Batteria Dietl

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Batteria Dietl
Vallo Atlantico
Ubicazione
StatoBandiera della Norvegia Norvegia
Coordinate67°58′22″N 14°59′23″E / 67.972778°N 14.989722°E67.972778; 14.989722
Informazioni generali
TipoArtiglieria costiera
Costruzione1942-1943
CostruttoreOrganizzazione Todt
Materialecalcestruzzo (strutture) acciaio (torretta singola)
Demolizione1968
Condizione attualeStato di parziale abbandono
Proprietario attualeNordlandsmuseet
Informazioni militari
Utilizzatore Kriegsmarine
Armamento3 torri singole da 406/50
dati tratti da The Atlantic Wall (2) Belgium, The Netherlands, Denmark, Norway[1]
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La batteria Dietl è stata un'installazione militare sita sull'isola di Engeløya, vicino a Steigen (contea di Nordland), Norvegia, realizzata durante il corso della seconda guerra mondiale dalla Kriegsmarine, la marina militare tedesca, e destinata alla difesa dell'accesso ovest del fiordo di Narvik.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Raggio di tiro della batterie costiere "Dietl" e "Theo".
Una ogiva e una granata da 406 mm conservata presso l'Auto & Technic Museum di Sinsheim, in Germania.

Dopo la conquista della Norvegia e della Danimarca, al fine di proteggere il vitale approvvigionamento di materiale ferroso dalla Svezia, che raggiungeva via ferrovia il porto di Narvik, e da lì via nave, la Germania, le autorità militari tedesche decisero di installare batterie costiere di grosso calibro per impedire qualsiasi attacco dal mare a Narvik provenienti dal Vestfjorden.[2] Una apposita commissione ispettiva prescelse per la realizzazione di una delle opere la costa nord-ovest dell'isola di Engeløya,[3] che dominava l'accesso al fiordo di Narvik da ovest, mentre per la seconda la penisola di Trondenes, che copriva l'accesso da nord al porto.[2]

Per l'armamento di queste due batterie, una su tre e una su quattro pezzi, fu prescelto il cannone da 406 mm 40,6 cm SK C/34.[4] Questa arma, inizialmente destinata ad armare le navi da battaglia classe H, sparava un proiettile da 600 kg a 56 km di distanza, e uno da 1 030 kg a 43 km.[2] La canna di 20 m di lunghezza di questo cannone avena una durata media di vita pari a 250 o 300 colpi.[2] Il rateo di tiro era pari a 1 colpo al minuto con elevazione fino a +20°, e di 1 colpo ogni 2 minuti con elevazione oltre i 20°.[2] Ogni pezzo era asservito da 68 uomini (20 nella torre e 48 nella riservetta munizioni) per ognuno dei tre turni di guardia. La base del cannone, costruita in acciaio e cemento armato, aveva un diametro di 29 m, e copriva una superficie di 615 m². Ogni cannone da 406/50 era installato in una torre singola Schiessgerüst C/39 pesantemente corazzata, posta su di una casamatta in cemento armato S 384.[3] La batteria disponeva di un bunker comando S 100 dotato di telemetro stereoscopico Zeiss, e le tre torri da 406 mm erano asservite ad un radar di scoperta navale FuMO 214 Würzburg See Riese.[3]

La costruzione della batteria sull'isola di Engeløya iniziò nel corso del 1942 a cura dell'Organizzazione Todt, con l'impiego di 2.000 prigionieri di guerra russi, e 3.000 lavoratori forzati giunti dai paesi dell'Europa occupata.[2] Dei prigionieri russi, 514 morirono durante il corso dei lavori. Tra i 5000 e i 7000 soldati, ingegneri e operai specializzati tedeschi si installarono nel villaggio di Bø, i cui abitanti furono evacuati con la forza nel 1943. I tre pezzi da 406 mm divennero operativi nel mese di agosto 1943, anche se i lavori continuarono per tutto il resto del conflitto.[2]

In seguito la batteria fu denominata Dietl (MKB 4/516 Dietl)[5] per onorare la memoria del generale Eduard Dietl, eroe dell'operazione Weserübung, perito in un incidente aereo in Austria nell'estate del 1944.[3]

La batteria "Dietl", a parte alcuni tiri di prova, non entrò mai in combattimento nel corso del conflitto, e nel primo dopoguerra non fu mai armata, e successivamente fu venduta per demolizione dalle autorità norvegesi nel 1968.[2] Oggi ciò che resta della batteria "Dietl" appartiene al Nordlandsmuseet ed è visitabile nella stagione estiva.[3]

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni[modifica | modifica wikitesto]


Fonti[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • (EN) John Campbell, Naval Weapons of World War Two, Annapolis, Naval Institute Press, 1985, ISBN 0-87021-459-4.
  • (EN) Steven J. Zaloga, The Atlantic Wall (2) Belgium, The Netherlands, Denmark, Norway, Oxford, Osprey Publishing, 2009, ISBN 978-1 -84908-125-2.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Video