Cosmè Tura

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Annunciazione, Museo della Cattedrale di Ferrara
San Giorgio e la principessa, Museo della Cattedrale di Ferrara
La Madonna Roverella
Calliope

Cosmé Tura, noto anche come Cosimo Tura (Ferrara, 1433 circa – Ferrara, 1495), è stato un pittore italiano. Fu il pittore ufficiale dei duchi Estensi di Ferrara, si può considerare animatore e fondatore della scuola ferrarese, della quale fu uno dei rappresentanti di spicco.

Biografia

Formazione

Le origini del pittore sono umili: era infatti figlio di un calzolaio di nome Domenico. Non si hanno notizie sul suo apprendistato, che Vasari legava al misterioso artista Galasso Ferrarese, figura quasi mitica che era legata da amicizia a Piero della Francesca.

I primi documenti che lo riguardano sono datati al biennio 1451-1452, quando per la corte estense decorò alcuni oggetti d'uso quotidiano, come alcune bandiere con stemmi estensi per il Castello o un elmo dato in premio al vincitore di un torneo. Questi lavori erano all'ordine del giorno nelle botteghe artistiche e rappresentavano per esse una delle maggiori fonti di sostentamento. Forse ebbe modo di lavorare tra i miniatori di corte.

Dalla metà del 1452 all'aprile del 1456 non si hanno altri documenti a Ferrara sulla presenza di Tura, per cui si è ipotizzato che egli potesse aver intrapreso un viaggio, magari soggiornando a Venezia e, specialmente, a Padova, come sembrano suggerire molti indizi stilistici nelle sue opere. Forse furtono gli stessi Este a sponsorizzare il suo viaggio di apprendistato, interessati alle sue precoci doti artistiche. Lì era attiva la bottega di Francesco Squarcione, la più importante fucina di talenti dell'Italia settentrionale da cui uscirono molti maestri che diffusero lo stile rinascimentale quali Carlo Crivelli, Michael Pacher e soprattutto Andrea Mantegna.

Dall'esperienza padovana Tura avrebbe ricavato il gusto per un segno netto e tagliente e per un'esuberanza decorativa, con citazioni dell'antico, che portò poi agli estremi livelli. Inoltre Squarcione filtrò le novità toscane portate a Padova da Donatello, consistenti nell'uso della prospettiva lineare, nelle linee forti e squadranti le forme e nella capacità di dare espressività umana alle figure.

Un altro maestro fondamentale fu per lui Piero della Francesca, che forse incontrò direttamente a Ferrara nel 1458-1459, dal quale mutuò il senso per la costruzione spaziale geometrica, lo spirito monumentale e l'uso di una luce tersa e nitida, che usò soprattutto negli sfondi. Il terzo input fondamentale fu l'opera dei fiamminghi, pure visibili a Ferrara nelle collezioni marchionali, dai quali imparò il gusto per l'osservazione minta dei dettagli e per la resa, tramite l'uso della pittura a olio, delle diverse consistenze dei metriali, dal luccichio delle gemme ai riflessi morbidi dei velluti.

Sotto Borso d'Este

Nel 1456 Tura fa dunque il suo rientro a Ferrara, dove diventa pittore in senso pieno, comparendo tra gli stipendiati di corte, addirittura con domicilio nel castello, che testimonia l'incarico come pittore di corte, sostituendo Angelo Maccagnino che era morto il 5 agosto di quell'anno. A Ferrara lavorò per Borso e Ercole I d'Este, non partendo più. Dotato di grande personalità e di multiformi capacità fu presente in tutte le manifestazioni artistiche della corte estense e i vari duchi che si succedettero, nei cinquant'anni della sua vita artistica, lo utilizzarono nei più disparati lavori, come consono agli artisti di corte dell'epoca, che non conoscevano una rigida specializzazione: fu, oltre che valente pittore, scenografo nelle feste e nei tornei, decoratore di arredi, vesti, coperte, vasellame, e disegnatore di cartoni d'arazzo.

Tra le prime opere è documentata una perduta lunetta per la porta del Duomo. A questo periodo sono attribuite di solito opere come la Madonna col Bambino e santi del Museo Fesch di Ajaccio e la Madonna col Bambino della National Gallery di Washington.

Nel 1458 è documentato al lavoro nello studiolo di Belfiore, dove l'artista prosegue il lavoro di Maccagnino ridipingendo probabilmente anche alcune opere da lui avviate (Tersicore del Museo Poldi Pezzoli di Milano e Calliope della National Gallery di Londra).

Negli anni seguenti si occupò di affreschi, come nella cappella di Francesco Sacrati in San Domenico (1467) e le Storie della Vergine nella delizia di Belriguardo (1469-1472) per Borso d'Este, cicli entrambi perduti ma noti dalle fonti.

Nonostante siano anni di attività febbrile, restano di quel periodo solo le grandiose ante dell'organo del Duomo di Ferrara, pagate il 2 giugno 1469, dove dipinse su un lato l'Annunciazione e sull'altro San Giorgio e la principessa.

Sotto Ercole I

Con la salita al potere di Ercole I d'Este (1471), Tura fu nominato ritrattista di corte, ruolo a cui si dedicò fino al 1486 quando venne sostituito dal più giovane Ercole de' Roberti.

Il Polittico Roverella, del 1470-1474, è oggi smembrato tra più musei. Dipinto per commemorare il vescovo di Ferrara Lorenzo Roverella, ha la parte centrale è alla National Gallery di Londra con la Madonna con il Bambino, seduta su un elaborato trono e attorniata da angeli musicanti.

Lavorò inoltre alle decorazioni di stanze, di studi e della biblioteca di Giovanni Pico della Mirandola. Sua è anche la direzione degli affreschi di Palazzo Schifanoia a Ferrara, una delle numerose residenze estensi, con il celebre Ciclo dei Mesi eseguito materialmente anche da altri artisti come Francesco del Cossa ed Ercole de' Roberti, che viene considerato il più grande saggio collettivo della scuola ferrarese nonché uno dei cicli pittorici più singolari del Rinascimento europeo.

Nonostante la fedeltà agli Estensi, ai quali ha dato il lavoro di tutta la sua vita e l'essere stato il caposcuola di una schiera di artisti emiliani, Cosmè Tura morì stanco e povero, come è attestato da una sua lettera del 1490 al duca Ercole, al quale sollecitò il pagamento di una sua opera, forse il meraviglioso Sant'Antonio da Padova, attualmente alla Galleria Estense di Modena, affermando testualmente "Io non scio come potermi vivere et substentar in questo modo imperocché non mi trovo proffessione o facultate che mi substentino con la famiglia mia".

Le vicende della storia ferrarese, con la rovinosa parabola dei duchi a fine del Cinquecento, ha comportato la distruzione di gran parte dei suoi lavori.

Stile

La pittura di Cosmé Tura è dotata di grande originalità nel panorama italiano del tempo, caratterizzandosi con composizioni fastosamente decorate e da un plasticismo quasi scultoreo delle figure, in un apparente realismo che appartiene alla fantasia più che alla realtà. I colori sono accesi e irreali, che fanno spesso sembrare i soggetti come metallici o lapidei, immersi in un'atmosfera tesa e surreale, di sapore onirico. Le esperienze derivate dall'arte cortese del gotico internazionale, con i loro intenti celebrativi, sono fuse e trasformate attraverso gli stimoli del Rinascimento padovano, di Piero della Francesca e della pittura fiamminga.

La ricerca minuziosa dei particolari e di paesaggi impossibili si ritrova più tardi in pittori della scuola danubiana.

Opere

Bibliografia

  • L'arte nel Rinascimento, T.C.I., Milano 1962.
  • Giuorgio Bonsanti, Galleria Estense, Modena 1977.
  • P. D'Ancona e M.L. Gengaro. Umanesimo e Rinascimento, Torino 1958.
  • M. Natali (a cura di), Cosmè Tura e Francesco del Cossa. L'arte a Ferrara nell'età di Borso d’Este, catalogo della mostra, Ferrara, Palazzo dei Diamanti–Palazzo Schifanoia, 23 settembre 2007–6 gennaio 2008, Ferrara, Ferrara Arte, 2007
  • Mario Salmi, Cosmé Tura, Milano 1957.
  • A. Venturi. Storia dell'arte italiana, Milano 1940.
  • Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, volume 2, Bompiani, Milano 1999. ISBN 88-451-7212-0
  • Stefano Zuffi, Il Quattrocento, Electa, Milano 2004. ISBN 8837023154

Voci correlate

Altri progetti

Collegamenti esterni