Luisa di Stolberg-Gedern

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Disambiguazione – Se stai cercando la Duchessa di Sassonia-Meiningen, vedi Luisa di Stolberg-Gedern (1764-1828).
Luisa di Stolberg-Gedern
La Contessa d'Albany nel dipinto di François-Xavier Fabre
Contessa d'Albany
Consorte del pretendente giacobita al trono d'Inghilterra, Scozia e Irlanda
PredecessoreMaria Clementina Sobieska
SuccessoreMaria Teresa d'Austria-Este
NascitaMons, Hainaut, Paesi Bassi austriaci (oggi Belgio), 20 settembre 1752
MorteFirenze, Granducato di Toscana (oggi Italia), 29 gennaio 1824
Luogo di sepolturaBasilica di Santa Croce, Firenze
PadrePrincipe Gustavo Adolfo di Stolberg-Gedern
MadrePrincipessa Elisabetta di Hornes
ConsorteCarlo Edoardo Stuart
ReligioneCattolicesimo

«Un dolce foco negli occhi nerissimi accoppiato (che raro addiviene) a candidissima pelle e biondi capelli davano alla di lei bellezza un risalto, da cui difficile era di non rimanere colpito o conquisto.»

Louise Maximilienne Caroline Emmanuelle di Stolberg-Gedern (Mons, 20 settembre 1752Firenze, 29 gennaio 1824), più nota nella storia della letteratura con il titolo di contessa d'Albany, è stata un'intellettuale attiva nei salotti romani, fiorentini e parigini. Fu moglie di Carlo Edoardo Stuart, conte d'Albany, pretendente giacobita al trono d'Inghilterra, nonché amante e convivente di Vittorio Alfieri.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Infanzia[modifica | modifica wikitesto]

Luisa nacque a Mons nell'Hainaut, nei Paesi Bassi austriaci (attuale Belgio), come figlia maggiore del principe Gustavo Adolfo di Stolberg-Gedern e di sua moglie, la principessa Elisabetta di Hornes, figlia di Massimiliano Emanuele, principe di Hornes. Quando aveva appena quattro anni rimase orfana del padre ucciso nella battaglia di Leuthen. All'età di sette anni fu inviata per essere istruita presso la scuola annessa al convento di San Waudru a Mons che dava riparo e protezione alle giovani donne appartenenti alla nobiltà che avevano mezzi finanziari insufficienti per vivere non sposate nel mondo. Nel 1766 l'imperatrice Maria Teresa dispose che una delle prebende assegnate al convento fosse data a Luisa che[1], pur essendo una canonichessa non era obbligata a soggiornare permanentemente nel convento ma poteva liberamente frequentare la società.[2]

Matrimonio[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1771 la sorella minore di Luisa (anche ella canonichessa a St. Waudru) sposò Carlos FitzJames Stuart, IV duca di Berwick, marchese di Jamaica, unico figlio di James FiztJames Stuart, III duca di Berwick (uno dei numerosi discendenti in linea illegittima da re Giacomo II d'Inghilterra e VII di Scozia). Lo zio del duca di Berwick, il duca de Fitz-James, cominciò le trattative con la madre di Luisa per un matrimonio tra Luisa e Carlo Edoardo Stuart, il pretendente giacobita ai troni inglese e scozzese. Sebbene re Luigi XV di Francia avesse già riconosciuto la successione del casato di Hannover, egli sperava anche che la linea legittima Stuart non si estinguesse e così fosse una minaccia continua per gli hannoveriani.

Le trattative furono delicate dal momento che la famiglia di Luisa non aveva denaro proprio e si affidò totalmente alla buona volontà dell'imperatrice Maria Teresa (che era alleata agli hannoveriani). Il 28 marzo 1772 Luisa sposò per procura Carlo Edoardo Stuart a Parigi. La coppia si incontrò per la prima volta il 14 aprile 1772 quando rinnovarono i loro voti nuziali di persona con una cerimonia che fu celebrata presso la Cappella di famiglia di Palazzo Compagnoni Marefoschi di Macerata, alla presenza dei Conti Compagnoni.[3]. Luisa fu d'ora in avanti riconosciuta dai giacobiti come regina Luisa d'Inghilterra, Scozia, Francia, e Irlanda.

Carlo Edoardo e Luisa trascorsero i primi due anni della loro vita coniugale a Roma. Nonostante la differenza delle loro età (lui aveva 52 anni, lei 20), la coppia fu in un primo momento felice insieme. Ma c'erano diverse ombre nel loro rapporto. Non c'era alcun segnale che Luisa concepisse un figlio. Carlo Edoardo era stato incoraggiato nella convinzione che, se si fosse sposato, il papa lo avrebbe riconosciuto come re d'Inghilterra e Scozia e la Francia avrebbe fornito fondi per un'altra insurrezione giacobita. A Luisa era stato praticamente promesso che sarebbe stata trattata come una regina. Invece Carlo Edorado trovò le sue speranze di un figlio e di un riconoscimento diplomatico deluse, mentre Luisa si trovò sposata con un vecchio principe senza prospettive.

La relazione con Alfieri[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1777 Carlo Edoardo Stuart, non sopportando il successo romano della moglie e il suo comportamento noncurante della sua reputazione, decide di trasferirsi a Firenze anche con l'intento di sottrarre la contessa all'influenza del proprio fratello, il cardinale di York, suo buon amico.

A Firenze avviene l'incontro con Vittorio Alfieri, giovane ventottenne, affascinato dalla nobile dama, intellettuale cosmopolita. Il loro amore è un vero e proprio colpo di fulmine e dal momento dell'incontro sarà un susseguirsi di difficoltà e stratagemmi per potersi amare.

Carlo Edoardo Stuart diviene sempre più violento nei confronti della contessa che dapprima si nascose in un convento, poi chiese ospitalità al cardinale di York a Roma e alla fine, con l'aiuto del re di Svezia Gustavo III, riuscì ad ottenere la separazione legale.

«La mia unica donna » « La vita della mia vita » «...la dolce metà di me stesso » «La persona che ho sovra ogni altra cosa venerata ed amata»

Vittorio Alfieri e la contessa d'Albany. Dipinto di François-Xavier Fabre

Con la morte del Pretendente nel 1788, la contessa, ormai libera, vive apertamente la sua relazione con l'Alfieri. A Parigi dal 1786 al 1791, diviene noto ed apprezzato il circolo culturale della contessa nella casa di Rue de Bourgogne, dove una sala del trono ricorda agli ospiti l'alto rango della padrona di casa. Il poeta dedicherà a lei la tragedia Mirra[4] che inizia con un sonetto in cui si legge:

Della figlia di Ciniro infelice
l'orrendo a un tempo ed innocente amore,
sempre da' tuoi begli occhi il pianto elíce:
prova emmi questa, che al mio dubbio core
tacitamente imperíosa dice;
ch'io di MIRRA consacri a te il dolore.

[5]

Monumento funebre di Luisa Stolberg in Santa Croce

La Rivoluzione costringe i due amanti a fuggire dalla Francia e a tornare a Firenze dove alloggiarono in uno dei due Palazzi Gianfigliazzi. Qui la contessa assunse il ruolo di musa ispiratrice del grande poeta e letterato italiano trasformando il suo appartamento nel luogo di incontro della migliore cultura europea fra cui Madame de Staël, Ugo Foscolo e Melchiorre Cesarotti.

Ad offuscare però la vita della contessa furono gli ambienti aristocratici, che prima avevano mostrato indulgenza per l'aperta convivenza con il grande poeta italiano, ma poi si abbandonarono alle maldicenze quando presso la coppia di amanti si aggiunse un pittore francese, François-Xavier Fabre, che divenne l'amico del cuore della contessa sino al 1803, l'anno della morte di Alfieri. Le malignità sul comportamento libero della nobildonna sembrarono trovare conferma nel 1824, quando, alla morte della contessa, il pittore francese ne divenne erede universale.

Aveva lasciato scritto l'Alfieri: «Invece di trovare in essa, come in tutte le volgari donne, un ostacolo alla gloria letteraria, un disturbo alle utili occupazioni, ed un rimpicciolimento direi di pensieri, ci ritrovavo e sprone e conforto ed esempio ad ogni bella cosa.»[6]

In effetti la contessa meritò la lode del poeta poiché si deve a lei la pubblicazione postuma delle opere ma soprattutto l'autorizzazione ottenuta di seppellire le spoglie del poeta in Santa Croce nel monumento che lei stessa commissionò a Canova.[7]

Nella stessa basilica fiorentina fu innalzato il monumento funebre della nobildonna, opera di gusto neorinascimentale realizzata da Luigi Giovannozzi ed Emilio Santarelli su disegno di Charles Percier.

Ascendenza[modifica | modifica wikitesto]

Genitori Nonni Bisnonni Trisnonni
Ludovico Cristiano, conte di Stolberg-Gedern Enrico Ernesto, conte di Stolberg-Wernigerode  
 
contessa Anna Elisabetta di Stolberg-Wernigerode  
Federico Carlo, principe di Stolberg-Gedern  
Cristina di Meclemburgo-Güstrow Gustavo Adolfo, duca di Meclemburgo-Güstrow  
 
duchessa Maddalena Sibilla di Holstein-Gottorp  
principe Gustavo Adolfo di Stolberg-Gedern  
Luigi Crato, conte di Nassau-Saarbrücken Gustavo Adolfo, conte di Nassau-Saarbrücken  
 
langravia Eleonora Clara di Hohenlohe-Neuenstein  
contessa Luisa di Nassau-Saarbrücken  
contessa Filippina Enrichetta di Hohenlohe-Langenburg Enrico Federico, conte di Hohenlohe-Langenburg  
 
contessa Giuliana Dorotea di Castell-Remlingen  
Principessa Luisa di Stolberg-Gedern  
Filippo Emanuele, principe di Hornes Eugenio Massimiliano, principe di Hornes  
 
principessa Maria Giovanna de Croÿ  
Massimiliano Emanuele, principe di Hornes  
principessa Maria Anna Antonietta di Ligne Enrico Luigi Ernesto, IV principe di Ligne  
 
Doña Juana de Aragón y Benavides  
principessa Elisabetta di Hornes  
Thomas Bruce, III conte di Elgin Robert Bruce, II conte di Elgin  
 
lady Diana Grey  
lady Marie Thérèse Bruce  
Charlotte d'Argenteau, contessa d'Esneux Louis Conrad d'Argenteau, conte d'Esneux  
 
Ghisberte de Locquenghien  
 

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Per le canonichesse il godimento di una prebenda era consentito sino a quando non si sposassero
  2. ^ ALBANY, Louise-Maximiliane-Caroline-Emmanuel, princesse de Stolberg, comtesse D', in Biographie nationale de Belgique, Brussels, H. Thiry-Van Buggenhoudt, 1866.
  3. ^ Associazione "Bichi Reina Leopardi Dittajuti" - CICCOLINI - COMPAGNONI MAREFOSCHI
  4. ^ dedica Mirra, su it.wikisource.org.
  5. ^ Mirra (PDF), su 178.32.143.54. URL consultato il 28 agosto 2016 (archiviato dall'url originale il 17 settembre 2016).
  6. ^ Vittorio Alfieri, "Vita scritta da esso"
  7. ^ Ennio Francia, Delphine de Sabran Custine (Marquise de), Jeanne Françoise Julie Adélaïde Bernard Récamier a Canova. Lettere inedite, Ed. di Storia e Letteratura, 1972 p.75

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Carlo Pellegrini, La contessa d'Albany e il salotto del Lungarno, Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 1951
  • Arrigo Cajumi - La contessa di Albany, in Colori e veleni, pp.111-116. Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1956.
  • Anne de Lacretelle, La comtesse d'Albany. Une égérie européenne, Monaco, Editions du Rocher, 2008 ISBN 978-2-268-06564-9

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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