Chi lavora è perduto (In capo al mondo)

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
(Reindirizzamento da Chi lavora è perduto)
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Chi lavora è perduto (In capo al mondo)
Titolo originaleIn capo al mondo
Lingua originaleitaliano
Paese di produzioneItalia, Francia
Anno1963
Durata85 min
Dati tecniciB/N
Generedrammatico
RegiaTinto Brass
SoggettoTinto Brass
SceneggiaturaTinto Brass, Gian Carlo Fusco
ProduttoreMoris Ergas
FotografiaBruno Barcarol
MontaggioTinto Brass
MusichePiero Piccioni
ScenografiaRaul Schultz
CostumiDanilo Donati
Interpreti e personaggi
Doppiatori italiani

Chi lavora è perduto (In capo al mondo) è un film del 1963 diretto da Tinto Brass. Il protagonista del film è Bonifacio (Sady Rebbot), un ventisettenne che si trova a girovagare per Venezia.

Il film è stato selezionato tra i 100 film italiani da salvare[1].

Trama[modifica | modifica wikitesto]

Bonifacio è un rampante disegnatore fresco di diploma e sta per entrare a far parte di una grande industria, ma il lavoro lo annoia incredibilmente. Le sue idee e fantasie si indirizzano verso posizioni totalmente anarchiche, anche se due amici sono stati ricoverati in manicomio proprio a causa del loro idealismo. Il giovane senza speranza si ribella contro il sistema che dovrebbe inglobarlo, vagando senza meta per Venezia.

Cameo[modifica | modifica wikitesto]

Brass fa da controfigura all'attore principale nelle riprese della voga: sono inquadrate le mani di Tinto e parte del corpo, visto da dietro. Appare inoltre al Festival del Lido come "paparazzo".

Censura[modifica | modifica wikitesto]

Il film venne inizialmente bocciato dalla censura, che chiese dei tagli alla pellicola. Tinto Brass si rifiutò, e nonostante tutto riuscì comunque a far uscire al cinema il film nella sua versione integrale, cambiando solamente il titolo del film da In capo al mondo a Chi lavora è perduto[2]. Secondo quanto dichiarato dal regista, ciò fu possibile anche grazie al nuovo Ministro dello Spettacolo socialista del governo di centro-sinistra che si era insediato nel frattempo e della nuova composizione della Commissione per la revisione cinematografica[3].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ I 100 film italiani da salvare, su Cinema Italiano Database, 2 giugno 2023. URL consultato il 21 gennaio 2024.
  2. ^ Le mutande della censura: "Chi si ferma è perduto", su fotogrammidicarta.it. URL consultato il 21 gennaio 2021.
  3. ^ Leonardo Bizzarri, 'Grazie Nanni, sei stato spiritoso ma ora perché non mi sdogani?, in la Repubblica, 29 novembre 2007. URL consultato il 21 gennaio 2024.

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

  Portale Cinema: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di cinema