Utente:Axel.Ctignanello21/Sandbox

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Onere della prova[modifica | modifica wikitesto]

L'onere della prova è un principio logico-argomentativo in base al quale chi vuole dimostrare l'esistenza di un fatto ha l'obbligo di fornire le prove per l'esistenza del fatto stesso. In diritto processuale, è risalente al diritto romanoe presente in tutti gli ordinamenti moderni: tocca a chi promuove un giudizio fornire le prove dei fatti posti a fondamento della propria pretesa, non a chi resiste negarli. Se i fatti non sono provati, il giudice civile deve respingere la domanda, senza la possibilità di ricorrere a un non liquet; quanto al giudizio penale, per il medesimo principio è compito di chi accusa portare le prove delle proprie affermazioni, non di chi si difende.

Tuttavia, il metodo che esso esprime travalica le diverse aree del diritto processuale (civile e penale) in cui è nato, essendosi sviluppato come argomento anche in ambito logico-filosofico.

Indice[modifica | modifica wikitesto]

Nella storia del diritto[modifica | modifica wikitesto][modifica | modifica wikitesto]

Sorto nella forma della locuzione latina giuridica affirmanti incumbit probatio (lett. "la prova spetta a chi afferma"), ovvero onus probandi incumbit actori (alla lettera 'l'onere della prova è a carico di chi fa valere in giudizio un diritto), ovvero onus probandi incumbit ei qui dicit, non ei qui negat (alla lettera 'l'onere della prova è a carico di chi afferma qualche cosa, non di chi lo nega'), fa parte dei brocardi che esprimono un principio fondamentale del diritto romano.

Enunciazioni di tale principio si possono riscontrare nei Digesta (22, 3, 21) in cui si leggono le parole del giurista Paolo «Probatio ei incumbit qui dicit, non qui negat» (spetta a chi dice, non a chi nega) e «semper necessitas probandi incumbit illi qui agit». Anche nel Corpus iuris civilis (4, 19, 23) si legge una disposizione valida sia per Diocleziano sia per Massimiano, che esprime proprio tale principio: Actor quod adseverat probare se non posse profitendo reum necessitate monstrandi contrarium non adstringit, cum per rerum naturam factum negantis probatio nulla sit. (lett: "l'accusatore, dichiarando di non poter provare ciò che afferma, non può obbligare il colpevole a mostrare il contrario, perché, per la natura delle cose, non c'è nessun obbligo di prova per colui che nega il fatto").

Nel diritto civile[modifica | modifica wikitesto][modifica | modifica wikitesto]

Nel caso in cui il giudice non ritenga di avere elementi sufficienti per decidere riguardo a due versioni differenti fornite dalle parti in conflitto, non potendo rifiutarsi di decidere, deve far applicazione della regola dell'"onere della prova", secondo cui deve accogliere la versione del fatto prospettata dalla parte su cui non grava l'onere della prova (quand'anche tale ultima versione risulti non sufficientemente dimostrata).

Francia[modifica | modifica wikitesto][modifica | modifica wikitesto]

Questa regola è passata nel diritto contemporaneo francese, dove l'articolo 9 del codice di procedura civile enuncia «Spetta ad ogni parte di provare conformemente alla legge i fatti necessari al successo della propria pretesa».

Italia[modifica | modifica wikitesto][modifica | modifica wikitesto]

Tale regola è prevista dall'articolo 2697 del Codice Civile, secondo cui chi chiede il giudizio su un diritto di cui "dice" o "afferma" i fatti costitutivi, deve assumere l'impegno implicito di provare ciò che afferma, con la conseguente responsabilità dell'eventuale difetto o insuccesso di quella prova. La regola ha carattere residuale, in quanto va applicata solo ai giudizi in cui un fatto contestato rilevante per la decisione rimanga sfornito di prove.

Costituiscono eccezioni al principio onus probandi incumbit actori le presunzioni, che operano in ambiti particolari, caratterizzati da una responsabilità diversa dalle regole ordinarie: la praesumptio iuris et de iureè invincibile, la praesumptio iuris tantum inverte solo l'onere della prova.

In ogni caso, per il principio del iura novit curia il giudice può autonomamente integrare le motivazioni in diritto eventualmente insufficienti.

Nel diritto penale[modifica | modifica wikitesto][modifica | modifica wikitesto]

"Se già un antico brocardo affermava che in criminibus non debent esse praesumptiones, sed clarae probationes, l’assunzione nel diritto vigente del principio del libero convincimento quale fulcro del momento valutativo delle prove da parte del giudice rende assai problematica l’ammissibilità nel sistema delle prove penali di presunzioni sfavorevoli all’imputato, tanto assolute che relative, siano esse di creazione legislativa o giurisprudenziale".

Italia[modifica | modifica wikitesto][modifica | modifica wikitesto]

Nell'ambito penale, sin dal codice toscano di Pietro Leopoldo è stabilita "la presunzione di non colpevolezza, con l'onere della prova della responsabilità gravante sull'accusa («In quanto alle prove ogni accusato deve essere assoluto, subito che non vi sono prove contro di lui, senza obbligarlo a provare che non abbia commesso il delitto che gli è stato imputato» (§ 30))". Tale principio - che non è valido in ambito civilistico, dove non sempre l'onere della prova è a carico del ricorrente - "è, nelle dottrine e nella prassi dell'Ottocento, anzitutto un dogma che consacra la supremazia conoscitiva del giudice penale rispetto all'accertamento che si raggiunge in sede civile (...) dalla tensione dell'accertamento penale verso il veroscaturisce il dovere di iniziativa officiosa del giudice nella acquisizione della prova, al punto che l'obiettivo della verità materiale riflette una concezione monistica che non dà spazio ad una divisione della conoscenza tra le parti. Persino l'onere della prova viene inteso come ostacolo all'accertamento del fatto".

Tale regola è oggi rinforzata dal rango costituzionale che ha il principio della presunzione d'innocenza fino a prova contraria.

Si tratta, comunque, di un metodo di ricerca della verità materiale e non di una negazione della stessa possibilità di svolgimento del processo. Il principio dell'onere della prova non è smentito dal fatto che il cittadino, a carico del quale siano presenti sufficienti indizi di reità, debba sostenere un processo: l'essere rinviati a giudizio non inverte l'onere della prova, perché sarà sempre il pubblico ministero a dover dimostrare la commissione del reato.

Portogallo[modifica | modifica wikitesto][modifica | modifica wikitesto]

Il Decreto n. 37/XII, con cui regolava l'“illecito arricchimento”, è stato caducato dall'Acórdão n. 377/2015 del Tribunale costituzionale lusitano perché "il comportamento penalmente rilevante che si consuma attraverso la mera incompatibilità tra ricchezza dichiarata e quanto effettivamente posseduto comporta che gravi sull'accusato l'onere di giustificare siffatta incompatibilità, con evidente violazione del principio di presunzione di innocenza (principio che, com'è noto, fa ricadere a carico della pubblica accusa l'onere della prova e non sull'imputato il dovere di dimostrare la propria innocenza)".

Consiglio d'Europa[modifica | modifica wikitesto][modifica | modifica wikitesto]

Nel caso Telfner c. Austria, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha stabilito che la presunzione di innocenza di cui all'articolo 6 paragrafo 2 CEDU risulterebbe violata se l'onere della prova fosse traslato dall'accusa alla difesa.

Canada[modifica | modifica wikitesto][modifica | modifica wikitesto]

Una parziale presunzione in ambito penale è prevista nel codice penale canadese, per l'omissione di soccorso in caso di un incidente stradale. Mentre sull'accusa grava il tradizionale onere penale della prova (secondo lo standard oltre un ragionevole dubbio), spetta all'imputato dimostrare che non si sia allontanato dalla scena del delitto per sfuggire alla responsabilità civile o penale, purché l'accusa sia in grado di provare gli altri elementi del reato: qualificato come "onere invertito", esso è stato ritenuto un limite giustificato al principio di non colpevolezza, ai sensi della sezione 1 della Carta dei diritti e delle libertà canadese.

Nel processo tributario[modifica | modifica wikitesto]

Lo Statuto dei diritti del contribuente all'art 10bis descrive l'Abuso del diritto#Nel diritto tributario, i cui elementi essenziali sono:

  • a) assenza di sostanza economica,
  • b) la realizzazione di un indebito vantaggio fiscale
  • c) vantaggio indebito rispetto agli altri eventuali fini[1].

L'onere della prova grava sull'Amministrazione, che dovrà dimostrare ed accertare la presenza degli elementi costitutivi: basta anche solo l'assenza di uno degli elementi affinché la fattispecie non sia configurabile[2].

L'atto impositivo, nel quale l'Amministrazione ricostruisce la condotta abusiva come descritta dall'art 10bis[3], deve esse motivato a pena di nullità[4].

L'articolo 10bis comma 9 impone inoltre all'amministrazione l'onere di provare che la finalità dell'operazione, ritenuta indebita, è soltanto quella del risparmio di imposta; al contempo la norma richiede che il contribuente provi le valide ragioni extra-fiscali che sottendono la stessa. In altre parole “l’Amministrazione finanziaria non dimostra l’essenzialità vince il contribuente, che però, nello stesso caso e contemporaneamente, perde se non dimostra l’inessenzialità[5]” Va sottolineato come il dovere istruttorio dell'Amministrazione finanziaria, in forza del dettato costituzionale, comprende solo ciò che è “ragionevolmente contabile e verificabile”[6]. Il Legislatore, ha così, secondo quanto disposto ai sensi del comma 9, esplicitamente escluso la rilevabilità d’ufficio dell’abuso del diritto, questo per contrastare una certa deriva interpretativa della Corte di Cassazione[7], che consentiva alle commissioni tributarie di rilevare d’ufficio la condotta abusiva anche in caso di mancata qualificazione nell’avviso.

Evoluzione dell'onere della prova[modifica | modifica wikitesto]

Nel processo tributario, secondo quanto stabilito a partire dal D.Lgs 546/1992 [8], si seguono, per l'onere della prova, le stesse regole previste per il processo civile. In altri termini, la disciplina dell'onere della prova in materia tributaria è quella che emerge dall'articolo 2697 cc, ai sensi del quale: "Chi vuol far valere un diritto in giudizio [art 99 c.p.c., 100 c.p.c] deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento [115 c.p.c.]. Chi eccepisce l'inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l'eccezione si fonda". La scelta, operata dal D.Lgs 546/1992, che consente l'applicabilità della norma civilistica al processo tributario, è stata influenzata dall'evoluzione di pensiero riguardo tre principali principi: la presunzione di legittimità, il principio del solve et repete e la posizione formale assunta dalle parti nel processo.[9] In un primo tempo infatti vigeva la presunzione di legittimità nei confronti degli atti dell'Amministrazione finanziaria che venivano ritenuti legittimi "per principio generale". Dunque, gravava sul contribuente dimostrare l’illegittimità o infondatezza dello stesso. In secondo luogo il principio del solve et repete secondo cui prima il contribuente pagava il credito vantato dall’amministrazione procedente, poi impugnava l’atto, gravando su di lui dimostrare la fondatezza della sua pretesa restitutoria. Questo principio venne dichiarato incostituzionale da una pronuncia della Corte di Cassazione.[10]. E da ultimo veniva data importanza alla posizione formale assunta dalle parti nel processo, la circostanza che fosse il contribuente ad impugnare l’atto impositivo lo rendeva il soggetto onerato a provare l’illegittimità dell’atto stesso. Anch'essa venne invertita privilegiando la posizione sostanziale delle parti e no più formale. ​Pertanto si può concludere nel senso che, in materia tributaria, l'onere della prova grava sull'Amministrazione finanziaria per quanto riguarda i fatti costitutivi posti a fondamento della pretesa impositiva, mentre sul contribuente grava la prova dei fatti impeditivi, estintivi e modificativi della pretesa stessa.[11]

  1. ^ Decreto-legge 31 1992, n. 546, in materia di "Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413."
  2. ^ E. Allorio, “Diritto processuale tributario”, Torino, 1969,.
  3. ^ Cass., sez. I, 23 maggio 1979, n. 2990
  4. ^ G.M. CIPOLLA, La prova tra procedimento e processo tributario, Padova, 2005.

Il principio di non contestazione[modifica | modifica wikitesto]

Il principio di non contestazione è sancito dall'articolo 115 cpc il quale, come modificato dalla legge n.69 del 18 giugno 2009, prevede che "salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero nonché i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita".

Trattandosi di un principio generale del processo civile, deve considerarsi applicabile anche al processo tributario in forza dell'articolo 1 comma 2 del D.Lgs 546/1992 che consente l'applicazione delle norme del codice civile anche a tale processo, laddove non diversamente disposto e se compatibili. A partire dal 2009 si applica dunque al processo tributario il principio in esame, in linea con il precedente orientamento della giurisprudenza di legittimità in tal senso.

  1. ^ G. Balena, "Istituzioni di diritto processuale civile", Cacucci editore, 2019.
  2. ^ D. Chindemi, Il principio di non contestazione nel giudizio tributario.
  3. ^ Legge 18 2009, n. 69, articolo 115, in materia di "Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile"
  4. ^ 31 1992, n. 546, articolo 1, in materia di "Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413"

Nella filosofia e nella teologia[modifica | modifica wikitesto][modifica | modifica wikitesto]

Tale argomento è utilizzato anche in filosofia e teologia nell'ambito del dibattito sull'esistenza di Dio. Viene adoperato per la prima volta nell'ambito della logica e dell'argomentazione nel medioevo. Già Pietro il Venerabile, in una lettera a Bernardo di Chiaravalle e nello scritto polemico anti-islamico Contra sectam sive haeresim saracenorum, usa l'espressione «agenti probatio semper incumbit» nel senso di burden of proof, sostenendo che il fatto che mussulmani sostenessero (senza prove) che le Scritture siano state soggette a falsificazione (taḥrīf) induce ad appurare che non siano state affatto falsificate. Nel '900, l'argomento è stato riproposto da Charles Hamblin nel libro Fallacies e da Doug Walton nel libro Argument structure: A pragmatic theory, dove si sostiene che, nel caso di una disputa, spetta all'allocutore che afferma qualcosa sottoporre un'argomentazione a sostegno della propria affermazione nel caso in cui l'interlocutore avesse espresso un dubbio.

Questo concetto viene talvolta usato dagli atei come argomento nel dibattito sull'esistenza di Dio: in un dibattito teologico - argomentano - sta a chi afferma l'esistenza di una divinità il compito di dimostrare la verità della propria affermazione. In quest'ottica, la situazione sarebbe paragonabile a una causa giudiziaria, nella quale è l'accusa (i credenti) che deve presentare delle prove a sostegno della propria tesi, mentre la difesa (gli atei) ha l'onere al più di invalidarle, ma certamente non quello di fornire alla giuria una dimostrazione di innocenza nei confronti di un'accusa infondata. Sarebbe quindi necessario, secondo questo principio, che gli stessi credenti si facciano carico dell'onere della prova a sostegno delle loro affermazioni.

Vi sono atei, quali Richard Dawkins, che sostengono che l'inesistenza di Dio non può essere dimostrata, poiché il principio di falsificabilità proprio del metodo scientifico ricerca gli errori e non le certezze. Il filosofo Guido Canziani sostiene che sia preferibile da un punto di vista logico mantenersi su un cauto scetticismo, piuttosto che lanciarsi in affermazioni che potrebbero non trovare conferma e che non hanno dimostrazione.

Note[modifica | modifica wikitesto][modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Dialogus. Il dialogo filosofico fra le religioni nel pensiero tardo-antico, medievale e umanistico, Città Nuova, 2014, p. 348.
  2. ^ Cfr. anche Iustiniani Istitutiones, 2, 19, 4.
  3. ^ V. Ronco Alberto, Su chi grava l'onere di provare il contenuto di un documento spedito in busta chiusa? (nota a Cass., sez. III, 12 maggio 2005 n. 10021), Giur. it., fasc. 4, 2006, pag. 794.
  4. ^ Zingales Ignazio, Sulla legittimazione ad agire e sull’onere della prova nei giudizi di risarcimento del danno ex art. 2051 c.c. (nota a Trib. Trani 14 maggio 2014), Diritto di Famiglia e delle Persone (Il), fasc. 4, 2014, pag. 1512. Frignani Aldo, L'onere della prova nelle cause risarcitorie da illecito antitrust, Dir. economia assicur. (dal 2012 Dir. e Fiscalita' assicur.), fasc. 4, 2011, pag. 1323. Scarantino Emiliano, Sulla responsabilità per danni da cosa in custodia e onere della prova, Giust. civ., fasc. 7-8, 2009, pag. 1711. Dagasso Pier Franco, La responsabilità del maestro di sci tra onere della prova e contatto sociale (nota a Cass., sez. III, 3 febbraio 2011, n. 2559), Diritto e Fiscalita' dell'assicurazione, fasc. 1, 2013, pag. 73. Gavazzi Laura, Più leggero l'onere della prova per i genitori, nell'ipotesi di danni cagionati dai figli minori (nota a Cass., sez. III, 18 gennaio 2006 n. 831), Resp. civ. e prev., fasc. 6, 2006, pag. 1073. Cingano Valentina, Onere della prova ed elemento soggettivo nell'azione di responsabilità contro la p.a. per il risarcimento del danno da lesione di interessi legittimi, Diritto Processuale Amministrativo, fasc. 2, 2013, pag. 559. Greco Gianleo Giovanni, Responsabilità da cose in custodia della struttura alberghiera: rilevanza del rapporto di causalità ed onere della prova (nota a Cass., sez. III, 28 novembre 2007 n. 24739), Resp. civ. e prev., fasc. 3, 2008, pag. 575.
  5. ^ Alessandro Corda, RICOSTRUZIONI DOGMATICHE E DINAMICHE PROBATORIE: L’IMPUTABILITÀ PENALE TRA COLPEVOLEZZA E AFFIRMATIVE DEFENSES, Rivista Italiana di Diritto e Procedura Penale, fasc.1, 2015, pag. 238.
  6. ^ Giovanni Maria Flick, DALLA LEOPOLDA ALLA LEOPOLDINA. UN PASSO INDIETRO O UN RITORNO AL FUTURO?, Cassazione Penale 2015, pag. 2526B, fasc. 7-8.
  7. ^ Ennio Amodio, DALLA INTIME CONVICTION ALLA LEGALITÀ DELLA PROVA, Riv. it. dir. e proc. pen., fasc.1, 2012, pag. 19.
  8. ^ TONINI, Iniziativa d'ufficio del giudice e onere della prova tra principio di imparzialità e funzione cognitiva del processo penale, Cassazione penale, 2011, § 1, p. 2010.
  9. ^ Lamenta che, nell'esercizio del diritto di legittima difesa, si abbiano "episodi di criminalizzazione dei cittadini costretti a difendere se stessi, i propri cari e i propri beni", la relazione introduttiva alla proposta di legge Atto Camera n. 3434 della XVII legislatura.
  10. ^ Nella seduta del 12 aprile 2017 alla Camera dei deputati si è chiesta l'inversione dell'onere della prova, in tema di reato commesso ai danni dell'autore di una violazione di domicilio, con le seguenti parole: "oggi entrano in casa mia, mi rubano, io reagisco, devo io dimostrare che sono stato invaso da uno nella mia proprietà e che ho agito per legittima difesa e che non c'è stato un eccesso di legittima difesa. Quello che noi chiediamo, una richiesta di civiltà giuridica, è che l'onere sia inverso cioè uno è entrato in casa mia, io ho reagito, io ho agito per legittima difesa, dovrà essere lui a dimostrare che evidentemente io ho avuto un eccesso di legittima difesa" (XVII legislatura, Camera dei deputati, Assemblea, resoconto stenografico N. 779, 12 aprile 2017, p. 76).
  11. ^ G. DeLuca, Il contraddittorio nella formazione della prova e la decisione sulla quaestio facti, in Il libero convincimento del giudice penale. Vecchie e nuove esperienze, 2004, p. 29.
  12. ^ Romano Orrù, Anna Ciammariconi, LA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE DEL TRIBUNAL CONSTITUCIONAL PORTOGHESE NEL BIENNIO 2015-2016, Giurisprudenza Costituzionale, fasc.5, 1 OTTOBRE 2017, pag. 2217.
  13. ^ CEDU, sentenza 20 marzo 2001, ricorso n. 33501/96, par. 15.
  14. ^ R v T (1985), 18 CCC (3d) 125, 43 CR (3d) 307 (Corte di appello della Nova Scotia); R v Gosselin (1988), 45 CCC (3d) 568, 9 MVR (2d) 290 (Corte d'appello dell'Ontario).
  15. ^ Contra sectam, p. I, § 59, 687C, p.110,11.
  16. ^ Dialogus. Il dialogo filosofico fra le religioni nel pensiero tardo-antico, medievale e umanistico, Città Nuova, 2014, p. 347-48.
  17. ^ Ibidem.
  18. ^ Raffaele Carcano, L'[in]esistenza di Dio, su uaar.it. URL consultato il 16 settembre 2012.
  19. ^ Richard Dawkins, L'illusione di Dio, Mondadori, 2007, p. 60. «Che non si possa dimostrare l'inesistenza di Dio è un fatto riconosciuto.».
  20. ^ Guido Canziani, Argomentazioni giuridiche e giustizia nelle Difficultés sur la religion proposées au père Malebranche, in Giuseppe Bentivegna, Santo Burgio, Giancarlo Magnano San Lio (a cura di), Filosofia, scienza, cultura: studi in onore di Corrado Dollo, Rubbettino Editore, 2002, pp. 144-145, ISBN 978-88-498-0424-9. URL consultato il 16 settembre 2012.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto][modifica | modifica wikitesto]

  • Andrea Torrente e Piero Schlesinger, Manuale di diritto privato, Milano, Giuffrè editore, 1995. ISBN 8814044880.
  • Siracusano et al., Diritto processuale penale, Torino, Giuffrè editore, 1996. ISBN 88-14-05694-3.
  • Verde Giovanni, L'onere della prova nel processo civile (Univ. studi Camerino, rist., n. 58), Diritto & Giustizia, 2013
  • Barbiera Lelio, Ripartizione degli oneri probatori nelle obbligazioni contrattuali, Rass. dir. civ., 2004, pag. 675
  • Romano Alberto A., Prova della forma solenne ed onere della prova in un singolare giudizio di accertamento negativo (nota a Cass., sez. III, 22 luglio 2002 n. 10658, Virgili c. Anellucci).
  • Maccarone Andrea, Onere della prova e nesso di causalità (nota a App. Milano 26 novembre 2008), Foro padano, fasc. 1, 2010, pag. 83
  1. ^ Legge 27 luglio 2000, n. 212, articolo 10bis
  2. ^ (IT) Alessandra A. Kostner, Prime riflessioni sulla nuova disciplina dell’elusione fiscale e dell’abuso del diritto, in Innovazione e Diritto, rivista di diritto tributario e dell'economia, n. 6/2016, Napoli, Università degli studi di Napoli Federico II, giugno 2016, p. https://www.innovazionediritto.it/media/old/pdf/2016_06_07.pdf.
  3. ^ Legge 27 luglio 2000, n. 212, articolo 10bis
  4. ^ Legge 27 luglio 2000, n. 212, articolo 10bis cm8
  5. ^ A. Contrino e A. Marcheselli, L’obbligo di motivazione “rinforzata” ed il riassetto degli oneri probatori nel “nuovo” abuso del diritto, in Corriere Tributario, n. 1/2016.
  6. ^ Alberto Marcheselli, Il giusto processo tributario europeo : efficienza e giustizia nel diritto finanziario d'Europa, Key, 2016, ISBN 978-88-6959-556-1, OCLC 947947779. URL consultato il 19 novembre 2021.
  7. ^ sentenze Corte di Cassazione, n. 30055/2008 , Cass n. 10257/2008, Cass n. 25374/2008, e Cass n. 14381/2007