Big Machine Records

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Big Machine Records
StatoBandiera degli Stati Uniti Stati Uniti
Fondazione2005
Fondata daScott Borchetta
Sede principaleNashville
GruppoUniversal Music Group
SettoreMusicale
Sito webbigmachinelabelgroup.com/

La Big Machine Records è un'etichetta discografica statunitense, distribuita da Universal Music Group e fondata da Scott Borchetta nel 2005.[1] Diventata nota grazie al successo discografico di Taylor Swift, artista lanciata da tale etichetta e che ha ottenuto un enorme successo a livello mondiale, l'etichetta gestisce oggi molti artisti afferenti alla musica country e alcuni appartenenti ai mondi della musica pop e rock.

Storia dell'etichetta[modifica | modifica wikitesto]

Scott Borchetta è attivo nel mondo della musica fin da ragazzo, quando militava in gruppo musicale come chitarrista, e ha successivamente lavorato nel mondo della produzione musicale sia insieme a suo padre (promoter di artisti country a Nashville) che come dipendente della MCA Records in un secondo momento.[2] Ha successivamente lavorato anche per la DreamWorks Records.[2] Dopo queste esperienze, Borchetta ha maturato l'intenzione di fondare una propria etichetta musicale. L'occasione si è palesata nel 2004 quando, per motivi completamente fortuiti, Borchetta ha conosciuto l'allora adolescente Taylor Swift e la sua famiglia in un locale di Nashville: notando il talento della ragazza, Borchetta promise alla famiglia che qualora fosse riuscito a trovare i soldi per lanciare una sua casa discografica li avrebbe immediatamente contattati.[2]

Nel 2005, Borchetta riesce a fondare la sua etichetta e decide di chiamarla Big Machine Records in onore della canzone Big Machine dei Velvet Revolver.[3] Taylor Swift è una delle prime cantanti scritturate dall'etichetta insieme ad altri cantanti country ed ha modo di lanciare il suo primo album nel 2006. L'album di debutto eponimo di Swift ottiene un grande successo commerciale vendendo oltre 5,7 milioni di copie nei soli Stati Uniti.[4] La partnership fra la cantante e l'etichetta è rimasta stabile fino al 2019, anno in cui l'artista ha preferito cambiare casa discografica, e ha portato alla pubblicazione di 6 album, tutti di grande successo.[4] Il successo ottenuto con Taylor Swift ha permesso all'etichetta di scritturare o lanciare molti altri artisti di successo, tra cui Reba McEntire, Zac Brown Band, Tim McGraw, Danielle Bradberry e Rascal Flatts.[5] Nel 2019, dopo 14 anni di gestione da parte di Borchetta ed altri soci di minoranza, l'etichetta è stata acquistata dal manager discografico Scooter Braun per 300 milioni di dollari.[6] Nel 2020 Taylor Swift, stando al contratto firmato nel 2006 con la Big Machine, può reincidere i suoi primi sei album pubblicati con la casa discografica, mentre Braun ha rivenduto i diritti sul suo catalogo originale per più di 300 milioni di dollari.[7]

Controversie con Spotify[modifica | modifica wikitesto]

Nel 2014, in controtendenza rispetto al resto dell'industria musicale, Swift ed altri artisti di punta della Big Machine Records hanno eliminato il loro catalogo dalla nota piattaforma streaming Spotify. Durante varie interviste rilasciate in quel periodo, Swift e Borchetta affermavano che le royalties pagate dall'azienda non erano sufficientemente alte in relazione al guadagno che essa traeva dalla riproduzione di materiale musicale da parte degli utenti.[8] In seguito a queste dichiarazioni, Spotify ha negato pubblicamente le accuse affermando di aver versato mezzo milione di dollari nell'arco di un mese a Taylor Swift e il suo team prima che loro prendessero tale decisione.[9] Il catalogo musicale di Taylor Swift è ritornato a far parte di Spotify a partire dal giugno 2017.[10]

Artisti scritturati[modifica | modifica wikitesto]

Attuali[modifica | modifica wikitesto]

Precedenti[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) Nielsen Business Media Inc, Billboard, Nielsen Business Media, Inc., 11 marzo 2006. URL consultato l'11 dicembre 2020.
  2. ^ a b c (EN) Leonard Devin, Taylor Swift Is the Music Industry, in Bloomberg.com, 14 novembre 2014. URL consultato l'11 dicembre 2020.
  3. ^ (EN) Chris Willman, Big Machine's Scott Borchetta on Taylor Swift, the Fight Against Free and Remaining 'Bold and Disruptive' on 10-Year Anniversary, su Billboard, 26 ottobre 2015. URL consultato l'11 dicembre 2020.
  4. ^ a b (EN) Keith Caulfield, Taylor Swift’s ‘Folklore’ Becomes First Million-Selling Album of 2020 in U.S., su Billboard, 25 novembre 2020. URL consultato l'11 dicembre 2020.
  5. ^ (EN) Angela Stefano, Reba McEntire Signs to Universal Music Group Nashville, su The Boot, 20 febbraio 2020. URL consultato l'11 dicembre 2020.
  6. ^ (EN) Kirsten Spruch, A Timeline Of What Happened After Scooter Braun Acquired Taylor Swift's Big Machine Catalog, su Billboard, 17 novembre 2020. URL consultato l'11 dicembre 2020.
  7. ^ (EN) Shirley Halperin, Scooter Braun Sells Taylor Swift’s Big Machine Masters for Big Payday, su Variety, 16 novembre 2020. URL consultato l'11 dicembre 2020.
  8. ^ (EN) Brian Mansfield, Taylor Swift says goodbye to Spotify, su USA TODAY, 4 novembre 2014. URL consultato l'11 dicembre 2020.
  9. ^ (EN) Ben Popper, Spotify says it paid Taylor Swift millions. Her label disagrees. Here's the truth, su The Verge, 13 novembre 2014. URL consultato l'11 dicembre 2020.
  10. ^ (EN) Kirk A. Bado, Taylor Swift returning her music to Spotify, su USA TODAY. URL consultato l'11 dicembre 2020.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]