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Occupazione e produttività

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La crescita economica ha il potenziale indiretto di attenuare la povertà, come conseguenza di un aumento simultaneo delle opportunità occupazionali e della produttività lavorativa[1]. Da uno studio condotto da alcuni ricercatori dell'Overseas Development Institute (ODI) è emerso che su 24 paesi che hanno registrato una crescita, in 18 casi, la povertà è stata attenuata[1]. L’organizzazione internazionale del lavoro (ILO) stima che ben il 40% dei lavoratori è povero, non guadagnando abbastanza per mantenere le proprie famiglie al di sopra della soglia di 2 dollari al giorno[1]. In India, ad esempio, i salariati che svolgono un'attività lavorativa formale rappresentano la maggior parte dei poveri cronici, in quanto i loro impieghi sono precari e poco retribuiti, non offrendo alcuna possibilità di accumulare ricchezza ed evitare i rischi[1]. Questo sembra essere il risultato di una relazione negativa tra creazione occupazionale e aumento di produttività, in cui un aumento positivo e simultaneo è richiesto per ridurre la povertà. Secondo l’UNRISD, l’aumento della produttività lavorativa sembra avere un impatto negativo sulla creazione di posti di lavoro: negli anni sessanta, un aumento dell’1% della produzione per lavoratore era associata a una riduzione della crescita occupazionale dello 0,07%, nel primo decennio del XXI secolo lo stesso aumento di produttività implicava un calo occupazionale dello 0,54%[1].

L’aumento dell’occupazione senza un aumento della produttività porta ad aumento nel numero dei “lavoratori poveri”, motivo per cui, alcuni esperti stanno adesso promuovendo la creazione di “qualità” e non di “quantità” nelle politiche del mercato del lavoro[1]. Questo approccio evidenzia come una maggiore produttività abbia contribuito a ridurre la povertà in Asia orientale, ma l’impatto negativo sta cominciando a farsi sentire[1]. Ad esempio, in Vietnam la crescita dell’occupazione è rallentata, mentre è proseguita la crescita della produttività[1]. Inoltre, gli aumenti di produttività non sempre si traducono in un aumento dei salari, come si può osservare negli Stati Uniti, dove il divario tra produttività e salari è in aumento dagli anni ottanta in poi. Uno studio dell’ODI ha dimostrato come per ridurre la disoccupazione, altri settori siano altrettanto importanti quanto il settore manifatturiero, difatti il settore terziario è il più efficace nel convertire la crescita della produttività in crescita dell’impiego. Diversamente, l’agricoltura fornisce una rete di sicurezza per i lavori e un cuscinetto economico quando altri settori sono in difficoltà[1]. Questo studio suggerisce una comprensione più variegata della crescita economica, della qualità della vita e della riduzione della povertà.

Sostegno agli agricoltori

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L’aumento del reddito agricolo è ritenuta la componente centrale nella lotta contro la povertà, in quanto oggi i tre quarti dei poveri sono agricoltori[2]. Le stime dimostrano come la crescita nella produttività agricola dei piccoli agricoltori è, in media, almeno due volte più efficace a vantaggio della metà più povera della popolazione del paese rispetto alla crescita generata in settori non agricoli[3]. Ad esempio, uno studio del 2012 ha suggerito come in futuro gli agricoltori etiopi potrebbero trarre vantaggio da nuove varietà di ceci. Lo studio ha valutato il potenziale impatto economico e sulla povertà di 11 varietà di ceci migliorate, rilasciate dall’organizzazione nazionale di ricerca agricola etiope in collaborazione con l’Istituto Internazionale di Ricerca vegetale per i Tropici Semi-Aridi (ICRISAT). I ricercatori hanno stimato che l’utilizzo di varietà diverse porterebbero a un profitto di circa 111 milioni di dollari americani per 30 anni con i consumatori che ne ricevono il 39% e i produttori il 61%. Essi si aspettavano che il profitto generato avrebbe fatto uscire dalla povertà più di 0,7 milioni di persone (sia produttori che consumatori). Gli autori hanno concluso che ulteriori investimenti nella ricerca sui ceci e legumi in Etiopia erano pertanto giustificati come strategie per ridurre la povertà[4].

Migliorare la gestione delle risorse idriche è un modo efficace per ridurre la povertà tra gli agricoltori, e con essa migliorare la produttività e potenzialmente superare la soglia di sussistenza della produzione. Durante la Rivoluzione Verde degli anni sessanta e settanta, ad esempio, l’irrigazione rappresentava il fattore chiave per liberare il potenziale agricolo asiatico e ridurre la povertà. Tra il 1961 e il 2002, l’area irrigata è quasi raddoppiata, in quanto i governi hanno cercato di raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare l’assistenza sociale e generare crescita economica. In Asia meridionale, la produzione cerealicola è aumentata del 137% dal 1970 al 2007. Questo obiettivo è stato raggiunto con il solo 3% di terra in più.[5]

L'Istituto internazionale della gestione delle risorse idriche a Colombo, nello Sri Lanka mira a migliorare l'ambiente e la gestione della terra e delle risorse idriche per il cibo e i mezzi di sostentamento. Uno dei progetti al quale i propri scienziati hanno lavorato, dimostra l’impatto che può avere il miglioramento della gestione dell’acqua in agricoltura. Nel 1997, lo studio, finanziato dalla Banca Giapponese per la cooperazione internazionale, ha inizialmente migliorato il sistema di irrigazione sulla riva sinistra del fiume Walawe, nello Sri Lanka, e nel 2005, l’irrigazione è stata estesa ad un’altra zona. Nel 2007 e nel 2008 è stata effettuata un’analisi dell’intera area, tale studio ha rivelato come l’accesso all’irrigazione ha fornito alle famiglie l’opportunità di diversificare le loro attività di sostentamento e di aumentare potenzialmente il loro reddito. Ad esempio, i possessori di terre potevano in modo sicuro coltivare riso o vegetali, invece di lavorare come braccianti o fare affidamento sulle precipitazioni, diversamente, i nullatenenti potevano trarre profitto lavorando all’interno di nuove aree per la pesca nelle acque interne. Dall'area di controllo del progetto è emerso che nel 2002, il 57% delle famiglie erano sotto la soglia di povertà, mentre nel 2007, solo il 43%.[6]

Costruire opportunità per l'autonomia

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Mettere a disposizione le opportunità di lavoro è altrettanto importante come l’aumento del reddito o l’accesso ai bisogni primari. L’attivista Paul Polak ha fondato la sua carriera facendo entrambe le cose in una volta sola, creando imprese che assumono i poveri per la realizzazione di beni a prezzi accessibili. Nel suo libro Out of Poverty, sostiene che le strategie tradizionali per l’eliminazione della povertà sono state fuorvianti e non sono riuscite ad affrontare i problemi fondamentali. Egli elenca, “I tre grandi miti sull'eliminazione della povertà” che sono rispettivamente: destinare del denaro alla gente povera, aumentare la loro crescita economica nazionale e far si che le grandi imprese continuino ad adoperarsi per sradicarla del tutto.[7] Infatti, i modelli economici che portano alla crescita nazionale e ad ampliare il numero delle grandi imprese non portano necessariamente a maggiori opportunità di autosufficienza. Tuttavia, le imprese pensate per un obiettivo sociale come le banche per il micro-credito possono fare la differenza.[8]

Stato sociale

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Gli aiuti nella loro forma più semplice sono una concessione del reddito di base, una forma di sicurezza sociale che fornisce periodicamente denaro ai cittadini. Nei progetti pilota in Namibia, in cui il programma prevede 13 dollari al mese, la gente riuscì a pagare le tasse scolastiche, aumentando così il tasso di frequenza dei bambini del 92%, riducendo i tassi di malnutrizione infantile dal 42% al 10% e incrementando l’attività economica del 10%.[9][10] Inoltre, gli aiuti potevano anche essere assegnati sulla base di determinati requisiti. I trasferimenti monetari condizionali, ampiamente accreditati come un programma efficace contro la povertà, si basano su azioni come l’iscrizione dei bambini nelle scuole o la ricezione dei vaccini[11]. In Messico, ad esempio, il paese con il più grande programma di questo tipo, i tassi di abbandono scolastico dei bambini dai 16 ai 19 anni nelle aree rurali sono scesi del 20%, il tutto facendoli guadagnare un centimetro e mezzo in altezza[12]. I timori iniziali circa il programma che incoraggerebbe le famiglie a rimanere a casa anziché lavorare per avere dei benefici si sono rivelati infondati. Diversamente, c’è meno comprensione per comportamenti negligenti dei bambini, come quello di mendicare per le strade invece di andare a scuola, che potrebbe comportare la sospensione dal programma.[12]

Gli stati sociali hanno un effetto sulla riduzione della povertà. Attualmente gli stati sociali moderni ed espansivi che assicurano opportunità economiche, indipendenza e sicurezza in un modo quasi universale sono ancora di dominio esclusivo delle nazioni sviluppate,[13] che costituiscono comunemente almeno il 20% del PIL, e negli stati sociali più grandi, come quelli scandinavi, oltre il 40%.[14] Questi moderni stati sociali, in gran parte sorti nel XIX secolo e all’inizio XX secolo, hanno visto la loro maggiore espansione nella metà del XX secolo e si sono dimostrati molto efficaci nel ridurre la povertà relativa e assoluta in tutti i paesi OCSE ad alto reddito analizzati.[15][16][17]

Il filosofo Thomas Pogge è un sostenitore della raccolta fondi per i poveri utilizzando una sorta di dividendo per le risorse globali.

Sostegno allo sviluppo

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La maggior parte degli aiuti provenienti dai paesi donatori è "vincolata", il che impone che un paese ricevente acquisti prodotti provenienti esclusivamente dal paese donatore.[18] Questo può essere dannoso dal punto di vista economico.[18] Ad esempio, l'Eritrea è costretta a spendere il denaro ricevuto in beni e servizi stranieri per costruire una rete ferroviaria, anche se sarebbe più economico utilizzare le perizie e le risorse locali.[18] Il denaro dagli Stati Uniti per combattere l'AIDS richiede anch'esso di essere speso per farmaci di marca statunitense che possono costare fino a 15.000 dollari l'anno rispetto ai 350 dollari per i medicinali equivalenti provenienti da altri paesi.[18] Solo Norvegia, Danimarca, Paesi Bassi e Regno Unito hanno smesso di vincolare i loro aiuti.[18]

Alcune persone non sono d'accordo con gli aiuti quando si tratta di vedere dove vanno i fondi per gli aiuti allo sviluppo provenienti dalle ONG e da altri fondi. I finanziamenti tendono ad essere utilizzati in modo selettivo, soprattutto quando l'unica cosa che viene trattata è il problema di salute in cima alla classifica, piuttosto che finanziare lo sviluppo dell'assistenza sanitaria di base. Questo può accadere a causa degli aspetti politici di base di una fondazione nel suo piano di sviluppo, dove la Politica supera la Medicina. Spesso, le malattie curate sono classificate in base alla loro prevalenza, morbilità, rischio di mortalità e fattibilità del controllo.[17] Attraverso questo sistema di classificazione viene finanziata la malattia che causa il maggior numero di decessi o quella più facilmente curabile. La questione si pone quando le persone curate, vengono rimandate nelle stesse condizioni che hanno portato la malattia. In questo modo, il denaro e le risorse provenienti dagli aiuti possono essere sprecati, nel momento in cui le persone vengono reinfettate. Lo si è visto in Messico negli anni '20 nella campagna della Rockfeller Foundation contro l'anchilostoma, in cui le persone che erano state curate, contraevano nuovamente la malattia nelle condizioni da cui provenivano. Per evitare ciò, si potrebbero spendere fondi per formare i cittadini dei paesi in via di sviluppo provvedendo loro l'educazione sanitaria, i servizi igienici di base e un accesso adeguato ai metodi di prevenzione e alle infrastrutture mediche. In questo modo, non solo il denaro delle ONG sarebbe speso meglio, ma sarebbe anche più sostenibile. Questi dibattiti suggeriscono che i sussidi allo sviluppo delle ONG dovrebbero essere usati per la prevenzione e per determinare le cause essenziali, piuttosto che agire sugli sforzi politici o curare per il semplice gusto di dire di aver contribuito all'opera.[19]

Alcune think tank e ONG hanno sostenuto che il supporto monetario occidentale spesso serve solo ad aumentare la povertà e la disuguaglianza sociale, sia perché è condizionato dall'attuazione di politiche economiche dannose nei paesi beneficiari[20], o perché è legato all'importazione di prodotti dal paese donatore rispetto ad alternative più economiche.[18] Talvolta si ritiene che gli aiuti servano più per gli interessi del donatore che per quelli del beneficiario,[21] e i critici sostengono inoltre che parte di essi vengano sottratti da governi e funzionari corrotti o che livelli di sostegno più elevati comprometterebbero la qualità della gestione degli stessi. La politica diventa molto più orientata verso ciò che riceverà più aiuti di quanti ne riceva per soddisfare i bisogni della gente.[22] Il problema del sistema di aiuti, e non gli aiuti in sé, è il fatto che questi sono eccessivamente orientati verso le retribuzioni dei consulenti dei paesi donatori, che non vengano distribuiti correttamente, trascurando aree vitali e meno pubblicizzate come l'agricoltura, e che gli aiuti non siano coordinati in modo adeguato tra i donatori, portando così a una valanga di progetti disconnessi anziché strategie unificate.[23]

I sostenitori, invece, sostengono che questi problemi possono essere risolti con un migliore controllo dell'utilizzo di quest’ultimi.[22]Le campagne di immunizzazione per i bambini, come quelle contro la poliomelite, la difterite e il morbillo, hanno salvato milioni di vite.[23] Tuttavia, gli aiuti provenienti dalle organizzazioni non governative possono essere più efficaci degli aiuti governativi, in quanto esse sono più incisive nel raggiungere i poveri e meglio controllate a livello di base.[18] A titolo di paragone, la spesa militare mondiale annua supera i 1000 miliardi di dollari.[24]

Riduzione del debito

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Una delle strategie proposte per sostenere i paesi poveri emersi nel corso degli anni Ottanta è stata la riduzione del debito. Infatti, annullare una parte o l’intero debito può permettere alle nazioni povere di “uscire dal tunnel”[25], dal momento che molte di queste sono fortemente indebitate con banche e governi delle nazioni ricche, e che i pagamenti degli interessi su questi debiti sono spesso più di quanto un paese possa generare annualmente mediante i profitti derivanti dalle esportazioni. Se i paesi poveri non dovessero spendere così tanto per il pagamento del debito, potrebbero invece utilizzare il denaro per priorità che contribuirebbero a ridurre la povertà, come l’assistenza sanitaria di base e l’istruzione[26]. Molte nazioni hanno iniziato a offrire servizi, come l’assistenza sanitaria gratuita, anche se sovraccaricando le infrastrutture sanitarie, grazie ai risparmi derivanti dai cicli di riduzione del debito del 2005.[27]

  1. ^ a b c d e f g h i Claire Melamed, Renate Hartwig and Ursula Grant 2011. Jobs, growth and poverty: what do we know, what don't we know, what should we know? London: Overseas Development Institute
  2. ^ Dugger, Celia W. (2007-10-20). "World Bank report puts agriculture at core of antipoverty effort". nytimes.com. Retrieved 2011-05-27.
  3. ^ "Climate Change: Bangladesh facing the challenge". The World Bank. 2008-09-08. Retrieved 2011-07-05.
  4. ^ Macharia I, Orr A, Simtowe F and Asfaw, S., Potential economic and poverty impact of improved chickpea technologies in Ethiopia http://exploreit.icrisat.org/page/chickpea/685/107. ICRISAT. Downloaded 26 January 2014.
  5. ^ Mukherji, A. Revitalising Asia’s Irrigation: To sustainably meet tomorrow’s food needs 2009, IWMI and FAO
  6. ^ Water, poverty and equity. Water Issue Brief, Issue 8, 2010.
  7. ^ Polak, Paul. "Out of Poverty"
  8. ^ Simanowitz, Anton. "Ensuring Impact: Reaching the Poorest While Building Financially Self-Sufficient Institutions, and Showing Improvement in the Lives of the Poorest Families" (PDF).
  9. ^ http://www.spiegel.de/international/world/0,1518,642310,00.html A new approach to aid: How a basic income program saved a Namibian village
  10. ^ http://news.bbc.co.uk/2/hi/africa/7415814.stm Namibians line up for free cash
  11. ^ "Brazil becomes antipoverty showcase".
  12. ^ a b Bridges, Tyler (21 September 2009). "Latin America makes a dent in poverty with 'conditional cash' programs" – via Christian Science Monitor.
  13. ^ Esping-Andersen, G. (1990). The three worlds of welfare capitalism. Princeton, NJ: Princeton University Press.
  14. ^ Barr, N. (2004). The economics of the welfare state. New York: Oxford University Press (USA).
  15. ^ Bradley, D.; Huber, E.; Moller, S.; Nielson, F.; Stephens, J. D. (2003). "Determinants of relative poverty in advanced capitalist democracies". American Sociological Review. 68 (3): 22–51. doi:10.2307/3088901.
  16. ^ Smeeding, T (2005). "Public policy, economic inequality, and poverty: The United States in comparative perspective". Social Science Quarterly. 86: 955–83. doi:10.1111/j.0038-4941.2005.00331.x.
  17. ^ a b Walsh, Julia A.; Kenneth S. Warren (1980). "Selective primary health care: An interim strategy for disease control in developing countries". Socal Science & Medicine. Part C: Medical Economics. 14: 146.
  18. ^ a b c d e f g "News and Views from the Global South". Inter Press Service. Archived from the original on 23 December 2010.
  19. ^ Birn, Anne-Emanuelle; Armando Solórzano (1999). "Public health policy paradoxes: science and politics in the Rockefeller Foundation's hookworm campaign in Mexico in the 1920s". Social Science & Medicine. 49: 1209. doi:10.1016/s0277-9536(99)00160-4.
  20. ^ Haiti's rice farmers and poultry growers have suffered greatly since trade barriers were lowered in 1994. By Jane Regan
  21. ^ US and Foreign Aid, GlobalIssues.org
  22. ^ a b News, A. B. C. (15 November 2007). "Will More Foreign Aid End Global Poverty?".
  23. ^ a b "Science/Nature – Why aid does work". BBC News.
  24. ^ "SIPRI Yearbook 2006". Retrieved 14 July 2017.
  25. ^ World Bank and International Monetary Fund. 2001. Heavily Indebted Poor Countries, Progress Report. Retrieved from http://worldbank.org.
  26. ^ http://news.bbc.co.uk/2/hi/business/4081220.stm African debt relief
  27. ^ "Zambia overwhelmed by free health care". BBC NEWS – Africa.