Genlisea

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Genlisea
Foglie e trappole di Genlisea hispidula
Classificazione APG IV
Dominio Eukaryota
Ordine Lamiales
Famiglia Lentibulariaceae
Classificazione Cronquist
Dominio Eukaryota
Regno Plantae
Divisione Magnoliophyta
Classe Magnoliopsida
Ordine Scrophulariales
Famiglia Lentibulariaceae
Genere Genlisea
A.St.-Hil., 1833
Specie
  • Vedi testo

Genlisea A.St.-Hil., 1833 è un genere di piante carnivore semiacquatiche appartenente alla famiglia Lentibulariaceae comprendente circa 20 specie[1].

Tutte le specie appartenenti a questo genere sono caratterizzate dalla totale assenza di un apparato radicale (carattere condiviso con il genere Utricularia) e da eterofillia, consistente nella presenza di due tipi di foglie: foglie verdi con funzione fotosintetica e foglie ipogee modificate, chiamate rizofilli, che svolgono sia alcune delle tipiche funzioni delle radici, come l’ancoraggio al suolo della pianta, ma anche la cattura di piccoli organismi del terreno.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Morfologia vegetativa[modifica | modifica wikitesto]

Tutte le specie del genere Genlisea presentano unicamente il meristema apicale caulinare, mentre è totalmente assente il meristema apicale radicale, essendo prive di radice[2]. Tutte le specie sono distintamente eterofille, producendo due tipologie di foglie diverse per quanto riguarda la morfologia e la funzione. Entrambe le tipologie di foglie sono disposte sul fusto con fillotassi spiralata. Il fusto è, nella generalità dei casi, compresso, in modo da formare una rosetta basale. Nella specie G. repens il fusto può anche essere lungo, prostrato e sotterraneo, simile ad uno stolone[3].

La prima tipologia fogliare è costituita da foglie situate sopra il terreno, deputate alla fotosintesi. La seconda tipologia è costituita da foglie altamente modificate, sotterranee, tubulari, denominate rizofilli, deputate alla cattura di microrganismi e all'ancoraggio al terreno della pianta.

Le foglie fotosintetiche sono dorsoventrali e picciolate. Il picciolo è di lunghezza variabile, a sezione circolare o ellittica, filiforme, e si allarga gradualmente trasformandosi nella lamina fogliare. La lamina è rotondeggiante, spatulata, oblunga o lanceolata, con apice obtuso o arrotondato. La consistenza della lamina varia dal membranoso in specie frequentemente sommerse come G. guianensis, fino ad essere leggermente succulenta nel caso di G. roraimensis. Le foglie sono generalmente glabre, ma possono presentare diverse tipologie di tricomi su entrambe le facce. Le rosette possono essere dense o libere, appressate al suolo[3].

Rizofillo[modifica | modifica wikitesto]

I rizofilli sono foglie modificate tubulari, sotterranee, solitamente prive di clorofilla, con geotropismo positivo. In tutti i membri del genere Genlisea il rizofillo presenta una forma che ricorda una "Y" rovesciata e, dall’estremità prossimale verso quella distale, è possibile distinguere quattro regioni: peduncolo, vescicola, collo tubulare e bracci elicoidali. La prima regione, il peduncolo, connette la foglia trappola al fusto. A questa segue un rigonfiamento cavo chiamato vescicola o camera digestiva e la cavità poi prosegue nel collo tubulare. Questo si biforca apicalmente a formare due bracci elicoidali[3].

La cavità del rizofillo, di dimensioni capillari, è in comunicazione con l’ambiente esterno attraverso diverse piccole aperture disposte a spirale lungo i bracci elicoidali e una singola grande apertura nella biforcazione degli stessi[3].

L’epidermide interna del collo tubulare è ricoperta da anelli di tricomi non ghiandolari, detti peli detentivi, orientati tutti in direzione della vescicola, in modo tale da consentire solo un movimento unidirezionale delle prede verso la vescicola, dove avviene la digestione e l’assorbimento. Inoltre il rizofillo presenta diverse strutture ghiandolari: sull'epidermide interna sono presenti ghiandole digestive quadrifide (limitate all'interno della vescicola)[4] e ghiandole bifide (nel collo tubulare)[5]. L’intera superficie esterna del rizofillo presenta delle piccole ghiandole esterne, con una testa ghiandolare formata da una o due cellule, con parete secondaria ben sviluppata[3].

Morfologia riproduttiva[modifica | modifica wikitesto]

Tutte le specie di Genlisea possiedono un’infiorescenza racemosa ed ogni fiore, sorretto dal pedicello, possiede alla sua base una brattea centrale e due bratteole laterali. Il fiore di Genlisea, come quello di tutte le Lentibulariaceae, è zigomorfo, ermafrodita, pentamero e tetraciclico. Il calice è formato da cinque sepali connati alla base e liberi all'apice. Il numero di sepali costituisce uno dei principali caratteri diagnostici dei generi appartenenti alle Lentibulariaceae: Pinguicula e Genlisea possiedono un calice formato da 5 sepali, le specie di Utricularia appartenenti al sottogenere Polypompholyx hanno un calice formato da 4 sepali, mentre tutte le altre specie di Utricularia hanno un calice formato solo da due sepali[2].

La corolla in tutte le specie è bilabiata, personata, speronata, formata da 5 petali connati. Il labbro superiore, originatosi dalla fusione di due petali, è intero o bilobato, mentre il labbro inferiore è trilobato. I petali possono esibire diverse colorazioni che vanno dal giallo (es. G. pygmaea) al viola (es. G. hispidula)[3].

L’androceo costituito da due stami nascosti all'interno del labbro superiore della corolla, mentre il gineceo è formato da un singolo ovario globoso e un singolo stigma bilabiato inserito all'apice dell'ovario[3].

Biologia[modifica | modifica wikitesto]

La prima descrizione anatomica del rizofillo è stata effettuata da Warming (1874)[6] e sulla base di questo lavoro, Darwin (1875)[7] ha proposto per la prima volta che Genlisea fosse una pianta carnivora. Inoltre, Darwin è stato il primo a comprendere il meccanismo di cattura della trappola di Genlisea, paragonandolo a quello di una nassa[7].

In un singolo studio, condotto da Barthlott et al. (1998)[8], è stato ipotizzato che Genlisea fosse una pianta specializzata nella cattura di protozoi, ma le osservazioni riportate su tutte le altre pubblicazioni disponibili su Genlisea suggeriscono che lo spettro delle prede di questa pianta carnivora è il più ampio tra tutte le piante carnivore[3][5][7][9][10][11][12][13][14][15][16][17]. Quindi Genlisea è in grado di catturare, in modo non selettivo, tutti gli organismi edafici interstiziali abbastanza piccoli da poter penetrare all'interno delle aperture del rizofillo. Analisi del contenuto della vescicola hanno mostrato la presenza di organismi come nematodi, anellidi, acari, crostacei (in particolare copepodi) e collemboli, ma anche organismi unicellulari come cianobatteri, batteri non fotosintetici, protozoi (ciliati, flagellati, tecamebe e amebe) e alghe unicellulari (diatomee, alghe verdi, euglenoidi, ecc.).

Le prede entrano all’interno del rizofillo attraverso una serie di piccole aperture disposte in modo elicoidale lungo le braccia della trappola. Una volta entrate nel rizofillo, le prede non ne possono più uscire a causa della presenza di una serie di anelli di tricomi detentivi localizzati sull’epidermide interna dei bracci elicoidali e del collo tubulare, costringendole ad un movimento unidirezionale verso la vescicola, in cui esse verranno digerite dalla pianta.

La presenza di enzimi proteolitici secreti dalle ghiandole digestive è stata documentata da Heslop-Harrison (1975)[13] e l'assorbimento dei nutrienti rilasciati dalle prede catturate è stato dimostrato mediante il tracciamento di radioisotopi da Barthlott et al. (1998)[8]. La morte delle prede è probabilmente legata all'ambiente anossico presente all'interno della vescicola (Adamec 2007)[18].

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

Il genere Genlisea è distribuito nel continente americano (Centro America, Sud America, Cuba e Caraibi) ed in quello africano (Africa subsahariana), comprendendo anche il Madagascar[3].

Le specie appartenenti a questo genere vivono in ambienti caratterizzati dalla presenza periodica o perenne di acqua, in un range che può andare da terreno umido fino a condizioni completamente acquatiche. Tutte le specie si trovano in habitat caratterizzati da substrati oligotrofici, di natura acida o neutra, con bassa copertura vegetale che determina un intenso irraggiamento solare. A causa delle loro caratteristiche, questi habitat formano zone isolate rispetto agli ambienti circostanti e sono colonizzate da una vegetazione specializzata. Per via della loro scarsa estensione e dell’isolamento presentano, sul piano biologico, un comportamento simile alle isole e per questo sono anche definiti "functional islands"[1][19]. Esempi di habitat in cui sono state osservate specie di Genlisea sono gli affioramenti di rocce granitiche, suoli lateritici, arenarie, savane umide e sabbie di quarzo.

Tassonomia[modifica | modifica wikitesto]

Il genere comprende le seguenti specie:[20]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Ellison, Aaron M., 1960- e Adamec, Lubomír, 1958-, Carnivorous plants: physiology, ecology, and evolution, First edition, ISBN 978-0-19-877984-1, OCLC 994368018. URL consultato il 30 novembre 2019.
  2. ^ a b (EN) Rolf Rutishauser, Evolution of unusual morphologies in Lentibulariaceae (bladderworts and allies) and Podostemaceae (river-weeds): a pictorial report at the interface of developmental biology and morphological diversification, in Annals of Botany, vol. 117, n. 5, 1º aprile 2016, pp. 811–832, DOI:10.1093/aob/mcv172. URL consultato il 30 novembre 2019.
  3. ^ a b c d e f g h i Fleischmann, Andreas., Monograph of the genus Genlisea, Redfern Natural History Productions, 2012, ISBN 978-1-908787-00-2, OCLC 827555178. URL consultato il 30 novembre 2019.
  4. ^ (EN) Bartosz Jan Płachno, Małgorzata Kozieradzka-Kiszkurno e Piotr Świątek, Functional Utrastructure of Genlisea (Lentibulariaceae) Digestive Hairs, in Annals of Botany, vol. 100, n. 2, 1º agosto 2007, pp. 195–203, DOI:10.1093/aob/mcm109. URL consultato il 1º dicembre 2019.
  5. ^ a b Płachno, Bartosz. Kozieradzka-Kiszkurno, Małgorzata. Świątek, Piotr (biolog) Darnowski, Douglas W., Prey attraction in carnivorous Genlisea (Lentibulariaceae), 2008, OCLC 998690667. URL consultato il 1º dicembre 2019.
  6. ^ Warming, Eugenius, 1841-1924., Bidrag til kundskaben om Lentibulariaceae, [1874], OCLC 16700682. URL consultato il 30 novembre 2019.
  7. ^ a b c Darwin, Charles 1809-1882 Verfasser., Insectivorous plants, ISBN 978-0-19-180515-8, OCLC 1029679378. URL consultato il 30 novembre 2019.
  8. ^ a b Wilhelm Barthlott, Stefan Porembski e Eberhard Fischer, First protozoa-trapping plant found, in Nature, vol. 392, n. 6675, 1998-04, pp. 447–447, DOI:10.1038/33037. URL consultato il 30 novembre 2019.
  9. ^ Goebel, Karl (Karl Immanuel Eberhard), 1855-1932., Pflanzenbiologische Schilderungen, Elwert'sche Verlagsbuchhandlung, 1889-1891, OCLC 65435240. URL consultato il 30 novembre 2019.
  10. ^ Goebel, K., Zur Biologie von Genlisea, in Flora, vol. 77, n. 208-12, 1893.
  11. ^ Kuhlmann, J.G., Notas biológicas sobre Lentibulariáceas, in Anais da Primeira Reunião Sul-Americana de Botânica, vol. 3, n. 311-22, 1938.
  12. ^ Lloyd, Francis Ernest, 1868-1947., The carnivorous plants, Dover Publications, 1976, ISBN 0-486-23321-9, OCLC 2661623. URL consultato il 1º dicembre 2019.
  13. ^ a b Heslop-Harrison, Yolande., Enzyme release in carnivorous plants., North Holland Pub. Co., 1975, OCLC 7706213. URL consultato il 1º dicembre 2019.
  14. ^ Studnicka, M., Several ecophsiological observations in Genlisea., in Carnivorous plant newsletter, vol. 25, n. 1, 1996, pp. 14-16.
  15. ^ Studnicka, M., Observations on life strategies of Genlisea, Heliamphora, and Utricularia in Natural Habitats, in Carnivorous plant newsletter, vol. 32, n. 2, 2003, pp. 57-61.
  16. ^ (EN) Bartosz J. Płachno, Katarzyna Adamus e Jadwiga Faber, Feeding behaviour of carnivorous Genlisea plants in the laboratory, in Acta Botanica Gallica, vol. 152, n. 2, 2005-06, pp. 159–164, DOI:10.1080/12538078.2005.10515466. URL consultato il 1º dicembre 2019.
  17. ^ Konrad Wołowski e Bartosz Jan Płachno, Algae commensal community in Genlisea traps, in Acta Societatis Botanicorum Poloniae, vol. 77, n. 1, 2011, pp. 77–86, DOI:10.5586/asbp.2008.011. URL consultato il 1º dicembre 2019.
  18. ^ (EN) Lubomír Adamec, Oxygen Concentrations Inside the Traps of the Carnivorous Plants Utricularia and Genlisea (Lentibulariaceae), in Annals of Botany, vol. 100, n. 4, 1º ottobre 2007, pp. 849–856, DOI:10.1093/aob/mcm182. URL consultato il 1º dicembre 2019.
  19. ^ Ghillean Tolmie Prance, Bryan Campbell Clarke e Peter Raymond Grant, Islands in Amazonia, in Philosophical Transactions of the Royal Society of London. Series B: Biological Sciences, vol. 351, n. 1341, 29 giugno 1996, pp. 823–833, DOI:10.1098/rstb.1996.0077. URL consultato il 30 novembre 2019.
  20. ^ (EN) The Plant List, http://www.theplantlist.org/1.1/browse/A/Lentibulariaceae/Genlisea/. URL consultato il 1/12/2019.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • (EN) Andreas Fleischmann, Monograph of the Genus Genlisea, Poole, Redfern Natural History Productions, 2012, ISBN 1908787007.
  • (EN) Aaron Ellison e Lubomír Adamec, Carnivorous Plants: Physiology, ecology, and evolution, Oxford, Oxford University Press, 2018, ISBN 0198833725.

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