Tappeto Ardabil

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Tappeto Ardabil, Persia, anno 946 dell'era islamica. Victoria and Albert Museum no. 272-1893. © Victoria and Albert Museum, Londra
Tappeto Ardabil, Persia, anno 946 dell'era islamica. Victoria and Albert Museum no. 272-1893. © Victoria and Albert Museum, Londra

I tappeti Ardabil (Tappeti Ardebil) sono una coppia di famosi tappeti persiani[1][2] esposti nella collezione del Victoria and Albert Museum a Londra e nel Los Angeles County Museum of Art. Sono un esempio dei classici tappeti Ardabil.

Si tratta di tappeti in seta e lana con una densità di nodi pari a 47–54 cm2). La dimensione del tappeto di Londra è di 10,5 × 5,3 metri, con un numero di nodi pari a circa 26 milioni.[3] I tappeti hanno un'iscrizione: un distico da un ghazal del mitico poeta persiano Hafez e una firma.[4] La differenza di dimensioni tra i due motivi di lampada da moschea che fiancheggiano il medaglione centrale è considerata come un uso deliberato della prospettiva grafica; visti dal lato della lampada più piccola i due appaiono della stessa dimensione.[5] Il disegno del medaglione centrale assomiglia a quello del lato interno della cupola della Moschea dello sceicco Lotfollah a Esfahan.

Completati durante il regno del safavida Scià Tahmasp I, nella metà del XVI secolo, probabilmente a Tabriz, i tappeti sono considerati tra i migliori della scuola classica iraniana (Persiana). Furono prima utilizzati a lungo nella moschea di Ardabil, e vennero poi pesantemente in Iran prima di essere venduti nel 1890[6] ad un commerciante di tappeti britannico che ne restaurò uno usando parti dell'altro: quello restaurato lo vendette poi al Victoria and Albert Museum. William Morris, allora un esperto d'arte del museo, fu determinante nell'acquisizione.[7]

Il secondo tappeto "segreto", più piccolo, senza bordi e con un pezzo mancante, e costituito dalle restanti sezioni utilizzabili, fu venduto all'uomo d'affari americano Clarence Mackay e passò frequentemente di mano tra facoltosi compratori per molti anni. Passando attraverso le collezioni d'arte di Mackay, [Charles Yerkes | Yerkes] e De la Mare, alla fine fu esposto, nel 1931, in una mostra a Londra. L'industriale americano Jean Paul Getty lo vide e lo acquistò da Lord Duveen per circa 70.000 sterline diversi anni dopo. Getty fu contattato da agenti, per conto di re Fārūq I d'Egitto che offrì 250.000 dollari per farne regalo di nozze a sua sorella andata in sposa allo Scià dell'Iran.[8] Successivamente Getty donò il tappeto al Museo della Scienza, Storia e Arte della Contea di Los Angeles nell'Exposition Park di Los Angeles. Altri frammenti sono comparsi sul mercato di volta in volta. La densità del nodo è effettivamente più alta sul tappeto di Los Angeles.[5]

Questo tappeto persiano è stato oggetto di numerose copie di dimensioni che vanno da piccole ai tappeti molto grandi. C'è un Ardabil al 10 Downing Street e persino Adolf Hitler ebbe un Ardabil nel suo ufficio a Berlino.[7][9] Il tappeto di Londra è stato esposto per decenni su un muro. Dal 2006, è stato esposto in uno speciale padiglione di vetro al centro della galleria principale di arte islamica. Nella sala l'illuminazione è mantenuta bassa per evitare sbiadimenti del prezioso tappeto.[5]

«Il tappeto Ardebil, ora esposto nel Victoria & Albert Museum di Londra, è, probabilmente, il più noto degli antichi tappeti persiani. Si tratta di uno dei due che nel 1893 approdarono, praticamente a brandelli, in Inghilterra. Venne presa la decisione di sacrificare un tappeto affinché l'altro potesse essere restaurato. Il costo di questo lavoro era proibitivo, anche per un museo, ed è stato solo dopo un ampio appello pubblico che vennero raccolti fondi sufficienti per l'operazione. Non c'è dubbio che in questo caso il fine giustificasse i mezzi. Il tappeto, che misura 11,5 metri di lunghezza per 6 di larghezza, è un esemplare estremamente fine recante un'iscrizione del tessitore. Questa iscrizione recita:
(EN)

«I have no refuge in the world other than thy threshold.
There is no protection for my head other than this door.
The work of the slave of the threshold Maqsud of Kashan in the year 946.»

(IT)

«Non ho rifugio nel mondo oltre la tua soglia.
"Non c'è protezione per la mia testa se non questa porta."
"Lavoro dello schiavo della soglia Maqsud di Kashan nell'anno 946".»

Rapportando questa data al calendario cristiano, emerge che il tappeto fu tessuto intorno agli anni 1539-40 durante il regno di Scià Tahmasp I, uno dei grandi mecenati della tessitura dei tappeti. Il resto incompleto dell'altro tappeto 'Ardebil', che reca la stessa iscrizione e data, è stato dato da Jean Paul Getty al Los Angeles County Museum.[10]»

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ M. Beattie, ARDABĪL CARPET – Encyclopaedia Iranica, su iranicaonline.org, Encyclopedia Iranica. URL consultato il 1º gennaio 2017.
  2. ^ The Editors of Encyclopædia Britannica, Ardabil Carpet, su britannica.com, Encyclopedia Britannica. URL consultato il 1º gennaio 2017.
  3. ^ The Ardabil Carpets, su Jozan Magazine on Oriental Rugs, 31 gennaio 2003 (archiviato dall'url originale il 9 febbraio 2007).
    «Sources: Los Angeles County Museum of Art, The Oriental Rug Lexicon by Peter F. Stone.»
  4. ^ Shahram Razavi, The famous Ardebil Persian rug, su WorldIsRound.com (archiviato dall'url originale il 22 agosto 2007).
  5. ^ a b c Hillier
  6. ^ J. Paul Getty, As I See It: The Autobiography of J. Paul Getty, Los Angeles, Getty Trust Publications, 2003, pp. 270–271, ISBN 978-0-89236-700-9.
  7. ^ a b Hillyer, Lynda e Pretzel, Boris, The Ardabil Carpet – a new perspective, su Victoria and Albert Museum, Conservation Journal Spring 2005: Number 49 (archiviato dall'url originale il 7 febbraio 2007).
  8. ^ J. Paul Getty buys art in Europe and the Pierre Hotel in New York, su Raken.com (archiviato dall'url originale il 14 settembre 2007).
  9. ^ Jennifer Wearden, The Surprising Geometry of the Ardabil Carpet, su Paper presented at Ars Textrina International Textiles Conference, University of Leeds, Victoria and Albert Museum, July 1995.
  10. ^ Essie Sakhai, Chapter 1: In the Beginning, in The Story of Carpet, Princess House, London, Studio Editions, 1991, pp. 10–11, ISBN 978-1-85170-727-0.

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