Utente:DerfelDiCadarn87/Chūgi

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Assicelle in legno impiegate con la stessa funzione della carta igienica nel periodo Nara della storia del Giappone. I rotoli moderni sullo sfondo aiutano ad avere un'idea delle dimensioni.

Chūgi (筹木?) è il termine con cui si indicano le spatole di legno che, nel Giappone antico, venivano utilizzate per l'igiene personale dopo la defecazione.[1] La pratica, presumibilmente di origine indiana, fu introdotta prima in Cina e poi in Giappone attraverso il buddhismo.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Sono molti i materiali utilizzati per l'igiene anale nel corso della storia: foglie, ramoscelli, sabbia, sassi, acqua, spugne e carta servirono tutti a tale scopo.[2][3] Secondo gli storici e orientalisti Joseph Needham e Lu Gwei-djen,

(EN)

«In very ancient times, instruments of bamboo, possibly spatulas (廁籌, 廁箆, or 廁簡), may have been used with the assistance of water in cleaning the body after defecation. At other times and places, it seems that pieces of earthenware or pottery were so used. Undoubtedly one material which found employment in this respect was waste silk rag.[4]»

(IT)

«Nei tempi antichi, oggetti di bambù, presumibilmente spatole ([cèchóu] 廁籌, [cèbì] 廁箆 o [cèjiǎn] 廁簡), potevano essere utilizzate insieme all'acqua per la pulizia del corpo dopo la defecazione. In altri tempi e luoghi, pare che venissero utilizzati anche cocci di terracotta e ceramica. Sicuramente uno dei materiali che trovò impiego in questo senso fu lo straccio di seta usato.»

Quando il buddhismo fu introdotto in Cina e in Giappone dall'India, i monaci e i missionari portarono con sé anche l'usanza del śalākā (sanscrito: शलाका), una piccola stecca o assicella utilizzata per la pulizia dell'ano dagli escrementi. Gli interpreti tradussero questa parola sanscrita dando origine a diversi neologismi, come il cinese cèchóu (廁籌) e il giapponese chūgi (籌木?), contribuendo a rendere popolare questa pratica. Di facile produzione e riutilizzabili più volte, queste assicelle divennero un oggetto comune della vita quotidiana delle persone.

Un gaki condannato a nutrirsi di feci osserva un giovane con in mano un'assicella chūgi (Gaki zōshi, XII secolo circa)

Testimonianze del loro uso sono sono state rinvenute nella città di Nara, in Giappone, in una latrina risalente all'VIII secolo,[5] dove erano utilizzate per la pulizia interna ed esterna del canale anale.[3] Proprio la presenza in loco di tali manufatti viene usata dagli archeologi giapponesi come metro per l'individuazione di siti usati in passato per le latrine, sebbene la loro conservazione risulti spesso compromessa a causa della conformazione del terreno.[6]

Il ritrovamento in Cina di oggetti simili ha inoltre permesso di appurare che molte delle malattie infettive trasmesse dall'uomo arrivarono in Europa dall'Asia attraverso la via della seta, circa duemila anni fa. Le analisi dei resti fecali rinvenuti sui tessuti avvolti all'estremità delle assicelle hanno infatti rivelato la presenza di nematodi, trifocefali, vermi solitari e fasciole epatiche cinesi.[7][8][9] Sebbene avessero inventato la carta attorno al II secolo a.C. e la carta igienica non più tardi del VI secolo d.C., i cinesi furono restii a utilizzare i fogli di carta scritta per usi disdicevoli. A questo proposito, lo scittore Yan Zhitui osservò che «la carta che riporti citazioni o commenti sui Cinque Classici o nomi di saggi non dovrebbe essere mai usata per la toilette».[10] In Giappone l'uso della carta per la pulizia pesonale si diffuse invece attorno al periodo Edo (1600-1868).[11]

Terminologia[modifica | modifica wikitesto]

Le assicelle per la pulizia personale sono chiamate in cinese e in giapponese con diversi nomi. Si può dividerle in parole composte da chóu o chū (籌, "paletto", "bastone"), jué o ketsu (橛, "piccolo palo", "bastone") e in parole derivate da altri termini.

Chóu o chū[modifica | modifica wikitesto]

Il cinese chóu e il giapponese chū (籌, "paletto", "bastone", "frammento", "conteggio", "contatore", "segno") sono usati nelle parole chóumù o chūgi (籌木, insieme al carattere 木, "albero", "legno") e nella parola cèchóu (廁籌, insieme al carattere 廁, "latrina").

Chóu e chū vennero usati per tradurre il termine sanscrito polisemantico śalāka o śalākā (salākā in lingua pāli). L'indoiranista inglese Monier Monier-Williams tradusse il termine śalākā con il significato di:

qualsiasi paletto o bastone, asta (per mescolare, ecc.), ramoscello (intriso di calce per catturare gli uccelli), manico (di un ombrello), sbarra (di una gabbia o di una finestra), frammento, scheggia, stecca, matita (per disegnare o applicare il collirio); un pezzo di bambù (portato come una sorta di credenziale dai mendicanti e contrassegnato con il loro nome); aculeo di un porcospino; pezzo quadrangolare di avorio o osso (usato in particolari giochi); piolo, perno, freccia, ago, sonda (usata in chirurgia e talvolta utilizzata per identificare questo ramo della chirurgia), qualsiasi strumento appuntito; ramo, germoglio di qualsiasi tipo; righello; stuzzicadenti o spazzolino; pezzo di legno usato per l'accensione del fuoco per attrito; osso; dito della mano o del piede; porcospino; particolare arbusto spinoso; specie di tordo; nome di una città; nome femminile.[12]

Nel contesto del buddhismo indiano, śalākā significa per la precisione "pezzo di legno o bambù usato per la conta o il voto". Il śalākā-grahapāka era lo scrutinatore nominato durante le votazioni delle assemblee degli antichi clan dell'India settentrionale. Un altro esempio si può trovare nel termine giainista śalākāpuruṣa ("persona illustre o degna"), che si compone dei vocaboli śalākā (inteso come "bastoncino usato per il voto") e puruṣa ("persona").

Originariamente il termine chóu (籌) era usato per indicare sia le frecce utilizzate nel tóuhú (un gioco il cui scopo era centrare dei vasi con dei dardi) sia gli stecchetti di legno intagliati che in passato servivano, tra le altre cose, a prendere nota dei conteggi; per estensione lo stesso termine prese il significato di "pianificare, preparare, raccogliere".[13] In riferimento alle assicelle in legno per l'igiene personale, il termine è menzionato per la prima volta nell'opera Yu lin di Pei Qi (III secolo circa). Questa contiene numerose storie sul ricco mercante Shi Chong, tra cui una in cui lo stesso Shi si fa gioco del politico Liu Shi e della sua ignoranza riguardo all'uso delle assicelle.[14]

Il termine cèchóu (廁籌) è menzionato per la prima volta nella Storia delle dinastie settentrionali (659 circa), quando l'imperatore Wen Xuan Di della dinastia Qi del Nord osserva che far sì che Yang Yin serva come primo ministro sia difficile quanto fargli dono delle assicelle in questione.[15]

Il Nihon kokugo daijiten (2001) definisce chūgi (筹木?) o chū (?) come dei «pezzi di legno usati in passato al posto della carta igienica», citando l'opera Jūtei honzō kōmoku keimō (1847) di Ono Ranzan come prima menzione storica del termine.

Jué o ketsu[modifica | modifica wikitesto]

o hera[modifica | modifica wikitesto]

Altri termini[modifica | modifica wikitesto]

Usi testuali[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Mark Hudson et al., L'archeologia dell'Estremo Oriente. Giappone, in Il mondo dell'archeologia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2002-2005. URL consultato il 20 marzo 2019.
  2. ^ Sara Zapponi, Breve storia della carta igienica, in Focus, 14 gennaio 2016. URL consultato il 19 marzo 2019.
  3. ^ a b (EN) Philippe Charlier et al., Toilet hygiene in the classical era, in British Medical Journal, 2012, DOI:10.1136/bmj.e8287. URL consultato il 2 gennaio 2014.
  4. ^ Needham, 1970, p. 373.
  5. ^ (EN) Amy Chavez, From the ditches of Nara to the Otohime, a lav story, in The Japan Times, 24 gennaio 2014. URL consultato il 9 settembre 2014 (archiviato il 7 gennaio 2019).
  6. ^ Matsui e Kanehara, 2003, p. 133.
  7. ^ (EN) Yeh Hui-yuan et al., Early evidence for travel with infectious diseases along the Silk Road: Intestinal parasites from 2000 year-old personal hygiene sticks in a latrine at Xuanquanzhi Relay Station in China (abstract), in Journal of Archaeological Science, vol. 9, 2016, pp. 758-764, DOI:10.1016/j.jasrep.2016.05.010. URL consultato il 19 marzo 2019.
  8. ^ (EN) Bruce Bower, Parasitic worm eggs found on Silk Road latrine artifacts, in Science News, 29 luglio 2016. URL consultato il 19 marzo 2019.
  9. ^ (EN) Annalee Newitz, 2,000-year-old toilet paper gives us a whiff of life on the Silk Road in China, in Ars Technica, 25 luglio 2016. URL consultato il 19 marzo 2019.
  10. ^ Needham, 1985, p. 109.
  11. ^ (EN) Eva Pietzcker, Japanese Paper - washi, su druckstelle.info, 2004. URL consultato il 2 gennaio 2014.
  12. ^ Monier-Williams, 1899, p. 1059.
  13. ^ Karlgren, 1957, p. 281.
  14. ^ (ZH) 漢語大字典 [Hanyu Da Zidian], vol. 8, 1989, p. 1272.
  15. ^ (ZH) 漢語大詞典 [Hanyu Da Cidian], vol. 3, 1993, p. 1251.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]