Angelo Tartaglia

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Angelo Tartaglia
NascitaLavello, 1370
MorteAversa, 1421
Cause della mortedecapitato
Dati militari
Paese servitoRepubblica fiorentina, Repubblica di Siena, Regno di Napoli, Stato pontificio
Forza armataMercenari
GradoCondottiero
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Angelo Broglio da Lavello, noto come Tartaglia (Lavello, 1370Aversa, 1421), è stato un condottiero italiano, noto capitano di ventura, signore di Lavello e Toscanella.

Biografia

Nato a Lavello (Basilicata), le sue origini sono incerte. La data di nascita più accreditata è il 1370 (e in un documento dell'archivio di Firenze è riportato che suo padre si chiamasse Andrea). Tuttavia, secondo l'opera Cronaca Malatestiana scritta dal figlio Gaspare, nacque nel 1350 ed era terzogenito di Raimondo Orsini Del Balzo, Gran Connestabile del Regno di Napoli e Principe di Taranto.

E' da considerare infondata la notizia che fosse soprannominato Tartaglia per via della sua balbuzie: «è lecito ipotizzare che il cognome "Tartaglia" non fosse un soprannome, ma un vero cognome, visto che troviamo altri personaggi storici della stessa famiglia, come Cristofaro (nipote) e Donato (fratellastro), entrambi da Lavello... si tratta di un reale cognome, quello del padre adottivo Andrea di Lavello».[1]

Formatosi presso la scuola militare di Ceccolo Broglia (da cui in seguito ereditò le truppe e il vessillo), si alleò con Muzio Attendolo Sforza e si prestò al servizio della Repubblica fiorentina. Il 26 giugno 1402, partecipò alla battaglia di Casalecchio, con l'incarico di sorvegliare il ponte sul Reno ma abbandonò, improvvisamente la postazione per lanciarsi nel combattimento, lasciando senza difesa gli accampamenti dal suo lato. L'imprudenza costò la sconfitta della sua fazione che si diede alla fuga, mentre Tartaglia venne catturato e imprigionato.

Tornato in libertà, si assunse la responsabilità della sconfitta ma non bastò per placare l'ira di Sforza che non tollerò la sua azione. Da quel momento, Tartaglia e Sforza entrarono in pessimi rapporti e tra di loro si instaurò una fortissima rivalità che perdurò sempre. Nel 1404, intervenne con la sua armata in aiuto di Francesco Novello da Carrara, signore di Padova, in quel momento in guerra contro Venezia. Nello stesso anno, affiancò i carraresi durante la conquista di Verona. Pose sotto assedio San Martino Buon Albergo, sconfiggendo la resistenza del condottiero Ugolotto Biancardo.

Nel 1405, assieme a Sforza, prese parte alla conquista di Pisa per conto della Repubblica di Firenze. Nel 1407, passò ai servigi della Repubblica di Siena e nel 1409 alla corte di Ladislao I di Napoli, come capitano di ventura e fidato consigliere. Sotto il re di Napoli, Tartaglia difese con successo Perugia e Civitavecchia, insidiata dagli attacchi di Braccio da Montone, e l'8 giugno 1413 conquistò Roma, mettendo in fuga l'antipapa Giovanni XXIII, inseguito dalle truppe di Tartaglia che però non riuscirono a catturarlo.

In segno di gratitudine, il re Ladislao gli conferì il titolo di rettore e governatore di Toscanella il 23 luglio 1413. Stabilitosi nella cittadina laziale, Tartaglia pose qui il proprio quartier generale, fece erigere un palazzo fortificato (attualmente in rovina), a cui diede il nome "Lavello" e costituì il suo punto di partenza per tutte le sue spedizioni militari. Con la morte del re Ladislao, passò alle dipendenze di Giovanni XXIII, dopo esser stato convinto da emissari della Repubblica fiorentina, da cui ricevette la mansione di riportare sotto l'autorità papale le città di Viterbo e Corneto (l'attuale Tarquinia).

In questo periodo, Tartaglia divenne il terrore delle zone pontificie: il suo esercito compì razzie ovunque e ordinò di far decapitare i suoi subalterni Farina e Beccarino Brunoro, sospettati di aver progettato un suo assassinio per volere di Sforza. Prese dal timore, Siena, Orvieto ed altre città dell'Umbria gli inviarono doni di grande valore. Nel 1418, giurò fedeltà al nuovo papa Martino V, il quale, come ricompensa, gli assegnò uno stipendio di 39000 fiorini. Sotto i servigi del nuovo pontefice, ritrovò il suo antico rivale Sforza ed insieme occuparono Assisi il 15 ottobre 1419.

Temendo uno scontro tra i due condottieri, Martino V siglò, nella città da poco riconquistata, un formale atto di riconciliazione, che si consolidò con il matrimonio tra il figlio illegittimo di Sforza, Giovanni, e la figlia di Tartaglia, Lavinia. Inoltre il papa, per mantenere più stretti i rapporti con Tartaglia di cui volle servirsi per porre sul trono di Napoli Luigi III d'Angiò, lo nominò conte ereditario. Tornato così al servizio della Chiesa, conquistò numerosi territori tra il Lazio e l'Umbria.

Attaccò Soriano nel Cimino, difesa dal capitano di ventura francese Giannetto di Magnamonte, il quale, sconfitto, si arrese dietro la consegna di 9000 fiorini; conquistò Capitone, San Gemini, in cui sconfisse Gattamelata e Brandolino Brandolini, e Todi. Accusato di tradimento e di aver avuto contatti con Braccio da Montone, Tartaglia venne arrestato nel sonno per ordine del suo antagonista Sforza e, dopo avergli estorto una confessione con la tortura senza alcuna possibilità di difendersi, venne decapitato sulla piazza del mercato di Aversa, con la complicità del papa Martino V. Dopo la morte, i suoi uomini si arruolarono sotto Braccio di Montone, combattendo contro il papa e Sforza.

Note

  1. ^ P. Chiatti, La biografia del condottiero Angelo Tartaglia (1370-1421), Tuscania, 2011, p.30. La genealogia di Angelo Tartaglia, sia da parte Orsini che da parte Tartaglia, è a p.31.

Bibliografia

  • Antonio Di Chicco, Il condottiero Angelo Tartaglia di Lavello, nel primo Ventennio del sec. XV, Lavello, Tip. Finiguerra, 1957; nuova edizione TARSIA di Melfi, 1990.
  • Patrizia Chiatti, La biografia del condottiero Angelo Tartaglia (1370-1421), Edizioni Penne & Papiri, Tuscania, 2011.

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