Utente:Feandreoli/Ecatonchiri

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Briareo qui è allegoria della minaccia dei disordini sindacali, in un fumetto politico del 1890

Nella mitologia greca, le Ecatonchiri, dal greco Ἑκατόγχειρες[1], o Centimani erano tre mostruosi giganti, di dimensioni e forza disumane, con cinquanta teste e cento braccia ciascuno.

Secondo il mito, erano i figli di Urano (Cielo) e Gea (Terra), che avevano aiutato Zeus e gli altri dei a sconfiggere i Titani.   

I nomi[modifica | modifica wikitesto]

I tre giganti venivano chiamati Cotto, Briareo e Gige. Il primo era un nome comune della Tracia e molto probabilmente è legato a quello della dea Kotys. Il secondo, anche detto Obriareus, deriva dal greco βριαρός che significa “forte”. L’ultimo, che troviamo anche come Gyes, si rifà al re greco Ogyges (Ὠγύγης).

Nell’opera Teogonia, di Esiodo, si fa riferimento ai giganti come “gli dei che Zeus ha tirato fuori dalle tenebre” o si usano i loro singoli nomi. Ecatonchiri, che deriva dal greco ἑκατόν (hekaton, "cento") e χείρ (cheir, "mano” o "braccio"), non è mai utilizzato.

L’Iliade utilizza semplicemente l’aggettivo "ecatonchirio"(ἑκατόγχειρος), i.e. "dalle cento mani", utilizzato per descrivere Briareus. Il primo, però, a usufruire del termine è Apollodoro.

Mitologia[modifica | modifica wikitesto]

Gli esseri dalle cento mani[modifica | modifica wikitesto]

I fratelli Cotto, Briareo e Gige erano tre dei diciotto figli di Urano e Gea. Secondo Esiodo erano gli ultimi della progenie, secondo Apollodoro i primi. Nella mitologia esiodea, i tre giocarono un ruolo chiave nella trasmissione del mito greco, perché raccontarono come Crono spodestò il padre Urano. Secondo il mito, i tre vennero imprigionati dal padre, insieme ai loro fratelli Ciclopi. Urano fece diventare Crono signore del cosmo e questi, con la sorella Rea, diede vita a una lunga discendenza, ma i figli vennero ingoiati uno a uno poco dopo la loro nascita. Solo l’ultimo figlio, Zeus, riuscì a salvarsi e a liberare i fratelli, dando origine agli dei olimpici. Iniziò la Titanomachia, una lotta per il controllo del cosmo tra la nuova e la vecchia generazione.

Seguendo il consiglio di Gea, Zeus liberò dalla schiavitù gli “esseri dalle cento mani” e vinse la guerra, imprigionando poi i Titani nel Tartaro, sorvegliati dai Centimani.

Il poema epico Titanomachia, purtroppo disperso, contiene versioni diverse degli eventi: qui, la lotta dei Centimani è contro i nuovi dei, al fianco dei Titani, e non il contrario. Secondo Palefato, Cotto e Briareo non erano giganti, bensì uomini, chiamati in quel modo perché vivevano da Hecatoncheiria ("Centomani"). Andarono in soccorso degli dei olimpici per scacciare i Titani dalla loro città.

Briareo/Aegaeon[modifica | modifica wikitesto]

Briareo, convocato all'Olimpo da Teti per sedare la rivolta di Poseidone, Atene ed Era contro Zeus. da Poseidone, Atena ed Era. Disegno di John Flaxman .

Tra i tre fratelli, Briareo è forse il più importante. Come scritto in Teogonia, è il più buono e, per questo, viene ricompensato da Poseidone, che gli dona in sposa sua figlia Cimopolea.

Omero spiega che Briareo è il nome utilizzato dagli dei, mentre Aegaeon è quello assegnatogli dagli uomini. Nell’Iliade, l’autore racconta che Era, Poseidone e Atena, che volevano incatenare Zeus, chiamarono in soccorso “colui dalle cento mani, che gli dei chiamano Briareo e gli uomini Aegaeon. Si sedette accanto a Zeus e gli dei olimpici ebbero paura di lui”.

Il secondo nome non sembrerebbe un’invenzione omerica. Già Apollonio Rodio, poeta del settimo secolo a.C. conosceva entrambi i nomi e nel poema epico Titanomachia sono presenti tutti e due.  

Alleato dei Titani[modifica | modifica wikitesto]

Se per Esiodo e Omero, il potente centimani Briareo era un fedele alleato di Zeus, nella Titanomachia ci viene raccontato ben altro: Aegaeon era figlio di Gea e Pontus (re del mare prima di Poseidone), non di Urano, e combatteva per i Titani, non per gli dei. A quanto detto da Apollonio Rodio, inoltre, il gigante venne sconfitto da Poseidone.

Anche per i poeti latini Virgilio e Ovidio, Briareo era nemico degli dei. Nell’Eneide, infatti, vediamo Aegaeon in guerra contro di loro, “con cinquanta scudi e cinquanta spade”. In Fasti, l’autore racconta che, per restaurare il potere dei Titani, il gigante sacrifica un bue, bruciando poi le sue interiora, come voleva la profezia.  

Legame con il mare[modifica | modifica wikitesto]

Nella Titanomachia, Aegaeon è figlio di Pontus e vive nel mare. L’associazione con l’acqua è presente già in Omero e Esiodo, secondo cui il gigante vive lontano dai fratelli, con la ninfa Cimopolea, figlia di Poseidone.

Anche il nome greco Αἰγαίων᾽ ci dà un indizio. La radice αἰγ- è tipica delle parole associate al mare: αἰγιαλός riva, αἰγες e αἰγάδες,onde.

In Metamorfosi, Ovidio lo descrive come “un re del mare scuro, le cui forti braccia possono sconfiggere enormi balene” e Plinio dice che il gigante fu il primo a salpare su una “lunga nave”.

Euboea[modifica | modifica wikitesto]

Briareo/Aegaeon aveva un legame particolare con l’isola greca Euboea.

Probabilmente, Briareo e Aegaeon erano due entità separate all’inizio. Spiega lo scrittone romano Solino che Briareo fu portato a Carystus, and Aegaeon a Calcide.

Un'altra ipotesi è quella secondo cui Aegaeon fosse il nome di un regnante di Carystus e che Briareo fosse il padre di Eubobea, alla quale venne intitolata l’isola.

Poseidone[modifica | modifica wikitesto]

Il gigante è legato anche alla figura di Poseidone. Secondo Omero, il palazzo del dio si trovava proprio ad Aegae e lui stesso veniva anche chiamato Aegaeon o Aegaeus (Αἰγαῖος).

Aegaeon potrebbe essere anche un patronimico: “figlio di Aegaeus” o “l’uomo di Aegae”.

Alcuni pensano sia Poseidone il padre del gigante, altri Urano. In Teogonia vediamo che è il genero del dio, mentre Apollonio Rodio ci dice che invece fu il dio del mare a sconfiggerlo.

Una leggenda corinzia dice che Briareo fece da moderatore in una disputa tra Poseidone ed Elio (Sole) per Corinto: il centimano diede al primo la parte della città più vicina al mare e al secondo l’acropoli.

Sepolto sotto l'Etna e inventore dell'armatura[modifica | modifica wikitesto]

Il poeta Callimaco e lo scrittore Filostrato, dicono che Briareo, scambiato per un gigante, fu seppellito sotto l’Etna e questi, muovendo le spalle da una parte all’altra, sarebbe stato la causa dei terremoti.

Secondo i papiri di Ossirinco, “il primo a utilizzare un’armatura di metallo fu Briareo; fino a quel momento gli uomini avevano utilizzato la pelle degli animali”.

Possibili origini[modifica | modifica wikitesto]

Poteva trattarsi di un mostro marino, così che potesse essere spiegare la forza incontrollabile del dio del mare, precedente a Poseidone, ma anche essere una versione greca del mito orientale che vedeva scontrarsi Yammu (mare) e Baal (tempesta).

Fonti principali[modifica | modifica wikitesto]

Teogonia[modifica | modifica wikitesto]

Secondo Esiodo, Urano e Gea ebbero diciotto figli: dodici Titani, tre Ciclopi e, per ultimi, tre centimani. L’opera recita: “Poi, dall’unione tra Cielo e Terra nacquero altri tre figli, giganteschi, forti e presuntuosi: erano Cotto, Briareo e Gige. Cento braccia si sviluppavano dalle loro spalle e cento teste da ciascuna spalla; la loro forza era immensa". Urano odiava i suoi figli, tanto che "li legò, non curante della loro stazza, e li imprigionò nelle profondità della Terra, dove doloranti e sofferenti rimasero a lungo, con la tristezza nel cuore”. Fu il titano Crono a castrare il padre Urano e liberare i suoi fratelli (tranne i Centimani), diventando così il nuovo dio del cosmo. Crono sposò la sorella Rea, da cui ebbe cinque figli, tutti inghiottiti appena nati, tranne l’ultimo, Zeus, salvato dalla madre e cresciuto dalla nonna Gea. Quando Zeus crebbe, costrinse il padre a “restituirgli” i suoi fratelli. Ecco che comincia la Titanomachia, guerra che vedeva, da una parte, Zeus e i suoi fratelli e, dall’altra, Crono e i Titani.

Grazie alla profezia di Gea, secondo cui Zeus avrebbe potuto vincere solo con l’aiuto dei Centimani, i tre fratelli giganti rividero la luce. Prima di unirsi alla guerra, il dio fece mangiare loro nettare e ambrosia. Cotto, parlando anche per i fratelli Centimani, ringraziò Zeus di averli tirati fuori dalle tenebre e slegato le loro catene, cosa che pensavano non potesse succedere. Ecco perché, quindi, avrebbero partecipato con entusiasmo alla guerra contro i Titani.

Con un masso in ciascuna mano, Cotto, Briareo e Gige eclissarono i Titani. Seguendo l’esempio di Urano, i tre fratelli li legarono e li fecero affondare quanto più possibile nelle profondità della Terra. Il destino dei Centimani è poco chiaro: all’inizio di Teogonia, ci viene detto che i tre fratelli ritornano a Tartaro, vicino le prigioni dei Titani; più avanti, leggiamo che Cotto e Gige vivono in ville sull’oceano, mentre Briareo, premiato da Poseidone per la sua bontà, sposa Cimopolea, figlia del dio del mare.

L'Iliade[modifica | modifica wikitesto]

In quest’opera, il nome di Briareo è accennato dall’autore quando questi dice che il gigante ha in realtà anche un secondo nome, Aegaeon, quando si parla della guerra tra titani e dei e in un episodio della vita di Achille. Il guerriero, chiedendo alla madre di intercedere per lui con Zeus, le ricorda di quando lei gli raccontava di avere salvato il dio, in lotta con i fratelli, dopo aver portato Briareo sull’Olimpo.

La Titanomachia[modifica | modifica wikitesto]

Non possiamo dirlo con certezza, perché il poema epico è disperso, ma, basandoci sul titolo, l’argomento trattato doveva essere la guerra tra gli dei dell’Olimpo e i titani. Nonostante fosse stata scritta dopo, Titanomachia presentava una versione dei fatti diversa da quella riportata in Teogonia. Apollonio Rodio, infatti, scrive che Briareo era figlio della Terra e del Mare, dove viveva, e aveva combattuto al fianco dei titani.

Ione di Chio[modifica | modifica wikitesto]

Anche il poeta del quinto secolo A.C. scrive che Aegaeon viveva nel mare ed era figlio di Talassa.

Virgilio[modifica | modifica wikitesto]

Virgilio, come Esiodo, racconta che i Centimani veniva dal sottosuolo, insieme a creature bestiali quali centauri, Scilla, l’Idra di Lerna, la Chimera, le gorgoni, le arpie e Gerione.

Nell’Eneide, il poeta rappresenta Briareo con cento braccia e cento mani, tutti con una spada e uno scudo per proteggersi dai fulmini di Giove. Capiamo, quindi, che secondo Virgilio i Centimani combatterono al fianco dei titani nella guerra contro gli dei. Anche Servio sembrerebbe conoscere due versioni diverse della Titanomachia: una in cui i centimani combattono a fianco degli dei olimpici e una in cui si alleano ai Titani.

Ovidio[modifica | modifica wikitesto]

Il poeta latino fa riferimento a Briareo e Gige nei suoi poemi. In Fasti, Briareo appare come “la stella del Nibbio” (probabilmente un astro o una costellazione che prendono il nome dal volatile) che arriva per dimorare nei cieli. Secondo Ovidio, la madre Terra diede vita a un figlio mostruoso, parte toro e parte serpente, a cui era stato predetto che, chiunque avesse bruciato le sue interiora, sarebbe riuscito a sconfiggere gli dei. Avvisato dalle tre Moire, il fiume Stige chiuse il gigante in un bosco oscuro, chiudendo le entrate. Dopo che i Titani furono sconfitti, Briareo sacrificò il toro con un’ascia, ma mentre stava per bruciare le interiora, i nibbi inviati da Giove riescono a sottrargliele e portarle via. Come ricompensa, il dio olimpico gli dedicò una costellazione.

In Metamorfosi, Ovidio descrive Aegaeon come un dio marino di colore scuro, le cui braccia forti poteva sconfiggere le balene più forti.

In entrambi i poemi, lo scrittore segue la tradizione mitologica riportata nella Titanomachia, dove Briareo è figlio di Pontus e alleato dei Titani.

In Amores, viene citato anche Gige, nell’episodio in cui la Terra tenta debolmente di vendicarsi e arrivare a Ossa e in Fasti, vediamo Cerere (Demetria) lamentarsi del rapimento di sua figlia e dire: “quale destino peggiore avrei sofferto se Gige avesse vinto e fossi stata io la sua prigioniera”. In entrambi i poemi, Ovidio confonde i centimani con i Giganti (un’altra discendenza di Gea), che invece assaltarono l’Olimpo nella Gigantomachia.

Apollodoro[modifica | modifica wikitesto]

Come Ovidio, anche lo storico greco Apollodoro parla dei centimani, ma in modo diverso. Secondo lui, i tre fratelli furono i primi figli di Urano e Gea, seguiti poi dai Ciclopi e i Titani. Lo storico li descrive “di statura senza eguali e con cento mani e cinquanta teste”. Urano imprigionò centimani e ciclopi nel Tartaro, “un posto buio nell’Ade, tanto distante dalla Terra quanto quest’ultima lo è dal cielo”, ma, contrariamente a quanto dice Esiodo, non erano incatenati. Dopo aver sconfitto Urano, i Titani liberarono i fratelli e fecero di Crono il loro sovrano. Fu proprio Crono, però, a segregare di nuovo i sei familiari.

Nel decimo anno dall’inizio della Titanomachia, Zeus apprese da Gea che per vincere, avrebbe avuto bisogno di centimani e ciclopi e li liberò.

Altri[modifica | modifica wikitesto]

In Leggi, Platone cita brevemente “Briareo e le sue cento mani”.

Orazio menziona due volte Gige, associandolo alla Chimera. i due diventano esempi di un potere malvagio, odiato dagli dei.

Anche Servio sembrerebbe conoscere due versioni diverse della Titanomachia: una in cui i centimani combatterono a fianco degli dei olimpici, come dice anche Esiodo, e una in cui furono alleati dai Titani, come scritto nella versione perduta del poema.

Nel suo Dionisiache, Nonno di Panopoli menziona Briareo con le sue “mani scattanti” e Aegaeon come il “protettore delle leggi di Zeus”.

Nella letteratura[modifica | modifica wikitesto]

Briareo viene citato due volte nella Divina Commedia di Dante: è il primo gigante che troviamo nel nono cerchio dell’Inferno ed è un esempio di superbia, scolpito nella pavimentazione della prima cornice del Purgatorio.

Riferimenti[modifica | modifica wikitesto]

[[Categoria:Creature della mitologia greca]]