Gülnuş Sultan

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Gülnuş Sultan
Ritratto di fantasia di Gülnuş Sultan
Valide Sultan
Primo regno
In carica6 febbraio 1695 –
22 agosto 1703
PredecessoreSaliha Dilaşub Sultan
SuccessoreSe stessa come Valide Sultan di Ahmed III
Valide Sultan
Secondo regno
In carica22 agosto 1703 –
6 novembre 1715
PredecessoreSe stessa come Valide Sultan di Mustafa II
SuccessoreSaliha Sultan
Haseki Sultan
In carica1660 –
8 novembre 1687
PredecessoreTurhan Sultan
Saliha Dilaşub Sultan
Muazzez Sultan
Ayşe Sultan
Mahienver Sultan
Saçbağlı Sultan
Şivekar Sultan
Hümaşah Sultan
SuccessoreRabia Sultan
Nome completoEvmania Voria alla nascita
Mahpare Emetullah Rabia Gülnuş Sultan
NascitaRetimo, Creta, Serenissima Repubblica di Venezia, oggi Grecia, circa 1642[1]
MorteEdirne, 6 novembre 1715
SepolturaTürbe Gülnuş Sultan
Luogo di sepolturaMoschea Yeni Valide, Istanbul
Casa realeCasa di Osman per matrimonio
Consorte diMehmed IV
FigliHatice Sultan
Mustafa II
Ayşe Sultan
Ahmed III
Ümmügülsüm Sultan
Fatma Emetullah Sultan
Religionegreco-ortodosso per nascita
islam sunnita per conversione

Emetullah Rabia Gülnuş Sultan[2] (turco ottomano:جولنوس امت الله رابعه سلطان, "serva di Allah", "primavera" e "rosa profumata"; Retimo, circa 1642Edirne, 6 novembre 1715) è stata la Haseki Sultan di Mehmed IV e la Valide Sultan dei loro figli Mustafa II e Ahmed III[3][4].

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Emetullah Rabia Gülnuş[2][5] nacque a Retimo, sull'Isola di Creta, quando l'isola era sotto il dominio veneziano; il suo nome era Evmania Voria ed era di etnia greca. Suo padre è indicato come un sacerdote greco-ortodosso, o come un membro della famiglia veneziana Verzini, insediata nell'isola.

Durante un'incursione dell'isola venne catturata dall'esercito ottomano, secondo alcuni già quando era bambina, intorno al 1645. Resa schiava, venne portata a Costantinopoli. In tempi diversi ricevette i nomi turco-persiani di Emetullah, Rabia e infine Gülnuş, e venne infine mandata nell'harem del Palazzo Topkapı dove ben presto attirò l'attenzione del sultano, Mehmed IV. Venne descritta come una donna alta e formosa, coi capelli neri ricci, amante della caccia. Il sultano era famoso per le sue battute di caccia nei Balcani e a Edirne ed era solito sceglierla per accompagnarlo[6]. Fu la sua prima concubina ed ebbero due figli, entrambi diventati sultani, e quattro figlie.

Il sultano Mehmed IV e la sua Haseki Emetullah Rabia Gülnuş Sultan

La sua rivalità con Gülbeyaz, un'odalisca di Mehmed IV ha portato a una tragica fine. Mehmed IV era profondamente innamorato di lei, ma dopo l'arrivo di Gülbeyaz nell'harem, la sua attenzione andò su di lei. Gülnuş, innamorata del sultano, divenne follemente gelosa. Un giorno, mentre Gülbeyaz era seduta su una roccia e guardare il mare, Gülnuş la spinse giù dalla scogliera e l'annegò[7][8][9][10], o secondo altri ha ordinato lo strangolamento di Gülbeyaz nel Palazzo Kandilli. Alcuni autori sottolineano il fatto che Gülnuş fosse una persona spietata, sostenendo che avesse tentato di strangolare i fratelli del marito, Solimano II e Ahmed II, dopo la nascita del suo primogenito Mustafa, ma Turhan Hatice Sultan ostacolò questi tentati omicidi[11].

Discendenza[modifica | modifica wikitesto]

Con Mehmed IV, Gülnuş Sultan ebbe due figli e quattro figlie:

  • Hatice Sultan (Edirne o Costantinopoli, circa 1660 - Edirne, 5 luglio 1743). Si sposò due volte ed ebbe cinque figli e una figlia. Fu una delle sultane ottomane più longeve.
  • Mustafa II (Edirne, 6 febbraio 1664 - Costantinopoli, 29 dicembre 1703). Fu il 22º Sultano dell'Impero ottomano.
  • Ayşe Sultan (Costantinopoli o Edirne, inizio 1673 circa - Costantinopoli, circa 1676). Soprannominata Küçük Sultan, ovvero "piccola principessa". Nel 1675, all'età di circa due anni, venne promessa in sposa a Kara Mustafa Paşah, ma la bambina morì poco dopo e il matrimonio non si tenne mai.
  • Ahmed III (Romania, 31 dicembre 1673 - Costantinopoli, 1 luglio 1736). Fu il primo sultano a nascere in provincia dopo Solimano I. Divenne il 23º Sultano dell'Impero ottomano, salendo al trono dopo la deposizione di suo fratello.
  • Ümmügülsüm Sultan (Costantinopoli, c. 1677 - Costantinopoli, 9 maggio 1720). Chiamata anche Ümmi Sultan o Gülsüm Sultan. Era la nipote preferita di suo zio Ahmed II, che dopo la deposizione del padre la trattò come figlia sua, tanto da tenerla a corte con sé, a differenza delle sorelle. Si sposò una volta ed ebbe tre figlie. Venne sepolta nella Moschea Yeni Cami.
  • Fatma Emetullah Sultan (Edirne o Costantinopoli, c. 1679 - 13 dicembre 1700). Si sposò due volte ed ebbe due figlie.

Valide Sultan[modifica | modifica wikitesto]

Divenne Valide Sultan nel 1695, quando suo figlio maggiore, Mustafa, è diventato il nuovo sultano. Quando Mustafa II è stato detronizzato nel 1703 la popolazione ha accusato Gülnuş, per la sua preferenza per Edirne su Costantinopoli come luogo di residenza.

Ha avuto importanza politica e alcuni la considerano l'ultima rappresentante del Sultanato delle donne, ufficialmente concluso alla morte di sua suocera Turhan Sultan. Nel 1703, le fu chiesto di confermare e approvare la successione di suo altro figlio, Ahmed III, al trono, ciò che ha fatto. E, così al suo ritorno da Edirne, andò a vivere al Palazzo Vecchio per un certo tempo. Ha visitato le sue figlie nei loro palazzi, ha preso parte al matrimonio di sua figlia Fatma Sultan al fianco di suo figlio, ha visitato la figlia Hatice Sultan in compagnia del sultano, dopo che lei aveva dato alla luce una figlia. Mustafa mantenne stretti contatti con la madre, l'ha onorata dimostrativamente ogni volta che c'era l'occasione. Suo figlio Ahmed III costruì inoltre la moschea Yeni Valide in suo onore.

Nel 1709, Carlo XII di Svezia si stabilì a Bender durante la sua guerra contro la Russia, desiderando allearsi con il sultano contro la Russia. Il 9 febbraio 1711, l'impero dichiarò guerra contro la Russia, siccome il sultano era stato consigliato da sua madre.

Morte[modifica | modifica wikitesto]

Morì il 6 novembre 1715 a Edirne. Venne sepolta nel suo mausoleo nella moschea costruita in suo onore da suo figlio Ahmed III: la moschea Yeni Valide, a Istanbul, nel quartiere Üsküdar.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Verlag, K.G. Saur – Çıkar, Jutta R. M., Türkischer biographischer Index, Saur, 2004, p. 417, ISBN 3-598-34296-9.
    «Rabia Gülnus; Emetullah Rabia Gülnûş Sultan as wefl (c. 1642 (1052) - 6 November 1715)»
  2. ^ a b Occasionalmente, ai suoi nomi viene aggiunto quello di "Mahpara/Mahpare" (spicchio di luna). Inoltre, occasionalmente "Emetullah" viene trascritto come "Ummetullah" o "Ummatullah".
  3. ^ Sultan II. Mustafa Han, su kultur.gov.tr, Republic of Turkey Ministry of Culture and Tourism. URL consultato il 6 febbraio 2009 (archiviato dall'url originale il 13 agosto 2014).
  4. ^ Sultan III. Ahmed Han, su kultur.gov.tr, Republic of Turkey Ministry of Culture and Tourism. URL consultato il 6 febbraio 2009 (archiviato dall'url originale il 13 agosto 2014).
  5. ^ M. Orhan Bayrak, İstanbul'da gömülü meşhur adamlar: VIII. yüzyıl-1998, Mezarlıklar Vakfı, 1998, p. 178.
  6. ^ John Freely, Inside the Seraglio: private lives of the sultans in Istanbul, Penguin, 2000, p. 163.
  7. ^ Narodna biblioteka "Sv. sv. Kiril i Metodiĭ. Orientalski otdel, International Centre for Minority Studies and Intercultural Relations, Research Centre for Islamic History, Art, and Culture, Inventory of Ottoman Turkish documents about Waqf preserved in the Oriental Department at the St. St. Cyril and Methodius National Library: Registers, Volume 1 of Inventory of Ottoman Turkish Documents about Waqf Preserved in the Oriental Department at the St. St. Cyril and Methodius National Library, Rumen Kovachev, Narodna biblioteka "Sv. sv. Kiril i Metodiĭ, 2003.
  8. ^ FATEMA MERNISSI, Nasci num Harém, Leya, 2013, ISBN 978-989-23-2324-4.
  9. ^ Fatema Mernissi, The harem and the West, New storytellers, Giunti Editore, 2011, ISBN 978-88-09-76641-9.
  10. ^ Jennifer Harding, Emotions: a cultural studies reader, Routledge, 2009, ISBN 978-0-415-46930-2.
  11. ^ Necdet Sakaoğlu, Famous Ottoman women, Avea, 2007, p. 155.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Anthony E. Baker, The Bosphorus, Redhouse Press, 1993, p. 146, ISBN 975-413-062-0.

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