Utente:Montag313/Harenarium/Richardides

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Richardides (letteralmente: "Riccàrdidi, discendenti di Riccardo") sono definiti i discendenti del duca di Normandia Riccardo I, detto "Riccardo senza Paura", che ebbero ruoli di rilevanza nella storia della Normandia dei secoli X-XI.
Sono particolarmente ricordati per la loro rivalità nei confronti di Guglielmo II di Normandia (noto quest’ultimo anche come Guglielmo il Bastardo e poi come Guglielmo I d'Inghilterra) che, infine, li avrebbe portati alla scomparsa della loro fazione dalla scacchiera della politica del tempo.

La definizione

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Ad introdurla per primo fu Dudone di San Quintino, nella Historia Normannorum, o De moribus et actis primorum Normanniae ducum, opera di datazione incerta,[1] scritta fra il 1015 ed il 1030 o, secondo altri,[1] in particolare tra il 996 e il 1020, e che ebbe come fonte principale la narrazione orale di Raoul d'Ivry,[2] ma anche Gunnora,[2][1] la capostipite dei Richardides in quanto moglie di Riccardo I Senza Paura, donna eccezionale che addirittura Dudo magnifica quale «capacisque memoriae et recordationis thesauro profusius locupletatae».[1]
«L'opera è scritta in un latino abbastanza complesso ed è un prosimetro, ovvero alterna la narrazione in prosa (comunque prevalente) con poemi in versi. I metri utilizzati dall’autore sono molteplici e molto vari».[1]

I Richardides (letteralmente: "discendenti di Riccardo") sono una frangia dei Rollonides, ossia dei discendenti dello jarl norvegese Hrôlfr, o Rollo, Rollone, che verso la fine del IX secolo e all'inizio del successivo si insediarono dapprima sulla costa nordoccidentale del Regno dei Franchi, giungendo fin quasi a Parigi per poi ottenere da Carlo III di Francia il controllo dell'antica Neustria,[2] offrendo in cambio sia supporto militare sia una minore incidenza di scorrerie vichinghe nel territorio franco.
Rollo sancì solennemente tale patto con la propria conversione al cristianesimo, seguita poi da una conversione in grandi numeri da parte dei Normanni, mentre via via procedevano all'annessione dei territori limitrofi e ottenevano il riconoscimento, nel 924, del Ducato di Normandia.[2]

Scaturigine iniziale della discendenza, dunque, secondo la definizione di Dudo, fu Riccardo I Senza Paura, Jarl (ovvero: "Conte") dei Normanni e conte di Rouen. Figlio del connubio di questi con Gunnora di Normandia[3][4] ed erede del titolo fu Riccardo II, sia secondo il monaco e cronista normanno Guglielmo di Jumièges, nella sua Historiæ Normannorum Scriptores Antiqui, sia secondo il cronachista (priore dell'abbazia di Bec e sedicesimo abate di Mont-Saint-Michel), Robert di Torigny, nella sua Chronique. FONTI??QUAAA

La legittimità della successione di Riccardo II fu costituita e rafforzata anche contro pretese esterne, eventualmente provenienti da parte dei parenti di Gunnora, quando l'unione more danico fu perfezionata, per volere dei maggiorenti normanni, nel vincolo del matrimonio.[5]

Sono detti Riccardidi peraltro pure discendenti dall'unione di Riccardo I con altre sue concubine.FONTI??QUAAA

(Guglielmo e la tutela) QUAAAA A tale frangia/ afferisce la maggior parte degli avversari di Guglielmo il Conquistatore, in specie negli anni della sua minore età e appena successivi, a partire dal 1035.FONTIQUAAAA

Ad eccezione di Riccardo II, tutti costoro subirono, a causa della propria origine spuria, l'esclusione dalla successione ducale: nondimeno tuttavia il duca poté attribuire loro cariche e titoli di spicco, sia nobiliari e secolari che ecclesiastici, quali "conte", "vescovo", "arcivescovo"), così da creare una fascia di alta aristocrazia all'interno della classe dirigente normanna, che governò le contee di Eu, Évreux e Mortain.
Fra costoro, fu Robert, fratello cadetto di Riccardo, ad esser investito dei maggiori poteri, rappresentati dalla sede arcivescovile di Rouen e la contea di Évreux. FONTIQUAAAAA

Gli ultimi Richardides ostili al duca Guglielmo furono eliminati nel quinto decennio dell'XI secolo.

Da Riccardo I († 996), duca di Normandia

 x Emma, figlia di Ugo il Grande. Senza discendenti
 x Gunnora di Normandia (unione more danico) 
  │
  ├─>Riccardo II († 1026), duca di Normandia
  │    │
  │    └─>Mauger di Rouen († prima del 1060), arcivescovo di Rouen
  │    ├─>Guglielmo d'Arques o di Talou († apr. 1054), conte di Arques e di Talou
  │     
  ├─>Roberto, conte di Évreux e arcivescovo di Rouen, ebbe il soprannome di danese, che era stato attribuito ad un fratello omonimo, morto giovane[6]
  │  │
  │  ├─>Riccardo, conte di Évreux (1037-1067)
  │  ├─>Raoul di Gacé († 1051) 
  │  └─>Guglielmo
  │
  ├─>Mauger di Normandia, conte di Corbeil
  │  │
  │  └─>Guglielmo (Guillaume) Guerlenc, conte di Mortain, esiliato dopo il 1055
  │
  ├─>Emma di Normandia († 1052), Regina d'Inghilterra
  │  x1 Etelredo (Æthelred) II, re d'Inghilterra
  │  x2 Canuto II di Danimarca (Knut), re di Danimarca e di Inghilterra
  │
  ├─>Havoise di Normandia
  │  x Goffredo I di Bretagna, conte di Rennes e duca di Bretagna dal 992 († 1008)
  │
  ├─>Mathilde di Normandia
  │  x Oddone (Eudes) († 1037) conte di Blois
  │

 x concubine
  │
  ├─>Goffredo di Brionne, conte d'Eu e di Brionne, dal 996 († 1015)
  │  │
  │  └─>Gilberto di Brionne conte d'Eu e di Brionne, dal 1015 († 1040)
  │     ├─>Baudouin di Meules († 1090), signore anglo-normanno
  │     └─>Famiglia de Clare
  │
  ├─>Guglielmo, conte d'Eu
  │   x Lesceline
  │   │ 
  │   ├─>Robert conte d'Eu e signore di Hastings, morto tra il 1089 e il 1093[7]
  │   ├─>Guglielmo (Guillaume) Busac (ca 1020-[8]ca 1076[6] fu forse conte d'Eu prima di essere defenestrato, poi conte di Soissons jure uxoris
  │   └─>Ugo (Hugues) d'Eu, vescovo di Lisieux
  │
  └─>Roberto (Robert), conte di Avranches
     └─>Riccardo (Richard), conte di Mortain, esiliato nel 1026.

La storiografia

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Dudone di San Quintino: caratteri della storiografia dudoniana e dei suoi epigoni

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Nei confronti dei discendenti di Rollo, lo storiografo si avvale di toni addirittura agiografici, non nascondendo i propri intenti apologetici e panegiristi, in modo da inscrivere l'insediamento vichingo in Neustria, e la stessa stirpe dei Normanni (gli "uomini del Nord", secondo l'etimologia proposta da Wace[1]), che si sarebbe generata dal primo duca, appunto Rollone, in una prospettiva provvidenziale[2]: un'operazione di immagine complessa, fondata su un «distanziamento» e un tentativo di «rimozione» di quanto di problematico era insito nel ricordo e nella stessa "«eredità»" nordica (che erano legati nell'ottica delle vittime a un popolo invasore dedito al più brutale saccheggio), di «nascondimento»[9] se non esplicita «censura», via via però sempre più sfumati: con l'intento di favorire un netto miglioramento propagandistico della visione dei popoli 'altri' nei confronti dei vichinghi, per facilitare l'integrazione di questi ultimi, non meno promuovendo, nei processi di autorappresentazione del popolo vichingo stesso, la creazione di una «identità collettiva».[1]

Tale, in generale, fu la complessa istanza cui si sarebbe ispirata la storiografia normanna.[1] ed anzi in molti casi per essa si può stabilire un esplicito rapporto di "commissione" tra principe committente e storiografo, e con la formazione, in generale, di una «tradizione ufficiale».[1]

L'integrazione preconizzata doveva attualizzarsi passando attraverso tre canali ideologici: «come cristianizzazione (contro paganesimo), come civilizzazione (contro brutalità e ferocia) e come funzione provvidenziale del popolo normanno, [...] venuto per ridare splendore alla Francia e per portare una nuova era di pace e prosperità (contro la decadenza e l'anarchia del regno prima dell'arrivo dei Normanni). Questi sono gli elementi su cui Dudone insiste per tutta l’opera e che danno forma alle figure ducali, per quanto il modello seguito nelle singole biografie sia diverso: epico per Rollone, agiografico per Guglielmo Lungaspada, agiografico e insieme regale per Riccardo I.»[1]

Di qui, in Dudone, i racconti delle conversioni di Rollone e, in seguito, di massa, mentre Guglielmo di Jumieges e Orderico, scrivendo in secoli successivi, che avevano già assistito al percorso, ormai pressoché concluso, di "legittimazione" ideologica della presenza normanna, abbandonano molti degli artifici mistificatori dudoniani, i vichinghi-normanni tornano a legare il proprio nome alla distruzione e alla rovina.[1]

Riccardo I Senza paura: il ritratto storiografico del capostipite

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Il quarto e ultimo libro della Historia Normannorum dudoniana è dedicato a Riccardo I, terzo signore di Normandia e primo committente di Dudone: questi introduce la biografia di Riccardo con poemi di prefazione in sua lode, in quantità maggiore rispetto agli altri libri.[1]Viene quindi narrata l'infanzia del principe, non senza qualche dovizia di particolari riprendendo le vicende legate alla malfidata tutela di re Luigi IV; il patto di questi con Ugo il Grande, duca dei Franchi, per impossessarsi della Normandia espropriandone il bambino, fino a giungere al soccorso prestato da Haigroldus (Harold), re della Dacia; il voltafaccia di Ugo a Luigi e la finale vittoria di Harold in favore di Riccardo. Dudone riprende ancora l'ennesimo tentativo di sottomettere la Normandia da parte di Luigi con l'aiuto del cognato Ottone, re di Germania e l'assedio di Rouen fino alla rinuncia di entrambi a causa della fiera resistenza normanna.[1]
Anche la maggiore età di Riccardo, secondo la storiografia dudoniana, sarebbe stata travagliata da difficoltà e inganni: Dudone ricorda i tentativi di Tebaldo il Truffatore, conte di Chartres, Blois, Tour e Châteaudun in combutta con Re Lotario IV per invadere la Normandia, e il rimedio a sua volta catastrofico cui si era dovuto volgere Riccardo, ossia l'aiuto dei Daci che tuttavia per anni con le loro scorrerie devastarono la Francia, risparmiandone solo la Normandia; finché i vescovi franchi, riuniti in sinodo e tramite il vescovo di Chartres, non ottennero che questi intercedesse presso Riccardo perché riportasse la pace in Francia: compito in ultimo non facile a causa della presenza proprio degli alleati che erano ormai decisi ad impossessarsi comunque della Francia, in beneficio di Riccardo o, se questi non avesse accettato, spartendosela infine tra loro.

Proprio a questo punto era finalizzato il progetto di scrittura di Dudo, che ricorda come provvidenziale[1] l'intervento di Riccardo, munito fin da bambino di "Dacisca eloquentia", ossia la capacità di esprimersi in maniera efficace e convincente nella lingua dei Daci,[1] sicché le trattative furono fondate sull'esposizione, da parte di Riccardo, dei principi della fede cristiana, quindi sull'accordo per il quale i Daci si sarebbero convertiti e battezzati e avrebbero ricevuto da Riccardo terre in cui vivere in pace, o avrebbero lasciato la Francia.
Lo storiografo fa notare come il resto del regno sarebbe stato periodo di pace e serenità, in cui Riccardo avrebbe superato la morte senza figli della moglie Emma, si sarebbe dapprima legato a concubine da cui avrebbe generato diversi figli, fino all'unione e al matrimonio, a causa delle insistenze dei suoi consiglieri, con una donna di nobile stirpe dacica, da cui avrebbe avuto cinque figli e tre figlie, tra cui l’erede del ducato.[1]
Dudone non omette inoltre di ricordare l'opera del duca come costruttore e restauratore di chiese e monasteri, tra cui l'espansione, perché non fosse meno estesa del palazzo ducale, della basilica di Fécamp dedicata alla Santa Trinità.[1]

Un confronto con la storiografia franca permette tuttavia di restituire un ritratto diverso da quello tracciato da Dudone,[1]


"Fortuna" dell'opera dudoniana e tradizione

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Non a caso Pierre Bouet puntualizza sia la "fortuna" di cui godette il De moribus (malgrado si fossero spesso rimarcate sue caratteristiche di racconto romanzesco o poco affidabile), tant'è che «tutti quanti gli storici dell’XI e del XII secolo lo utilizzarono in quant[o] fonte di grande rilievo [..]»,[2] dal riassunto che ne fa Guglielmo di Jumièges[1] all'ispirazione da esso tratta da parte di «Orderico Vitale[[1]], Guglielmo di Malmesbury, Roberto di Torigni,[[1]] Wace[[1]] e Benedetto di Sainte-Maure[[1]]»,[2] sia, soprattutto, la consequenziale riproduzione dell'opera stessa, testimoniata dalla tradizione di ben «dieci codici dell’XI e del XII secolo» ad essa relativi.[2][10]

  1. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w Marta Camellini, L’identità normanna nelle cronache della Normandia e dei paesi dell’espansione normanna tra X e XII secolo, con Bibliografia: Fonti e Studi (PDF), a cura di Alessandro Barbero, Università del Piemonte Orientale. Dottorato in Istituzioni pubbliche, sociali e culturali: curriculum Scienze storiche, 2021.
  2. ^ a b c d e f g h Pierre Bouet (OUEN - Office universitaire d'études normandes, Université de Caen), Il mondo anglo-normanno. Dudone di Saint-Quentin (1015/1026 circa). Historia Normannorum, su mondes-normands.caen.fr.
  3. ^ (LA) Historiæ Normannorum Scriptores Antiqui, liber IV, cap. XVIII, pag 247
  4. ^ (LA) Chronique de Robert de Torigni, abbé du Mont-Saint-Michel, anno 964, pagina 25
  5. ^ (EN) Dudo, Historia normannorum, cap.58, su the-orb.net (archiviato dall'url originale il 14 luglio 2009).
  6. ^ a b Elisabeth M.C. Van Houts, The Normans in Europe, Manchester, New York, Manchester University Press, ©2000, ISBN 978-0-7190-4751-0.
  7. ^ Frank Barlow, William Rufus, New Haven(CT), Yale University Press, 2000, pp. 273,282, ISBN 9780300082913.
  8. ^ Ma secondo Douglas: David Douglas, The earliest norman counts, in The English Historical Review, vol. 61, n. 260, 1946, pp. 129–156. è Robert d'Eu il figlio maggiore ed erede del contado, mentre Bussac non ne deterrà mai la signoria.
  9. ^ Rosa Canosa, Etnogenesi normanne e identità variabili. Il retroterra culturale dei Normanni d'Italia fra Scandinavia e Normandia, Torino, Zamorani, 2009.
  10. ^ Lo studio di Camellini non è naturalmente menzionato dall'anteriore di Bouet, donde la segnalazione tra parentesi quadre della nota compresa fra virgolette.

QUAAAA

  • (FR) G. Bascle Lagrèze - Les normands dans les deux mondes - Parigi, Firmin-Didot, 1890.
  • (EN) H. W. C. Davis - England Under the Normans and Angevins - Londra, Dabney press, 2007, ISBN 1-4067-0133-5.
  • (FR) G. B. Depping - Histoire des expéditions maritimes des Normands et de leur établissement en France au dixième siècle - Parigi, Pointheau, 1826.
  • (EN) J. A. Green - The Aristocracy of Norman England - Cambridge, Cambridge University Press, 2002.
  • (FR) L. Mirot - Manuel de géographie historique de la France, vol. 1 - Parigi, A. et J. Picard, 1947.
  • (EN) A. Thierry - History of the conquest of England by the Normans: its causes, and its consequences, in England, Scotland, Ireland, & on the continent - Londra, David Bogue, 1847.
  • Marta Camellini, L’identità normanna nelle cronache della Normandia e dei paesi dell’espansione normanna tra X e XII secolo, con Bibliografia: Fonti e Studi (PDF), a cura di Alessandro Barbero, Università del Piemonte Orientale. Dottorato in Istituzioni pubbliche, sociali e culturali: curriculum Scienze storiche, 2021.

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