Barbesteijn (1717)

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Barbesteijn
Descrizione generale
Tiponave mercantile
Varo1717
Destino finalepersa per naufragio il 22 ottobre 1735
Caratteristiche generali
Dislocamento1100
dati tratti da Barbesteijn (1717)[1]
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La East Indiaman Barbesteijn era una nave mercantile olandese, andata persa per naufragio il 22 ottobre 1735 all'imbocco del porto di Galle, a Ceylon.[1]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La East Indiaman Barbesteijn fu costruita nel cantiere navale di Middelburg nel 1717, per la locale Camera della Compagnia olandese delle Indie orientali.[2][1]

Il 31 dicembre 1718 la Barbesteijn salpò da Rammekens, per conto della camera di Zelanda, per Batavia al comando del capitano Michiel Landsheer, sostando al Capo di Buona Speranza tra il 2 luglio e il 25 agosto 1719, giungendo a destinazione il 21 ottobre dello stesso anno.[1] La nave intraprese il viaggio di ritorno da Batavia per conto della camera di Delft il 1 dicembre 1719, al comando del capitano Andries Pijl, sostando al Capo di Buona Speranza tra i 25 febbraio e il 19 aprile 1720, e arrivando a Goeree il 6 agosto dello stesso anno.[1]

Il 21 maggio 1721, per conto della camera di Delft, la nave salpò dall'isola di Goeree al comando del capitano Jan Kopersluis, sostò al Capo di Buona Speranza tra il 7 settembre e il 21 ottobre e arrivò a Batavia il 24 gennaio 1722.[1] La Barbesteijn intraprese il viaggio di ritorno per conto della camera di Zelanda il 2 dicembre 1722, sostò al Capo di Buona Speranza tra il 4 e il 25 marzo 1723 e arrivò a Rammekens il 6 luglio dello stesso anno.[1]

La Barbesteijn, per conto della camera di Zelanda, salpò da Rammekens il 10 febbraio 1724, al comando del capitano Cornelis Fret, sostò a Capo di Buona Speranza tra il 18 giugno e il 1 luglio, arrivando a Batavia il 1 settembre dello stesso anno.[1] Il viaggio di ritorno, per conto della camera di Zelanda, venne intrapreso da Batavia il 1 dicembre 1724, con la nave che sostò a Capo di Buona Speranza tra 21 febbraio e il 11 aprile 1725, e arrivò a Rammekens il 27 luglio dello stesso anno.[1]

La Barbesteijn, per conto della camera di Zelanda, salpò da Rammekens il 7 novembre 1726, al comando del capitano Joris Vermouwe, sostò a Capo di Buona Speranza tra il 18 marzo e il 19 aprile 1727, arrivando a Batavia il 7 novembre dello stesso anno. Il viaggio di ritorno, per conto della camera di Zelanda, venne intrapreso da Batavia il 26 ottobre 1727, con la nave che sostò a Capo di Buona Speranza tra 26 gennaio e il 9 febbraio 1728, e arrivò a Rammekens il 17 giugno dello stesso anno.

Il 28 maggio 1729 la nave, per conto della camera di Zelanda, e al comando del capitano Anthonie Klink, salpò da Rammekens il 28 maggio 1729, sostò a Capo di Buona Speranza tra il 5 ottobre e il 2 novembre, arrivando a Batavia il 14 febbraio 1730.[1] Da Batavia la nave, per conto della camera di Zelanda, salpò il 17 ottobre 1730, sostò a Capo di Buona Speranza tra 18 gennaio e il 21 febbraio 1731, e arrivò a Rammekens il 13 luglio dello stesso anno.[1]

Il 14 maggio 1732 la nave, per conto della camera di Zelanda, e al comando del capitano Jan van Est, salpò da Rammekens il 14 maggio 1732, sostò a Capo di Buona Speranza tra il 7 novembre e il 6 dicembre, arrivando a Batavia il 10 aprile 1733.[1]

Nel 1733 la nave effettuò un viaggio, via Malabar, a ovest delle Maldive, per evitare i pirati, in Persia, da dove salpò per Batavia il 1 gennaio 1735 con a bordo 43.063 libbre di lana.[1] Effettuò successivamente alcuni viaggi da Cheribon a Batavia. La Barbesteijn salpò da Batavia per rientrare nei Paesi Bassi il 27 luglio 1735, sostando a Colombo, sull'isola di Ceylon, per dirigersi quindi, il 18 ottobre, al porto di Galle.[2] La procedura normale prevedeva che le navi si ancorassero fuori dalla baia e attendessero l'arrivò di un pilota.[2] Poiché il tempo era troppo brutto per entrare nel porto, il Barbesteijn aspettò fuori dalla rada diversi giorni.[2] Secondo le testimonianze di chi era a bordo la mattina del 22 ottobre, la nave ruppe un'ancora e andò alla deriva in direzione della riva.[2] L'equipaggio lanciò i segnali di soccorso per cercare assistenza, e contro ogni regolamento cercò di portare la nave dentro il porto senza assistenza del pilota.[2] Riuscirono ad evitare l'incaglio per qualche tempo, utilizzando le vele e arrivando a gettare fuori bordo anche i cannoni legati a delle funi, ma non riuscirono ad arrestare il movimento della nave.[2] Una piccola nave cercò di raggiungere la Barbesteijn trasportando altre ancore, ma senza successo. poco dopo la nave si arenò sul fondale, e circa un'ora dopo, verso le 9:00, iniziò ad imbarcare acqua.[2] Alla sera c'era acqua fino al primo ponte, che poi salì tra il primo ed il secondo per un'altezza di due piedi. Tutti i tentativi di portare aiuto alla Barbesteijn fallirono.[2]

Il relitto del Barbesteijn potrebbe essere stato identificato durante un rilevamento effettuato con un magnetometro nel febbraio 1997, vicino alla spiaggia nell'angolo nord-est della baia di Unawatuna.[2]

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni[modifica | modifica wikitesto]


Fonti[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g h i j k l m De VOC site.
  2. ^ a b c d e f g h i j Maritimeasia.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • (NL) J.R. Bruijn, Femme S. Gaastra e I. Schoffer, Dutch-Asiatic Shipping in the 17th and 18th centuries, Volume II, Outward-bound voyages from the Netherlands to Asia and the Cape (1595-1794), Den Haag, Martinus Nijhoff, 1979, ISBN 90-247-2270-5.
  • (NL) J.R. Bruijn, Femme S. Gaastra e I. Schoffer, Dutch-Asiatic Shipping in the 17th and 18th centuries, Volume III, Homeward-bound voyages from Asia and the Cape to the Netherlands (1597-1795), Den Haag, Martinus Nijhoff, 1979, ISBN 90-247-2282-9.
  • (NL) Mona Lohanda e Hendrik E. Niemeijer, Marginalia to the Daily Journals of Batavia Castle (1659-1799), Jakarta, Arsip National Republik Indonesia, 2013.
  • (EN) Robert Parthesius, Dutch Ships In Tropical Waters: The Development of the Dutch East India Company (VOC) Shipping Network in Asia 1595-1660, Amsterdam, Amsterdam University Press, 2010.
  • (EN) Robert Parthesius e Jonathan Sharfman, Maritime and Underwater Cultural Heritage Management on the Historic and Arabian Trade Routers, Cham, Springer, 2020.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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