Livio Agresti

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Livio Agresti detto Ritius, Il Ricciutello o Il Ricciutino (Forlì, 1505Roma, 1579) è stato un pittore italiano del Rinascimento.

La vita e l'opera

Allievo del pittore forlivese Francesco Menzocchi, appartiene perciò alla scuola forlivese di pittura.

Risulta iscritto all'Accademia romana di San Luca già nel 1534, mentre nel 1535 affresca l'Eucaristia e i Profeti nella cappella del Sacramento del Duomo di Forlì, poi staccati nel 1841 e custoditi nella locale Pinacoteca.

Nel 1539 lavora nella chiesa di Santa Maria dei Servi; nel 1542, su incarico dell'abate Corrado Grassi, va a Ravenna: nella chiesa dello Spirito Santo, già cattedrale degli Ariani, si conserva una sua famosa tela, detta dei Vescovi colombini.

A Roma, nel 1544, affresca con Figure allegoriche la Sala Paolina di Castel Sant’Angelo sotto la direzione di Perin del Vaga e lavora nella chiesa di Santa Maria in Cosmedin.

Nel 1555 è ancora a Roma e nel 1557 porta a termine quello che è forse il suo capolavoro, gli affreschi nella cappella Gonzaga della chiesa di Santo Spirito in Sassia, con il Presepe, la Pietà, la Resurrezione e le Scene bibliche, impegno continuato nel 1574 nella cappella della Trinità con il Gesù risana lo storpio, Gesù risana il cieco e altre Scene bibliche, e nella volta della cappella, con la Visitazione, l'Annunciazione e lIncoronazione di Maria, e la pala dellAssunzione nell'altare. Rimarranno incompiuti alla sua morte nel 1579 gli affreschi della Nascita e della Circoncisione di Gesù, completati da Giovanni Battista Lombardelli e Paris Nogari. Del grande successo di quest’opera testimoniano le lettere al committente Alfonso Gonzaga dello stesso Agresti e di Girolamo da Ponte, che scrive di aver invitato il vecchio Michelangelo a vedere gli affreschi.

Tra il 1557 e il 1560 compone un insieme di opere, per lo più firmate e datate, per le città umbre di Amelia, dove dipinge la Crocefissione con le sante Firmina e Olimpiade, di Narni, con un’Annunciazione ora nel Museo civico e una Consegna delle chiavi nel Duomo, e di Terni, con una Circoncisione nel Duomo. Torna a Roma nel 1561 per decorare la Sala Regia in Vaticano con l'affresco Pietro d'Aragona offre il suo regno a Innocenzo III.

Al suo rientro a Roma, è ormai celeberrimo, e la sua attività è richiestissima.

Tra il 1564 e il 1565 si reca in Germania al seguito del cardinale di Augusta (Augsburg) Otto von Waldburg. Membro dell'Accademia fiorentina del Disegno, nell'ottobre 1565, insieme con Marco da Faenza e Prospero Fontana, opera a Palazzo Vecchio sotto la direzione di Giorgio Vasari che lo definisce suo seguace da lungo tempo.

Nel gennaio 1568 l'Agresti s’impegna col cardinale di Ferrara, Ippolito II d'Este, a terminare in tre mesi con sette assistenti le decorazioni di tre sale della Villa d'Este a Tivoli. Nel 1571 firma e data due Decollazioni del Battista, del tutto simili fra loro, per l'Oratorio della Misericordia di Amelia e per la Collegiata di Santa Maria Assunta nella vicina Lugnano in Tiberina.

Nel giugno 1571 inizia a Roma l'affresco della Passione di Cristo nell'Oratorio del Gonfalone, che porta a termine a dicembre insieme con l'Ultima cena. Dopo un lungo periodo trascorso fra Firenze e Amelia, dove dipinge affreschi, ormai scomparsi, sopra il portale del Palazzo degli Anziani, alla fine del 1574 torna a Roma per intraprendere la decorazione della Cappella della Trinità nella chiesa di Santo Spirito in Sassia; malato, nell'annesso convento fa testamento il 21 gennaio 1575, nominando suoi eredi la sorella Bernardina e l'assistente Litardo Piccioli, pittore originario di Amelia. Vivrà ancora quattro anni ma non riuscirà a terminare la decorazione della chiesa.

La valutazione critica

Vasari lo presenta come amico e collaboratore – ma l'Agresti assorbì poco o nulla dello stile del pittore aretino - e lo definisce correttamente "buono e fiero disegnatore, pratico coloritore, copioso ne' componimenti delle storie e di maniera universale": dunque un pittore pratico e l'Agresti fu infatti uno dei più facili artisti del tempo, con una disponibilità ad adeguarsi alle richieste dei più diversi committenti che dimostra i limiti dei suoi risultati artistici; insieme a pale e affreschi di buona qualità, convivono in lui opere prive di originalità e persino di correttezza formale.

All'iniziale formazione nell'ambito della scuola forlivese seguì presto l'approccio alla pittura più moderna rappresentata a Roma, negli anni Quaranta del secolo, dalla cerchia dell'antico allievo di Raffaello, Perin del Vaga; i continui viaggi nell'Italia centrale e la frenetica attività, se gli permisero la conoscenza delle esperienze pittoriche più diverse, non ne favorirono l'elaborazione di una sintesi artistica meditata e originale ma lo portarono ad adeguarsi alla soluzione più facile e comoda di un moderato accademismo aderente alle convenzioni del decoro, secondo i recenti dettati dell'arte controriformistica.

Altre opere

Bibliografia

  • A. Spallicci, Livio Agresti detto il Ricciutino, Forlì 1953
  • E. Lavagnino, La chiesa di S. Spirito in Sassia, 1962
  • A. Molfino, L'Oratorio del Gonfalone, 1964
  • A. Colombi Ferretti, I due Livii. Appunti nel manierismo forlivese, in: Studi in memoria di M. Zuffa, Bologna, 1983.

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