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Voce principale: Palazzo della Loggia.
Sala dei Giureconsulti o Sala del Collegio dei Giudici
Una visione d'insieme della sala del collegio dei giudici e dell'apparato decorativo delle pareti dopo i restauri del 2012 e 2013.
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
Regione  Lombardia
LocalitàBrescia
IndirizzoPiazza della Loggia
Informazioni generali
CondizioniIn uso
CostruzioneXVI secolo
UsoSede di presentazioni, eventi pubblici e matrimoni[1]
Realizzazione
ProprietarioComune di Brescia
CommittenteAutorità cittadine

La cosiddetta Sala dei Giureconsulti, o Sala del Collegio dei Giudici, è un ambiente facente parte del corpo di fabbrica a nord di palazzo della Loggia, ossia della struttura che ospita lo scalone d'onore e che comunica direttamente con il medesimo palazzo della Loggia tramite un cavalcavia.

Voluta e commissionata dalle autorità civiche bresciane per ospitare il collegio dei giudici cittadini, la sala è stata decorata a partire dalla metà del Cinquecento dai fratelli cremonesi Antonio e Giulio Campi, protagonisti della pittura manierista lombarda. Dopo aver adempiuto a tale funzione per alcuni secoli, la sala è stata dismessa nel 1797, a seguito degli eventi della repubblica bresciana e cisalpina e dell'arrivo delle truppe napoleoniche in Italia. Dopo essere stata sede dell'archivio notarile cittadino fino a fine Ottocento, la medesima sala è stata adibita a sede di alcuni uffici pubblici nel corso del XX secolo.

A partire dagli anni 2012 e 2013 l'ambiente è stato oggetto di restauri conservativi che, oltre ad aver svelato alcuni apparati decorativi cinquecenteschi, hanno portato ad un completo recupero della sala: sono state ricreate infatti le decorazioni pittoriche originarie sulla base delle descrizioni fornite dalle fonti e dalle cronache cinquecentesche. Infine, è stata adibita a sede di eventi pubblici, presentazioni e matrimoni.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La sala del collegio dei Giudici e i pittori Campi di Cremona[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Palazzo della Loggia, Antonio Campi e Giulio Campi.
Una visione d'insieme di piazza della Loggia con il palazzo della Loggia e il monte di Pietà vecchio sulla sinistra.

La sala superiore del palazzetto a nord della Loggia viene decorata solo a partire dalla seconda metà del Cinquecento, quando si decide di adibirla a sede del collegio dei giudici cittadini: la commissione per la decorazione pittorica di questo ambiente scaturisce in un momento che vede un forte rilancio artistico e culturale della città di Brescia, sulla scorta di una generale ripresa dei cantieri di palazzo della Loggia.[2][3] A tal proposito va segnalato che il consiglio cittadino decidesse di stanziare un'ingente somma di denaro, nel luglio del 1548, per decorare la sala al piano superiore di questo ambiente: il fine è, appunto, «pro ornamento», come si legge nelle fonti dell'epoca.[4][5]

Dunque, il 29 luglio del 1549, il pittore cremonese Giulio Campi procede nominando come proprio procuratore il cartografo Cristoforo Sorte, al fine di siglare un contratto con il «venerando Collegio dominorum iuristarum Brixie»: lo stesso Campi aveva assunto l'incarico di eseguire «quadros octo in tela in quadronis et a guacio», ossia di realizzare il ciclo di otto dipinti per la sala del collegio dei giudici bresciani.[6] La critica, in ogni caso, è propensa ad individuare un contributo artistico anche del fratello minore di Giulio, Antonio Campi, che sembra abbia partecipato all'esecuzione di alcune delle opere pittoriche di tale ambiente.[2][7][8] Infatti, risulta evidente la collaborazione artistica dei due fratelli in opere quali Il Giudizio di Salomone, dove si può notare un lavoro corale nella composizione del dipinto;[7] ciononostante va comunque segnalato che, ad un'attenta analisi delle opere, risulta altrettanto difficile distinguere chiaramente le mani dei due pittori cremonesi.[2]

Il ciclo decorativo e il tema della giustizia[modifica | modifica wikitesto]

Il corpo di fabbrica a nord di palazzo della Loggia, che ospita al piano superiore la sala del collegio dei giudici e che è collegato allo stesso palazzo tramite un cavalcavia.

I soggetti raffigurati e l'apparato decorativo, inoltre, sono scelti interamente dai medesimi committenti bresciani, dato lo «stretto legame che intercorre tra il programma iconografico svolto nel ciclo pittorico e le funzioni dell'ambiente a cui era destinato».[9] La stessa sala, per come era concepita, assolveva in effetti a una magistratura civica e cittadina molto importante, ragion per cui le otto tele di tale ambiente presentano, in effetti, una certa aderenza al tema stesso della giustizia: esse, infatti, rappresentano dei veri e propri esempi di comportamenti virtuosi. Il fine ultimo di queste opere pittoriche, evidentemente, era quello di esortare i giudici al corretto esercizio della giustizia. Le scene sono tratte sia da episodi della storia antica che delle sacre scritture e, rispettivamente, sono:

  1. Zaleuco fa accecare il figlio[10]
  2. La giustizia di Traiano[10]
  3. Il suicidio di Caronda[10]
  4. Susanna e i vecchioni[10]
  5. Il tribunale di Cambise[11]
  6. Il giudizio di Salomone[12]
  7. Filippo il Macedone e Macheta[12]
  8. Il giudizio di Tito Manlio Torquato[12]

La sala del collegio dei giudici ha ospitato stabilmente il medesimo collegio sino al suo scioglimento, avvenuto nel 1797 a seguito dell'arrivo in Italia delle truppe napoleoniche,[13] portando poi al trasferimento delle stesse opere pittoriche nelle collezioni della pinacoteca Tosio Martinengo.[7] L'unica opera che, a differenza di tutte le altre, non è confluita nelle collezioni della galleria d'arte bresciana è Il Giudizio di Salomone, venduto nel 1893 dall'intermediario Achille Glisenti al museo di belle arti di Budapest, probabilmente per le pessime condizioni in cui versava. Da allora l'opera è parte della collezione permanente del museo ungherese.[2][14]

a delle udienze, nonché sala principale e chiamata anche della ragione, era impreziosita sulle sue pareti da opere pittoriche dei fratelli Giulio e Antonio Campi di Cremona, i quali ebbero modo appunto di occuparsi della decorazione pittorica della sala dei Giureconsulti, testimoniando chiaramente un'arte a tutti gli effetti manierista.[7][15]

La sala tra Ottocento e Novecento[modifica | modifica wikitesto]

A fine Ottocento una foto dei fratelli Alinari, datata appunto tra 1890 e 1899, testimonia la funzione assunta dalla sala e, in generale, dall'edificio dello scalone, che ormai erano stati adibiti in pianta stabile ad archivio notarile cittadino.[13][16]

I restauri conservativi e le indagini del 2012 e 2013[modifica | modifica wikitesto]

Tra ottobre 2012 e marzo 2013 la sala stessa è stata oggetto di indagini approfondite e restauri, voluti in comune accordo dal Comune di Brescia e dall'Università degli Studi di Brescia in occasione di un consolidamento strutturale del sottotetto della Loggia:[17] il tutto, in effetti, ha portato alla riscoperta delle antiche decorazioni cinquecentesche della sala, prima coperte da uno spesso strato d'intonaco.[18] L'ambiente, prima dei suddetti interventi, si presentava intramezzato da pareti e vani che creavano stanze e spazi funzionali ai precedenti uffici pubblici che ospitava. Oltretutto, erano state aperte ulteriori finestre nelle pareti, che hanno irreparabilmente compromesso alcune porzioni di pitture. La picchiettatura di alcuni dei rivestimenti più antichi, la posa di pavimentazioni moderne e la costruzione di un impianto e di un solaio hanno peraltro portato ad una parziale illeggibilità degli originari apparati decorativi, così come a una perdita di alcune delle volumetrie originarie della sala.[18]

Il progetto iniziale, in ogni caso, prevedeva che la sala fosse solo un ambiente di passaggio, percorribile durante eventuali visite agli ambienti del palazzo e al sottotetto della Loggia; tuttavia, la scoperta nelle pareti di resti delle decorazioni originarie ha portato alla possibilità di approfondire tali indagini e valorizzare ulteriormente tale ambiente.[18] che sono state poi interessate da interventi conservativi. Oltre a interventi finalizzati ad una ricostruzione il più fedele possbile della sala, in tale occasione sono state anche realizzate copie delle tele dei fratelli Campi, poi collocate in loco.[19]

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Portale dello scalone di Palazzo della Loggia.

La sala concepita e realizzata nel Cinquecento[modifica | modifica wikitesto]

Il rifacimento della sala nel 2012 e 2013[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

Note al testo


Fonti
  1. ^ Loggia, ci si sposa in Sala dei Giudici, su comune.brescia.it. URL consultato il 23 febbraio 2022.
  2. ^ a b c d Piazza 2018, p. 190.
  3. ^ Zamboni, p. 60.
  4. ^ Casero, p. 112, n.4.
  5. ^ Frati, Gianfranceschi, Robecchi, pp. 51-54.
  6. ^ Miller, p. 462, doc. 73.
  7. ^ a b c d Piazza, Scamoni, p. 306.
  8. ^ Antonio Fappani (a cura di), CAMPI, pittori, in Enciclopedia bresciana, Brescia, La Voce del Popolo, 1974, SBN IT\ICCU\MIL\0272986.
  9. ^ Frati, Gianfranceschi, Robecchi, p. 184.
  10. ^ a b c d Carboni, p. 17.
  11. ^ Carboni, pp. 17-18.
  12. ^ a b c Carboni, p. 18.
  13. ^ a b Fè d'Ostiani, p. 363.
  14. ^ Casero, p. 120.
  15. ^ Piazza 2018, pp. 178-179.
  16. ^ Laura Casone (a cura di), Brescia - Palazzo Notarile - Portale, su lombardiabeniculturali.it. URL consultato il 20 dicembre 2022.
  17. ^ Piazza, Scamoni, pp. 306-307.
  18. ^ a b c Piazza, Scamoni, p. 307.
  19. ^ La Sala dei Giureconsulti torna a splendere, su QuiBrescia, 6 aprile 2013. URL consultato il 31 dicembre 2022.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Fonti antiche
Fonti moderne
  • Filippo Piazza, Tiziano e le tele della Loggia di Brescia: cronaca di una disavventura, in Francesco Frangi (a cura di), Tiziano e la pittura del Cinquecento tra Venezia e Brescia, Cinisello Balsamo, Silvana, 2018, pp. 178-199, ISBN 978-88-366-3938-0, SBN IT\ICCU\VEA\1235090.
  • Robert Miller, Regesto, in Mina Gregori (a cura di), I Campi e la cultura artistica cremonese del Cinquecento, Catalogo della Mostra tenuta a Cremona nel 1985, Milano, Electa, 1985, pp. 456-481, OCLC 797702376.
  • Andrea Luigi Casero, Le Storie di giustizia di Giulio e Antonio Campi per il palazzo della Loggia, in Elena Lucchesi Ragni e Renata Stradiotti (a cura di), Brescia nell'età della Maniera: grandi cicli pittorici della Pinacoteca Tosio Martinengo, Catalogo della Mostra tenuta a Brescia nel 2007-2008, Cinisello Balsamo, Silvana, 2007, pp. 112-150, SBN IT\ICCU\UBO\3354174.
  • Luigi Francesco Fè d'Ostiani, Storia, tradizione e arte nelle vie di Brescia, a cura di Paolo Guerrini, Brescia, Figli di Maria Immacolata, 1927, SBN IT\ICCU\VEA\1145856.
  • Filippo Piazza e Patrizia Scamoni, Brescia nel secondo Cinquecento Architettura, arte e società (PDF), in Filippo Piazza, Enrico Valseriati (a cura di), Annali di Storia Bresciana, schede a cura di Irene Giustina e Elisa Sala, Brescia, Morcelliana, 2016, pp. 306-308, ISBN 978-88-372-3015-9, SBN IT\ICCU\UBS\0007368.
  • Vasco Frati, Ida Gianfranceschi, Franco Robecchi, 2: La costruzione del palazzo, 1492-1574: dalla cultura bramantesca agli interventi di Sansovino, Palladio e Tiziano, in La Loggia di Brescia e la sua piazza. Evoluzione di un fulcro urbano nella storia di mezzo millennio, Brescia, Grafo, 1995, ISBN 88-7385-269-6, SBN IT\ICCU\BVE\0073537.
  • Bruno Passamani, Il Manierismo bresciano, in Mina Gregori (a cura di), Pittura del Cinquecento a Brescia, Cinisello Balsamo, 1986, SBN IT\ICCU\CFI\0031627.
  • Mina Gregori (a cura di), Pittura del Cinquecento a Brescia, Cinisello Balsamo, 1986, SBN IT\ICCU\CFI\0031627.
  • (EN) Andrea Bayer, Bergamo and Brescia, in Artistic Centers of the Italian Renaissance. Venice and the Veneto, New York, Cambridge University Press, 2007, pp. 285-326, OCLC 799540447.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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