Harriet Andersson

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Harriet Andersson nel 2014.

Harriet Andersson (Stoccolma, 14 febbraio 1932) è un'attrice svedese, conosciuta per essere una delle interpreti abituali di Ingmar Bergman.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Alta 1,64 m, con occhi e capelli castani, la Andersson interpretò prevalentemente personaggi umili e si affermò rapidamente sullo schermo per la sua giovane, semplice e naturale sensualità. Non le piaceva truccarsi[senza fonte], e di lei Ingmar Bergman ebbe a dire: «Harriet Andersson è uno dei geni del cinema. Raramente, lungo gli illusori sentieri della giungla dell'industria cinematografica, è dato trovare personaggi di tale splendore»[1].

Harriet Andersson nel 1952

La Andersson incontrò Bergman all'inizio degli anni cinquanta al teatro cittadino di Malmö, quando stava lavorando come addetta all'ascensore. I due ebbero una relazione e Bergman contribuì a lanciarla nel mondo del cinema. Il ruolo che la fece conoscere in Monica e il desiderio (1952) fu scritto da Bergman su misura per lei. Nella pellicola l'attrice si fece notare anche per la scena di nudo, una delle prime nel cinema del dopoguerra. Bergman si era ispirato alla nota sequenza di vent'anni prima con Hedy Lamarr in Estasi (1933). Anche se la relazione con Bergman fu di breve durata, i due continuarono a lavorare insieme.

La Andersson apparve in molti dei film più noti del regista, come Una vampata d'amore (1953), Sorrisi di una notte d'estate (1955), Sussurri e grida (1972) e Fanny e Alexander (1982). Interpretò inoltre la parte di una schizofrenica latente in Come in uno specchio (1961), film in cui Bergman narra le azioni di quattro persone per un periodo di ventiquattro ore in una vecchia casa in una lontana isola dell'arcipelago svedese. Il pubblico rimase scosso dall'intensa rappresentazione della presenza di Dio come è vista nell'oscuro mondo di uno schizofrenico. Come altri attori abituali dei film di Bergman, anche la Andersson ebbe una carriera internazionale breve. Recitò per la prima volta in lingua inglese nel film Chiamata per il morto (1966) di Sidney Lumet, mentre la sua ultima apparizione fu in Dogville (2003) di Lars von Trier.

Vita privata[modifica | modifica wikitesto]

Dal matrimonio con Bertil Wejfeldt, la Andersson nel 1960 ebbe una figlia che chiamò Petra, come il suo personaggio in Sorrisi di una notte d'estate. Negli anni sessanta ebbe una relazione con il regista finlandese Jörn Donner, che nel 1961 la diresse nel film Amare, per il quale l'attrice vinse la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile nel 1964.

In un'intervista rilasciata nel 1962 a Los Angeles, la Andersson commentò la visione sbagliata negli Stati Uniti sulla diffusione dell'alcolismo in Svezia, dichiarando polemicamente: «Nella mia vita non ho mai visto tanta gente come qui che comincia la mattina con un Martini». Rifiutò di rispondere a domande riguardanti il sesso o la politica, sostenendo di non essere interessata a nessuno dei due argomenti.

Riconoscimenti[modifica | modifica wikitesto]

La Andersson vinse parecchi premi compreso lo svedese "Guldbagge Awards", il premio "Amanda" al "Festival internazionale del film norvegese" ed i premi come migliore attrice alla Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia nel 1964 ed al Festival cinematografico internazionale di Mosca nel 1975.

Filmografia parziale[modifica | modifica wikitesto]

Doppiatrici italiane[modifica | modifica wikitesto]

Premi e riconoscimenti[modifica | modifica wikitesto]

Guldbagge - 1973
Miglior attrice - Sussurri e grida

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Ingmar Bergman, Images. My Life in Film, Arcade Publishing, New York, 1994

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • (EN) Bergman Genius Seen In Neenah Art Film, Appleton Post-Crescent, 1º dicembre 1965, pag. D7
  • (EN) Sweden's Monika, Charleston Gazette, 27 novembre, 1955, pag. 89.
  • (EN) Bergman Festival in Belmont, San Mateo County Times, 10 novembre, 1965, pag. 10.
  • (EN) Harriet Andersson: The Actress Asks The Questions, Winnipeg Free Press, 1º maggio, 1962, pag. 9.

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN117662543 · ISNI (EN0000 0001 2148 7493 · LCCN (ENn96118659 · GND (DE131547364 · BNE (ESXX1593888 (data) · BNF (FRcb138907671 (data) · J9U (ENHE987007330786105171 · WorldCat Identities (ENlccn-n96118659