Teoria del ferro di cavallo

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Lo spettro politico ha forma d'un ferro di cavallo, secondo la teoria.

In politologia, la teoria del ferro di cavallo è quella per cui l'estrema destra e l'estrema sinistra, anziché costituire gli estremi opposti d'un continuo politico lineare, si assomiglierebbero e sarebbero vicine come le due estremità d'un ferro di cavallo.

La teoria è attribuita allo scrittore francese Jean-Pierre Faye.[1] I sostenitori della teoria si basano su quelle che rilevano essere a loro avviso numerose somiglianze tra l'estrema destra e l'estrema sinistra, tra cui la loro supposta propensione a gravitare attorno all'autoritarismo ed al totalitarismo.

Nella Repubblica di Weimar[modifica | modifica wikitesto]

Il modello che rappresenta lo spettro politico come un ferro di cavallo era già in uso nella Repubblica di Weimar. Nei circoli intellettuali legati alla Rivoluzione conservatrice la distinzione unidirezionale destra-sinistra era spesso respinta come "borghese" e obsoleta e si teorizzava di «superare la dicotomia diffusa dalla Rivoluzione francese in un senso più alto». Il modello a ferro di cavallo (Hufeisen-Modell od Hufeisen-Schema), avente come estremi a sinistra il Partito Comunista di Germania (KPD) ed a destra il Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori (NSDAP), era utilizzato per individuare la collocazione del Fronte Nero. Questo movimento – fondato da Otto Strasser e da altri nazionalsocialisti che, in disaccordo con la politica sociale conservatrice di Adolf Hitler, avevano lasciato il NSDAP nel luglio 1930 – era collocato in posizione centrale tra i due poli estremi, in contrapposizione alla curva del ferro di cavallo occupata dai partiti governativi borghesi[2].

Critiche[modifica | modifica wikitesto]

La teoria è stata criticata da Simon Choat, professore associato di teoria politica presso l'Università di Kingston e membro del Partito Laburista britannico, da una prospettiva di sinistra. Choat sostiene che la convergenza fondamentale tra estrema destra ed estrema sinistra consista unicamente nell'opposizione allo status quo liberal-democratico, ma per cause ed obiettivi molto differenti. L'individualismo liberale sarebbe infatti rifiutato dai fascisti in nome dell'unità nazionale e della purezza etnica, mentre sarebbe rigettato dai comunisti ed i socialisti perché contrario ai valori dell'internazionalismo proletario e della redistribuzione della ricchezza.[3] Choat ha inoltre asserito che la teoria del ferro di cavallo sarebbe funzionale al centro per gettare discredito sulla sinistra, sconfessando invece il sostegno che centristi e liberali, a differenza dei socialisti, avrebbero mostrato nei confronti dell'estrema destra durante il XX ed il XXI secolo (in Spagna, Cile, in Brasile ed in molti altri Paesi) e dimostrando con tale sostegno di preferire dei fascisti al potere piuttosto che dei socialisti.[3]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) Frédéric Encel e François Thual, United States-Israel: A friendship that needs to be demystified, Paris, Le Figaro, 13 novembre 2004. URL consultato il 2018-09-9 (archiviato dall'url originale il 30 settembre 2007).
    «Jean-Pierre Faye's famous horseshoe theory (according to which extremes meet) finds verification here more than in other places, and the two states of delirium often mingle and meet, unfortunately spreading beyond these extremist circles. But contrary to the legend deliberately maintained and/or the commonplace believed in good faith, Israel and the United States have not always been allies; on several occasions their relations have even been strained.»
  2. ^ (DE) Uwe Backes, Politischer Extremismus in demokratischen Verfassungsstaaten [Estremismo politico negli Stati costituzionali democratici], Springer, Wiesbaden, 1989, pp. 251-252, ISBN 978-3-531-11946-5.
  3. ^ a b (EN) Simon Choat, 'Horseshoe theory' is nonsense – the far right and far left have little in common, su The Conversation, 12 maggio 2017. URL consultato il 21 marzo 2021.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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