Utente:Matteo Tito/Sandbox

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Campo di concentramento di Bardufoss[modifica | modifica wikitesto]

Il campo di concentramento di Bardufoss fu un lager nazista situato nell'omonima cittadina, nel nord della Norvegia.

Origini[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1940 i nazisti attuarono l'operazione Weserübung, un piano militare mirato all'invasione della penisola scandinava, che costrinse la Danimarca e la Norvegia, nonostante l'intervento delle truppe alleate, alla resa. [1]

In Norvegia due anni dopo, nel 1942, ad Oslo, venne installato un governo collaborazionista con a capo Vidkun Quisling, obbligando il re norvegese Haakon a fuggire verso Londra.

Il governo fu ostacolato da proteste, anche non violente (esempi come la protesta degli insegnanti di Magne Skodvin e la resistenza dei pastori della Chiesa luterana, testimoniarono il parere del popolo all'instaurazione del governo) , tuttavia il regime di Vidkun Quisling e della Wehrmacht continuò ad operare.

In primo luogo Quisling ordinò a tutte le comunità ebree di stilare liste complete di tutti gli ebrei della comunità, al fine di identificare tutti gli ebrei norvegesi. In secondo luogo, preparò molte zone del territorio norvegese per poter ospitare circa 110 lager, tra questi il campo di Bardufoss.

Detenzione[modifica | modifica wikitesto]

Il campo venne aperto solo nel 1944 come campo di prigionia annesso al campo di Grini.

Prigionieri del campo di Buchenwald.

Il campo di concentramento di Bardufoss, come gran parte dei campi norvegesi, venne utilizzato dapprima come campo di prigionia e poi, nella fase finale, come campo di transito.

Nel campo si aveva una suddivisione tra: politici, prigionieri di guerra, ebrei e i cosiddetti ostaggi-bomba.

Gli ostaggi-bomba avevano il compito di farsi saltare in aria nel caso in cui la resistenza norvegese avesse colpito obbiettivi nazisti.

Nella prima fase i prigionieri non ebrei, dopo l'arresto, venivano tenuti spesso in isolamento con minime possibilità di interagire con il mondo esterno. Successivamente i prigionieri venivano sottoposti ad interrogatori, accompagnati da minacce e percosse che, in casi più gravi, sfociavano in maltrattamenti e torture.

I prigionieri ebrei subivano un trattamento diverso rispetto ai prigionieri non ebrei, la procedura d'arresto era simile a quella utilizzata in Polonia.

Veniva svolto l'appello all'interno del ghetto e seguiva un trasferimento immediato all'interno del campo.

Cancello ingresso in lager, trad. "Il lavoro rende liberi"

Di questa moltitudine di prigionieri inviati nei campi, solo una piccola parte (quasi uno su dieci) veniva trasferito effettivamente al campo, la restante parte veniva inviata direttamente alle camere a gas e uccisa.

Nella fase finale il campo aveva il compito di esportare gran parte dei prigionieri verso i campi di sterminio.

Dei prigionieri norvegesi non ebrei, una parte veniva inviata al campo di Sachenhausen, situato a 35 chilometri a nord di Berlino. [2]

Lo scopo iniziale di questo trasferimento era quello di far sopravvivere gli internati per sfruttarli, addestrarli e renderli in grado di cooperare con il regime.

Altri prigionieri venivano mandati nel campo di Natzweiler tra i Vosgi, dove subivano, per molti aspetti, lo stesso trattamento degli ebrei. [3]

Le donne e gli studenti norvegesi perlopiù venivano trasferiti rispettivamente nel campo di Ravensbrück, a novanta chilometri da Berlino e nel campo di Buchenwald, situato a otto chilometri da Weimar. [4]

Il trasporto veniva effettuato utilizzando treni-merci e poi navi di piccola taglia, con questo sistema 60 mila prigionieri furono trasportati dalla Norvegia verso altri campi.

Questo gran numero di trasporti da est a ovest e da ovest ad est, ha comportato che un certo numero di prigionieri norvegesi venivano inviati in altri campi, tra cui quello di Dachau e Mauthausen dove i prigionieri venivano esposti allo stesso lavoro, le stesse malattie, la stessa alimentazione inadeguata, lo stesso abbigliamento e gli stessi maltrattamenti dei prigionieri già presenti in campo.

Il trasferimento degli ebrei era quasi del tutto verso un unico campo, quello di Aushwitz, ma nell'ultima fase della guerra venivano trasferiti anche in altri campi della Germania, come quello di Bergen-Belsen.

Tutti i prigionieri mandati ad Auschwitz furono uccisi nelle camere a gas. [5]

Dei prigionieri mandati, nell'ultima fase della guerra, verso il campo di Belsen, molti norvegesi furono rilasciati attraverso la mediazione dell'azione Bernadotte e vennero trasferiti in Svezia dove ricevettero le cure mediche e psicologiche necessarie per riprendere la loro vita normale. [6]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Leo Eitinger. Concentration Camp Survivors in Norway and Israel. Martinus Nijhoff, 1964. ISBN 978-94-015-7199-9
  • Mantelli, Brunello. I campi di sterminio nazisti: storia, memoria, storiografia. F. Angeli, 2003.  ISBN 978-88-464-4622-0
  • Kaminski, Andrzej J. I campi di concentramento dal 1896 a oggi: storia, funzioni, tipologia. Bollati boringhieri, 1997. ISBN 978-88-339-1023-9

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) Operazione Weseruburg, su feldgrau.com. URL consultato l'11 febbraio 2017.
  2. ^ Leo Eitinger, Concentration Camp Survivors in Norway and Israel, Martinus Nijhoff, 1972, pp. 16, ISBN 978-94-015-7199-9.
  3. ^ Leo Eitinger, Concentration Camp Survivors in Norway and Israel, Martinus Nijhoff, 1972, pp. 16, ISBN 978-94-015-7199-9.
  4. ^ Leo Eitinger, Concentration Camp Survivors in Norway and Israel, Martinus Nijhoff, 1972, pp. 16, ISBN 978-94-015-7199-9.
  5. ^ Leo Eitinger, Concentration Camp Survivors in Norway and Israel, Martinus Nijhoff, 1972, pp. 17, ISBN 978-94-015-7199-9.
  6. ^ Leo Eitinger, Concentration Camp Survivors in Norway and Israel, Martinus Nijhoff, 1972, pp. 19, ISBN 978-94-015-7199-9.