Ferruccio Ferrari

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Ferruccio Ferrari
NascitaBoves, 1917
MortePinerolo, 26 giugno 1940
Cause della morteFerite riportate in combattimento
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Italia
Forza armataRegio Esercito
ArmaArtiglieria
CorpoGuardia alla Frontiera
RepartoVII settore di copertura
Anni di servizio1937-1940
GradoSergente maggiore
GuerreSeconda guerra mondiale
BattaglieBattaglia delle Alpi Occidentali
Decorazionivedi qui
dati tratti da Le medaglie d'oro al valor militare volume primo (1929-1941)[1]
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Ferruccio Ferrari (Boves, 1917Pinerolo, 26 giugno 1940) è stato un militare italiano, decorato con la medaglia d'oro al valor militare alla memoria nel corso della seconda guerra mondiale.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nacque a Boves, provincia di Cuneo, nel 1917, figlio di Quintino e Maddalena Bisotto.[2] Impiegato presso le Ferrovie dello Stato, si arruolò volontario nel Regio Esercito nel maggio 1937 presso il 5º Reggimento artiglieria divisionale.[2] Nel mese di agosto fu promosso caporale, passando aggregato al 92º Reggimento fanteria "Basilicata" dove conseguì la promozione a caporale maggiore nell'ottobre dello stesso anno.[2] Promosso sergente esattamente un anno dopo, fu trattenuto in servizio attivo e, destinato alla 515ª batteria del VII Settore di copertura della Guardia alla Frontiera, otteneva la promozione a sergente maggiore alla vigilia della seconda guerra mondiale.[2] Mobilitato il settore nel giugno 1940 ed iniziate le operazioni di guerra alla frontiera alpina occidentale, rimase gravemente ferito durante l'attacco dell'artiglieria francese contro il forte dello Chaberton.[N 1][2] Ricoverato presso l'ospedale civile di Pinerolo il 21 giugno per le ferite riportate in combattimento, lì si spense il 26 dello stesso mese.

Il giorno dell'attacco francese alla batteria dello Chaberton caddero in combattimento anche il caporale Bruno Nannipieri e gli artiglieri Umberto Orsenigo, Giovanni Stella Leonardo Sasso, Virginio Romanò, Giacomo Bombardieri, Federico Sala, Mario Redaelli e Riccardo Bossola.[3][N 2]

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Sottufficiale artigliere G. a F., all’inizio delle ostilità lasciava volontariamente l’ufficio contabilità per salire al forte ed assumere il comando di un pezzo. Durante violentissimo e preciso tiro di controbatteria nemica, pur conscio dell’inesorabile sorte della sua torre, con l’esempio animava i serventi del suo stesso magnifico slancio. Colpita in pieno la torre, lui stesso ustionato e mortalmente ferito, con sovrumano sforzo e sublime altruismo salvava dal rogo quanti più serventi poteva e cedeva ai suoi soldati feriti la barella che gli toccava per turno. Lasciava poi il forte incitando e gridando ai compagni la consegna del Duce. Nel delirio dell’agonia una sola visione illuminava il supremo olocausto: il fuoco del suo cannone per la vittoria e la grandezza della Patria. Luminoso esempio di eroismo e di fede. Forte Chaberton, 21 giugno 1940.[4]»
— Regio Decreto 16 novembre 1940.[5]

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Nel corso dell'azione militare gli italiani accusarono nove morti, alla cui memoria vennero assegnate 3 medaglie d'argento e 6 medaglie di bronzo e oltre 50 feriti.
  2. ^ Il sottotenente Carlo Fagnola, comandante della prima sezione della 515ª Batteria fu insignito della croce di guerra al valor militare. Partito successivamente l'Unione Sovietica, aggregato all'8º Reggimento artiglieria della 9ª Divisione fanteria "Pasubio". Catturato dai sovietici nel 1943, morì nel campo di concentramento di Tambow.

Fonti[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Gruppo Medaglie d'Oro al Valore Militare 1965, p.394.
  2. ^ a b c d e Combattenti Liberazione.
  3. ^ Segreti della storia.
  4. ^ quirinale.it
  5. ^ Registrato alla Corte dei conti lì 14 dicembre 1940, registro 46 guerra, foglio 51.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Gruppo Medaglie d'Oro al Valore Militare, Le medaglie d'oro al valor militare volume primo (1929-1941), Roma, Tipografia regionale, 1965, p. 394.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]