Battaglia di Velletri (1744)

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Battaglia di Velletri
parte della Guerra di successione austriaca
Trionfo di Carlo di Borbone alla battaglia di Velletri, Francesco Solimena, 1744, Reggia di Caserta.
Data10 - 11 agosto 1744
LuogoVelletri, Stato della Chiesa
EsitoVittoria delle truppe ispano-napoletane
Schieramenti
Comandanti
Effettivi
12.000 uomini10.000 uomini
Perdite
Meno della metà di quelle del nemico2.000 morti
750 prigionieri
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La battaglia di Velletri è stata combattuta nel 1744 nell'ambito della Guerra di successione austriaca.

Antefatto

Pochi anni prima (1734), nell'ambito della Guerra di successione polacca, l'Austria aveva ceduto alla Spagna il Regno di Napoli (che peraltro nel 1707 l'Austria aveva strappato alla Spagna nell'ambito della Guerra di successione spagnola; fino ad allora, negli ultimi due secoli l'Italia meridionale e la Sicilia erano appartenuti alla Spagna come viceregni). L'autonomia dei regni di Napoli e di Sicilia dalla corona spagnola era stata ottenuta grazie all'azione diplomatica della regina Elisabetta Farnese, seconda moglie del re di Spagna Filippo V, la quale rivendicava per i propri figli, esclusi dalla successione al trono spagnolo da Don Ferdinando (il futuro Ferdinando VI di Spagna), figlio di primo letto di Filippo V. Dopo aver inizialmente ottenuto il Ducato di Parma e Piacenza in qualità di erede dei Farnese, il 10 maggio 1724 il secondogenito di Filippo V e di Elisabetta Farnese, don Carlos, assunse le corone di Napoli e di Sicilia sottraendoli alla dominazione straniera.[1].

Il giovane regno fu coinvolto pochi anni dopo nella Guerra di successione austriaca: il 13 settembre 1743, il Regno di Gran Bretagna, il Regno di Sardegna e l'Arciducato d'Austria avevano firmato a Worms un trattato in base al quale si impegnavano ad allontanare i Borboni da Napoli e dalla Sicilia, in cambio della cessione al Re di Sardegna, da parte dell'Austria, di Piacenza e di parte della Lombardia[2]. Come reazione, la Francia e la Spagna sottoscrissero un nuovo patto di famiglia contro i firmatari del trattato di Worms, fra l'altro con l'intento di ottenere anche i Ducati di Milano e di Parma che avrebbero dovuto essere consegnati a Filippo di Borbone, il secondogenito di Elisabetta Farnese e Filippo V di Spagna[3].

La battaglia

Nel maggio 1744 le forze austriache si erano attestate a Genzano di Roma, sul bordo del Lago di Nemi guidate dal principe Johann Georg Christian von Lobkowitz, il quale fronteggiava le truppe ispano-napoletane guidate da re Carlo e dal Conte di Gages, accampate pochissimi chilometri più a sud, sul monte Artemisio, a Velletri[4]. I due opposti eserciti rimasero a guardarsi per parecchio tempo[5].

Descrive così lo storico Pietro Colletta la disposizione degli eserciti:

«La città di Velletri siede in cima di un colle, intorno al quale scende il terreno in ripide pendici, coltivate ad oliveti e vigne. Nel fondo di ogni valle, che sono tre, scorre piccolo torrente; e poi le convalli verso il settentrione e l'occidente, salendo più ardite per succedenti rupi e montagne, hanno termine al monte Artemisio, quattro miglia, o più, lontano da Velletri. Il campo di Carlo aveva il corno destro incontro al detto monte, il sinistro verso la porta che dicono Romana, il centro nella città: la fronte del campo era guardata più che munita: poco indietro a lei, sul colle de' Cappuccini, stavano disposte a parco militare macchine, artiglierie; ed accampate molte squadre per soccorso e sostegno della prima fronte: campi minori succedevano, sia per guardia di alcun luogo, sia per comoda stanza dei soldati; così ordinate le cose che in breve tempo e per segni tutto l'esercito sarebbe in armi. Una fonte perenne che abbelliva la piazza della città e rallegrava gli abitanti mancò, perché il nemico, rompendo i canali, deviò l'acqua: ed il campo scarsamente ne aveva, con fatica e per guerra, da piccola vena scavata nel fondo di una valle, tre miglia lontano dalla città. Le vettovaglie abbondavano, provvedendole a Carlo largamente l'amore de' soggetti.
L'esercito contrario accampato negli opposti monti spiava tutta l'oste del re, numerava gli uomini, le armi, stava coperto dalle montuosità del terreno: abbondava d'acqua, scarseggiava di viveri, benché Roma ed altre città fruttassero a lui. Le posizioni più valide non vantaggiavano Lobkowitz, che per assaltare il campo nemico, dovea portar le schiere nel fondo delle valli dominate da esercito più forte.»

Nella notte fra il 10 e l'11 agosto 1744 Lobkowitz tentò d'impadronirsi di Velletri attaccando di sorpresa l'ala destra avversaria. Dapprima la mossa sembrò essere riuscita: lo schieramento delle truppe spagnole, colte di sorpresa, venne scompaginato e lo stesso re Carlo, preso di sprovvista nel sonno, riuscì a stento a sottrarsi alla cattura fuggendo in camicia da notte. Gli Austriaci, tuttavia, credendo di aver già vinto, si diedero al saccheggio permettendo al conte di Gages ed al re di riordinare le truppe Borboniche che, dopo un aspro combattimento, sconfissero gli avversari permettendo così la sopravvivenza del giovane Regno.[6].Un importante apporto sul campo fu dato dal Colonnello Raimondo di Sangro Principe di San Severo, a capo del Reggimento Capitanata.[7].

Per il grande coraggio dimostrato in battaglia, il re di Sardegna Carlo Emanuele III, alleato dell'Austria, scrisse dopo la guerra al suo ambasciatore a Napoli, conte Solaro di Monasterolo, che re Carlo «aveva rivelato una costanza degna del suo sangue e che si era comportato gloriosamente».[8]

Opera lirica

In età risorgimentale, la battaglia di Velletri, essendo stata combattuta contro l'esercito imperiale austriaco da parte di uno stato italiano, fu molto popolare. Il terzo atto de La forza del destino di Giuseppe Verdi si svolge infatti a Velletri, alla vigilia dello scontro con le truppe austriache.

Note

  1. ^ Pietro Colletta, Storia del Reame di Napoli, Libro I, Regno di Carlo di Borbone (1734-1759), Capolago: Tip. e libreria Elvetica, 1834.
  2. ^ Giuseppe Canestrini, Della politica piemontese nel secolo XVII, in Le Filippiche contra gli Spagnoli di Alessandro Tassoni, Firenze: Felice Le Monnier, pp. 58-70, 1855 [1]
  3. ^ Carlo Botta, Storia d'Italia continuata da quella del Guicciardini, sino al 1789, Parigi: Presso Baudry librajo, Libro XLIII, 1832 [2].
  4. ^ Carlo Botta, Storia d'Italia continuata da quella del Guicciardini, sino al 1789, tomo IX, Parigi: , p. 44, 1832 [3].
  5. ^ Cesare Balbo, Della Storia d'Italia dalle origini fino ai nostri tempi, Firenze: Felice Le Monnier, p. 370, 1856 [4]
  6. ^ Gaetano Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, Vol. XC, pagg. 12-14, In Venezia: dalla Tipografia Emiliana, 1857 (Google libri)
  7. ^ Domenico Vittorio Ripa Montesano, "Raimondo di Sangro Principe di San Severo primo Gran Maestro del Rito Egizio Tradizionale" . Ed. Riservata Napoli 2011
  8. ^ Acton, pp. 70-71; Gleijeses, pp. 78-79; Schipa, p. 492.

Bibliografia

Voci correlate