Utente:Ciclofi/sandbox/MobiCicl

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-------- Aggiornamento Mobilità ciclabile -----[modifica | modifica wikitesto]

-- ecco qua ----------
Traffico di ciclisti nell'ora di punta

La mobilità ciclabile (o mobilità ciclistica) indica una modalità di trasporto che utilizza come mezzo la bicicletta. Un termine in parte sovrapponibile è quello di ciclabilità, che indica il quadro normativo, le infrastrutture e le soluzioni di viabilità per l'uso della bicicletta.
La mobilità ciclabile è inoltre uno dei rami della mobilità sostenibile, nel cui ambito vengono sviluppate politiche di incentivazione e diffusione di essa, spesso integrate con altri segmenti e modalità di trasporto (mobilità pedonale, trasporto pubblico, ecc.)

Lo stesso argomento in dettaglio: Ciclabilità e Ciclismo urbano.

Le principali finalità delle politiche di incentivazione della mobilità ciclabile sono:

  • il decongestionamento dal traffico motorizzato;
  • la diminuzione dell'impatto ambientale (inquinamento atmosferico e acustico) del traffico in città;
  • l'incremento di forme di mobilità eco-sostenibili e aumento della sicurezza stradale;
  • il miglioramento dell'efficienza della viabilità e del trasporto (pubblico e privato);
  • la tutela degli utenti della strada più vulnerabili come ciclisti e pedoni.
Segnale di inizio pista ciclabile


Aspetti positivi e negativi nella promozione della mobilità ciclabile[modifica | modifica wikitesto]

I coordinatori delle politiche inerenti alla mobilità ciclabile sostengono, sorretti dalle statistiche[1], che la bicicletta, in città, è il mezzo più efficiente in assoluto: in un raggio fra 0 e 6 km è più veloce di qualsiasi altro mezzo, è generalmente più comoda in quanto non vincolata a problemi di parcheggio o di passaggio in aree chiuse al traffico. In più incide positivamente sulla vivibilità della città, più a misura d'uomo e più sicura. Per le istituzioni pubbliche cittadine, investire sulla mobilità ciclabile, significa promuovere un sistema di viabilità capace di ridurre pesantemente l’impatto del traffico in città migliorando la qualità dell’aria e incrementando la sicurezza stradale. [2] Alcune città italiane, sulla scia di pratiche diffuse in molte città europee e di raccomandazioni delle politiche comunitarie [3], hanno istituito degli uffici biciclette o uffici mobilità ciclabile sottostanti la divisione mobilità o ambiente e territorio dei relativi assessorati al fine di elaborare nuove soluzioni urbane in ambito di mobilità e impatto del traffico sul territorio.

Uno dei punti deboli dell'uso della bicicletta è la sicurezza nel traffico, sia oggettiva che percepita. [4] Le contromisure atte ad aumentare la sicurezza degli utenti della bicicletta vengono ricercate a vari livelli:

  • interventi infrastrutturali (separazione dei flussi tramite reti ciclabili) o viabilistici (zone 30, moderazione del traffico, riduzione del traffico motorizzato nei centri storici ecc.
  • attività di educazione stradale rivolte ai vari segmenti di utenza (automobilisti, pedoni, ciclsiti, trasporto pubblico ecc.) e campagne di sensibilizzazione

Problemi relativi all'incentivazione della mobilità ciclabile[modifica | modifica wikitesto]

Nonostante i benefici per i cittadini e per la città, sia a livello nazionale che a livello locale, le iniziative a favore della mobilità ciclabile risultano ancora insufficienti. Sebbene diverse città italiane (perlopiù in Emilia-Romagna) si siano allineate e anzi siano state precursori nell'ambito della mobilità ciclabile e della tutela del ciclista urbano, in altre città c'è ancora molto lavoro da realizzare. Il problema, spesso evidenziato dalle amministrazione pubbliche cittadine, si situa sulla difficoltà di innestare su un contesto urbano già saturo, delle aree dedicate al solo passaggio delle biciclette. Tuttavia, numerose città, a partire dalla fine degli anni novanta e in relazione ai valori sempre più alti di polveri sottili e monossido di carbonio, hanno iniziato ad investire sulla mobilità ciclabile cercando di fornire le città di alcuni percorsi ciclabili[5].

La mobilità ciclabile nel mondo[modifica | modifica wikitesto]

Stazione di Münster

L'evoluzione della mobilità ciclabile raggiunge i vertici in paesi europei ai livelli più alti di benessere e qualità della vita, in primis Olanda e Danimarca, e si sta diffondendo su tutto il continente, in America ed Australia.[Come no: in Cina e nel resto dell'Asia usano tutti il SUV?] D'altronde il mezzo di trasporto bicicletta domina ancora ampiamente i paesi in via di sviluppo[Palese contraddizione con l'affermazione precedente], dove si presume[Chi lo presume?] che si svolgerà un processo simile a quello avvenuto in occidente: dalla bici all'auto, per arrivare poi alla saturazione ed intraprendere il percorso inverso[E chi ha detto che è stato così? I dati di mobilità non lo certificano, anzi, vedono un uso estensivo dell'auto privata].

In linea di massima il livello di sviluppo della mobilità ciclabile viene valutato nella ripartizione modale (modal split) degli spostamenti in bicicletta rispetto a quelli da disincentivare (auto)[puro POV] e al trasporto pubblico (generalmente considerato sinergico alla mobilità ciclabile[senza fonte]). Gli effetti attesi sono una crescente quota per bicicletta, pedonalità e trasporto pubblico e decrescente invece per i mezzi motorizzati privati. Un diffuso ma non significativo parametro è invece dato dai chilometri di piste ciclabili: esso non tiene conto né dell'effetto né della reale funzionalità di tali infrastrutture, che possono essere anche ridotte o vicine allo zero. Inoltre l'incentivazione della mobilità ciclabile non si fonda soltanto su infrastrutture dedicate, ma anche e spesso in modo rilevante nella gestione della viabilità ordinaria, soprattutto tramite la moderazione del traffico, per es. ZTL, zone 30 e/o ciclopedonali ecc. Al vertice mondiale della mobilità ciclabile[In base a quali parametri?] ci sono città medie, per es. Groninga (Olanda) e Münster (Germania) con quote di spostamenti in bicicletta vicini o superiori alla metà del totale. Fra le grandi metropoli sono al vertice Amsterdam e Copenhagen (quest'ultima con una ripartizione modale in bici di oltre il 26% del totale).

Bici davanti a teatro

Lo sviluppo della mobilità ciclabile e del suo parametro fondamentale, la ripartizione modale[E perché sarebbe il parametro fondamentale? la mobilità ciclabile si sviluppa se sale la quota in bici nel modal split], è però generalizzato a tutto il mondo occidentale, dalle grandi metropoli (es. Berlino, Vienna o Londra) fino a centri di ogni dimensione. In Italia si riscontrano poche medie città che si avvicinano a standard europei, per es. Ferrara, Reggio Emilia, Bolzano. In città di dimensioni maggiori ma estremamente adatte, come per es. Verona o Firenze, dopo alcuni interventi a favore della mobilità ciclabile negli anni novanta, gli sviluppi si sono fermati o il quadro è addirittura arretrato per disinteresse delle Amministrazioni che si sono succedute.[senza fonte]

Interventi per la ciclabilità urbana[modifica | modifica wikitesto]

Fra le tipologie di intervento a favore della ciclabilità urbana:

  • la realizzazione di piste ciclabili, che vadano a costituire una rete continuativa per gli spostamenti quotidiani;
  • la moderazione del traffico (es. diffuse zone 30, ZTL ed aree pedonali) che faciliti la convivenza fra traffico motorizzato, biciclette, pedoni ed assicuri una maggiore vivibilità di vaste aree della città;
  • l'uso combinato di bici e mezzi pubblici (intermodalità).

Il complesso di interventi si basa su esperienze europee ormai consolidate sia nei paesi all'avanguardia in ciclabilità, sia in prassi ormai diffuse ed in sviluppo in tutti i paesi evoluti.[Evidente castroneria: l'uso della bici non è legato all'evoluzione e proprio nei paesi in via di sviluppo esiste alta concentrazione di bici - si parla palesemente dei paesi in cui si attua l'incentivazione della mobilità ciclabile]

Reti ciclabili[modifica | modifica wikitesto]

Pista ciclabile in sede propria, Firenze

Separazione dei flussi sulle grandi direttrici[modifica | modifica wikitesto]

Le piste ciclabili sono infrastrutture viabilistiche per incentivare, favorire e rendere più sicura la circolazione delle biciclette. Una caratteristica fondamentale è che si tratti di una rete, e non di spezzoni isolati o scollegati. La rete ciclabile può essere paragonata a quella dei trasporti pubblici di una città, o a quella stradale primaria: deve dunque coprire l'intera area urbana, collegando centro e periferie (anche fra di loro), con tutte le direttrici necessarie agli spostamenti quotidiani casa-lavoro, casa-scuola e per raggiungere servizi di ogni genere (tempo libero, acquisti, sanità, enti pubblici ecc.) dal luogo di abitazione o di permanenza per es. per lavoro. Il principio della separazione fisica dei flussi si applica alla rete sulla viabilità principale urbana ed extra-urbana, ovunque esista un intenso traffico motorizzato ed un forte differenziale di velocità con le bicicletta. La rete ciclabile si dirama anche su viabilità a medio traffico, per es. nell'attraversamento di quartieri, e può avere forme di separazione più morbida ("preferenziazione") utilizzando per es. corsie ciclabili su carreggiata (separazione tramite linea ed eventualmente fondo colorato).

La continuità è una caratteristica indispensabile della rete stessa[E perché mai? Si può continuare tranquillamente sulla viabilità ordinaria - l'immissione su viabilità ordinaria riduce o annulla i vantaggi della rete ciclabile, incrementa i pericoli ecc. il principio di continuità è anche recepito nella normativa teccica (DM 557/99)], ed analogamente di ogni singolo percorso (pista ciclabile), proprio per garantire sicurezza e vantaggiosità alle biciclette e dunque incentivarne l'uso[Non è detto sia così, puro POV - cosa non è così? vedi sopra sulla continuità come fattore di incentivazione]. In particolare la continuità va assicurata alle intersezioni (incroci, rotatorie ecc.), generalmente tramite attraversamenti ciclabili (semaforizzati e non) ed in alcuni casi per mezzo di sovra o sottopassi. I percorsi che la rete ciclabile va a disegnare devono essere diretti e lineari, senza aggiramenti, che spesso annullano i vantaggi della rete stessa e delle piste ciclabili che la compongono.[Su quali norme/leggi/studi sono basate queste affermazioni?]

Un ulteriore sviluppo della separazione dei flussi, in direzione opposta alla preferenziazione, è il recente sviluppo delle superstrade ciclabili[Concetto dubbio - no traduzione corretta e di uso comune nel settore] in alcuni paesi all'avanguardia[Punto di vista estremamente soggettivo - all'avanguardia nello sviluppo della mobilità ciclabile, arcinoto] (Danimarca, Olanda). Si tratta di piste ciclabili generalmente fra periferie o grandi aree metropolitane e i centri urbani, finalizzate ad innalzare l'attrattività degli spostamenti in bicicletta anche al sopra del raggio usuale di 5 km, fino a circa 20-25 km.

Ciclabilità diffusa[modifica | modifica wikitesto]

Condivisione degli spazi urbani e stradali[modifica | modifica wikitesto]

All'interno del reticolo definito dalla rete ciclabile la mobilità in bicicletta viene generalmente realizzata non con infrastrutture apposite ma per mezzo di interventi che facilitano la convivenza non conflittuale fra mezzi motorizzati, biciclette, pedoni ecc.: la cosiddetta moderazione del traffico: zone 30, ZTL e zone pedonali permeabili per i ciclisti. In molte città d'Europa, in modo crescente, le zone 30 coprono spesso gran parte del tessuto urbano (a Berlino per es. il 70%), in pratica gran parte della viabilità eccetto quella principale. Le zone 30 per essere efficaci non possono limitarsi all'applicazione di segnaletica, ma si servono di soluzioni che rallentano nei fatti i mezzi motorizzati: chicane, disassamenti e restringimenti, allargamento dei marciapiedi e colli di bottiglia, non attraversabilità (vicoli ciechi), rallentatori (es. dossi o cuscini berlinesi), dissuasori di sosta ecc.

Chicane in zona 30

Un fattore della ciclabilità diffusa è che le biciclette devono potersi muovere sui percorsi più brevi, lineari e diretti, senza aggiramenti: "come l'acqua", analogamente al modo in cui intuitivamente si muovono i pedoni. Un intervento di forte impatto, è l'istituzione dei sensi unici eccetto bici (con apposita segnaletica) in questo tipo di aree: le biciclette possono legittimamente transitare anche "controsenso" su strade a senso unico, che vale solo per i veicoli motorizzati. Gli effetti sono numerosi ed ampi: maggiore permeabilità alle biciclette delle zone in questione, effetto indiretto di rallentamento e maggiore attenzione da parte dei conducenti di veicoli a motore, valore simbolico di "alle bici più diritti e non meno". Al contrario delle apparenze le strade con senso unico eccetto bici riscontrano nettamente una minore incidentalità, non solo fra ciclisti ed altri veicoli, ma fra tutti, in primis a vantaggio dei pedoni, dei bambini ecc. Usuale per facilitare la permeabilità (e dunque le vie dirette) alle biciclette è la loro abilitazione sulle corsie preferenziali.

Treno suburbano intermodale (Copenhagen)

Anche qui è da sfatare l'intralcio al trasporto pubblico[A quale "fato" si fa riferimento?]: la velocità in ambito urbano è del tutto simile e può causare modestissimi rallentamenti solo su corsie preferenziali molto lunghe: in tali casi si provvede al loro allargamento, per consentire il sorpasso, o alla realizzazione della corsia ciclabile a destra di quella riservata al transito degli autobus. La ciclabilità diffusa ha per effetto complessivo anche una riqualificazione e una maggiore vivibilità di vaste aree urbane.

Intermodalità[modifica | modifica wikitesto]

Integrazione fra diversi mezzi di trasporto[modifica | modifica wikitesto]

L'uso della bicicletta è nettamente vantaggioso fino a distanze di 5-6 km, per tempi di percorrenza ed altri fattori[senza fonte]. Per distanze maggiori la bicicletta può risultare competitiva con auto e motocicli per mezzo del trasporto intermodale, soprattutto su ferro: la possibilità di carico su treni, metrò e tram; in alcuni casi anche con altri tipi di trasporto pubblico. L'intermodalità bici-trasporto pubblico rafforza anche quest'ultimo, rendendolo "porta a porta", senza gli svantaggi e le ricadute negative degli spostamenti con mezzo motorizzato privato (congestione, parcheggio, inquinamento ecc.): si esce di casa in bici, si sale con essa su un mezzo di trasporto pubblico e alla fermata opportuna si prosegue verso al destinazione voluta.

Servizio di biciclette pubbliche condivise a Siviglia

L'utilizzo combinato di bicicletta ed altri mezzi può essere messa in atto anche in una seconda modalità che facilita lo scambio: la realizzazione di parcheggi bici agli snodi del trasporto pubblico e di ciclostazioni (coperte, custodite e dotate di alcuni servizi) per es. in adiacenza alle stazioni ferroviarie, capolinea ecc.
Lo stesso servizio di biciclette pubbliche condivise (bike sharing) è un forma di intermodalità fra bici (pubblica in questo caso) ed ogni altro mezzo: oltre al trasporto pubblico per es. l'auto in parcheggi scambiatori.

Criticità ed ostacoli allo sviluppo della mobilità ciclabile[modifica | modifica wikitesto]

Senso unico eccetto bici (Germania)

La mobilità ciclabile in Italia è ancora agli inizi, ma ha il vantaggio di potersi orientare a modelli e soluzioni già ampiamente sperimentate in tutta Europa. Questo avvicinamento è però spesso ostacolato da vari fattori: si va dallo scarso interesse e conoscenza dei vantaggi da parte di molti amministratori e della politica locale, alla carente formazione e competenza di tecnici e dirigenti comunali o ministeriali, ad una legislazione e normativa lontana dai riferimenti europei, spesso più un freno mirante che ad assicurare qualità, sicurezza e funzionalità degli interventi.

Fra le criticità più evidenti:

  • realizzative e progettuali
    • pianificazione: spesso del tutto assente, o carente di una visione di insieme della ciclabilità e della mobilità complessiva (trasporto pubblico, viabilità, flussi di traffico ecc). Lo strumento, spesso assente, è il cosiddetto Biciplan (Piano della mobilità ciclabile), che può essere inserito nel PUM o nel PUT comunale;
    • frammentazione e mancanza di continuità possono essere osservati in gran parte delle piste ciclabili: si tratta spesso di spezzoni isolati, non facenti parte di una rete, realizzati dove c'è posto e non dove servono, che si interrompo nei punti critici, per es. agli incroci, con segnaletica contraddittoria o irregolare;
    • sola separazione del traffico ciclistico da quello motorizzato, ignorando la compresenza e condivisione su viabilità ordinaria e i relativi interventi di moderazione del traffico.
  • legislative e normative
    • il codice della strada è spesso vago nel definire i comportamenti dei velocipedi, facilitando interpretazioni restrittive o vessatorie. Manca l'approccio generale che favorisca la bicicletta rispetto ai mezzi motorizzati, ed in generale sono carenti, vaghe ed inefficaci le tutele per tutta l'utenza debole;
    • la normativa tecnica (DM 557 del 1999) in molti casi ha ristretto le possibilità date dal codice della strada ed escluso opzioni largamente praticate in tutto il mondo: per es. le corsie ciclabili controsenso, o al centro della carreggiata per incanalamento agli incroci, misure e caratteristiche della separazione fisica ecc.;
    • i "pareri ministeriali" tendono poi a restringere ulteriormente le possibilità applicative, talvolta con costruzioni argomentative assai dubbie e forzate: per es. negando la legittimità dei sensi unici eccetto bici e relativa segnaletica, in contrasto con prassi europee basate su normative sostanzialmente uguali.

Associazioni e movimenti[modifica | modifica wikitesto]

Fra le maggiori organizzazioni si annoverano la storica League of American Bicyclists[6] e la federazione europea ECF, a cui aderiscono le più numerose ed influenti associazioni del continente, come quella tedesca (ADFC), olandese (Fietserbond), danese (Dansk Cyklist Forbund), svizzera (ProVelo) e altre, fra cui quella italiana FIAB. In assenza di una organizzazione mondiale aderiscono ad ECF, nel ruolo di associate, anche organizzazioni non europee, come la Bicycle Federation of Australia[7].

Sono talvolta presenti sui temi della mobilità ciclabile anche organizzazioni di settori affini o collegati. Fra di esse alcune focalizzate sulla mobilità delle persone, come quella tedesca VCD (Verkehrsclub Deutschland) e le omonime svizzera e austriaca. Toccano il tema anche organizzazioni ambientaliste internazionali, fra cui Friends of Earth e WWF, o nazionali, come Legambiente nel contesto degli "ecosistemi urbani" e della mobilità sostenibile.

Fra i movimenti e le campagne senza struttura associativa emergono Cities fit for Cycling, lanciata in Gran Bretagna dal quotidiano The Times[8] e la analoga Salvaiciclisti[9], con l'obiettivo di promuovere lo sviluppo della mobilità ciclabile nelle città italiane e misure atte a proteggere chi usa la bicicletta in città dagli incidenti.

Ciclabilità turistica[modifica | modifica wikitesto]

Corridoio Verde Adriatico: pista ciclabile all'altezza di Alba Adriatica (Abruzzo)

La bicicletta è diventata da alcuni decenni anche un importante segmento del turismo e della sua economia, il cosiddetto cicloturismo.

Pur utilizzando spesso infrastrutture analoghe, le piste ciclabili, per esempio su percorsi extraurbani, lungo argini di fiumi o in regioni di particolare pregio paesaggistico, la ciclabilità turistica è solo in parte legata alla mobilità.

Le problematiche possono essere analoghe (es. sicurezza) e alcuni fattori per la scelta del mezzo di trasporto possono avere motivazioni analoghe: di tipo ecologico, di approccio al territorio e alla sua vivibilità ecc.

Note[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

{{Portale|ciclismo|ecologia e ambiente|trasporti}}

---------- Discussione e commenti Mobilità ciclabile ---------[modifica | modifica wikitesto]

  • commenti sarcastici, personali POV, adatti alla pagina discussione
  • saturazione voce con commenti, che diventa difficilmente leggibile
  • note ad ogni riga, per passi già dotati di fonte, anche in altri punti della voce?
Traffico di ciclisti nell'ora di punta

La mobilità ciclabile (o mobilità ciclistica) rappresenta un ramo o un approfondimento della mobilità sostenibile[Assolutamente no. E' solo una modalità di trasporto che taluni chiamano "sostenibile" - fatto ] e si concentra sullo sviluppo e sulla diffusione del trasporto urbano in bicicletta[No, descrive il classico uso della bicicletta per la mobilità - fatto]. Un termine in parte sovrapponibile è quello di ciclabilità, che indicare il quadro normativo, le infrastrutture e le soluzioni di viabilità per l'uso della bicicletta.

Lo stesso argomento in dettaglio: Ciclabilità e Ciclismo urbano.

Alcune città italiane hanno istituito degli uffici biciclette o uffici mobilità ciclabile sottostanti la divisione mobilità o ambiente e territorio dei relativi assessorati al fine di elaborare nuove soluzioni urbane in ambito di mobilità e impatto del traffico sul territorio.[Questo periodo va inserito nel paragrafo relativo alle politiche di promozione - fatto]

Le principali finalità della mobilità ciclabile riguardano:

  • il decongestionamento dal traffico motorizzato;
  • la diminuzione dell'impatto ambientale (inquinamento atmosferico e acustico) del traffico in città;
  • l'incremento di forme di mobilità eco-sostenibili e aumento della sicurezza stradale;
  • il miglioramento dell'efficienza della viabilità e del trasporto (pubblico e privato);
  • la tutela degli utenti della strada più vulnerabili come ciclisti e pedoni. - fatto[non chiaro]No, questa è una visione parziale. La finalità prima dell'uso della bicicletta è il soddisfacimento dei bisogni di chi sceglie di utilizzarla, non di perseguire "politiche" - fatto}}
Segnale di inizio pista ciclabile

Aspetti positivi nella promozione della mobilità ciclabile[modifica | modifica wikitesto]

I coordinatori delle politiche inerenti alla mobilità ciclabile sostengono, sorretti dalle statistiche[1], che la bicicletta, in città, è il mezzo più efficiente in assoluto: in un raggio fra 0 e 6 km è statisticamente più veloce di qualsiasi altro mezzo, è generalmente più comoda in quanto non vincolata a problemi di parcheggio o di passaggio in aree chiuse al traffico, più ecologica e decisamente più economica[Come può una "statistica" affermare ciò? - fatto]. In più incide positivamente sulla bellezza della città rendendola meno soffocante, più a misura d'uomo e più sicura[E chi lo ha stabilito? Pure opinioni personali - corretto il linguaggio usato]. Per le istituzioni pubbliche cittadine, investire sulla mobilità ciclabile, significa promuovere un sistema di viabilità capace di ridurre pesantemente l’impatto del traffico in città migliorando la qualità dell’aria e incrementando la sicurezza stradale. Un’equazione impensabile per qualunque altro intervento sulla mobilità.[Mero slogan non accettabile - tolto ...] Ciononostante, la bicicletta rimane ancora il mezzo di trasporto più rischioso[palese contraddizione con quanto sopra - non è in contraddizione ma modificato] (ben quattro volte più soggetto ad incidenti dell’automobile)[2] più sottovalutato dai cittadini e trascurato dalle istituzioni.

Problemi relativi all'incentivazione della mobilità ciclabile[modifica | modifica wikitesto]

Nonostante i benefici per i cittadini e per la città, sia a livello nazionale che a livello locale, le iniziative a favore della mobilità ciclabile risultano ancora insufficienti. Sebbene diverse città italiane (perlopiù in Emilia-Romagna) si siano allineate e anzi siano state precursori nell'ambito della mobilità ciclabile e della tutela del ciclista urbano, in altre città c'è ancora molto lavoro da realizzare. Il problema, spesso evidenziato dalle amministrazione pubbliche cittadine, si situa sulla difficoltà di innestare su un contesto urbano già saturo, delle aree dedicate al solo passaggio delle biciclette. Tuttavia, numerose città, a partire dalla fine degli anni novanta e in relazione ai valori sempre più alti di polveri sottili e monossido di carbonio, hanno iniziato ad investire sulla mobilità ciclabile cercando di fornire le città di alcuni percorsi ciclabili[3].

La mobilità ciclabile nel mondo[modifica | modifica wikitesto]

Stazione di Münster

L'evoluzione della mobilità ciclabile raggiunge i vertici in paesi europei ai livelli più alti di benessere e qualità della vita, in primis Olanda e Danimarca, e si sta diffondendo su tutto il continente, in America ed Australia.[Come no: in Cina e nel resto dell'Asia usano tutti il SUV? - Cina&c vedi una riga sotto ] D'altronde il mezzo di trasporto bicicletta domina ancora ampiamente i paesi in via di sviluppo[Palese contraddizione con l'affermazione precedente - l'affermazione precedente è appunto su Europa&C], dove si presume[Chi lo presume?] che si svolgerà un processo simile a quello avvenuto in occidente: dalla bici all'auto, per arrivare poi alla saturazione ed intraprendere il percorso inverso[E chi ha detto che è stato così? I dati di mobilità non lo certificano, anzi, vedono un uso estensivo dell'auto privata - il senso è un altro: le quote della bicicletta salgono costantemente in gran parte delle città europee ed in particolare in quelle in cui si attuano politiche di incentivazione (es. Copenhagen e molte altre); per ora tolto il passo, lo reintrodurrò con le chiarissime fonti].

In linea di massima il livello di sviluppo della mobilità ciclabile viene valutato nella ripartizione modale (modal split) degli spostamenti in bicicletta rispetto a quelli da disincentivare (auto)[puro POV -- non è POV ma parte della materia (mobilità ciclabile e mobilità sostemibile) che si propone appunto di ridurre le quote auto e di incrementarne altre] e al trasporto pubblico(generalmente considerato sinergico alla mobilità ciclabile - tolgo per re-introdurlo con le fonti[senza fonte]). Gli effetti attesi sono una crescente quota per bicicletta, pedonalità e trasporto pubblico e decrescente invece per i mezzi motorizzati privati. Un diffuso ma non significativo parametro è invece dato dai chilometri di piste ciclabili: esso non tiene conto né dell'effetto né della reale funzionalità di tali infrastrutture, che possono essere anche ridotte o vicine allo zero. Inoltre l'incentivazione della mobilità ciclabile non si fonda soltanto su infrastrutture dedicate, ma anche e spesso in modo rilevante nella gestione della viabilità ordinaria, soprattutto tramite la moderazione del traffico, per es. ZTL, zone 30 e/o ciclopedonali ecc. Al vertice mondiale della mobilità ciclabile[In base a quali parametri? - in base appunto alle quote di modal split] ci sono città medie, per es. Groninga (Olanda) e Münster (Germania) con quote di spostamenti in bicicletta vicini o superiori alla metà del totale. Fra le grandi metropoli sono al vertice Amsterdam e Copenhagen (quest'ultima con una ripartizione modale in bici di oltre il 26% del totale).

Bici davanti a teatro

Lo sviluppo della mobilità ciclabile e del suo parametro fondamentale, la ripartizione modale[E perché sarebbe il parametro fondamentale?], è però generalizzato a tutto il mondo occidentale, dalle grandi metropoli (es. Berlino, Vienna o Londra) fino a centri di ogni dimensione. In Italia si riscontrano poche medie città che si avvicinano a standard europei, per es. Ferrara, Reggio Emilia, Bolzano. In città di dimensioni maggiori ma estremamente adatte, come per es. Verona o Firenze, dopo alcuni interventi a favore della mobilità ciclabile negli anni novanta, gli sviluppi si sono fermati o il quadro è addirittura arretrato per disinteresse delle Amministrazioni che si sono succedute.[senza fonte]

Interventi per la ciclabilità urbana[modifica | modifica wikitesto]

Possono essere individuati tre grandi tipologie di interventi a favore della ciclabilità urbana:[e perché solo 3? Chi lo ha stabilito? - modificato, possono esser più di tre]

  • la realizzazione di piste ciclabili, che vadano a costituire una rete continuativa per gli spostamenti quotidiani;
  • la moderazione del traffico (es. diffuse zone 30, ZTL ed aree pedonali) che faciliti la convivenza fra traffico motorizzato, biciclette, pedoni ed assicuri una maggiore vivibilità di vaste aree della città;
  • l'uso combinato di bici e mezzi pubblici (intermodalità).

Il complesso di interventi si basa su esperienze europee ormai consolidate sia nei paesi all'avanguardia in ciclabilità, sia in prassi ormai diffuse ed in sviluppo in tutti i paesi evoluti.[Evidente castroneria: l'uso della bici non è legato all'evoluzione e proprio nei paesi in via di sviluppo esiste alta concentrazione di bici. -la mobilità ciclabile si applica nei paesi sviluppati, e di questo si parla ]

Reti ciclabili (da qui commenti ai commenti da fare)[modifica | modifica wikitesto]

Pista ciclabile in sede propria, Firenze

Separazione dei flussi sulle grandi direttrici[modifica | modifica wikitesto]

Le piste ciclabili sono infrastrutture viabilistiche per incentivare, favorire e rendere più sicura la circolazione delle biciclette. Una caratteristica fondamentale è che si tratti di una rete, e non di spezzoni isolati o scollegati. La rete ciclabile può essere paragonata a quella dei trasporti pubblici di una città, o a quella stradale primaria: deve dunque coprire l'intera area urbana, collegando centro e periferie (anche fra di loro), con tutte le direttrici necessarie agli spostamenti quotidiani casa-lavoro, casa-scuola e per raggiungere servizi di ogni genere (tempo libero, acquisti, sanità, enti pubblici ecc.) dal luogo di abitazione o di permanenza per es. per lavoro. Il principio della separazione fisica dei flussi si applica alla rete sulla viabilità principale urbana ed extra-urbana, ovunque esista un intenso traffico motorizzato ed un forte differenziale di velocità con le bicicletta. La rete ciclabile si dirama anche su viabilità a medio traffico, per es. nell'attraversamento di quartieri, e può avere forme di separazione più morbida ("preferenziazione") utilizzando per es. corsie ciclabili su carreggiata (separazione tramite linea ed eventualmente fondo colorato).

La continuità è una caratteristica indispensabile della rete stessa[E perché mai? Si può continuare tranquillamente sulla viabilità ordinaria], ed analogamente di ogni singolo percorso (pista ciclabile), proprio per garantire sicurezza e vantaggiosità alle biciclette e dunque incentivarne l'uso[Non è detto sia così, puro POV]. In particolare la continuità va assicurata alle intersezioni (incroci, rotatorie ecc.), generalmente tramite attraversamenti ciclabili (semaforizzati e non) ed in alcuni casi per mezzo di sovra o sottopassi. I percorsi che la rete ciclabile va a disegnare devono essere diretti e lineari, senza aggiramenti, che spesso annullano i vantaggi della rete stessa e delle piste ciclabili che la compongono.[Su quali norme/leggi/studi sono basate queste affermazioni?]

Un ulteriore sviluppo della separazione dei flussi, in direzione opposta alla preferenziazione, è il recente sviluppo delle superstrade ciclabili[Concetto dubbio] in alcuni paesi all'avanguardia[Punto di vista estremamente soggettivo] (Danimarca, Olanda). Si tratta di piste ciclabili generalmente fra periferie o grandi aree metropolitane e i centri urbani, finalizzate ad innalzare l'attrattività degli spostamenti in bicicletta anche al sopra del raggio usuale di 5 km, fino a circa 20-25 km.

Ciclabilità diffusa[modifica | modifica wikitesto]

Condivisione degli spazi urbani e stradali[modifica | modifica wikitesto]

All'interno del reticolo definito dalla rete ciclabile la mobilità in bicicletta viene generalmente realizzata non con infrastrutture apposite ma per mezzo di interventi che facilitano la convivenza non conflittuale fra mezzi motorizzati, biciclette, pedoni ecc.: la cosiddetta moderazione del traffico: zone 30, ZTL e zone pedonali permeabili per i ciclisti. In molte città d'Europa, in modo crescente, le zone 30 coprono spesso gran parte del tessuto urbano (a Berlino per es. il 70%), in pratica gran parte della viabilità eccetto quella principale. Le zone 30 per essere efficaci non possono limitarsi all'applicazione di segnaletica, ma si servono di soluzioni che rallentano nei fatti i mezzi motorizzati: chicane, disassamenti e restringimenti, allargamento dei marciapiedi e colli di bottiglia, non attraversabilità (vicoli ciechi), rallentatori (es. dossi o cuscini berlinesi), dissuasori di sosta ecc.

Chicane in zona 30

Un fattore della ciclabilità diffusa è che le biciclette devono potersi muovere sui percorsi più brevi, lineari e diretti, senza aggiramenti: "come l'acqua", analogamente al modo in cui intuitivamente si muovono i pedoni. Un intervento di forte impatto, è l'istituzione dei sensi unici eccetto bici (con apposita segnaletica) in questo tipo di aree: le biciclette possono legittimamente transitare anche "controsenso" su strade a senso unico, che vale solo per i veicoli motorizzati. Gli effetti sono numerosi ed ampi: maggiore permeabilità alle biciclette delle zone in questione, effetto indiretto di rallentamento e maggiore attenzione da parte dei conducenti di veicoli a motore, valore simbolico di "alle bici più diritti e non meno". Al contrario delle apparenze le strade con senso unico eccetto bici riscontrano nettamente una minore incidentalità, non solo fra ciclisti ed altri veicoli, ma fra tutti, in primis a vantaggio dei pedoni, dei bambini ecc. Usuale per facilitare la permeabilità (e dunque le vie dirette) alle biciclette è la loro abilitazione sulle corsie preferenziali.

Treno suburbano intermodale (Copenhagen)

Anche qui è da sfatare l'intralcio al trasporto pubblico[A quale "fato" si fa riferimento?]: la velocità in ambito urbano è del tutto simile e può causare modestissimi rallentamenti solo su corsie preferenziali molto lunghe: in tali casi si provvede al loro allargamento, per consentire il sorpasso, o alla realizzazione della corsia ciclabile a destra di quella riservata al transito degli autobus. La ciclabilità diffusa ha per effetto complessivo anche una riqualificazione e una maggiore vivibilità di vaste aree urbane.

Intermodalità[modifica | modifica wikitesto]

Integrazione fra diversi mezzi di trasporto[modifica | modifica wikitesto]

L'uso della bicicletta è nettamente vantaggioso fino a distanze di 5-6 km, per tempi di percorrenza ed altri fattori[senza fonte]. Per distanze maggiori la bicicletta può risultare competitiva con auto e motocicli per mezzo del trasporto intermodale, soprattutto su ferro: la possibilità di carico su treni, metrò e tram; in alcuni casi anche con altri tipi di trasporto pubblico. L'intermodalità bici-trasporto pubblico rafforza anche quest'ultimo, rendendolo "porta a porta", senza gli svantaggi e le ricadute negative degli spostamenti con mezzo motorizzato privato (congestione, parcheggio, inquinamento ecc.): si esce di casa in bici, si sale con essa su un mezzo di trasporto pubblico e alla fermata opportuna si prosegue verso al destinazione voluta.

Servizio di biciclette pubbliche condivise a Siviglia

L'utilizzo combinato di bicicletta ed altri mezzi può essere messa in atto anche in una seconda modalità che facilita lo scambio: la realizzazione di parcheggi bici agli snodi del trasporto pubblico e di ciclostazioni (coperte, custodite e dotate di alcuni servizi) per es. in adiacenza alle stazioni ferroviarie, capolinea ecc.
Lo stesso servizio di biciclette pubbliche condivise (bike sharing) è un forma di intermodalità fra bici (pubblica in questo caso) ed ogni altro mezzo: oltre al trasporto pubblico per es. l'auto in parcheggi scambiatori.

Criticità ed ostacoli allo sviluppo[Auspicato da chi?] della mobilità ciclabile[modifica | modifica wikitesto]

Senso unico eccetto bici (Germania)

La mobilità ciclabile in Italia è ancora agli inizi, ma ha il vantaggio di potersi orientare a modelli e soluzioni già ampiamente sperimentate in tutta Europa. Questo avvicinamento è però spesso ostacolato da vari fattori: si va dallo scarso interesse e conoscenza dei vantaggi da parte di molti amministratori e della politica locale, alla carente formazione e competenza di tecnici e dirigenti comunali o ministeriali, ad una legislazione e normativa lontana dai riferimenti europei, spesso più un freno mirante che ad assicurare qualità, sicurezza e funzionalità degli interventi.[palese localismo, la voce non è sulla mobilità ciclabile in Italia]

Fra le criticità più evidenti:

  • realizzative e progettuali
    • pianificazione: spesso del tutto assente, o carente di una visione di insieme della ciclabilità e della mobilità complessiva (trasporto pubblico, viabilità, flussi di traffico ecc)[senza fonte]. Lo strumento, spesso assente, è il cosiddetto Biciplan (Piano della mobilità ciclabile), che può essere inserito nel PUM o nel PUT comunale;
    • frammentazione e mancanza di continuità possono essere osservati in gran parte delle piste ciclabili: si tratta spesso di spezzoni isolati, non facenti parte di una rete, realizzati dove c'è posto e non dove servono, che si interrompo nei punti critici, per es. agli incroci, con segnaletica contraddittoria o irregolare;[senza fonte]
    • sola separazione del traffico ciclistico da quello motorizzato, ignorando la compresenza e condivisione su viabilità ordinaria e i relativi interventi di moderazione del traffico.
  • legislative e normative
    • il codice della strada è spesso vago nel definire i comportamenti dei velocipedi, facilitando interpretazioni restrittive o vessatorie. Manca l'approccio generale che favorisca la bicicletta rispetto ai mezzi motorizzati, ed in generale sono carenti, vaghe ed inefficaci le tutele per tutta l'utenza debole;[Chi ha affermato ciò?]
    • la normativa tecnica (DM 557 del 1999)[Non è una norma tecnica] in molti casi ha ristretto le possibilità date dal codice della strada ed escluso opzioni largamente praticate in tutto il mondo: per es. le corsie ciclabili controsenso, o al centro della carreggiata per incanalamento agli incroci, misure e caratteristiche della separazione fisica ecc.;
    • i "pareri ministeriali" tendono poi a restringere ulteriormente le possibilità applicative, talvolta con costruzioni argomentative assai dubbie e forzate: per es. negando la legittimità dei sensi unici eccetto bici e relativa segnaletica, in contrasto con prassi europee basate su normative sostanzialmente uguali.

Associazioni e movimenti di promozione[modifica | modifica wikitesto]

Fra le maggiori organizzazioni che promuovono l'uso della bicicletta si annoverano la League of American Bicyclists[4] e la federazione europea ECF, a cui aderiscono le numerose associazioni del continente, come quella tedesca (ADFC), olandese (Fietserbond), danese (Dansk Cyklist Forbund), svizzera (ProVelo) e altre, fra cui quella italiana FIAB. In assenza di una organizzazione mondiale aderiscono ad ECF, nel ruolo di associate, anche organizzazioni non europee, come la Bicycle Federation of Australia[5].

Sono talvolta presenti sui temi della promozione della mobilità ciclabile anche organizzazioni di settori affini o collegati. Fra di esse alcune focalizzate sulla mobilità delle persone, come quella tedesca VCD (Verkehrsclub Deutschland) e le omonime svizzera e austriaca. Toccano il tema anche organizzazioni ambientaliste internazionali, fra cui Friends of Earth e WWF, o nazionali, come Legambiente in Italia, nel contesto degli "ecosistemi urbani" e della mobilità sostenibile.

Fra i movimenti e le campagne senza struttura associativa emergono Cities fit for Cycling, lanciata in Gran Bretagna dal quotidiano The Times[6] e la analoga Salvaiciclisti[7], con l'obiettivo di promuovere lo sviluppo della mobilità ciclabile nelle città italiane e misure atte a proteggere chi usa la bicicletta in città dagli incidenti.

Ciclabilità turistica[modifica | modifica wikitesto]

Corridoio Verde Adriatico: pista ciclabile all'altezza di Alba Adriatica (Abruzzo)

La bicicletta è diventata da alcuni decenni anche un importante segmento del turismo e della sua economia, il cosiddetto cicloturismo.

Pur utilizzando spesso infrastrutture analoghe, le piste ciclabili, per esempio su percorsi extraurbani, lungo argini di fiumi o in regioni di particolare pregio paesaggistico, la ciclabilità turistica è solo in parte legata alla mobilità.

Le problematiche possono essere analoghe (es. sicurezza) e alcuni fattori per la scelta del mezzo di trasporto possono avere motivazioni analoghe: di tipo ecologico, di approccio al territorio e alla sua vivibilità ecc.

Note[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]


-------------- a futura memoria --------[modifica | modifica wikitesto]

Traffico di ciclisti nell'ora di punta

La mobilità ciclabile (o mobilità ciclistica) rappresenta un ramo o un approfondimento della mobilità sostenibile[Assolutamente no. E' solo una modalità di trasporto che taluni chiamano "sostenibile"] e si concentra sullo sviluppo e sulla diffusione del trasporto urbano in bicicletta[No, descrive il classico uso della bicicletta per la mobilità]. Un termine in parte sovrapponibile è quello di ciclabilità, che indicare il quadro normativo, le infrastrutture e le soluzioni di viabilità per l'uso della bicicletta.

Lo stesso argomento in dettaglio: Ciclabilità e Ciclismo urbano.

Alcune città italiane hanno istituito degli uffici biciclette o uffici mobilità ciclabile sottostanti la divisione mobilità o ambiente e territorio dei relativi assessorati al fine di elaborare nuove soluzioni urbane in ambito di mobilità e impatto del traffico sul territorio.[Questo periodo va inserito nel paragrafo relativo alle politiche di promozione]

Le principali finalità della mobilità ciclabile riguardano:

  • il decongestionamento dal traffico motorizzato;
  • la diminuzione dell'impatto ambientale (inquinamento atmosferico e acustico) del traffico in città;
  • l'incremento di forme di mobilità eco-sostenibili e aumento della sicurezza stradale;
  • il miglioramento dell'efficienza della viabilità e del trasporto (pubblico e privato);
  • la tutela degli utenti della strada più vulnerabili come ciclisti e pedoni.[non chiaro]No, questa è una visione parziale. La finalità prima dell'uso della bicicletta è il soddisfacimento dei bisogni di chi sceglie di utilizzarla, non di perseguire "politiche"}}
Segnale di inizio pista ciclabile

Aspetti positivi nella promozione della mobilità ciclabile[modifica | modifica wikitesto]

I coordinatori delle politiche inerenti alla mobilità ciclabile sostengono, sorretti dalle statistiche[1], che la bicicletta, in città, è il mezzo più efficiente in assoluto: in un raggio fra 0 e 6 km è statisticamente più veloce di qualsiasi altro mezzo, è generalmente più comoda in quanto non vincolata a problemi di parcheggio o di passaggio in aree chiuse al traffico, più ecologica e decisamente più economica[Come può una "statistica" affermare ciò?]. In più incide positivamente sulla bellezza della città rendendola meno soffocante, più a misura d'uomo e più sicura[E chi lo ha stabilito? Pure opinioni personali]. Per le istituzioni pubbliche cittadine, investire sulla mobilità ciclabile, significa promuovere un sistema di viabilità capace di ridurre pesantemente l’impatto del traffico in città migliorando la qualità dell’aria e incrementando la sicurezza stradale. Un’equazione impensabile per qualunque altro intervento sulla mobilità.[Mero slogan non accettabile] Ciononostante, la bicicletta rimane ancora il mezzo di trasporto più rischioso[palese contraddizione con quanto sopra] (ben quattro volte più soggetto ad incidenti dell’automobile)[2] più sottovalutato dai cittadini e trascurato dalle istituzioni.

Problemi relativi all'incentivazione della mobilità ciclabile[modifica | modifica wikitesto]

Nonostante i benefici per i cittadini e per la città, sia a livello nazionale che a livello locale, le iniziative a favore della mobilità ciclabile risultano ancora insufficienti. Sebbene diverse città italiane (perlopiù in Emilia-Romagna) si siano allineate e anzi siano state precursori nell'ambito della mobilità ciclabile e della tutela del ciclista urbano, in altre città c'è ancora molto lavoro da realizzare. Il problema, spesso evidenziato dalle amministrazione pubbliche cittadine, si situa sulla difficoltà di innestare su un contesto urbano già saturo, delle aree dedicate al solo passaggio delle biciclette. Tuttavia, numerose città, a partire dalla fine degli anni novanta e in relazione ai valori sempre più alti di polveri sottili e monossido di carbonio, hanno iniziato ad investire sulla mobilità ciclabile cercando di fornire le città di alcuni percorsi ciclabili[3].

La mobilità ciclabile nel mondo[modifica | modifica wikitesto]

Stazione di Münster

L'evoluzione della mobilità ciclabile raggiunge i vertici in paesi europei ai livelli più alti di benessere e qualità della vita, in primis Olanda e Danimarca, e si sta diffondendo su tutto il continente, in America ed Australia.[Come no: in Cina e nel resto dell'Asia usano tutti il SUV?] D'altronde il mezzo di trasporto bicicletta domina ancora ampiamente i paesi in via di sviluppo[Palese contraddizione con l'affermazione precedente], dove si presume[Chi lo presume?] che si svolgerà un processo simile a quello avvenuto in occidente: dalla bici all'auto, per arrivare poi alla saturazione ed intraprendere il percorso inverso[E chi ha detto che è stato così? I dati di mobilità non lo certificano, anzi, vedono un uso estensivo dell'auto privata].

In linea di massima il livello di sviluppo della mobilità ciclabile viene valutato nella ripartizione modale (modal split) degli spostamenti in bicicletta rispetto a quelli da disincentivare (auto)[puro POV] e al trasporto pubblico (generalmente considerato sinergico alla mobilità ciclabile[senza fonte]). Gli effetti attesi sono una crescente quota per bicicletta, pedonalità e trasporto pubblico e decrescente invece per i mezzi motorizzati privati. Un diffuso ma non significativo parametro è invece dato dai chilometri di piste ciclabili: esso non tiene conto né dell'effetto né della reale funzionalità di tali infrastrutture, che possono essere anche ridotte o vicine allo zero. Inoltre l'incentivazione della mobilità ciclabile non si fonda soltanto su infrastrutture dedicate, ma anche e spesso in modo rilevante nella gestione della viabilità ordinaria, soprattutto tramite la moderazione del traffico, per es. ZTL, zone 30 e/o ciclopedonali ecc. Al vertice mondiale della mobilità ciclabile[In base a quali parametri?] ci sono città medie, per es. Groninga (Olanda) e Münster (Germania) con quote di spostamenti in bicicletta vicini o superiori alla metà del totale. Fra le grandi metropoli sono al vertice Amsterdam e Copenhagen (quest'ultima con una ripartizione modale in bici di oltre il 26% del totale).

Bici davanti a teatro

Lo sviluppo della mobilità ciclabile e del suo parametro fondamentale, la ripartizione modale[E perché sarebbe il parametro fondamentale?], è però generalizzato a tutto il mondo occidentale, dalle grandi metropoli (es. Berlino, Vienna o Londra) fino a centri di ogni dimensione. In Italia si riscontrano poche medie città che si avvicinano a standard europei, per es. Ferrara, Reggio Emilia, Bolzano. In città di dimensioni maggiori ma estremamente adatte, come per es. Verona o Firenze, dopo alcuni interventi a favore della mobilità ciclabile negli anni novanta, gli sviluppi si sono fermati o il quadro è addirittura arretrato per disinteresse delle Amministrazioni che si sono succedute.[senza fonte]

Interventi per la ciclabilità urbana[modifica | modifica wikitesto]

Possono essere individuati tre grandi tipologie di interventi a favore della ciclabilità urbana:[e perché solo 3? Chi lo ha stabilito?]

  • la realizzazione di piste ciclabili, che vadano a costituire una rete continuativa per gli spostamenti quotidiani;
  • la moderazione del traffico (es. diffuse zone 30, ZTL ed aree pedonali) che faciliti la convivenza fra traffico motorizzato, biciclette, pedoni ed assicuri una maggiore vivibilità di vaste aree della città;
  • l'uso combinato di bici e mezzi pubblici (intermodalità).

Il complesso di interventi si basa su esperienze europee ormai consolidate sia nei paesi all'avanguardia in ciclabilità, sia in prassi ormai diffuse ed in sviluppo in tutti i paesi evoluti.[Evidente castroneria: l'uso della bici non è legato all'evoluzione e proprio nei paesi in via di sviluppo esiste alta concentrazione di bici.]

Reti ciclabili[modifica | modifica wikitesto]

Pista ciclabile in sede propria, Firenze

Separazione dei flussi sulle grandi direttrici[modifica | modifica wikitesto]

Le piste ciclabili sono infrastrutture viabilistiche per incentivare, favorire e rendere più sicura la circolazione delle biciclette. Una caratteristica fondamentale è che si tratti di una rete, e non di spezzoni isolati o scollegati. La rete ciclabile può essere paragonata a quella dei trasporti pubblici di una città, o a quella stradale primaria: deve dunque coprire l'intera area urbana, collegando centro e periferie (anche fra di loro), con tutte le direttrici necessarie agli spostamenti quotidiani casa-lavoro, casa-scuola e per raggiungere servizi di ogni genere (tempo libero, acquisti, sanità, enti pubblici ecc.) dal luogo di abitazione o di permanenza per es. per lavoro. Il principio della separazione fisica dei flussi si applica alla rete sulla viabilità principale urbana ed extra-urbana, ovunque esista un intenso traffico motorizzato ed un forte differenziale di velocità con le bicicletta. La rete ciclabile si dirama anche su viabilità a medio traffico, per es. nell'attraversamento di quartieri, e può avere forme di separazione più morbida ("preferenziazione") utilizzando per es. corsie ciclabili su carreggiata (separazione tramite linea ed eventualmente fondo colorato).

La continuità è una caratteristica indispensabile della rete stessa[E perché mai? Si può continuare tranquillamente sulla viabilità ordinaria], ed analogamente di ogni singolo percorso (pista ciclabile), proprio per garantire sicurezza e vantaggiosità alle biciclette e dunque incentivarne l'uso[Non è detto sia così, puro POV]. In particolare la continuità va assicurata alle intersezioni (incroci, rotatorie ecc.), generalmente tramite attraversamenti ciclabili (semaforizzati e non) ed in alcuni casi per mezzo di sovra o sottopassi. I percorsi che la rete ciclabile va a disegnare devono essere diretti e lineari, senza aggiramenti, che spesso annullano i vantaggi della rete stessa e delle piste ciclabili che la compongono.[Su quali norme/leggi/studi sono basate queste affermazioni?]

Un ulteriore sviluppo della separazione dei flussi, in direzione opposta alla preferenziazione, è il recente sviluppo delle superstrade ciclabili[Concetto dubbio] in alcuni paesi all'avanguardia[Punto di vista estremamente soggettivo] (Danimarca, Olanda). Si tratta di piste ciclabili generalmente fra periferie o grandi aree metropolitane e i centri urbani, finalizzate ad innalzare l'attrattività degli spostamenti in bicicletta anche al sopra del raggio usuale di 5 km, fino a circa 20-25 km.

Ciclabilità diffusa[modifica | modifica wikitesto]

Condivisione degli spazi urbani e stradali[modifica | modifica wikitesto]

All'interno del reticolo definito dalla rete ciclabile la mobilità in bicicletta viene generalmente realizzata non con infrastrutture apposite ma per mezzo di interventi che facilitano la convivenza non conflittuale fra mezzi motorizzati, biciclette, pedoni ecc.: la cosiddetta moderazione del traffico: zone 30, ZTL e zone pedonali permeabili per i ciclisti. In molte città d'Europa, in modo crescente, le zone 30 coprono spesso gran parte del tessuto urbano (a Berlino per es. il 70%), in pratica gran parte della viabilità eccetto quella principale. Le zone 30 per essere efficaci non possono limitarsi all'applicazione di segnaletica, ma si servono di soluzioni che rallentano nei fatti i mezzi motorizzati: chicane, disassamenti e restringimenti, allargamento dei marciapiedi e colli di bottiglia, non attraversabilità (vicoli ciechi), rallentatori (es. dossi o cuscini berlinesi), dissuasori di sosta ecc.

Chicane in zona 30

Un fattore della ciclabilità diffusa è che le biciclette devono potersi muovere sui percorsi più brevi, lineari e diretti, senza aggiramenti: "come l'acqua", analogamente al modo in cui intuitivamente si muovono i pedoni. Un intervento di forte impatto, è l'istituzione dei sensi unici eccetto bici (con apposita segnaletica) in questo tipo di aree: le biciclette possono legittimamente transitare anche "controsenso" su strade a senso unico, che vale solo per i veicoli motorizzati. Gli effetti sono numerosi ed ampi: maggiore permeabilità alle biciclette delle zone in questione, effetto indiretto di rallentamento e maggiore attenzione da parte dei conducenti di veicoli a motore, valore simbolico di "alle bici più diritti e non meno". Al contrario delle apparenze le strade con senso unico eccetto bici riscontrano nettamente una minore incidentalità, non solo fra ciclisti ed altri veicoli, ma fra tutti, in primis a vantaggio dei pedoni, dei bambini ecc. Usuale per facilitare la permeabilità (e dunque le vie dirette) alle biciclette è la loro abilitazione sulle corsie preferenziali.

Treno suburbano intermodale (Copenhagen)

Anche qui è da sfatare l'intralcio al trasporto pubblico[A quale "fato" si fa riferimento?]: la velocità in ambito urbano è del tutto simile e può causare modestissimi rallentamenti solo su corsie preferenziali molto lunghe: in tali casi si provvede al loro allargamento, per consentire il sorpasso, o alla realizzazione della corsia ciclabile a destra di quella riservata al transito degli autobus. La ciclabilità diffusa ha per effetto complessivo anche una riqualificazione e una maggiore vivibilità di vaste aree urbane.

Intermodalità[modifica | modifica wikitesto]

Integrazione fra diversi mezzi di trasporto[modifica | modifica wikitesto]

L'uso della bicicletta è nettamente vantaggioso fino a distanze di 5-6 km, per tempi di percorrenza ed altri fattori[senza fonte]. Per distanze maggiori la bicicletta può risultare competitiva con auto e motocicli per mezzo del trasporto intermodale, soprattutto su ferro: la possibilità di carico su treni, metrò e tram; in alcuni casi anche con altri tipi di trasporto pubblico. L'intermodalità bici-trasporto pubblico rafforza anche quest'ultimo, rendendolo "porta a porta", senza gli svantaggi e le ricadute negative degli spostamenti con mezzo motorizzato privato (congestione, parcheggio, inquinamento ecc.): si esce di casa in bici, si sale con essa su un mezzo di trasporto pubblico e alla fermata opportuna si prosegue verso al destinazione voluta.

Servizio di biciclette pubbliche condivise a Siviglia

L'utilizzo combinato di bicicletta ed altri mezzi può essere messa in atto anche in una seconda modalità che facilita lo scambio: la realizzazione di parcheggi bici agli snodi del trasporto pubblico e di ciclostazioni (coperte, custodite e dotate di alcuni servizi) per es. in adiacenza alle stazioni ferroviarie, capolinea ecc.
Lo stesso servizio di biciclette pubbliche condivise (bike sharing) è un forma di intermodalità fra bici (pubblica in questo caso) ed ogni altro mezzo: oltre al trasporto pubblico per es. l'auto in parcheggi scambiatori.

Criticità ed ostacoli allo sviluppo[Auspicato da chi?] della mobilità ciclabile[modifica | modifica wikitesto]

Senso unico eccetto bici (Germania)

La mobilità ciclabile in Italia è ancora agli inizi, ma ha il vantaggio di potersi orientare a modelli e soluzioni già ampiamente sperimentate in tutta Europa. Questo avvicinamento è però spesso ostacolato da vari fattori: si va dallo scarso interesse e conoscenza dei vantaggi da parte di molti amministratori e della politica locale, alla carente formazione e competenza di tecnici e dirigenti comunali o ministeriali, ad una legislazione e normativa lontana dai riferimenti europei, spesso più un freno mirante che ad assicurare qualità, sicurezza e funzionalità degli interventi.[palese localismo, la voce non è sulla mobilità ciclabile in Italia]

Fra le criticità più evidenti:

  • realizzative e progettuali
    • pianificazione: spesso del tutto assente, o carente di una visione di insieme della ciclabilità e della mobilità complessiva (trasporto pubblico, viabilità, flussi di traffico ecc)[senza fonte]. Lo strumento, spesso assente, è il cosiddetto Biciplan (Piano della mobilità ciclabile), che può essere inserito nel PUM o nel PUT comunale;
    • frammentazione e mancanza di continuità possono essere osservati in gran parte delle piste ciclabili: si tratta spesso di spezzoni isolati, non facenti parte di una rete, realizzati dove c'è posto e non dove servono, che si interrompo nei punti critici, per es. agli incroci, con segnaletica contraddittoria o irregolare;[senza fonte]
    • sola separazione del traffico ciclistico da quello motorizzato, ignorando la compresenza e condivisione su viabilità ordinaria e i relativi interventi di moderazione del traffico.
  • legislative e normative
    • il codice della strada è spesso vago nel definire i comportamenti dei velocipedi, facilitando interpretazioni restrittive o vessatorie. Manca l'approccio generale che favorisca la bicicletta rispetto ai mezzi motorizzati, ed in generale sono carenti, vaghe ed inefficaci le tutele per tutta l'utenza debole;[Chi ha affermato ciò?]
    • la normativa tecnica (DM 557 del 1999)[Non è una norma tecnica] in molti casi ha ristretto le possibilità date dal codice della strada ed escluso opzioni largamente praticate in tutto il mondo: per es. le corsie ciclabili controsenso, o al centro della carreggiata per incanalamento agli incroci, misure e caratteristiche della separazione fisica ecc.;
    • i "pareri ministeriali" tendono poi a restringere ulteriormente le possibilità applicative, talvolta con costruzioni argomentative assai dubbie e forzate: per es. negando la legittimità dei sensi unici eccetto bici e relativa segnaletica, in contrasto con prassi europee basate su normative sostanzialmente uguali.

Associazioni e movimenti di promozione[modifica | modifica wikitesto]

Fra le maggiori organizzazioni che promuovono l'uso della bicicletta si annoverano la League of American Bicyclists[4] e la federazione europea ECF, a cui aderiscono le numerose associazioni del continente, come quella tedesca (ADFC), olandese (Fietserbond), danese (Dansk Cyklist Forbund), svizzera (ProVelo) e altre, fra cui quella italiana FIAB. In assenza di una organizzazione mondiale aderiscono ad ECF, nel ruolo di associate, anche organizzazioni non europee, come la Bicycle Federation of Australia[5].

Sono talvolta presenti sui temi della promozione della mobilità ciclabile anche organizzazioni di settori affini o collegati. Fra di esse alcune focalizzate sulla mobilità delle persone, come quella tedesca VCD (Verkehrsclub Deutschland) e le omonime svizzera e austriaca. Toccano il tema anche organizzazioni ambientaliste internazionali, fra cui Friends of Earth e WWF, o nazionali, come Legambiente in Italia, nel contesto degli "ecosistemi urbani" e della mobilità sostenibile.

Fra i movimenti e le campagne senza struttura associativa emergono Cities fit for Cycling, lanciata in Gran Bretagna dal quotidiano The Times[6] e la analoga Salvaiciclisti[7], con l'obiettivo di promuovere lo sviluppo della mobilità ciclabile nelle città italiane e misure atte a proteggere chi usa la bicicletta in città dagli incidenti.

Ciclabilità turistica[modifica | modifica wikitesto]

Corridoio Verde Adriatico: pista ciclabile all'altezza di Alba Adriatica (Abruzzo)

La bicicletta è diventata da alcuni decenni anche un importante segmento del turismo e della sua economia, il cosiddetto cicloturismo.

Pur utilizzando spesso infrastrutture analoghe, le piste ciclabili, per esempio su percorsi extraurbani, lungo argini di fiumi o in regioni di particolare pregio paesaggistico, la ciclabilità turistica è solo in parte legata alla mobilità.

Le problematiche possono essere analoghe (es. sicurezza) e alcuni fattori per la scelta del mezzo di trasporto possono avere motivazioni analoghe: di tipo ecologico, di approccio al territorio e alla sua vivibilità ecc.

Note[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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----- varie ---------[modifica | modifica wikitesto]