Roadia

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La roadia, o roatia, o arrobadia, è un obbligo a fornire una o più prestazioni lavorative agricole in favore di qualcuno. L'istituto ebbe diffusione in Sardegna (secondo il Lamarmora principalmente in Marmilla[1]), ove fu introdotto durante il dominio aragonese. Le prestazioni erano in genere dovute al feudatario, ma lo stesso termine è usato per prestazioni dovute a enti anche collettivi, e più in genere Arrigo Solmi le definisce "prestazioni di lavoro agrario dovute dai sudditi al pubblico potere"[2], mentre per gli aragonesi corrispondevano ad un servicio personal.

La roadia era inclusa fra i diritti reali connessi agli immobili[3], segnatamente ai terreni agricoli ed in particolare per identificare quelle prestazioni dovute per l'uso del terreno in cui si coltivassero cereali. La ratio del tributo era infatti la remunerazione della concessione in uso del terreno da parte del proprietario (in genere un feudatario).

Roadie erano previste in ragione di una ogni data parte di prodotto agricolo che il coltivatore ricavasse per sé nelle terre assegnate; vi era quindi una somiglianza con la decima, sebbene questa fosse attribuita in forma quasi esclusivamente pecuniaria, ma più precisa è l'affinità con la corvée. La prestazione poteva essere richiesta in occasione di grandi lavori in cui occorrevano masse organizzate di contadini (ad esempio per semine[3], arature, messature, etc.). Francesco Gandini[4] ne dà in verità una definizione un po' diversa, attribuendo il termine direttamente ad un terreno appartenente ad un'amministrazione (quindi forse un terreno ademprivile) sul quale si effettuassero operazioni collettive di interesse generale. Tra le definizioni eccentriche, c'è anche quella di Smyth[5] che, nel pieno tumulto causato dall'editto delle chiudende, lo definisce "atto volontario dei villici".

Il prodotto delle lavorazioni, talvolta detto anch'esso roadia, era trattenuto dal soggetto titolato a ricevere la prestazione, quindi ad esempio, nel caso di prestazioni di messatura fornite a comuni, il comune riteneva come sua proprietà quanto messato e lo conferiva al monte nummario[6].

L'obbligo poteva essere convertito in prestazione pecuniaria sia nel caso di impossibilità ad adempiervi del soggetto passivo, sia nel caso che il beneficiario della prestazione non avesse terre da coltivare o non volesse coltivarne.

Circa l'etimologia del termine, Max Leopold Wagner suggerisce sia da ascriversi al latino medievale "rogativa", a sua volta da "corrogata (opera)", da cui verrebbe anche il francese "corvée".

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Alberto Ferrero della Marmora Voyage en Sardaigne de 1819 à 1825 - ou Description statistique, physique et politique de cette île, avec des recherches sur ses productions naturelles et ses antiquités, Delaforest, 1826
  2. ^ Arrigo Solmi, Carte volgari dell'Archivio Arcivescovile di Cagliari
  3. ^ a b Si veda ad es. Antologia italiana, giornale di scienze, lettere ed arti, Giuseppe Pomba & C. Editori, 1846
  4. ^ In Viaggi in Italia, L. De-Micheli, 1835
  5. ^ William Henry Smyth, Sketch of the Present State of the Island of Sardinia, Murray, 1828
  6. ^ The Dublin university magazine, Dublino, 1849 - Così anche in John William Warre Tyndale, The Island of Sardinia, Including Pictures of the Manners and Customs of the Sardinians, and Notes on the Antiquities and Modern Objects of Interest in the Island, to which is Added Some Account of the House of Savoy, Richard Bentley, 1849.
    Entrambi i testi riportano in realtà una mera traduzione del citato testo del conte Alberto Ferrero della Marmora

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]