Ettore Tolomei

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Ettore Tolomei (Rovereto, 16 agosto 1865Roma, 25 maggio 1952) è stato un giornalista e politico italiano. È stato Senatore del Regno.

Biografia

Nacque a Rovereto nel 1865, allora dominio asburgico (Austria), da famiglia nobile di origine toscana.

Tolomei fin da giovane abbracciò gli ideali dell'irredentismo italiano, per cui a diciotto anni (quando terminò il liceo) proseguì gli studi non in Austria, bensì a Firenze e poi a Roma, dove si laureò in lettere nel 1887.

Dopo la laurea trovò lavoro come insegnante al ginnasio italiano di Tunisi, la "colonia mancata" (la Tunisia era abitata da decine di migliaia di italiani ma era stata assegnata alla Francia). Ben presto però fu richiamato in Austria per il servizio militare e ne approfittò per iscriversi al corso di geografia dell'Università di Vienna.

Terminato il servizio di leva tornò a Roma (1890), dove fondò la rivista irredentista "La Nazione Italiana". Nel 1894 abbandonò l'attività politico-giornalistica e si recò ad insegnare alle scuole italiane di Salonicco.

Nel 1900 tornò in Italia e nel 1904 scalò la cima del Glockenkarkopf, erroneamente indicata dagli studiosi della Società Geografica Italiana come il punto più settentrionale della penisola italiana (dal punto di vista fisico: politicamente era interamente compreso in territorio austroungarico). In realtà, il punto più settentrionale dello spartiacque alpino si trova presso la vetta vicina: si tratta della Testa Gemella Occidentale/Zwillingsköpfl (2.841 m), situata diverse centinaia di metri più a nord-est, sempre sul crinale che segna la frontiera[1]). Tolomei affermò di essere il primo a scalare la cima, e le diede il nome di "Vetta d'Italia", ancora oggi usato dalla cartografia italiana. La vetta però era già stata conqusitata nel 1895 dagli alpinisti austriaci Franz Hofer e Fritz Kögel.[2]

Forte della sua esperienza internazionale, fu addetto alla direzione generale delle scuole italiane all'estero dal 1901 al 1921.

Nel 1906 si stabilì a Gleno di Montagna, in Tirolo (oggi in Alto Adige), dove la sua famiglia aveva delle proprietà. Qui fondò la rivista di studi "Archivio per l'Alto Adige". Tra i primi collaboratori nomi illustri: Pasquale Villari, Carlo Battisti, Graziadio Isaia Ascoli, Angelo De Gubernatis, Torquato Taramelli e altri. Giunsero anche gli auguri di Giosuè Carducci. La rivista continua tuttora ad uscire, a Firenze, presso l'Istituto di Studi per l'Alto Adige (via Cesare Battisti, 4). Dopo il 1969 la rivista pubblica solo saggi toponomastici, il nome di Tolomei come fondatore viene soppresso, dal 1979 il titolo storicamente compromesso viene sostituito con un altro: "Rivista di studi alpini".

Dalle sue pagine Tolomei voleva dimostrare "l'italianità" della regione (anche del Trentino, di lingua italiana ma cultura tirolese) e dunque la necessità di porre il confine al Brennero. Irredentista radicale, comprendeva anche l'importanza strategica dell'Alto Adige e l'opportunità di avanzare il confine italiano fino allo spartiacque alpino. Perciò tacciò di rinunciatarietà i cosiddetti "salurnisti", che limitavano le rivendicazioni alla chiusa di Salorno. La pubblicazione, che alla zona dava il nome del dipartimento napoleonico di cui all'inizio dell'Ottocento faceva parte Bolzano, venne subito sequestrata e suscitò violenti contrasti. Ciò contribuì a fargli propaganda, soprattutto tra personalità politiche italiane: dietro il tavolo di lavoro di Sidney Sonnino facevano bella mostra di sé le annate dell'"Archivio".

Sempre nel 1906 cominciò la stesura del Prontuario dei nomi locali dell'Alto Adige, pubblicato poi dalla Reale Società Geografica Italiana nel 1916. Al contrario di come spesso viene affermato, la toponomastica italiana dell'Alto Adige non è opera fascista, infatti la stesura avvenne ben prima dell'avvento di Mussolini al potere; invece sarà il fascismo a realizzare il programma tolomeiano, che fin lì non era stato certamente preso molto sul serio dalla comunità scientifica internazionale.

Nel 1914 Tolomei si batté per l'intervento. Allo scoppio della guerra si arruolò negli alpini e, per evitare (lui che era ancora cittadino austroungarico) la fine di Cesare Battisti se catturato, accettò il consiglio di cambiare provvisoriamente i propri dati anagrafici in Eugenio Treponti da Verona. Intensificò in quegli anni anche gli studi sulla toponomastica dell'Alto Adige facendosi aiutare da alcuni tra i più valenti studiosi, dell'epoca (Carlo Battisti, Ettore De Toni, il sudtirolese Alois Lun).

Nel 1918 come conseguenza della prima guerra mondiale l'Austria crollò e l'Alto Adige divenne italiano. Tolomei si insediò a Bolzano, dove gli fu affidato il Commissariato alla Lingua e alla Cultura per l'Alto Adige, scontrandosi con il sindaco, già borgomastro austriaco, Julius Perathoner. Nel 1919 fu inviato a Parigi come membro della delegazione italiana: anche grazie a lui il Brennero fu fissato come confine tra Austria ed Italia.

A Tolomei si devono la creazione dell'Archivio di Stato di Bolzano, dell'Istituto di Studi per l'Alto Adige e della Biennale d'Arte di Bolzano.

Il 15 luglio 1923, nel teatro civico di Bolzano, Tolomei rese pubblico il suo programma di assimilazione e italianizzazione del territorio già tirolese con la rieducazione politica-culturale degli abitanti di lingua tedesca (vedi Programma di Tolomei).

Nel 1923 fu nominato senatore per i suoi "meriti culturali e patriottici". Fu poi nominato nel 1937 "Conte della Vetta" da Vittorio Emanuele III.

Durante la seconda guerra mondiale si ritirò dalla politica nel podere di Gleno, ma venne arrestato dai tedeschi. Fu deportato prima a Dachau e poi in Turingia. La zona dove si trovava fu occupata dai russi che non lo volevano rilasciare: un nipote ed alcuni amici riuscirono a farlo fortunosamente fuggire e a riportarlo in Italia. Scrisse le proprie "Memorie di vita", che Garzanti pubblicò nel 1948 e si spense a Roma il 25 maggio 1952. Venne seppellito nel cimitero di Montagna, il comune da cui dipende il villaggio di Gleno.

Ricordo

Il conte Ettore Tolomei è noto principalmente per il suo Programma e per la sua difesa dell'italianità dell'Alto Adige fino al Brennero.

Tra le tante sue attività (da giornalista ad alpinista, senatore, scrittore, ecc..) fu anche vicepresidente della Dante Alighieri, promotrice della lingua italiana nel mondo, dal 1906 al 1952.[3]

Tolomei è festeggiato ancora oggi come patriota da una parte degli Italiani, ma viene denigrato come il becchino del Sudtirolo dalla maggioranza dei cittadini altoatesini di lingua tedesca e la sua tomba è stata ripetutamente vilipesa e devastata durante gli anni del terrorismo sudtirolese (tra gli anni sessanta e la fine degli anni 80).

Attualmente la sua figura storica viene rivalutata come quella di un "irredentista trentino ed altoatesino", a cui fu dato il titolo di Conte Redentore dell'Alto Adige dallo stesso Re d'Italia.[senza fonte]

Onorificenze

Commendatore dell'Ordine della Corona d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria
Grande ufficiale dell'Ordine della Corona d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria

Note

  1. ^ Scheda summitpost, cartina
  2. ^ Fabio Cammelli, Werner Beikircher, Alpi Aurine: Brènnero, Gran Pilastro, Vetta d'Italia, Touring Editore, 2002, ISBN 9788836526031., page 318
  3. ^ Fotografia ed articoli su Tolomei

Voci correlate

Collegamenti esterni

Bibliografia

  • Baratter, Lorenzo (2005), Le Dolomiti del Terzo Reich, Milano, Ugo Mursia Editore.
  • Framke, Gisela (1987). Im Kampf um Südtirol. Ettore Tolomei (1865-1952) und das ‚Archivio per l'Alto Adige'. Tübingen: M. Niemeyer. ISBN 3-484-82067-5.
  • Benvenuti, Sergio; Hartungen, Christoph von (eds.) (1998). Ettore Tolomei (1865-1952). Un nazionalista di confine. Die Grenzen des Nationalismus. Trento: Museo Storico in Trento.
  • Steininger, Rolf (2003). South Tyrol: a minority conflict of the twentieth century. New Brunswick, N.J., U.S.A: Transaction Publishers. ISBN 0-7658-0800-5.