. 238.
- ^ a b c d Fine (1991), p. 149.
- ^ a b De administrando imperio, pp. 156-159.
- ^ De administrando imperio, pp. 160-163.
- ^ a b c d Živković (2012), pp. 184-185.
- ^ Dvornik et al. (2012), pp. 139, 142.
«Probabilmente [Costantino] constatò che ai suoi tempi tutte queste tribù si trovavano nella sfera d'influenza serba, motivo per cui le definì indistintamente serbe, anticipando così di tre secoli gli avvenimenti che in futuro sarebbero accaduti [...]». - ^ Curta (2006), p. 210.
«Secondo Costantino Porfirogenito, gli slavi delle zupanie dalmate della Pagania, della Zaclumia, della Travunia e di Canali "discendevano tutti dai serbi non battezzati". Tale affermazione è giustamente interpretata come un'indicazione del fatto che a metà del X secolo le zupanie costiere erano sotto il controllo dello zupano serbo Časlav, il quale governava le regioni dell'interno ed estendeva la sua autorità a ovest attraverso le montagne fino alla costa.» - ^ Živković (2006), pp. 60-61.
«I dati sull'origine familiare di Mihailo Višević indicano che la sua famiglia non apparteneva a una tribù serba o croata, ma a un'altra tribù slava che viveva lungo la Vistola e che si unì ai serbi durante la migrazione sotto il regno dell'imperatore Eraclio. La descrizione di Mihajlo Višević e della sua famiglia da parte di Porfirogenito suggerisce che i governanti della Zaclumia fino al suo tempo appartenevano a questa famiglia regnante, cosicché, sia in Serbia e in Croazia, sia in Zaclumia, si sarebbe affermato molto presto il principio dell'ereditarietà del potere tra i membri di una stessa famiglia. Costantino Porfirogenito definisce esplicitamente serbi come gli abitanti della Zaclumia insediatisi sin dai tempi dell'imperatore Eraclio, ma non possiamo essere certi che i Travuni, gli Zaclumi e i Narentani mossisi nel periodo della migrazione verso i Balcani fossero effettivamente serbi o croati o tribù slave che, in alleanza con serbi o croati, approdarono nei Balcani. L'imperatore-scrittore afferma che tutti questi principati sono abitati da serbi, ma si tratta di un riflesso condizionato della sua epoca, ovvero di quando il processo di etnogenesi aveva già raggiunto un'evoluzione tale che il nome serbo era diventato diffuso e generalmente accettato in tutta la terra a causa della dominazione politica della Serbia. Si può quindi concludere che, nella metà del X secolo, il processo di etnogenesi della Zaclumia, della Travunia e della Pagania era probabilmente terminato, in quanto l'informatore dell'imperatore estrapolò delle informazioni da quella realtà e narrò a Costantinopoli del senso di appartenenza tribale degli abitanti sottoposti a questi arconti [...] Quanto incluso nel De Ceremoniis, anch'esso uno scritto redatto sotto il patrocinio di Costantino Porfirogenito, elenca l'autorità imperiale esercitata sui popoli circostanti. Gli scritti citano gli ordini impartiti agli arconti di Croati, Serbi, Zaclumi, Canali, Travuni, Doclei e Moravi. I suddetti ordini potrebbero essere stati indirizzati non prima del regno dell'imperatore Teofilo (829-842) e rappresentano la più antica testimonianza della frammentazione politica dei principati slavi meridionali, ovvero confermano la loro formazione molto precoce. Non si sa quando la Zaclumia si costituì come principato separato. Tutte le notizie che Costantino Porfirogenito fornisce su quest'area lasciano intendere che la situazione non fosse mai mutata sin dai tempi dell'insediamento del VII secolo risalente all'epoca dell'imperatore Eraclio. È molto probabile che i prefetti dei principati costieri avessero riconosciuto fin dall'inizio l'autorità suprema del sovrano serbo, ma che aspirassero a diventare indipendenti, cosa che avvenne, secondo l'elenco degli ordini conservati nel libro De ceremoniis, non più tardi della prima metà del IX secolo. Una carta papale falsificata e molto controversa del 743 menziona anche la Zaclumia e la Travunia come regioni autonome. Se le informazioni di base su queste terre fossero corrette, ciò significherebbe che si costituirono come principati assai presto, divenendo praticamente indipendenti dall'arconte di Serbia.» - ^ Budak (1994), pp. 58-61.
«Pri tome je car dosljedno izostavljao Dukljane iz ove srpske zajednice naroda. Čini se, međutim, očitim da car ne želi govoriti ο stvarnoj etničkoj povezanosti, već da su mu pred očima politički odnosi u trenutku kada je pisao djelo, odnosno iz vremena kada su za nj prikupljani podaci u Dalmaciji. [Allo stesso tempo, l'imperatore escludeva costantemente gli abitanti della Doclea da questa comunità di popoli serbi. Tuttavia, sembra ovvio che l'imperatore non voglia parlare del vero legame etnico, ma che descriva i rapporti politici esistenti nel momento in cui realizzò lo scritto, cioè da quando le informazioni necessarie per redigere l'opera vennero apprese in Dalmazia.]» - ^ Gračanin (2008), pp. 71-72.
«Izneseni nalazi navode na zaključak da se Hrvati nisu uopće naselili u južnoj Panoniji tijekom izvorne seobe sa sjevera na jug, iako je moguće da su pojedine manje skupine zaostale na tom području utopivši se naposljetku u premoćnoj množini ostalih doseljenih slavenskih populacija. Širenje starohrvatskih populacija s juga na sjever pripada vremenu od 10. stoljeća nadalje i povezano je s izmijenjenim političkim prilikama, jačanjem i širenjem rane hrvatske države. Na temelju svega ovoga mnogo je vjerojatnije da etnonim "Hrvati" i doseoba skrivaju činjenicu o prijenosu političke vlasti, što znači da je car političko vrhovništvo poistovjetio s etničkom nazočnošću. Točno takav pristup je primijenio pretvarajući Zahumljane, Travunjane i Neretljane u Srbe (DAI, c. 33, 8-9, 34, 4-7, 36, 5-7). [I risultati presentati portano alla conclusione che i croati non si stabilirono affatto nella Pannonia meridionale durante la migrazione originaria da nord a sud, anche se è possibile che alcuni gruppi più piccoli rimasero in quella zona, annegando infine nella stragrande maggioranza delle altre popolazioni slave stanziali. La diffusione delle antiche comunità croate dal sud al nord risale al X secolo ed è collegata alle mutate condizioni politiche, al rafforzamento e all'espansione del primo stato croato. Sulla base di tutto ciò, è molto più probabile che l'etnonimo "croati" e soseoba nascondano il presumibile trasferimento del potere politico, evento il quale implica che l'imperatore ha equiparato la supremazia politica alla presenza etnica. Egli ha applicato esattamente un tale approccio, convertendo gli Zaclumi, i Travuni e i Neretliani in serbi (DAI, c. 33, 8-9, 34, 4-7, 36, 5-7).]» - ^ Budak (2018), pp. 51, 177.
«Sporovi hrvatske i srpske historiografije oko etničkoga karaktera sklavinija između Cetine i Drača bespredmetni su, jer transponiraju suvremene kategorije etniciteta u rani srednji vijek u kojem se identitet shvaćao drukčije. Osim toga, opstojnost većine sklavinija, a pogotovo Duklje (Zete) govori i u prilog ustrajanju na vlastitom identitetu kojim su se njihove elite razlikovale od onih susjednih ... Međutim, nakon nekog vremena (možda poslije unutarnjih sukoba u Hrvatskoj) promijenio je svoj položaj i prihvatio vrhovništvo srpskog vladara jer Konstantin tvrdi da su Zahumljani (kao i Neretvani i Travunjani) bili Srbi od vremena onog arhonta koji je Srbe, za vrijeme Heraklija, doveo u njihovu novu domovinu. Ta tvrdnja, naravno, nema veze sa stvarnošću 7. st., ali govori o političkim odnosima u Konstantinovo vrijeme. [Le controversie della storiografia croata e serba sul carattere etnico degli slavi tra Cetina e Durazzo sono irrilevanti, perché traspongono comunità etniche contemporanee nell'Alto medioevo, quando l'appartenenza a un gruppo era intesa in modo diverso. Inoltre, la sopravvivenza della maggioranza degli sclavini, e soprattutto della Doclea (Zeta), lascia immaginare la persistenza della propria identità, che distingueva le loro aristocrazie da quelle dei loro vicini [...] Tuttavia, dopo qualche tempo (forse a seguito di conflitti interni avvenuti in Croazia), lo scenario mutò e fu accettata la supremazia del sovrano serbo, in quanto Costantino sostiene che gli Zaclumi (così come i Narentani e i Travuni) erano serbi dal tempo di quell'arconte che, al tempo di Eraclio, condusse i serbi verso la loro nuova patria. Quest'affermazione, ovviamente, non ha nulla a che fare con la realtà del VII secolo, ma riguarda i rapporti politici al tempo di Costantino.]» - ^ Dvornik et al. (2012), p. 139.
«È vero che il nostro testo afferma che gli Zaclumi "sono serbi fin dai tempi di quel principe che rivendicava la protezione dell'imperatore Eraclio" (33/9-10); tuttavia, non dice che la famiglia di Michele fosse serba, ma solo che "proveniva da una tribù non cristiana che abitava sul fiume Vistola, quella dei Litziki "polacchi". L'ostilità dello stesso Michele verso la Serbia (cfr. 32/86-90) suggerisce che la sua famiglia non fosse in realtà serba, lasciando altresì intuire che i serbi esercitassero un controllo diretto solo su Trebigne (cfr. 32/30)». - ^ Vlasto (1970), pp. 381-382.
- ^ a b Uzelac (2018), p. 237.
«:[...] gli enigmatici Litziki sono stati associati ai nomi arcaici dei polacchi (Lendizi, Liakhy), o alla tribù slava dei Lingoni menzionata dal cronista Adamo di Brema. Ad ogni modo, è certo che, sebbene i suoi sudditi fossero percepiti come serbi, la famiglia del principe Michele di Zaclumia non discendeva da serbi o croati e non era imparentata con le loro dinastie». - ^ Živković (2001), p. 11.
«Plemena u Zahumlju, Paganiji, Travuniji i Konavlima Porfirogenit naziva Srbima,28 razdvajajuči pritom njihovo političko od etničkog bića. 29 Ovakvo tumačenje verovatno nije najsrećnije jer za Mihaila Viševića, kneza Zahumljana, kaže da je poreklom sa Visle od roda Licika,30 a ta je reka isuviše daleko od oblasti Belih Srba i gde bi pre trebalo očekivati Bele Hrvate. To je prva indicija koja ukazuje da je srpsko pleme možda bilo na čelu većeg saveza slovenskih plemena koja su sa njim i pod vrhovnim vodstvom srpskog arhonta došla na Balkansko poluostrvo. [Porfirogenito definisce serbe le tribù della Zaclumia, della Pagania, della Travunia e di Canali, separando il loro essere politico da quello etnico. Questa interpretazione probabilmente non è delle più felici, perché se Mihail Višević, principe della Zaclumia, fosse originario della Vistola e legato ai Licika, la regione del fiume risulterebbe troppo lontana dall'area popolata dai serbi bianchi. Questa è la prima indicazione che la tribù serba potrebbe essere stata a capo di una più ampia alleanza di tribù slave che giunsero con essa nella penisola balcanica e sotto la guida suprema dell'arconte serbo.]» - ^ Živković (2006), p. 60.
- ^ Dvornik et al. (2012), p. 139.
«Anche se rigettiamo la teoria di Gruber, sostenuta da Manojlović (ibid, XLIX), secondo cui la Zaclumia divenne effettivamente parte della Croazia, va sottolineato che gli zaclumi avevano un legame di interesse più stretto con i croati che con i serbi, poiché sembra che fossero emigrati nella loro nuova patria non, come dice C. [Porfirogenito] (33/8-9), con i serbi, ma con i croati; si veda 33/18-19 [...] Se è così, dobbiamo considerare la dinastia della Zaclumia e almeno una parte del suo popolo come non croata né serba. Sembra più probabile che l'antenato di Michele, insieme alla sua tribù, si sia unito ai Croati quando questi si spostarono verso sud; e si stabilì sulla costa adriatica e sulla Narenta, lasciando che i Croati si spingessero nella Dalmazia vera e propria.» - ^ Živković (2006), p. 75.
- ^ Vlasto (1970), pp. 209, 381-382.
- ^ Chronicon Venetum, pp. 22-23.
- ^ Fine (2010), p. 63, nota 103.
- ^ Chronicon Venetum.
«qui dum Chroatorum fines rediens transire vellet, a Michahele Sclavorum duce fraude deceptus, omnibusque bonis privatus, atque Vulgarico regi, Simeoni nomine, exilii pena transmissus est.» - ^ Uzelac (2018), pp. 237, 239.
- ^ Runciman (1988), p. 223.
- ^ Džino (2023), p. 160.
- ^ Fine (1991), p. 260.
- ^ a b Fine (2010), p. 55.
- ^ Curta (2006), p. 197.
- ^ Budak (2018), pp. 177, 240.
- ^ a b Gianfranco Perri, Pagine di storia brindisina, Lulu.com, 2019, p. 70, ISBN 978-03-59-47393-9.
- ^ Uzelac (2018), pp. 242-244.
- ^ Omrčanin (1984), p. 24.
- ^ Runciman (1988), p. 210.
- ^ De administrando imperio, pp. 160-163.
«La famiglia del proconsole e patrizio Michele, [...]» - ^ Ostrogorskij (1968), p. 237.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]Fonti primarie
[modifica | modifica wikitesto]- Giovanni da Venezia, La Cronaca Veneziana, in Cronache Veneziane antichissime I (TXT), Roma, 1890.
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Fonti secondarie
[modifica | modifica wikitesto]- (EN) Imre Boba, Moravia's History Reconsidered a Reinterpretation of Medieval Sources: A Reinterpretation of Medieval Sources, Springer Science & Business Media, 2012, ISBN 978-94-01-02-992-6.
- (HR) Neven Budak, Prva stoljeća Hrvatske [I primi secoli della Croazia], Zagabria, Hrvatska sveučilišna naklada, 1994.
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- Francis Dvornik, Gli slavi nella storia e nella civiltà europea, Edizioni Dedalo, 1985, ISBN 978-88-22-00504-5.
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