Francesco d'Aquino

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Francesco Maria Venanzio d'Aquino

Francesco Maria Venanzio d'Aquino, principe di Caramanico (Napoli, 27 febbraio 1738Palermo, 9 gennaio 1795), è stato un ambasciatore del re di Napoli e di Sicilia a Londra e a Parigi, poi viceré di Sicilia.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Figlio del principe Antonio e di Ippolita Pignatelli dei principi di Monteroduni, nel 1767 sposò Vittoria de Guevara dei duchi di Bovino, vedova del duca di Maddaloni Carlo Carafa. Alla morte del padre (1775) gli successe nei titoli di principe di Caramanico, duca di Casoli, marchese di Francolise e conte di Palena.

Fu esponente di spicco della massoneria napoletana e nel 1769 fu eletto maestro venerabile della loggia della Vittoria. Nel 1773 dichiarò sconveniente che la massoneria napoletana dipendesse da un centro straniero e staccò dalla Gran Loggia di Londra la loggia dello Zelo, trasformandola in Gran loggia nazionale, della quale divenne il gran maestro[1][2]. Tuttavia dopo l'editto di Ferdinando IV di Borbone del 12 settembre 1775 che metteva fuori legge le logge massoniche fece atto pubblico di abiura, pur rimanendo legato alle tradizioni massoniche[3], poiché fu venerabile della "Well Chosen Lodge", n. 444 della Gran Loggia di Londra[1]. Nel 1776 Bernardo Tanucci, per contrastare il tentativo dei massoni e della regina Maria Carolina d'Asburgo-Lorena di sganciare il regno di Napoli dall'influenza spagnola, fece arrestare alcuni esponenti della massoneria ma, a sostegno della regina e dei massoni, giunsero a Napoli Alberto di Sassonia-Teschen e Luisa Maria Adelaide di Borbone: ciò rafforzò il legame tra la regina e il principe di Caramanico e causò la caduta di Tanucci.

Fu ambasciatore del regno di Napoli a Londra (1780-1784) e a Parigi (1784-1786); tornato in patria, fu decorato con le insegne dell'Ordine di San Gennaro e fu nominato membro del Consiglio di Stato.

Viceré di Sicilia[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1786, in sostituzione di Domenico Caracciolo, fu nominato viceré di Sicilia: fu probabilmente John Acton a favorirne la nomina, forse per allontanarlo da Napoli, dove era molto popolare. Nel Regno di Sicilia, il principe di Caramanico, grazie ai poteri di alter ego di re Ferdinando III, continuò l'opera riformatrice del Caracciolo, tesa a limitare il potere dei baroni e a rafforzare il potere centrale: in tal senso, già nel 1788 abolì le angherie, cioè le prestazioni gratuite dovute dai braccianti a capriccio dei feudatari siciliani e l'anno seguente eliminò gli ultimi residui dell'istituto la servitù della gleba nelle campagne; poi ridusse il numero di seggi, e quindi il potere, dei nobili nella Deputazione del Regno, organismo tributario-finanziario, composto da 12 membri (4 eletti per ciascuno dei 3 Bracci del Parlamento siciliano) che fin dal XV secolo, insieme al Sacro Regio Consiglio, deteneva il potere esecutivo nel Reame siciliano[4]

Anche la classe intellettuale venne coinvolta nell'azione riformatrice e l'università di Catania fu riformata. L'italiano sostituì definitivamente il latino negli atti pubblici.

Fu particolarmente amato dagli strati più umili della popolazione siciliana, in favore dei quali promosse azioni filantropiche soprattutto durante le epidemie del 1792-1793.

Il principe fu un ammiratore degli ideali egualitari, tipici della Rivoluzione francese e mantenne buoni rapporti con i francesi anche dopo la decapitazione di Luigi XVI.

Morì improvvisamente l'8 gennaio 1795, forse avvelenato, dopo una notte di atroci sofferenze.

Ascendenza[modifica | modifica wikitesto]

Genitori Nonni Bisnonni Trisnonni
Giacomo d'Aquino, II duca di Casoli Tommaso d'Aquino, I duca di Casoli  
 
Girolama ?  
Francesco Gaetano d'Aquino, III duca di Casoli  
Laura del Tufo Ascanio del Tufo, I marchese di Matino  
 
Antonia Guarini  
Antonio d'Aquino, VIII principe di Caramanico  
Girolamo Mignanelli  
 
 
Maria Isabella Mignanelli  
 
 
 
Francesco d'Aquino, IX principe di Caramanico  
Giovanni Pignatelli della Leonessa Luigi Pignatelli della Leonessa  
 
Isabella Giovanna Barrile di Caivano  
Luigi Pignatelli, I principe di Monteroduni  
Ippolita de Somma  
 
 
Ippolita Pignatelli di Monteroduni  
 
 
 
Maddalena Mormile di Carinari  
 
 
 
 

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Carlo Francovich, Storia della Massoneria in Italia, i Liberi Muratori italiani dalle origini alla Rivoluzione francese, Milano, Ed. Ghibli, 2013, p. 189.
  2. ^ Roberto Russo, Leopardi e la massoneria a Portici Ranieri voleva trasferirsi lì col poeta, in Il Corriere della Sera, Napoli, 22 maggio 2017. URL consultato il 21 settembre 2023.
  3. ^ Bent Parodi - Anna Maria Corradini, Goethe in Sicilia. L'isola iniziatica, Messina, Armando Siciliano Editore, 2008, p. 50.
  4. ^ Massimo Costa. Storia istituzionale e politica della Sicilia. Un compendio. Amazon. Palermo. 2019. ISBN 9781091175242.pagg. 187 e 190

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Predecessore Viceré di Sicilia Successore
Domenico Caracciolo 1786-1795 Filippo Lopez y Royo
Controllo di autoritàVIAF (EN316736531 · SBN PALV062807 · GND (DE1120967422 · BNF (FRcb12216875j (data) · WorldCat Identities (ENviaf-316736531