Baryphthengus martii

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Baryphthengus martii
Stato di conservazione
Rischio minimo[1]
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Sottoregno Eumetazoa
Superphylum Deuterostomia
Phylum Chordata
Subphylum Vertebrata
Infraphylum Gnathostomata
Superclasse Tetrapoda
Classe Aves
Sottoclasse Neornithes
Infraclasse Neognathae
Superordine Neoaves
Ordine Coraciiformes
Famiglia Momotidae
Genere Baryphthengus
Specie B. martii
Nomenclatura binomiale
Baryphthengus martii
(Spix, 1824)
Nomi comuni

Momot rossiccio

Baryphthengus martii (Spix, 1824) è un uccello della famiglia Momotidae. [1][2]

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

È la specie di motmot più grande attualmente conosciuta. Ha zampe piccole e il becco grande ricurvo dai bordi seghettati. La testa e il petto sono di colore arancione con una macchia nera che si estende dall'occhio al becco, il resto del corpo è di colore verde, mentre il bordo delle penne remiganti è di colore azzurro.[3]

Può raggiungere una lunghezza di 46 cm e i sessi presentano colori simili.

Biologia[modifica | modifica wikitesto]

Comportamento[modifica | modifica wikitesto]

Vive da solo o in coppia[3] e risulta attivo soprattutto all'alba. Il richiamo è costituito da un grido flebile, simile a quello degli Strigiformes, che echeggia tra gli alberi.[3]

Alimentazione[modifica | modifica wikitesto]

Si nutre principalmente di piccoli insetti, invertebrati, piccoli animali (topi e lucertole) e piccoli frutti raccolti in volo stazionario.[3] Passa la maggior parte del tempo fermo sui rami alti degli alberi da cui spicca il volo con un improvviso movimento brusco e a volte si getta sul terreno per catturare piccole prede. Le prede più grandi vengono sbattute contro i rami prima di essere ingoiate.

Riproduzione[modifica | modifica wikitesto]

Il nido è costituito da una camera non imbottita alla fine di uno scavo realizzato in un argine o sui fianchi di un burrone.[3]

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

È un uccello stanziale con un areale molto ampio che si estende tra la Bolivia, il Brasile, la Colombia, il Costa Rica, l'Ecuador, l'Honduras, il Nicaragua, Panama e Perù.[1] Lo si può trovare dal livello del mare fino ai 1.400 m di altitudine.

È un uccello terrestre tipico di foreste subtropicali, foreste tropicali secche, foreste pluviali tropicali e foreste tropicali montane. Lo si può inoltre trovare in ambienti antropizzati e zone sottoposte a deforestazione. [1]

Tassonomia[modifica | modifica wikitesto]

Vengono riconosciute due sottospecie[4]:

  • Baryphthengus martii martii (Spix, 1824) - sud America
  • Baryphthengus martii semirufus (P. L. Sclater, 1853) - centro e sud America

Conservazione[modifica | modifica wikitesto]

La Lista Rossa IUCN classifica il Baryphthengus martii come specie a rischio minimo[1] con una popolazione che nel 2019 si attestava tra i 5 e i 50 milioni di esemplari maturi risultando però in declino moderato.[5]

Per la sua conservazione sono stati individuate diversi siti di conservazione specifici all'interno dell'intero areale.[1]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f (EN) BirdLife International, Baryphthengus martii, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020. URL consultato il 25 novembre 2023.
  2. ^ Family Momotidae, su IOC World Bird List Datasets. URL consultato il 23 novembre 2023.
  3. ^ a b c d e Uccelli del Mondo, collana La Biblioteca della natura, vol. 5, Edizione Speciale per Tv Sorrisi e Canzoni, Milano, R.C.S. Libri S.p.A., 1993.
  4. ^ (EN) ITIS - Report: Baryphthengus martii, su www.itis.gov. URL consultato il 25 novembre 2023.
  5. ^ (EN) Population Estimates Database – Partners in Flight Databases, su pif.birdconservancy.org. URL consultato il 14 novembre 2023.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Bird, J.P., Martin, R., Akçakaya, H.R., Gilroy, J., Burfield, I.J., Garnett, S.G., Symes, A., Taylor, J., Şekercioğlu, Ç.H. and Butchart, S.H.M. 2020. Generation lengths of the world’s birds and their implications for extinction risk. Conservation Biology 34(5): 1252-1261.
  • Stotz, D.F., Fitzpatrick, J.W., Parker, T.A. and Moskovits, D.K. 1996. Neotropical Birds: Ecology and Conservation. University of Chicago Press, Chicago.

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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